Notifica del ricorso a mezzo p.e.c.
Nel 2015 sono intervenute importanti pronunce del Consiglio di Stato e del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana che hanno concordemente ritenuto applicabile anche al processo amministrativo la regola, in effetti prevista solo per il processo civile dal d.l. 13.8.2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14.9.2011, n. 148, relativa alla possibile notifica del ricorso (e, quindi, dell’atto di motivi aggiunti e del ricorso incidentale) anche a mezzo di posta elettronica certificata, pure in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2, c.p.a.. La configurabilità di tale possibilità è stata, invece, oggetto di un netto contrasto giurisprudenziale tra i giudici di primo grado.
Nel 2015 sono intervenute importanti pronunce del giudice di appello della giustizia amministrativa su una questione per il processo amministrativo tanto rilevante quanto incerta nella soluzione, registrandosi una giurisprudenza oscillante tra i giudici di primo grado, e nei Tar con più Sezioni anche tra le diverse Sezioni. Si tratta della possibilità di notificare l’atto introduttivo del giudizio (nonché i motivi aggiunti e il ricorso incidentale, così come tutti gli atti processuali per i quali è necessaria la notifica e non il mero deposito nel fascicolo di causa) a mezzo di posta elettronica certificata (p.e.c.)1, mutuando una modalità normativizzata per il processo civile. Il Consiglio di Stato (Cons. St., VI, 28.5.2015, n. 2682)2 e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (C.g.a., 13.7.2015, n. 520) hanno concordemente ritenuto possibile la notifica a mezzo p.e.c., anche in assenza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2, c.p.a.3, mentre i giudici di primo grado hanno manifestato un orientamento oscillante, alcuni ammettendo tale modalità, altri (la maggioranza) ritenendola inammissibile sebbene escludendo la nullità del ricorso ove le controparti si siano costituite in giudizio, sanando in tal modo il vizio.
La questione è sorta a seguito delle novità introdotte dal d.l. 24.6.2014, n. 90, il cui art. 46, al co. 1 ha modificato la l. 21.1.1994, n. 534, mentre con il co. 2 ha introdotto all’art. 16 quater, d.l. 18.10.2012, n. 179, il co. 3-bis, secondo cui «Le disposizioni dei co. 2 e 3 [dell’art. 16 quater] non si applicano alla giustizia amministrativa».
Da tale intervento normativo è stato da alcuni fatta discendere la conseguenza che l’art. 46, d.l. n. 90/2014 avrebbe sancito l’inapplicabilità, al processo amministrativo, delle disposizioni idonee a consentire l’operatività, nel processo civile, del meccanismo di notificazione con modalità telematiche; il legislatore avrebbe esteso al giudizio amministrativo soltanto la possibilità di effettuare a mezzo p.e.c. le comunicazioni di segreteria (art. 16 ter, co. 1-bis, d.l. n. 179/2012) giacché, nell’ipotesi di atto introduttivo, l’efficacia probatoria continuerebbe a essere subordinata alla presenza di una dichiarazione allegata al documento informatico “asseverata” secondo le Regole tecniche previste dall’art. 71, d.lgs. 7.3.2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale – CAD).
Si tratta di argomentazione che non ha convinto il giudice di appello, secondo cui da una attenta lettura dell’articolato normativo è dato evincere che l’art. 46, d.l. n. 90/2014 non ha escluso che nel processo amministrativo si applichi la l. n. 53/1994 ma l’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012, co. 2 – che demanda a un decreto del Ministro della giustizia l’“adeguamento” alle nuove disposizioni delle Regole tecniche già dettate con il d.m. 21.1.2011, n. 44 – e co. 3, secondo cui le disposizioni del co. 1 «acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al co. 2». Infatti la disposizione escludente è contenuta nel co. 3-bis, inserito dal co. 2 del citato art. 46 nell’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012, con la conseguenza che i richiamati co. 2 e 3 sono, appunto, i commi dell’art. 16 quater. L’immediata applicabilità della l. n. 53/1994 – e, in particolare, degli artt. 1 e 3 bis – rende irrilevante, agli effetti della possibilità di notificare l’atto giudiziale a mezzo p.e.c., che a ciò non si sia stati autorizzati dal Presidente del Tar (o della sua sezione o della sezione del Consiglio di Stato) ex art. 52, co. 2, c.p.a. L’art. 1, l. n. 53/1994 all’ultimo alinea dell’unico comma, aggiunto dall’art. 46, co. 1, d.l. n. 90/2014, dispone, infatti, che se l’avvocato può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla l. 20.11.1982, n. 8905, la notificazione di tali atti «può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata».
