Abstract
La disciplina delle notificazioni e delle comunicazioni è esaminata seguendo due chiavi di lettura: la prima consiste nella funzione di strumenti di trasmissione della conoscenza legale di atti, fatti e provvedimenti, attribuita dalla legge; la seconda consiste nella classificazione dei modi e delle forme dei procedimenti regolati dalla legge, a seconda che oggetto della trasmissione sia un documento formato su un supporto cartaceo (c.d. analogico) ovvero un documento informatico.
Comunicazioni e notificazioni sono tra gli strumenti previsti e regolati dalla legge per garantire la conoscenza di fatti, atti, provvedimenti del processo civile.
La conoscenza, tradizionalmente ricondotta ai fatti cd. psichici o intellettivi (Pugliatti, S., Conoscenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961, 114), ha carattere soggettivo e per questo la legge prevede modi e forme di oggettivizzazione finalizzate a garantire l’equivalenza giuridica tra conoscenza soggettiva e fatti oggettivi: la conoscenza legale e l’onere di conoscenza.
La prima si realizza mediante il compimento di svariate formalità che, a seconda dei casi, l’ordinamento reputa volta per volta idonee a garantire un certo grado di probabilità che il fatto, l’atto o il provvedimento pervenga nella sfera di conoscibilità del destinatario (secondo una tecnica per certi versi riconducibile alla finzione giuridica, su cui v. Gambaro, A., Finzione giuridica nel diritto positivo, in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 342 s.); il secondo è variamente rintracciabile nella disciplina del processo civile ed è generalmente collegato al tempestivo esercizio di un potere o al compimento di una attività.
La conoscenza legale costituisce nel processo civile il presupposto per l’acquisto di determinate qualità, l’esercizio di poteri, l’assolvimento di oneri.
In ipotesi specifiche, determinate dalla legge, la pubblicazione e la pubblicità, che, al contrario di notificazioni e comunicazioni, sono dirette alla generalità dei consociati, sono alternative alle notificazioni e alle comunicazioni (v. Frassinetti, A., La notificazione nel processo civile, Milano, 2012, 27).
La disciplina di riferimento per le comunicazioni e notificazioni di documenti cd. analogici (cioè formati su supporto cartaceo) è contenuta nel libro I, titolo VI, capo I, sezione IV del codice di procedura civile, ma sono numerose le fonti extra codicem che regolano forme diverse e alternative (v., ad. es., le notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari, ex l. 20.11.1982, n. 890, le notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati, ex l. 21.1.1994, n. 53, nonché l’insieme di fonti che regolano la trasmissione di atti giudiziari e provvedimenti verso uno stato diverso da quello del mittente); in generale, l’insieme di queste regole costituisce un modello di riferimento al quale il legislatore rinvia o che talvolta riproduce, anche al di fuori dell’ambito del processo civile (v., ad es., l’art. 39, co. 2., c.p.a., ai sensi del quale «le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile»; l’art. 23, ult. co., l. 11.3.1953, n. 87, che impone al cancelliere la comunicazione, diretta ai Presidenti delle Camere o del consiglio regionale interessato, dell’ordinanza che solleva una questione di legittimità costituzionale).
La disciplina delle comunicazioni e notificazioni è però stata significativamente incisa dal frastagliato, eterogeneo e stratificato nucleo di fonti che, negli ultimi anni (v. il più recente intervento rappresentato dagli artt. 19-20 d.l. 27.6.2015, n. 83, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 6.8.2015, n. 132), ha istituito e regolato il cd. processo telematico, tanto da far apparire residuale l’impianto normativo tradizionale basato sul presupposto che oggetto della trasmissione sia un documento analogico.
È intuitivo il ruolo chiave giocato nel processo civile dal sistema di norme che regolano le comunicazioni e le notificazioni; in questa sede, non potranno che fornirsi alcune indicazioni generali dei principali aspetti teorici dei due istituti, il cui inquadramento sistematico produce riflessi importantissimi per gli operatori del diritto e nella pratica applicazione.
Le comunicazioni, a mente del combinato disposto degli art. 58, 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., sono tradizionalmente ritenute attività del cancelliere, il quale, per dovere d’ufficio o per ordine del giudice, trasmette alle parti, al pubblico ministero, al consulente tecnico, ad altri ausiliari del giudice, ai testimoni la conoscenza di un fatto del processo o di un provvedimento (v. Balena, G., Notificazione e comunicazione, in Dig. civ., XII, Torino, 1995, 259 ss.).
Sennonché, la gamma di ipotesi in cui la legge prescrive modi e forme di trasmissione della conoscenza tra soggetti che operano nel processo appare ampia e variegata e suggerisce un allargamento della nozione di comunicazione sino a comprendervi altre forme non riconducibili al paradigma di attività propria del cancelliere; è quindi plausibile intendere per comunicazione ogni modalità di trasmissione, della quale l’autore della dichiarazione è anche autore dell’attività materiale (cfr. Punzi, C., Comunicazione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 209 ss., il quale considera questo il principale tratto distintivo rispetto alle notificazioni), consistente nel garantire, attraverso il rispetto di forme caso per caso diverse, la conoscenza di fatti, atti o provvedimenti tra soggetti che operano, a vario titolo, all’interno delle numerose varianti di processi di cognizione e del processo esecutivo.
Sono «comunicazioni» quelle compiute dal cancelliere per dovere d’ufficio – alle quali pure la legge fa riferimento quando dispone che il cancelliere «dà notizia» (cfr. artt. 53, 133, 267, 524, 525, 640, 731, 825 c.p.c.) – o in esecuzione di un ordine del giudice, ma anche altre forme (cd. extra-vagantes, secondo La China, S., Comunicazione (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 1) che rispondono ad una tecnica diversa e che sono poste in essere dalle parti, dal custode, del debitore esecutato costituito custode dei beni pignorati, del terzo debitor debitoris, dal professionista delegato alle operazioni di vendita, dall’ufficiale giudiziario o, addirittura, con qualche forzatura di carattere sistematico, dagli arbitri (v., ad es., gli artt. 71, 165, 166, 167, 292, 414, 521, 521 bis, 591 bis, 702 bis, 824, 826 c.p.c.).
L’impressione è che l’allargamento della nozione di comunicazione, unitamente all’introduzione di modalità di trasmissione telematiche – su cui v. infra, § 2.2 – abbia finito per assottigliare i confini tra le comunicazioni e le notificazioni.