Lo stesso giudice di appello ha poi ritenuto non idonee a scalfire le conclusioni cui è pervenuto quanto stabilisce l’art. 13, All. 2 (Norme tecniche di attuazione al c.p.a.) al d.lgs. 2.7.2010, n. 104, che detta le disposizioni sul processo amministrativo telematico (Pat), rinviandone la disciplina ad un d.P.C.M. contenente le Regole tecniche. La sentenza n. 2682/2015 della VI sezione ha sul punto affermato che se con riguardo al Pat lo strumento normativo, che contiene le regole tecnico – operative, resta il d.P.C.M., al quale fa riferimento l’art. 13, ciò non esclude però l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo p.e.c. La sentenza del C.g.a. n. 520/2015 ha invece chiarito che in relazione alle notificazioni prevale la norma speciale dettata dall’art. 39, co. 2, c.p.a.6, dovendosi conseguentemente intendere che l’art. 13 si riferisca a tutti gli aspetti del processo amministrativo telematico, fatta eccezione per la disciplina delle notificazioni, che va rinvenuta nelle leggi processuali civili.
Come si è detto, mentre il giudice di secondo grado sembra non avere dubbi nell’affermare l’applicabilità anche al processo amministrativo delle regole sulla notifica del ricorso a mezzo p.e.c. anche in assenza dell’autorizzazione del Presidente ex art. 52, co. 2, c.p.a., tra i giudici di primo grado prevale l’orientamento contrario.
Prima di passare all’analisi delle argomentazioni addotte dai giudici dei Tar a supporto delle diverse tesi (infra, par. 2.1), giova chiarire che un punto fermo sulla notifica del ricorso per posta elettronica certificata non è stato trovato neanche dalla dottrina più specializzata. Non ha dubbi sulla possibilità di fare ricorso a tale istituto La Greca7, secondo il quale si tratta di una diversa e tecnologicamente aggiornata modalità di effettuare le notifiche già autorizzate a mezzo del servizio postale, eseguibile anche senza Regole tecniche, la cui carenza incide solo sulla possibilità di procedere al deposito telematico con valore legale, al quale può sopperirsi con il deposito cartaceo. Come ulteriormente ribadito dallo stesso A.8, la notifica p.e.c. è ammissibile se seguita dal deposito cartaceo del ricorso. «Ove, peraltro, si volesse procedere anche al deposito telematico, orbene in questo caso la mancata emanazione delle Regole tecniche di cui all’art. 13 disp. att. certamente sarebbe preclusiva, tale essendo, propriamente, il campo applicativo della normativa regolamentare sul processo amministrativo telematico, ovvero le transazioni tra i difensori e l’ufficio giudiziario, ed altresì mancando, al riguardo, come invece è per le notifiche a mezzo p.e.c., una normativa di rango primario dichiaratamente applicabile al processo amministrativo ed in sé completa». L’A. conclude nel senso che la novella del 2014 non ha escluso, per il processo amministrativo, la disciplina delle notifiche p.e.c., ma solo il particolare regime che ne differiva l’efficacia.
Certo invece dell’impossibilità di notificare il ricorso con la p.e.c. è Marino9, secondo cui non sarebbe altrimenti superabile il dettato normativo che, allo stato, è tale da non lasciare alcuno spazio all’operatività della notifica telematica del ricorso. Né potrebbe affermarsi, secondo l’A., che «se il legislatore avesse voluto sancire l’inapplicabilità al processo amministrativo, avrebbe potuto stabilirlo chiaramente», atteso che l’intervento del legislatore mediante il co. 3-bis dell’art. 16 quater non è volto a stabilire in via assoluta l’inapplicabilità della notifica telematica al processo amministrativo, ma semplicemente a postergare l’utilizzo della notifica telematica al momento in cui, definite le Regole tecniche con il d.P.C.M. previsto dall’art. 38, d.l. n. 90/2014, l’intero processo amministrativo digitale avrà una più completa regolamentazione.
2.1 Interpretazioni letterali diverse delle stesse norme
Alle articolate argomentazioni del giudice di appello la giurisprudenza maggioritaria dei Tar oppone che, sia pure in un quadro normativo poco chiaro e frammentario, non può superarsi il dettato letterale dell’art. 16 quater, co. 3-bis, d.l. n. 179/2012, che espressamente esclude l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni (co. 2 e 3) idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di tale mezzo di notificazione, e ciò anche in mancanza di un apposito Regolamento che, analogamente al d.m. 3.4.2013, n. 4810, concernente le Regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti le relative Regole tecniche anche per il processo amministrativo11. Si è aggiunto che è ben vero che – come afferma il giudice di appello a supporto del proprio assunto argomentativo – la l. n. 53/94 abilita gli avvocati alla notificazione degli atti giudiziari con modalità telematiche anche nel processo amministrativo e che, secondo quanto disposto dall’art. 1, l’avvocato «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale (…) a mezzo della posta elettronica certificata». Tuttavia l’art. 3 bis, inserito nella l. n. 53/1994 in questione dall’art. 16 quater, co. 1, d.l. n. 179/2012, stabilisce al co. 2 le modalità della notificazione a mezzo p.e.c. dell’atto introduttivo valide solo nel processo civile e nel processo penale. Con specifico riferimento al processo amministrativo, invece, l’art. 46, co. 2, d.l. n. 90/2014 ha aggiunto al citato art. 16 quater un nuovo comma (il 3-bis), a tenore del quale «le disposizioni dei co. 2 e 3 relative al processo telematico non si applicano alla giustizia amministrativa». Allo stato, dunque, risulta estesa al giudizio amministrativo solo la possibilità di effettuare a mezzo p.e.c. le comunicazioni di segreteria, e non anche le notificazioni di parte, salvo che a ciò non si sia stati autorizzati dal Presidente12.
Nel filone giurisprudenziale negazionista si iscrive la sez. III ter del Tar Lazio, Roma, (13.1.2015, n. 396), secondo cui, se è vero che la notificazione a mezzo p.e.c. potrebbe essere ritenuta possibile giusta l’art. 1, l. n. 53/1994 (tesi corroborata dall’art. 16 ter, co. 1 e 1bis, d.l. n. 179/201213 sui “pubblici elenchi” ai fini delle notificazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale), è indubbio che a ciò osta il disposto dell’art. 16 quater, co. 3-bis, d.l. n. 179/2012 che, nell’escludere l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento, pare averne chiarito la non esportabilità nel giudizio amministrativo. A supporto di tale conclusione il Tar porta due argomenti. Il primo luogo la circostanza che il legislatore, quando ha voluto estendere al processo amministrativo un istituto processualcivilistico lo ha chiarito espressamente.
Invece nel caso in esame, a fronte dell’esplicita esclusione disposta dal co. 3bis del citato art. 16 quater, il legislatore ha applicato al giudizio amministrativo, in modo altrettanto esplicito, soltanto la possibilità di effettuare a mezzo p.e.c. comunicazioni di segreteria (art. 16, co. 17-bis, d.l. n. 179/2012, che ha esteso al processo amministrativo i co. 4, 6, 7, 8, 12 e 13 dell’art. 16 stesso sulle comunicazioni e notificazioni di cancelleria). Né rileva, in contrario, l’estensione della norma sui «pubblici elenchi» (art. 16 ter, co. 1-bis, d.l. n. 179/2012), atteso che la stessa, dettata per il processo civile e penale, accomuna le distinte formalità delle «notificazioni» e delle «comunicazioni». Si può pertanto ritenere che nel processo amministrativo tale norma sia operativa solo con riferimento alle comunicazioni dell’ufficio, non anche alle notificazioni di parte.
Si tratta di argomentazione che, a parere di chi scrive, è poco convincente. Si fonda, infatti, sull’assunto che «il legislatore, quando ha voluto estendere al processo amministrativo un istituto processualcivilistico lo ha chiarito espressamente» e poi supera il disposto dell’art. 16 ter, co. 1-bis, d.l. n. 179/2012 – che, con riferimento ai pubblici elenchi, tale estensione ha disposto clare loqui, con la presunzione («si deve ritenere») che essa si riferisca solo alle comunicazioni d’ufficio e non alle notificazioni di parte.