Se infatti la comunicazione a) non è concepibile come attività esclusiva del cancelliere, ma anche delle parti (rectius, dei loro avvocati) e di altri soggetti, b) può essere eseguita con modalità analoghe a quelle delle notificazioni (giacché in entrambi i casi, salve ipotesi specifiche e residuali, la trasmissione deve avvenire con modalità telematiche), c) qualora abbia ad oggetto una sentenza, non si limita più a dare semplice notizia della sua pubblicazione (come avveniva prima dell’intervento modificatore dell’art. 133, co. 2, c.p.c. per mano dell’art. 45, co. 1, lett. b, d.l. 24.6.2014 n. 90, convertito in legge dalla l. 11.8.2014, n. 114), ma deve contenerne il testo integrale, pur non essendo idonea a far decorrere termini per l’impugnazione (cfr. art. 133, co. 2, ult. periodo, c.p.c.), i punti in comune con le notificazioni paiono eccedere le differenze; si consideri, inoltre, che, all’infuori della comunicazione della sentenza effettuata dal cancelliere, non sono affatto rari i casi in cui la comunicazione di un provvedimento – obbligatoriamente in versione integrale – segna il momento dal quale decorrono termini perentori per la proposizione di impugnazioni, reclami o per la riassunzione della causa (cfr., per esempio, gli artt. 43, 47, 50, 72, 101, 178, 186 quater, 348 ter, 367, 308 in comb. disp. con l’art. 178, 384, 391, 420 bis, 521 bis, 574, 627, 630, 669 terdecies, 702 quater, 703, 739, 740, 741, 825, 826, 828, 840 c.p.c.; artt. 125 bis, 129 bis, 133 bis, 156 disp. att. c.p.c.; artt. 22, 26, 99, 171, 213, 214 l. fall.; art. 5 ter l. 89/2001; art. 64 d.lgs. 30.3.2001, n. 165).
La tradizionale maggior semplicità delle forme prescritte dalla legge per le comunicazioni, unitamente all’assenza di una norma analoga a quella dell’art. 160 c.p.c., che riguarda la nullità della notificazione, ha indotto a ritenere che il mancato rispetto delle forme non sia di per sé in grado di viziare la comunicazione, potendosi ammettere modalità equipollenti (cfr. Cass., 19.2.2008, n. 4061; Andrioli, V., Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1966, 509; Punzi, C., Comunicazione, cit., 210), purché risulti accertata, con un grado assimilabile a quello garantito dal rispetto della forma corretta, la conoscenza da parte del destinatario e la data del suo conseguimento.
L’uso degli strumenti telematici ed informatici per il compimento delle comunicazioni sembrerebbe, stando alle prime applicazioni, essere in grado di erodere questo convincimento (v. Trib. Milano 10.4.2013, in Foro it., 2013, I, 2046, secondo il quale «non è valida la comunicazione di un’ordinanza effettuata, ad avvocato domiciliatario privo di indirizzo di posta elettronica certificata, presso la cancelleria ai sensi dell’art. 51, co. 3, d.l. 112/08, nel caso in cui il procuratore costituito per la parte abbia provveduto ad indicare negli atti processuali, in ossequio all’art. 125 c.p.c., l’indirizzo PEC comunicato al proprio ordine»).
La digitalizzazione dei documenti, la telematizzazione della loro trasmissione e l’informatizzazione nella gestione dei flussi di dati sono il presupposto del funzionamento del sistema del processo telematico, i cui pilastri, sono costituiti dal documento informatico, dalla posta elettronica certificata (PEC), dalle comunicazioni e delle notificazioni telematiche e dal deposito telematico.
Il progressivo e tendenziale abbandono dell’uso della carta quale supporto fisico dei documenti contenenti atti giudiziari e provvedimenti, soppiantato, per i processi davanti al tribunale e alla corte d’appello, dal ricorso alla tecnologia del documento informatico e della firma digitale, ha inciso, logicamente, sulle relative modalità di trasmissione.
La regola generale, operante nel processo civile, per l’esecuzione di comunicazioni da parte del cancelliere è ora contenuta nell’art. 16, co. 4-8, d.l. 18.10.2012, n. 179, a norma del quale le comunicazioni (e le notificazioni) sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di PEC risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni; nei procedimenti civili in cui la parte sta in giudizio personalmente ma non ha un indirizzo di PEC risultante da pubblici registri, questa può indicare l’indirizzo al quale vuole ricevere comunicazioni (e notificazioni); le comunicazioni (e le notificazioni) alle pubbliche amministrazioni che stanno in giudizio avvalendosi dei propri dipendenti si effettuano agli indirizzi di PEC di cui devono dotarsi.
I casi in cui non sia possibile procedere alla comunicazione di cancelleria mediante invio di messaggio di PEC sono soggetti a due diverse discipline: se la comunicazione è indirizzata ad un soggetto che, avendo l’obbligo di munirsi di una casella di PEC, ne è sprovvisto, questa si effettua mediante deposito in cancelleria; qualora, invece, l’impossibilità non sia imputabile al destinatario, trova applicazione l’art. 136, co. 3, c.p.c., e la comunicazione avente ad oggetto il biglietto di cancelleria (art. 45 disp. att. c.p.c.) avviene tramite fax, ovvero per mezzo dell’ufficiale giudiziario al quale il cancelliere rivolge l’istanza di notifica.
Non parrebbe più esservi spazio alcuno per la forma di comunicazione, per così dire, tradizionale (art. 136, co. 2, c.p.c.), da parte del cancelliere, consistente nella consegna del biglietto di cancelleria al destinatario, con contestuale rilascio della ricevuta; tuttavia non può escludersi che questa, al pari di altre modalità di trasmissione di documenti cartacei sovente adottate nella prassi (quale, ad es., l’esibizione dell’originale del provvedimento, attestata dal destinatario attraverso l’apposizione della propria firma e della data in calce o a margine dello stesso), costituendo forme equipollenti, possano essere praticate e ritenute comunque idonee a raggiungere lo scopo nelle (residuali e sempre più sporadiche) ipotesi – che però sono la regola, alla metà dell’anno 2015, nei procedimenti davanti al giudice di pace e davanti alla Corte di cassazione – in cui il documento da trasmettere sia in formato analogico (cfr. Circolare Min. giustizia 28.10.2014, www.giustizia.it).
Da ultimo, se si accoglie la nozione estesa di comunicazione, occorre accennare alla modalità con cui le parti comunicano i propri atti o offrono in comunicazione i documenti nel processo.
La regola, che è quella del deposito cd. telematico (si rinvia per ogni riferimento a Poli, G.G., Processo civile telematico: le novità del d.l. n. 90/2014, in www.treccani.it; v., anche, Processo telematico), ha recentemente goduto di un significativo rafforzamento, per mano del d.l. n. 83/2015 che, inserendo nell’art. 16 bis d.l. n. 179/2012 il co. 1-bis, dispone l’ammissibilità del deposito telematico degli atti introduttivi nei procedimenti civili davanti ai tribunali e alle corti d’appello; tra le altre novità, si segnalano: l’inserimento della possibilità anche per il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente di estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti; la previsione che con decreto del Ministero della giustizia siano adottate misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e la conservazione delle predette copie cartacee; l’introduzione dell’art. 16 decies, che dispone, a favore dei soggetti abilitati ad estrarre tali duplicati e copie di autenticare la copia informatica di un atto formato su supporto analogico; modifiche di dettaglio in tema di attestazione di conformità (art. 16 undecies).
Con la parola «notificazione» si intende, comunemente, un procedimento (Minoli, E., Le notificazioni nel processo civile, Milano, 1938, 10 ss.) finalizzato a portare a conoscenza di uno o più soggetti determinati un atto giudiziale o stragiudiziale, attraverso l’attività di un soggetto qualificato.
Anche per le notificazioni, come per le comunicazioni, pare preferibile, alla luce delle innovazioni apportate dalla disciplina del processo telematico, distinguere le regole che governano la trasmissione di un documento cartaceo da quelle applicabili alle notificazioni cd. telematiche.
L’impulso di parte è caratteristica comune ad ogni forma di notificazione e costituisce un sicuro tratto distintivo rispetto alle comunicazioni, con la sola eccezione, del tutto residuale e ormai destinata alla desuetudine, delle notificazioni dirette di documenti tra avvocati.
Sebbene la struttura differisca significativamente a seconda che venga in rilievo il procedimento notificatorio avente ad oggetto un documento analogico, ovvero uno digitale, la funzione può ben dirsi la medesima ed è costituita dal conseguimento della conoscenza legale in capo al destinatario.
Esemplificativamente, nel primo caso, il procedimento si svolge come una successione di attività per il compimento delle quali un ruolo cardine (sebbene non sempre imprescindibile) è svolto dall’ufficiale giudiziario, ma che vede la partecipazione (necessaria) del soggetto che formula la richiesta di notificazione e quella (eventuale) del destinatario della notifica o di altro soggetto che, assumendo la qualità di consegnatario, consente con la sua attività di ricezione di soddisfare i requisiti volta per volta previsti dalla legge per il perfezionamento della notifica e il conseguimento della conoscenza legale.
L’osservazione del procedimento di notificazione consente di scomporlo nella fase iniziale, contraddistinta dall’impulso, cioè dalla richiesta formulata dalla parte – sebbene tale nozione debba intendersi in senso, per così dire, atecnico, considerata la possibilità di servirsi del procedimento per trasmettere atti stragiudiziali –, dal pubblico ministero o dal cancelliere; la fase di trasmissione, che può avvenire con svariate forme e modalità regolate dalle legge, le quali a loro volta si distinguono a seconda che il destinatario sia una persona fisica o giuridica, ma anche in relazione all’oggetto della notifica; la trasmissione, peraltro, può aver luogo anche per mezzo del servizio postale, ovvero mediante l’uso del fax o della PEC; infine, la fase di documentazione con cui si realizza la certezza pubblica (Giannini, M.S., Certezza pubblica, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 773) attraverso la redazione di un documento fidefacente da parte dell’organo notificatore che, di regola, è l’ufficiale giudiziario.
Nel secondo caso, quello cioè in cui oggetto della notificazione sia un documento digitale, i modelli del procedimento differiscono a seconda che l’istante intenda servirsi della intermediazione dell’ufficiale giudiziario, ovvero preferisca procedere alla notifica in proprio.
In quest’ultima ipotesi, i soggetti legittimati alla notifica cd. diretta per mezzo di PEC sono soltanto gli avvocati e la l. n. 53/1994 – come incisa da alcuni dei molti provvedimenti in materia di informatizzazione del processo civile – disciplina i modi e le forme del procedimento.
Qualora invece occorra notificare un documento digitale, l’istante (ragionevolmente, non un avvocato, giacché quest’ultimo è tenuto a dotarsi di un indirizzo di PEC) deve formulare la relativa richiesta all’ufficiale giudiziario, che vi provvede tramite la propria casella di PEC, a norma degli artt. 137, co. 3, e 149 bis c.p.c.
Qualunque sia la modalità di trasmissione del documento e qualunque ne sia il formato, si applica la regola dell’art. 147 c.p.c. (richiamato dall’art. 16 septies d.l. n. 179/2012) secondo cui le notifiche, se effettuate dopo le ore 21, si considerano perfezionate alle ore 7 del giorno successivo.
La prima fase del procedimento notificatorio avente ad oggetto un documento cartaceo è quella cd. di impulso, che può provenire dal cancelliere, dal pubblico ministero o dalla parte (art. 137 c.p.c.); se per le prime due figure non si pongono dubbi in ordine alla legittimazione alla formulazione della richiesta, qualche precisazione merita il riferimento al termine «parte».
Premesso che tanto per la notifica di atti stragiudiziali che per quella di atti giudiziali nessun potere di sindacato in ordine alla legittimazione dell’istante sembra riscontrabile in capo all’ufficiale giudiziario, il problema di un eventuale suo difetto potrebbe porsi soltanto ex post, in punto di effetti dell’atto notificato e la sua soluzione non può che competere al giudice (Balena, G., Notificazione e comunicazione, cit., 259).
L’istanza, a norma dell’art. 104, co. 2, d.P.R. 15.12.1959, n. 1229, può essere fatta dalla parte personalmente o a mezzo di procuratore, fermo restando che non pare necessario il conferimento della procura (né per gli atti stragiudiziali né per quelli stragiudiziali) e che nella prassi è spesso delegata a terzi (praticanti forensi o collaboratori), e può essere effettuata oralmente o a mezzo di posta raccomandata (art. 104, co. 3, d.P.R. n. 1229/1959), senza formalità di sorta.
La fase di impulso si completa con la consegna dell’atto e della copia da notificare e con il compimento di operazioni accessorie, consistenti in eventuali indicazioni da fornire all’ufficiale giudiziario (ad es., circa l’annotazione dell’orario di avvenuta notifica in modo da stabilire la prevenzione o circa le modalità di compimento della fase di trasmissione) e nel pagamento delle spese e dei diritti di notifica.
La fase di trasmissione consiste nel materiale trasferimento della disponibilità del documento cartaceo dal mittente al destinatario e può essere compiuta con diverse modalità dall’ufficiale giudiziario, dall’ufficiale postale, dal messo del giudice di pace, dall’autorità diplomatica o consolare.