Più forte, invece, il secondo argomento addotto dal Tar a supporto delle conclusioni cui è pervenuto, che parte dall’assunto che la notificazione a mezzo p.e.c. dell’atto introduttivo deve avvenire con la modalità indicata dall’art. 3 bis, co. 2, l. n. 53/1994 che, nel sancire che l’avvocato estrae «copia informatica dell’atto formato su supporto analogico», vuole che l’attestazione di conformità all’originale sia effettuata ai sensi dell’art. 22, co. 2, d.lgs. n. 82/200514 , ossia ai sensi della disposizione relativa alle cd. «copie per immagine». L’efficacia probatoria è dunque dalla norma subordinata ad una «dichiarazione allegata al documento informatico», che rechi l’attestazione di conformità resa da «notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato» e che sia asseverata secondo le relative Regole tecniche. Mentre per il primo requisito (attestazione di conformità) non sussiste problema alcuno, potendo la stessa attestazione essere effettuata dall’avvocato (art. 6, l. n. 53/1994), non è invece possibile – nel processo amministrativo – l’asseverazione, disciplinata per il processo civile dalla Regole tecniche approvate con d.m. n. 44/2011, modificato dal d.m. n. 48/2013, ma non estensibili al processo amministrativo in forza del co. 3-bis dell’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012 che, come più volte chiarito, inibisce l’applicazione al processo amministrativo del precedente co. 2 sulle Regole tecniche. Avendo il legislatore espressamente escluso l’applicabilità al processo amministrativo del co. 2, non può naturalmente farsi ricorso al rinvio esterno alle norme processualcivilistiche dettate, in materia di notificazioni, dall’art. 39, co. 2, c.p.a.
Questa ultima motivazione è stata ulteriormente approfondita15 chiarendo che le specifiche tecniche, ai quali i regolamenti ministeriali n. 44/2011 e n. 48/2013 rinviano, sono state dettate prima con provvedimento dell’8.7.2011 del Ministro della giustizia e poi con un provvedimento del 16.4.2014 del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del medesimo Ministero. Non è dubbio che il sistema delineato dai predetti decreti rispecchia le specificità dell’ordinamento processuale ordinario, civile e penale e disciplina un complesso meccanismo ideato e programmato sulle caratteristiche e peculiarità dell’ordinamento informatico del Ministero della giustizia. Ne consegue che, per poter ritenere operativo il sistema di notificazione dei ricorsi a mezzo p.e.c. nel processo amministrativo, non può prescindersi dal disposto di cui all’art. 13 dell’All. 2 al c.p.a., secondo cui con d.P.C.M., sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali. Aggiungasi che, nel rinvio esterno operato dal co. 2 dell’art. 39 c.p.a., nelle disposizioni processualcivilistiche non possono certo comprendersi anche le specifiche tecniche dettate per il processo civile che, come si è innanzi anticipato, discendono da provvedimenti adottati dal Ministro della giustizia e, quindi, da una fonte regolamentare interna all’Amministrazione della giustizia ordinaria, e non possono certo ascriversi al rango delle “leggi speciali” applicabili in virtù di detto rinvio. Del resto, l’organizzazione del sistema informativo della giustizia amministrativa presenta sue peculiarità ed una propria autonomia e richiede l’adozione di una regolamentazione tecnica chiara che assicuri il suo corretto funzionamento, la certezza e sicurezza nella trasmissione ed acquisizione dei dati, e l’accessibilità e completezza dei registri pubblici per la verifica dell’esattezza degli indirizzi p.e.c. utilizzati.
Il filone giurisprudenziale del giudice di primo grado “negazionista” ritiene, dunque, inammissibile il ricorso notificato a mezzo p.e.c., salvo che le controparti, costituendosi in giudizio, non abbiano sanato il vizio16. Ed infatti, ai sensi dell’art. 44, co. 3, c.p.a., qualsiasi vizio della notifica del ricorso giurisdizionale, quand’anche rientri nelle ipotesi di nullità previste dall’art. 11, l. n. 53/1994, è sanato dalla rituale costituzione del resistente ovvero del controinteressato17. Anche tale sanatoria incontra peraltro un limite. Secondo la giurisprudenza più recente il co. 3 dell’art. 44 c.p.a., nella parte in cui stabilisce che «La costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, nonché le irregolarità di cui al co. 2», riproduce sostanzialmente quella dell’art. 17, co. 3, R.d. 17.8.1907, n. 642 e pertanto sembra logico interpretarla secondo il significato che la giurisprudenza ha attribuito a detta disposizione, con la conseguenza che, anche riguardo ai vizi della notificazione, l’effetto di sanatoria derivante dalla costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata non opera più ex tunc, come (in assenza di una specifica disposizione che, riguardo ai vizi della notificazione, facesse salvi i diritti acquisiti) si riteneva in passato, ma ex nunc, cosicché restano ferme le eventuali decadenze già maturate, in danno del notificante, prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica; con l’ulteriore conseguenza che la costituzione dell’Amministrazione intimata, avvenuta dopo la scadenza del termine di legge per la proposizione dell’azione di annullamento, non opera retroattivamente e non fa venir meno la possibilità di eccepire l’inammissibilità del ricorso (o, naturalmente, il suo rilievo d’ufficio)18.