Fatta eccezione per l’ufficiale postale e per l’autorità diplomatica e consolare, negli altri casi è dubbio se la scelta delle modalità di trasmissione spetti esclusivamente all’ufficiale notificante, ovvero se questi debba attenersi alle indicazioni fornitegli dal notificante; fermo restando il dovere di quest’ultimo di cooperare per il buon fine della notifica – si pensi, ad esempio, alla indicazione delle certificazioni anagrafiche relative al destinatario, qualora la notifica debba compiersi ai sensi degli artt. 140 o 143 c.p.c. – si ritiene generalmente corretto riconoscere all’ufficiale notificante il potere insindacabile di scelta della forma più appropriata, soprattutto alla luce dell’ormai consolidato principio secondo il quale non è addebitabile al notificante la responsabilità di quanto accade dopo l’atto di impulso (Balena, G., Comunicazioni, notificazioni e termini processuali, in Balena, G.-Bove, M., Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, 42), cui fa da corollario la ben nota scissione del momento perfezionativo della notifica tra notificante e destinatario (su cui v. infra, § 3.6).
L’impianto del codice di procedura civile prevede un sistema di regole per lo svolgimento della trasmissione che tiene conto delle diverse qualità del destinatario (persona fisica, persona giuridica – o enti dotati di soggettività, pur privi di personalità giuridica –, amministrazione dello Stato, militare in servizio) e che, fatta eccezione per le ultime due ipotesi, dispone un ordine di preferenze che vede al vertice la modalità di notificazione mediante consegna in mani proprie del destinatario (artt. 138 c.p.c. e 145 c.p.c.); nel caso in cui non avvenga ai sensi dell’art. 138 c.p.c., le forme della trasmissione si possono classificare a seconda del fatto che la consegna possa avvenire al destinatario effettivo, ovvero ad un diverso soggetto espressamente indicato dalla legge – il consegnatario – la cui ricezione consente di ritenere perfezionata la notifica, ovvero ancora che non sia possibile eseguire alcuna delle due precedenti forme e occorra ricorrere a diverse modalità perché il destinatario è irreperibile o rifiuta di ricevere la copia (art. 140 c.p.c.), non risiede, non dimora né è domiciliato in Italia (art. 142 c.p.c.), è privo di residenza, dimora o domicilio conosciuti (art. 143 c.p.c.).
I consegnatari ex lege sono indicati in un ordine ritenuto tassativo e la giurisprudenza è orientata a ritenere che la qualità della persona che riceve l’atto per conto del destinatario si presuma iuris tantum dalle dichiarazioni raccolte dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica (ovvero dall’ufficiale postale nell’avviso di ricevimento della raccomandata); in questi casi, la legge richiede che l’ufficiale giudiziario dia notizia al destinatario della consegna del documento mediante raccomandata con avviso di ricevimento il cui mancato invio è – secondo le indicazioni della giurisprudenza – causa di nullità del procedimento.
Qualora destinatari della notifica siano una persona giuridica o un ente dotato di soggettività giuridica, l’art. 145 c.p.c. abilita l’ufficiale notificante a provvedere, alternativamente, mediante consegna ai soggetti espressamente indicati presso la sede ovvero a norma degli artt. 138, 139 e 141 c.p.c. alla persona fisica che rappresenta l’ente, a condizione che ne sia indicata tale qualità e che risultino specificati residenza, domicilio o dimora.
Le notificazioni da effettuarsi nei confronti delle amministrazioni statali si effettuano presso il domicilio ex lege individuato nell’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l’ufficio giudiziario o l’arbitrato (artt. 11 e 52 r.d. 30.10.1933, n. 1611).
Tra le ipotesi di domicilio ex lege, si segnala quella prevista dall’art. 366 c.p.c. secondo cui, in mancanza di indicazione da parte del difensore del ricorrente in cassazione di indirizzo di PEC o di elezione del domicilio in Roma, tutte le notifiche gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione (cfr. Cass., 27.11.2014, n. 25215).
Per la notificazione della sentenza e dell’atto di impugnazione, il combinato disposto degli artt. 170, 285 e 330 c.p.c. dispone che essa avvenga presso il procuratore costituito, salvo che la parte, la quale abbia notificato la sentenza ex art. 285 c.p.c. ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione, abbia in quella occasione dichiarato la sua residenza o eletto domicilio nella circoscrizione del giudice che l’ha pronunciata; tale sistema di norme pone rilevantissimi e numerosissimi problemi pratici, tra i più recenti dei quali si segnalano quelli relativi: alla equipollenza della notifica dell’atto di impugnazione rispetto a quella della sentenza ai fini del decorso del termine breve ex art. 325 c.p.c. (Cass., 13.5.2015, n. 9782); alla nullità o inesistenza della notifica del ricorso per cassazione effettuata presso il domicilio eletto per il primo grado, qualora in appello sia stato nominato un diverso difensore ed eletto un diverso domicilio (Cass., 30.3.2015, n. 6427); alla inesistenza della notifica effettuata presso il difensore domiciliatario medio tempore cancellatosi dall’albo (Cass., 19.6.2015, n. 12758).
«Gli ufficiali giudiziari, gli aiutanti ufficiali giudiziari ed i coadiutori addetti agli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti degli uffici giudiziari sono ausiliari dell’ordine giudiziario» (art. 1 d.P.R. n. 1229/1959); l’art. 101 dispone inoltre che «il numero complessivo degli ufficiali giudiziari è di 1.550; essi sono addetti all’ufficio unico costituito nelle sedi capoluogo di distretto o di circondario rispettivamente presso la Corte di appello o presso il Tribunale» e per la Corte di cassazione provvede l’ufficio unico della Corte d’appello di Roma (art. 105).
Fermo restando che non è configurabile, in favore delle parti, una garanzia operante per l’ufficiale giudiziario analoga a quella che opera nei confronti del giudice (che deve essere naturale e precostituito per legge), gli art. 106 e 107 d.P.R. n. 1229/1959 dispongono che l’ufficiale giudiziario – così come il suo aiutante –, nel territorio al quale è addetto è l’unico a poter compiere tutte le attività del suo ufficio; nessuna limitazione territoriale opera invece per le notifiche a mezzo del servizio postale, che possono essere validamente compiute da qualunque ufficiale giudiziario verso qualunque destinatario, ovunque (non solo, dunque, sul territorio della Repubblica) si trovi.
A tali regole, devono aggiungersi quelle contenute nell’art. 175, all. I, r.d. 28.12.1924, n. 2271, che delineano minuziose norme sulla “competenza” dell’ufficiale giudiziario.
Pur con autorevoli voci contrarie (Balena, G., Notificazione e comunicazione, cit., 259 ss.; v., anche, Micheli, G.A., Sulla nullità della notificazione per incompetenza dell’ufficiale giudiziario, in Giur. compl. cass. civ., 1945, XVII, 1), la questione della invalidità della notificazione effettuata da un ufficiale giudiziario (o da un suo aiutante o da un messo del giudice di pace) “incompetente” pare essere stata risolta nella pratica vuoi accostandola alla mera irregolarità, vuoi alla nullità sanabile in base ai principi generali dell’art. 156 c.p.c. o comunque con efficacia ex tunc mediante rinnovazione ex art. 291 c.p.c. (Cass., 22.6.2004, n. 11140).
L’ultima fase del procedimento di notificazione avente ad oggetto un documento cartaceo è quella della documentazione, cioè del riscontro che l’ufficiale giudiziario dà circa il rispetto delle modalità che la legge impone come idonee al raggiungimento della conoscenza legale da parte del destinatario; tale garanzia è fornita dalla relazione di notificazione, ovverosia da un atto pubblico, in cui l’ufficiale notificante dà conto della persona cui è consegnata la copia, del tempo – su richiesta, anche dell’ora e del minuto primo – e del luogo in cui si è perfezionata la notifica, delle motivazioni circa l’eventuale utilizzo di un criterio sussidiario di trasmissione dell’atto e con cui certifica le attività svolte.
La relata può essere predisposta anche in un momento successivo al perfezionamento della notifica (per es., se questa è effettuata ai sensi dell’art. 138, co. 2, c.p.c.), senza conseguenze in ordine alla sua validità (Cass., 12.12.2014, n. 26175).
L’indicazione delle ragioni che hanno portato a non applicare un criterio voluto dalla legge come prioritario è essenziale ai fini della validità della notifica.
La pratica applicazione pone peraltro numerosi problemi in ordine alla corretta redazione della relata di notifica (che nella prassi è spesso scritta in calce al documento da notificare dalla stessa parte istante, in modo che l’ufficiale giudiziario si limiti a completarla) e le sfumature tra irregolarità, nullità e inesistenza della notifica appaiono spesso di difficile discernimento.
La notificazione a mezzo posta è una modalità alternativa di trasmissione del documento cartaceo, di cui l’ufficiale giudiziario (e il messo del giudice di pace) deve servirsi per notifiche verso destinatari ubicati fuori dal comune in cui ha sede il proprio ufficio e di cui può avvalersi in ogni altro caso, salvo che l’autorità giudiziaria disponga o la parte richieda che la notificazione sia eseguita personalmente.
L’uso del servizio postale (che, secondo Cass., 13.2.2015, n. 2922, deve essere inteso come quello fornito dall’Ente Poste italiane, dovendo considerarsi di regola inesistente la notificazione effettuata tramite poste private) è disciplinato dall’art. 149 c.p.c., dall’art. 107 d.P.R. n. 1229/1959 e dalla l. n. 890/1982; quest’ultima reca una disciplina dettagliata e minuziosa che si applica, in quanto compatibile, anche alle comunicazioni a mezzo posta – quali ad esempio quelle degli avvisi ex artt. 139, co. 4, e 140, co. 4, c.p.c. – ad eccezione di quelle del cancelliere, disciplinate esclusivamente dagli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c.
La notificazione avviene a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ed è disposto l’uso di determinate buste e avvisi di colore verde.
L’esiguità delle incombenze gravanti sull’ufficiale giudiziario che si avvalga del servizio postale è tale da giustificare il successo che nella prassi le notificazioni a mezzo posta hanno riscosso: in particolare, l’ufficiale giudiziario deve scrivere la relazione di notificazione, che deve menzionare l’ufficio postale attraverso il quale avviene la spedizione della copia, e presentare a tale ufficio la copia dell’atto da notificare, in busta chiusa sulla quale devono essere apposti, oltre alle indicazioni concernenti il destinatario, il numero del registro cronologico (art. 116 d.P.R. n. 1229/1959), la propria sottoscrizione e il timbro del relativo ufficio, nonché l’avviso di ricevimento (provvisto di numero del registro cronologico), che indicherà come mittente, a seconda dei casi, o direttamente la parte o l’avvocato richiedenti, quando la notifica preceda l’iscrizione a ruolo della causa, oppure l’ufficio giudiziario, allorché si tratti di notificazioni effettuate in corso di procedimento, o infine, quando la notifica abbia ad oggetto un atto d’impugnazione o di opposizione, l’ufficiale giudiziario che è tenuto a darne avviso al cancelliere per la prescritta annotazione sull’originale del provvedimento impugnato (art. 112 d.P.R. n. 1229/1959; artt. 645 c.p.c. e 123 disp. att. c.p.c.).
L’allegazione dell’avviso di ricevimento, contenente le attestazioni dell’ufficiale postale, all’originale dell’atto è prova dell’avvenuta notifica («unico documento idoneo ad attestare la consegna del plico e la data di questa» secondo Cass., 11.3.2015, 4891, salva l’ipotesi di smarrimento e rilascio di un duplicato, ai sensi dell’art. 8 d.P.R. 29.5.1982, n. 655).
Gli artt. 7-9 della l. n. 890/1982 recano la disciplina della trasmissione e della documentazione da parte dell’ufficiale postale, discostandosi, all’art. 7, dall’elenco dei possibili consegnatari di cui all’art. 139 c.p.c.; sono inoltre dettate le regole concernenti le modalità e le condizioni per il perfezionamento della notifica in caso di rifiuto di sottoscrizione del piego raccomandato e/o del registro di consegna, in caso di assenza del destinatario e mancanza di altri possibili consegnatari, in caso di irreperibilità del destinatario e di cambio di indirizzo.
Se con riferimento al destinatario la notificazione rileva come fattispecie produttiva di effetti, favorevoli o sfavorevoli, collegati al momento del suo perfezionamento, per l’istante è una manifestazione dell’esercizio di un diritto o di un potere sostanziale o processuale, spesso soggetto ad un termine di prescrizione o decadenza.
Al fine di evitare che le vicende successive alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario possano pregiudicare il notificante, l’art. 149, co. 3, c.p.c. dispone che «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell’atto».
Si tratta del recepimento, avvenuto con l. 28.12.2005, n. 263, del principio a più riprese espresso dalla Corte costituzionale (C. cost., 26.11.2002, n. 477, con riferimento alle notifiche a mezzo posta; C. cost., 23.1.2004, n. 28, che ha esteso tale principio a tutte le notificazioni di atti processuali; nonché, con riferimento al perfezionamento delle notifiche effettuate ex art. 140 c.p.c., C. cost., 14.1.2010, n. 3), secondo cui il notificante ha interesse a non vedersi addebitate le conseguenze dell’esito intempestivo del procedimento notificatorio, in quella parte che è sottratta ai suoi poteri e al suo controllo.