Poche sono le sentenze dei Tar che si attestano sull’orientamento del giudice di appello ritenendo, nella sostanza, che la possibilità per gli avvocati di notificare gli atti a mezzo p.e.c. sussiste già da tempo e prescinde dall’introduzione e piena attuazione del processo telematico, fondandosi tale facoltà su autonome e specifiche disposizioni di legge19.
La mancanza di Regole tecniche – che costituisce per questo filone giurisprudenziale l’argomento più forte per escludere la possibilità di notificare il ricorso a mezzo p.e.c. in mancanza di una previa autorizzazione presidenziale – è stata contrastata con argomentazioni di pari spessore20. É stato infatti affermato che tali Regole tecniche sono state in realtà stabilite con il d.P.C.M. 13.11.2014, che nell’art. 4, co. 2, dispone «Fermo restando quanto previsto dall’art. 22, co. 3, del Codice, la copia per immagine di uno o più documenti analogici può essere sottoscritta con firma digitale o firma elettronica qualificata da chi effettua la copia». Dunque, il d.P.C.M. del novembre 2014 e le Regole tecniche da questo fissate integrano la disciplina relativa all’istituto della notificazione per via telematica nel giudizio amministrativo, portata dalla l. n. 53/1994 e specificamente nell’art. 3 bis, con la conseguente operatività dell’istituto della notifica del ricorso a partite dall’entrata in vigore del citato d.P.C.M. 13.11.2014.
TAR Puglia, Lecce, (sez. II, 30.3.2015, n. 1076), nel fare proprie le motivazioni addotte dal Consiglio di Stato e dal C.g.a., ha precisato che l’esclusione disposta dal Legislatore con il co. 3-bis dell’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012 deve intendersi circoscritta «all’adeguamento delle Regole tecniche di cui al Decreto del Ministro della giustizia 21.2.2011, n. 44». Ha aggiunto che non è invece inibito l’utilizzo, nel processo amministrativo, della modalità telematica a mezzo p.e.c. per la notifica del ricorso, tanto più che, nel rapporto tra leggi succedutesi nel tempo in questa materia, l’unico effetto abrogativo implicito che sembrerebbe ricondursi all’entrata in vigore dell’art. 16 quater sopra ricordato è quello, semmai, della necessità di una autorizzazione del presidente ex art. 52, co. 2, c.p.a. in presenza di forme speciali di notificazioni come quella a mezzo p.e.c. Ha quindi concluso che far derivare, come corollario, la perdurante inoperatività della notifica a mezzo p.e.c. nel contesto della giustizia amministrativa, pur a fronte di indici normativi che militano per l’attuale vitalità dell’istituto, conduce alla inaccettabile conseguenza di un rallentamento delle procedure di miglioramento della funzionalità del sistema di giustizia nel suo insieme, e alimenta una intollerabile crisi del valore della certezza del diritto. Ciò è tanto più vero se si considera che la notifica a mezzo p.e.c. costituisce, senz’altro, mezzo idoneo allo scopo di ottenere una regolare instaurazione del contraddittorio e una altrettanto regolare incardinazione del rapporto giuridico processuale.
Si è ritenuto necessario riportare le articolate motivazioni delle sentenze, che si sono occupate della problematica relativa alla notifica dei ricorsi a mezzo p.e.c. anche nel processo amministrativo in mancanza della previa autorizzazione presidenziale, perché le stesse in effetti finiscono, per la dovizia nella trattazione, per esaurire lo spettro delle argomentazioni che possono essere addotte a supporto dell’una o dell’altra tesi. La questione, che come dimostrano le surriportate pronunce è di evidente complessità, è resa ancora più problematica dalla circostanza che entrambi gli orientamenti fondano la conclusione cui pervengono sul dato letterale delle norme coinvolte, lette naturalmente in modo antitetico. L’interpretazione letterale delle disposizioni di fonti normative di rango primario e secondario porta dunque i giudici a ritenere o ad escludere l’utilizzabilità della p.e.c. per notificare il ricorso proposto dinanzi al giudice amministrativo di primo e di secondo grado.
Si ritiene che ove ci si fermi alla mera interpretazione letterale del complesso disposto normativo la soluzione cui è pervenuto il giudice di appello sembra quella più corretta. Il legislatore, con l’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012 ha chiarito, nel co. 3-bis, che solo i co. 2 e 3 non si applicano al processo amministrativo. L’esigenza del chiarimento è sopraggiunta nel 2014 con il d.l. n. 90, il cui art. 46 ha, con il co. 1 modificato la l. n. 53/1994 proprio con riferimento all’utilizzo della p.e.c. per la notifica del ricorso (art. 1 della citata l. n. 53/1994) e con il co. 2 l’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012 individuandone l’ambito di applicazione. È logico ritenere che proprio il d.l. n. 90 sarebbe stata la sede ottimale per dettare l’esatto confine dell’applicazione delle disposizioni in tema di notifica a mezzo p.e.c. Così non è stato perché il Legislatore del 2014 ha voluto escludere solo l’applicazione della norma relativa all’adeguamento delle Regole tecniche di cui al d.m. n. 44/2011, proprie solo del processo civile.