Sennonché, la codificazione del principio, oltre ad aver testualmente riguardato soltanto le notifiche effettuate a mezzo del servizio postale (art. 149 c.p.c.), non ha permesso di individuare quali siano gli effetti che sorgono prima della perfezione della notificazione e quali invece si producano successivamente.
Le ondivaghe soluzioni interpretative seguite agli interventi della Corte costituzionale e del legislatore si sono risolte, talora, nel considerare il momento della consegna dell’atto all’ufficiale notificante quello dal quale si produce ogni effetto collegato alla notifica; maggior seguito ha avuto l’interpretazione secondo la quale l’anticipazione dell’efficacia della notificazione al momento della istanza di trasmissione non rileverebbe ai fini di ogni effetto processuale e sostanziale, ma al solo fine di garantire, per il notificante, l’osservanza di un termine pendente.
L’eterogeneità delle posizioni espresse dipende anche dalla diversità di impostazione del problema: per alcuni, a preservare il notificante da decadenze, decorso di prescrizione e preclusioni varie è un effetto preliminare di una fattispecie a formazione progressiva (Caponi, R., Sul perfezionamento della notificazione nel processo civile (e su qualche disattenzione della corte costituzionale), in Foro it., 2004, I, 646); per altri, la scissione null’altro sarebbe che la retroazione di alcuni effetti che si determinano soltanto al momento del perfezionamento della notifica (Vullo, E., Il momento determinante della giurisdizione italiana, in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, 1239 ss.).
Certamente, sul piano sistematico, occorre tener presente che la notificazione rileva vuoi come atto di esercizio di un diritto o di un potere sostanziale o processuale, che dà luogo ad effetti conservativi, idonei ad interrompere la prescrizione e ad impedire la decadenza, vuoi come procedimento volto a garantire la conoscenza legale di un documento; la duplicità della funzione assolta dalla notificazione è alla base della scelta compiuta da Cass., 25.1.2015, n. 1392, che ha rimesso al Primo Presidente della Corte di cassazione la questione di massima di particolare importanza dell’estensibilità del principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario alla notifica degli atti sostanziali o, quanto meno, a quella degli atti processuali con effetti sostanziali.
La notificazione effettuata nei confronti di un soggetto che non ha residenza, domicilio, dimora né un rappresentante a norma dell’art. 77 c.p.c. in Italia deve compiersi necessariamente con modalità analogiche, giacché la PEC è uno sistema tecnologico non adoperato in alcun paese straniero.
La norma di riferimento è l’art. 142 c.p.c., il quale stabilisce, al co. 2, un criterio di preferenza per l’esecuzione delle notificazioni secondo le convenzioni internazionali, e stabilisce che, solo qualora queste non trovino applicazione, la notificazione sia effettuata «mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta».
La notificazione all’estero di atti giudiziari e stragiudiziali in materia civile e commerciale in effetti ha una risalente tradizione pattizia, inaugurata con la prima convenzione multilaterale firmata a l’Aja il 14.11.1896, che stabilì come standard di trasmissione la via diplomatica (v. Frassinetti, A., La notificazione nel processo civile, cit., 212), seguita dalle convenzioni sulla procedura civile stipulata, sempre a l’Aja, il 17.7.1905 e il 1°.3.1954 e, infine, quasi integralmente sostituita dalla Convenzione del 15.11.1965, entrata in vigore in Italia il 24.1.1982, regolante esclusivamente la notificazione e comunicazione di atti giudiziari e stragiudiziali in materia civile e commerciale.
La convenzione del 1954 è ancora in vigore nei rapporti con alcuni stati che non hanno aderito o non hanno recepito quella del 1965, mentre nei confronti di altri stati sono in vigore convenzioni bilaterali (per riferimenti, v. itra.esteri.it; per indicazioni sulla vigenza e sugli aggiornamenti delle convenzioni, v. www.hcch.net).
La disciplina delle notifiche tra paesi dell’Unione Europea è dettata dal regolamento (CE) 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.11.2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») e che abroga il regolamento (CE) 1348/2000 del Consiglio (v. Barel, B., Le notificazioni nello spazio giuridico europeo, Padova, 2008).
Il regolamento si applica in materia civile e commerciale, quando un atto giudiziario o extragiudiziale deve essere trasmesso in un altro Stato membro per essere notificato o comunicato. Non concerne la materia fiscale, doganale o amministrativa né la responsabilità statuale per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri. Inoltre non si applica quando è ignoto il recapito della persona alla quale l’atto deve essere notificato o comunicato.
La trasmissione si effettua di regola tramite organi predisposti ad hoc da ciascuno Stato membro, con funzione di mittenti (per l’Italia, gli uffici unici degli ufficiali giudiziari istituiti presso le sedi di corte d’appello e tribunale) e riceventi (per l’Italia, l’Ufficio unico degli ufficiali giudiziari presso la Corte d’appello di Roma), secondo le modalità «più appropriate»; gli atti possono essere notificati anche tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno; la trasmissione per via consolare o diplomatica è ammessa solo in casi eccezionali.
La notificazione di un documento informatico può essere effettuata, ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c., dall’ufficiale giudiziario che vi provvede inviando un messaggio di PEC; la parte telematica del procedimento di notificazione, che può aver ad oggetto anche un documento cartaceo dal quale viene estratta copia informatica, riguarda la fase di trasmissione e quella di documentazione; qualora il destinatario non sia munito di un indirizzo di PEC, trova applicazione l’art. 137, co. 3, c.p.c., ai sensi del quale l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo e conserva il documento informatico per i due anni successivi.
L’art. 16 d.l. n. 179/2012 dispone che «nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni»; che le notificazioni a soggetti sprovvisti di PEC, pur avendo l’obbligo di dotarsene, si effettuino mediante deposito in cancelleria; che nei procedimenti civili in cui la parte sta in giudizio personalmente ma non ha un indirizzo di PEC risultante da pubblici registri, questa possa indicare l’indirizzo al quale vuole ricevere comunicazioni e notificazioni; che quando non sia possibile eseguire notificazioni e comunicazioni tramite PEC, si applichino gli artt. 136, co. 3, e 137 ss. c.p.c.
L’art. 16 ter individua i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi di PEC.
A norma dell’art. 16 sexies, quando la legge prevede che le notificazioni al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario – con l’unica eccezione dell’art. 366 c.p.c. – tale modalità trova applicazione soltanto quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l’indirizzo di PEC.
Con riferimento alle notifiche telematiche disciplinate dalla l. n. 53/1994, viene in rilievo l’art. 3 bis – modificato dall’art. 16 quater d.l. n. 179/2012 e dall’art. 46 d.l. n. 90/2014 – da leggersi in combinato disposto con gli artt. 8, co. 4-bis, 9, co. 1-bis, 10, co. 1, secondo periodo.