E quella del giudice di appello sarebbe stata la conclusione cui si sarebbe pervenuti anche se a questa interpretazione fosse stata preferita quella indotta dalla contestualizzazione del fenomeno, atteso che nell’era del processo telematico, nella fase in cui anche le ultime disposizioni normative dettate dal d.l. 27.6.2015, n. 8321 si sono occupate della informatizzazione del processo civile (e non solo), appare contro ogni logica che al processo amministrativo non si applichi una procedura (quella, appunto, della notifica a mezzo p.e.c.) che peraltro tanto innovativa neanche è. Non bisogna dimenticare che nel processo amministrativo la posta elettronica certificata è da tempo utilizzata per la trasmissione alle parti delle comunicazioni delle Segreterie degli uffici giudiziari22.
La realtà fattuale in cui si trova il processo amministrativo telematico, soprattutto per la mancanza delle Regole tecniche ma anche per un difetto di coordinamento tra le diverse disposizioni di settore, induce però a prediligere l’opposta soluzione, rendendo difficile, se non impossibile, l’applicazione concreta dell’istituto.
La notifica degli atti di parte a mezzo p.e.c. è infatti un adempimento che è preceduto e seguito da altri non meno problematici, necessari perché il processo possa dirsi correttamente instaurato.
Innanzitutto l’individuazione degli indirizzi di posta elettronica certificata. L’art. 3 bis, l. n. 53/1994 dispone, al co. 1, che la notifica a mezzo p.e.c. deve essere eseguita «all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi». L’indicazione dei pubblici elenchi utilizzabili per le notificazioni a mezzo p.e.c. è poi dettata dall’art. 16 ter, co. 1, d.l. n. 179/201223. Infine, il co. 12 dell’art. 16, d.l. n. 179/2012, nel testo modificato dall’art. 47, co. 1, d.l. n. 90/2014 (applicabile anche al processo amministrativo ai sensi del co. 17-bis dello stesso art. 16, aggiunto dall’art. 42, co. 1, d.l. n. 90/2014) richiede alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, d.lgs. 30.3.2001, n. 165, di comunicare al Ministero della giustizia, entro il 30.11.2014, l’indirizzo di posta elettronica certificata, conforme a quanto previsto dal d.P.R. 11.2.2005, n. 68, al quale ricevere le comunicazioni e notificazioni. Non tutte le Amministrazioni hanno però assolto a tale obbligo. E questo rappresenta il primo serio problema per procedere alla notifica del ricorso a mezzo p.e.c. (problema al quale si aggiunge la quasi impossibilità di rintracciare la p.e.c. di eventuali controinteressati da evocare in giudizio, il che comunque limiterebbe l’applicabilità della notifica a mezzo p.e.c. ai soli ricorsi nei quali manca una controparte privata, salvo a voler addirittura ritenere possibile l’utilizzo di diverse metodologie di notifica nello stesso giudizio).
Una volta notificato il ricorso a mezzo p.e.c., lo stesso deve essere depositato. Di qui il secondo problema, atteso che, come si è detto, non ci sono Regole tecniche sul deposito telematico con valore legale.
Giova peraltro chiarire che da tali problematiche non resta immune la soluzione cui è pervenuto l’orientamento giurisprudenziale negazionista. Come si è detto, la quasi totalità delle decisioni del giudice di primo grado, che negano la possibilità di notificare il ricorso a mezzo p.e.c., ritengono però che la preclusione venga meno se a ciò si è autorizzati dal Presidente ai sensi dell’art. 52, co. 2, c.p.a. Ma, a parere di chi scrive, l’autorizzazione non fa certo venire meno i problemi applicativi ritenuti ostativi, salvo a non voler ritenere che nell’autorizzazione il Presidente debba dettare, caso per caso, tali regole. Si tratta di conclusione che presuppone però una competenza che non sembra avere fonte nell’attuale normativa di settore.
A fronte di tale situazione non si comprende perché sia sfuggita l’opportunità di un chiarimento o di una novella (il primo, se l’effettiva intenzione del legislatore del 2014 era stata di estendere al processo amministrativo le regole sulla notifica a mezzo p.e.c. applicate al processo civile; la seconda, se l’intenzione fosse stata, invece, di inibire tale applicazione) con il recente d.l. n. 83/2015, atteso che, sebbene non sia dubbia l’importanza di pronunce del giudice di appello di identico tenore su una questione delicata quale è quella legata alla notifica del ricorso, è altrettanto indubbio che tale orientamento, non provenendo dall’Organo (id est, l’Adunanza plenaria) che ai sensi dell’art. 99 c.p.a. ha la funzione nomofilattica, non è in grado di garantire, sul punto controverso, univocità di decisione nella giustizia amministrativa24.
1 Ai sensi del d.P.R. 11.2.2005, n. 68 la posta elettronica certificata è il sistema che consente di inviare e mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, con l’indicazione dell’orario esatto di spedizione. Il servizio può essere erogato esclusivamente dai gestori accreditati presso il Cnipa, che è l’organo pubblico preposto al controllo della posta elettronica certificata. Grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati. La p.e.c., in caso di contenzioso, garantisce l’opponibilità a terzi del messaggio. Il termine «certificata» si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta, che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. A sua volta il gestore della casella
p.e.c. del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. Le ricevute dei gestori certificano che il messaggio è stato spedito, è stato consegnato e non è stato alterato. Le ricevute di consegna hanno piena validità legale, anche se il messaggio non è stato effettivamente letto dal destinatario (su cui grava l’onere della prova di non aver ricevuto il messaggio). In caso di smarrimento di una delle ricevute presenti nel sistema p.e.c. è possibile disporre, presso i gestori del servizio, di una traccia informatica avente lo stesso valore legale in termini di invio e ricezione, per un periodo di trenta mesi. Con riferimento alla notifica del ricorso, ai sensi dell’art. 3 bis, co. 3, l. n. 53/1994, essa si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’art. 6, co. 1, d.P.R. n. 60/2005 e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal co. 2 del citato art. 6.
2 V. anche Cons. St., V, 22.10.2015, n. 4862 e Cons. St., III, 14.9.2015, n. 4270.
3 Il co. 2 dell’art. 52 c.p.a. dispone che «Il presidente può autorizzare la notificazione del ricorso o di provvedimenti anche direttamente dal difensore con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o fax, ai sensi dell’art. 151 del codice di procedura civile».
4 Recante Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali.
5 Recante Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.
6 Ai sensi del co. 2 dell’art. 39 c.p.a., «Le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile».
7 La Greca, M., Sulla controversa applicabilità delle notifiche a mezzo pec nel processo amministrativo. Commento alla sentenza del Tar per il Lazio, sezione III ter, n. 396 del 13 gennaio 2015 (anche in relazione al precedente decreto Presidenziale dello stesso Tar per il Lazio, sezione III bis, n. 23921 del 12 novembre 2013), in www.giustamm.it, 2/2015.
8 La Greca, M., La notifica a mezzo pec ammissibile nel processo amministrativo. Nota a commento della sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI, n. 2682 del 28 maggio 2015, in www.giustamm.it, 6/2015, nel quale ha chiarito che, in mancanza di specifiche disposizioni regolamentari relative al processo amministrativo telematico, la conseguenza non è l’impossibilità di procedere alla notifica via p.e.c., ma solo la non opponibilità di eventuali limitazioni ad uno specifico formato degli atti, standard di firma, tipologia di ricevuta, rispetto a quanto previsto dalla specifica normativa di settore (d.lgs. 7.3.2005, n. 82).
9 Marino, L., La notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso giurisdizionale amministrativo, tra slanci interpretativi e ostacoli normativi, in www.giustamm.it, 6/2015. Alle stesse conclusioni è pervenuto Pisano, I., Il nuovo diritto processuale amministrativo, a cura di G.P. Cirillo, Padova, 2014, 1354. Argomentazioni volte ad escludere la possibilità di notificare il ricorso con la p.e.c. sono state da quest’ultimo Autore riportate anche in Il processo amministrativo telematico e la l. n. 132/2015, in questo Volume.
10 Il d.m. n. 48/2013 è stato adottato in attuazione del co. 2 dell’art. 16 quater, d.l. n. 179/2012. Il suo art. 1 modifica l’art. 18, d.m. n. 44/2011, che detta la disciplina per le notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati.
11 TAR Abruzzo, Pescara, 12.2.2015, n. 78; TAR Puglia, Bari, II, 20.2.2015, n. 299; TAR Veneto, III, 27.3.2015, n. 369; TAR Campania, Salerno, 14.5.2015, n. 1004; TAR Basilicata, 15.5.2015, n. 257.