La notifica cd. in proprio, senza cioè l’intermediazione dell’ufficiale notificante, non avviene più solo tra avvocati, ma tra avvocati e soggetti i cui indirizzi di PEC risultino da pubblici elenchi; l’avvocato notificante deve munirsi di procura e gli è consentito estrarre una copia per immagine su supporto informatico da un atto originariamente redatto in cartaceo, in modo da provvedere alla notifica mediante allegazione dell’atto al messaggio di PEC; l’art. 3 bis, co. 3, recepisce il principio della scissione del momento perfezionativo della notifica, sancito per tabulas dall’art. 149, co. 3, c.p.c. ma assurdamente escluso dall’art. 149 bis c.p.c.; l’avvocato, che effettua la notificazione telematica, predisponendo la relata di notifica allegata al messaggio di PEC, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto (art. 6) e, qualora la notifica riguardi un atto di opposizione o impugnazione, ha l’onere di depositare copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento, affinché provveda alle annotazioni di cui agli art. 645 c.p.c. e 123 disp. att. c.p.c.; inoltre, al contrario di quanto la l. n. 53/1994 prevede per le notifiche dirette di documenti cartacei, non è necessaria la tenuta del registro cronologico (art. 7) né l’autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza (art. 8) e la notifica è esente da ogni imposizione fiscale.
La rapidità della trasmissione telematica consente di affermare una quasi contemporaneità tra l’inoltro del messaggio PEC e il perfezionamento della notifica, determinato dall’automatico rilascio, da parte del gestore dell’indirizzo PEC, di una ricevuta di ricezione che costituisce prova della disponibilità del messaggio (e dei suoi allegati) nella casella di PEC del destinatario (l’art. 149 bis, co. 3, c.p.c. infatti, considera validamente compiuta la notifica quando «il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario»).
Anche in questo caso, opera un meccanismo di conoscenza legale che prescinde dall’effettiva presa visione del messaggio da parte del destinatario, sul quale grava dunque l’onere di effettuare periodici e frequenti accessi al proprio indirizzo di PEC.
La notificazione può avvenire anche senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, mediante uso del servizio postale o consegna diretta della copia, a condizione che a compierla sia un avvocato, munito di procura, e il destinatario sia un altro avvocato; la l. n. 53/1994 ha introdotto e continua a regolare i modi e le forme della notifica in proprio che, se ha ad oggetto un documento cartaceo – e quindi non deve essere effettuata tramite PEC –, impone il rispetto di maggiori formalità (quali l’espressa autorizzazione da parte dell’ordine degli avvocati di appartenenza e la tenuta di un registro cronologico).
La notifica diretta tra avvocati è altresì ammessa e regolata mediante l’uso del fax dalla l. 7.6.1993, n. 183, che consente di trasmettere la copia fotoriprodotta di un atto redatto dall’avvocato o di un provvedimento, a condizione che entrambi siano sottoscritti dall’avvocato; la trasmissione mediante fax è destinata alla desuetudine in quanto il rapporto di conferma generato dall’apparecchio trasmittente – soggetto a malfunzionamenti e manomissioni – non è certamente in grado di garantire un grado di certezza giuridica in ordine alla data di perfezionamento e alla corretta ricezione paragonabile a quello della PEC.
La predeterminazione delle forme della notificazione subisce una deroga dall’art. 151 c.p.c., secondo il quale «il giudice può prescrivere, anche d’ufficio, con decreto steso in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge» quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità; la stessa disposizione si riferisce espressamente all’uso del telegramma collazionato, ma, nella pratica, la scelta è sovente ricaduta sull’uso del fax.
Il giudice (rectius, il capo dell’ufficio giudiziario davanti al quale pende un procedimento) ha altresì il potere di determinare le modalità della notificazione per pubblici proclami (art. 150 c.p.c.), autorizzando, dopo aver sentito il pubblico ministero, la parte interessata all’adempimento delle formalità ritenute più idonee a fronteggiare l’esigenza di raggiungere la conoscenza legale di un ampio numero di destinatari o la difficoltà di identificarli tutti (da ultima, per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 150 c.p.c. per violazione degli art. 24 e 111 Cost., v. Cass., 6.8.2014, n. 17742). Il procedimento di notificazione, che non è applicabile per i procedimenti davanti al giudice di pace, si compone di due parti: una rimessa alla libera determinazione del giudice e l’altra predefinita dai co. 3 e 4 dell’art. 150 c.p.c., che impongono all’ufficiale giudiziario l’adempimento di determinate formalità.
Le conseguenze del mancante o viziato perfezionamento del procedimento di notificazione sono di diversa natura.
L’invalidità del procedimento di notificazione è tipizzata dall’art. 160 c.p.c., ai sensi del quale la notificazione è nulla «se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data»; la disposizione fa espressamente salva l’applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c., il che, per un verso, consente pacificamente di qualificare nulla la notificazione in ogni caso in cui i vizi da cui è affetta rendano la notificazione inidonea al raggiungimento dello scopo; per l’altro, permette di ritenere sanata, con effetti ex tunc (ma per la distinzione caso per caso tra vizi sanabili ex tunc ed ex nunc v. La China, S., Notificazione (diritto processuale civile), Postilla, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2006, 7) la nullità a seguito del conseguimento dello scopo (cd. convalidazione oggettiva).
Con riferimento alle notifiche in proprio compiute dall’avvocato, l’art. 11 l. n. 53/1994 ne sancisce la nullità, rilevabile d’ufficio, per il caso in cui siano effettuate in mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, in violazione delle disposizioni della medesima legge e, in ogni caso, quando vi sia incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica.
La casistica delle ipotesi di vizio del procedimento di notificazione, considerando l’eterogeneità degli atti da notificare e dei formati, le fasi del procedimento di notificazione e le varianti circa le modalità di trasmissione, è talmente vasta da non poter essere esaminata in questa sede.
Occorre però soffermarsi sul delicato equilibrio tra la garanzia del rispetto delle forme previste dalla legge, che non ammette equipollenti (Frassinetti, A., La notificazione nel processo civile, cit., 40 ss., 145 ss.), il principio di conservazione dell’attività processuale e quello della sanatoria delle invalidità per conseguimento dello scopo (cd. convalidazione oggettiva).