12 TAR Puglia, Bari, II, 6.5.2015, n. 666.
13 L’art. 16 ter, d.l. n. 179/2012 prevede (co. 1) che a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale, si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli artt. 4 e 16, co. 12, dello stesso d.l. n. 179, dall’art. 16, co. 6, d.l. 29.11.2008, n. 185 e dall’art. 6 bis, d.lgs. 7.3.2005, n. 82, nonchè il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia. Il co. 1-bis, chiarisce che le disposizioni dettate dal co. 1 si applicano anche alla giustizia amministrativa.
14 Ai sensi del co. 2 dell’art. 22, d.lgs. n. 82/2005, «Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’art. 71».
15 TAR Campania, Napoli, VI, 1.7.2015, n. 3467
16 TAR Basilicata, 15.5.2015, n. 257; TAR Molise, 12.6.2015, n. 258. Esclude invece la sanatoria Marino, L., La notifica a mezzo posta elettronica certificata del ricorso giurisdizionale amministrativo, tra slanci interpretativi e ostacoli normativi, in www.giustamm.it, 6, 2015, secondo cui la notifica telematica del ricorso deve essere considerata giuridicamente inesistente e, dunque, nient’affatto sanabile neppure dalla costituzione in giudizio della parte intimata.
17 Cons. St., III, 30.5.2013, n. 2945; TAR Lazio, Roma, III bis, 2.7.2014, n. 7017.
18 Cons. St., VI, 21.1.2015, n. 219; TAR Abruzzo, Pescara, 12.2.2015, n. 78. Contra, TAR Molise, 12.6.2015, n. 258, secondo cui qualsiasi vizio della notifica del ricorso giurisdizionale, quand’anche rientri nelle ipotesi di nullità previste dall’art. 11, l. n. 53/1994, è sanato dalla rituale costituzione del resistente ovvero del controinteressato. E la circostanza che la data di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata sia successiva alla scadenza del termine di impugnazione del provvedimento gravato non impedisce la sanatoria di cui all’art. 156 c.p.c. La sanatoria, infatti, per un verso opera retroattivamente, con la conseguenza che il ricorso introduttivo si considera regolarmente proposto fin dall’inizio (Cass. civ., I, 2.5.2006, n. 10119); per altro verso, essa costituisce un principio fondamentale del processo amministrativo che, ai sensi dell’art. 39 c.p.a., deve trovare applicazione in assenza di specifiche previsioni contrarie contenute nel medesimo Codice.
19 TAR Campania, Napoli, VII, 6.2.2015, n. 923; TAR Lombardia, Brescia, II, 10.4.2015, n. 514; TAR Roma, Lazio, III, 24.6.2015, n. 8676.
20 TAR Puglia, Lecce, I, 9.7.2015, n. 2339.
21 Recante Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria, convertito, con modificazioni, nella l. 6.8.2015, n. 132.
22 Sulla trasmissione a mezzo p.e.c. delle comunicazioni delle Segreterie degli uffici giudiziari v. Cons. St., A.P., ord., 10.12.2014, n. 33.
23 Gli elenchi pubblici in questione sono: 1) l’anagrafe della popolazione residente (ANPR); 2) Registro PP.AA. presso il Ministero della giustizia; 3) il Registro delle Imprese; 4) l’Inipec (indirizzi dei professionisti e delle imprese presenti sul territorio italiano); 5) il ReGInDE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici), gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo
p.e.c. dei soggetti abilitati esterni, ovverossia: 1) appartenenti ad un ente pubblico; 2) professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge; 3) ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia (questo non si applica per gli avvocati, il cui specifico ruolo di difensore implica che l’invio dell’albo deve essere sempre fatto dall’ordine di appartenenza o dall’ente che si difende).
24 Ravvisava la necessità di un intervento normativo anche Cardarelli, F., La notifica mezzo p.e.c. del ricorso nel processo di primo grado, in Il Libro dell’anno del diritto 2014, Roma, 2014. L’A., analizzando la normativa vigente in materia nel 2013, ha auspicato l’esclusione della possibilità di notifica del ricorso a mezzo p.e.c. e ha, nel contempo, segnalato l’«oggettiva carenza di coordinamento tra norme, e la necessità di un intervento chiarificatore, quanto meno attraverso apposite circolari (e ferma restando la circostanza che la materia richiederebbe una organica e soprattutto chiara disciplina, attenendo a materie di estrema sensibilità, quali quelle della regolare instaurazione e coltivazione del processo)».