L’art. 291, co. 1, c.p.c., nel permettere che la rinnovazione dell’invalida notifica della citazione impedisca ogni decadenza, è stato inteso come espressione di un principio generale applicabile in tutti i casi in cui l’inefficacia della notificazione determinerebbe la perdita di un diritto o di un potere processuale da parte del notificante; inoltre, a mente della finalità della notifica, che consiste non semplicemente nel trasmettere la conoscenza di un determinato atto al destinatario, ma nel conseguire la certezza legale della trasmissione, è ragionevole considerare sanata la nullità della notifica ogni qual volta il comportamento del destinatario consenta di desumere non la mera conoscenza di fatto dell’atto notificato, bensì la tempestiva ricezione della copia, seppur irritualmente, trasmessa.
Sennonché, la sanatoria del procedimento notificatorio basata sulla condotta del destinatario finisce per dar ingresso nel sistema a forme di notificazione extra ordinem e per conferire rilievo non solo a forme di trasmissione della copia dell’atto equipollenti rispetto a quelle stabilite dalla legge, ma anche a forme di conoscenza conseguita aliunde.
Il “corto circuito” tra vizio della notifica per inosservanza delle forme prescritte e sua sanabilità dipendente dal raggiungimento della scopo ha posto il problema di determinare la misura entro la quale il discostamento dal solco stabilito dalla legge sia collocabile nello schema normativo, con il risultato di considerare inesistenti tutte le notifiche che eccedono tale misura (Auletta, F., Nullità e «inesistenza» degli atti processuali civili, Padova, 1999).
La delimitazione dei confini della inesistenza giuridica delle notificazioni (Denti, V., Inesistenza degli atti processuali civili, in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962, 635 ss.; da ultimo, v. l’ordinanza di rimessione al Primo Presidente della Corte emessa da Cass., 30.3.2015, n. 6427), da compiersi caso per caso attraverso una ricostruzione teorico sistematica, pone significativi problemi pratici, giacché dalla qualificazione alla stregua della nullità o della inesistenza della notifica dipende la sua sanabilità.
artt. 136-151, 156, 157, 170, 285, 291, 330, 645 c.p.c.; artt. 45, 47-51, 123 disp. att. c.p.c.; art. 39 c.p.a.; reg. (CE) 1393 del 13.11.2007; l. 11.3.1953, n. 87; l. 3.1.1957, n. 4; l. 20.11.1982, n. 890; l. 6.2.1981, n. 42; l. 20.1.1992, n. 55; d. lgs. 31.12.1992, n. 546; l. 7.6.1993, n. 183; l. 21.1.1994, n. 53; d.l. 29.11.2008, n. 185; d.l. 29.12.2009, n. 193, convertito in legge dalla l. 22.2.2010, n. 24; d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito in legge dalla l. 17.12.2012, n. 221; l. 24.12.2012, n. 228; d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito in legge dalla l. 11.8.2014, n. 114; d.l. 27.6.2015, n. 83, convertito in legge dalla l. 6.8.2015, n. 132; d.P.R. 15.12.1959, n. 1229; d.P.R. 5.1.1967, n. 200; d.P.R. 29.5.1982, n. 655; d.P.R. 11.2.2005, n. 68.
Andrioli, V., Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1966; Auletta, F., Nullità e «inesistenza» degli atti processuali civili, Padova, 1999; Balena, G., Notificazione e comunicazione, in Dig. civ., XII, Torino, 1995, 259 ss.; Balena, G.-Bove, M., Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006; Barel, B., Le notificazioni nello spazio giuridico europeo, Padova, 2008; Biavati, P., Notificazioni e comunicazioni in Europa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 501 ss.; Caponi, R., La Corte costituzionale e le notificazioni nel processo civile, in Foro it., 2010, I, 739 ss.; Caponi, R., Sul perfezionamento della notificazione nel processo civile (e su qualche disattenzione della corte costituzionale), in Foro it., 2004, I, 646; Capponi, B., Attualità e prospettive della cooperazione giudiziaria civile nell’Unione europea, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 149 ss.; Carnelutti, F., Convalidazione della citazione nulla per vizio della notificazione, in Riv. dir. proc., 1948, I, 116; Carpi, F.-Lupoi, M., Provvedimenti giurisdizionali civili in Europa (Convenzione di Bruxelles), in Enc. dir., Aggiornamento, II, Milano, 1998, 824 ss.; Carratta, A., Le comunicazioni e notificazioni a mezzo fax, in Il nuovo processo societario, diretto da S. Chiarloni, Bologna, 2008, 599 ss. e 633 ss.; Cavallone, B., La divulgazione della sentenza civile, Milano, 1964; Chiovenda, G., Sulla pubblicazione e notificazione delle sentenze civili, in Saggi di diritto processuale civile, II, Roma, 1931, 238 ss.; Consolo, C., Domanda giudiziale, in Dig. civ., VII, Torino, 1999, 88 ss.; Costantino, G., Sulla trasmissione degli atti processuali attraverso i mezzi di telecomunicazione (prime note sulla l. 7 giugno 1993, n. 183), in Foro it., 1993, I, 2501; Denti, V., Inesistenza degli atti processuali civili, in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962, 635 ss.; De Santis, A.D., Processo telematico (dir. proc. civ.), in Treccani - Diritto on line; Frassinetti, A., La notificazione nel processo civile, Milano, 2012, 27; Gambaro, A., Finzione giuridica nel diritto positivo, in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 342 ss.; Giannini, M.S., Certezza pubblica, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 773; La China, S., Comunicazione (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988; La China, S., Notificazione (diritto processuale civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 2000; La China, S., Notificazione (diritto processuale civile), Postilla, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2006; Mancuso, C., Decorrenza degli effetti sostanziali nella notificazione degli atti giudiziali e stragiudiziali, in Giusto proc. civ., 2012, 1163 ss.; Micheli, G.A., Sulla nullità della notificazione per incompetenza dell’ufficiale giudiziario, in Giur. compl. cass. civ., 1945, XVII, 1; Minoli, E., Le notificazioni nel processo civile, Milano, 1938; Oriani, R., Nullità degli atti processuali: I) Diritto processuale civile, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990; Panzarola, A., La notificazione degli atti giudiziari ed extragiudiziali negli Stati membri dell’Unione Europea, in Nuove leggi civ., 2000, 1161; Poli, G.G., Processo civile telematico: le novità del d.l. n. 90/2014, in www.treccani.it; Proto Pisani, A., Violazione di norme processuali, sanatoria “ex nunc” o “ex tunc” e rimessione in termini, in Foro it., 1992, I, 1719; Pugliatti, S., Conoscenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961, 114; Punzi, C., Notificazione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 642 ss.; Punzi, C., Comunicazione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., Milano, 1961, VIII, 209 ss.; Punzi, C., La notificazione degli atti nel processo civile, Milano, 1959; Redenti, E., Atti processuali civili, in Enc. dir., IV, Milano, 1969, 119; Vullo, E., Il momento determinante della giurisdizione italiana, in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, 1239 ss.