Nová Vlna
Denominazione della 'Nuova ondata' del cinema cecoslovacco (v. Cecoslovacchia) iniziata nel 1962 e conclusasi con la repressione sovietica della Primavera di Praga (agosto 1968). Realizzati da autori intorno ai trent'anni, i film della N. V. raccontano storie di giovani con problemi esistenziali e conflitti generazionali, mostrando sapienza narrativa e di montaggio, e notevoli doti figurative; girati quasi sempre in bianco e nero, dettero vita a un cinema basato su stridenti contrasti, con piani geometrici spesso di gusto astratto, volti duri e intensi, tensioni trattenute e poi drammaticamente straripanti. I film, entrambi del 1962, che segnarono l'inizio della nuova stagione creativa furono lo slovacco Slnko v sieti (Il sole nella rete) di Stefan Uher e Pytel blech (Un sacco di pulci) di Věra Chytilová, quest'ultimo particolarmente famoso, un compatto mediometraggio dal montaggio serrato incentrato sulla vita di una ragazza operaia in un'industria tessile: solitudine, rapporti difficili con le donne caposquadra, delusione nei confronti della vita mostrano i limiti della 'via socialista'. L'anno successivo la Chytilová tornò sul tema del vuoto esistenziale nel mondo femminile con il documentario O něčem jiném (1963, Di qualcosa d'altro), che racconta in parallelo la storia di due donne insoddisfatte. Il 1963 segnò anche l'esordio di Miloš Forman, che sarà l'autore più famoso e premiato del cinema cecoslovacco, con due cortometraggi riuniti in Konkurs (Il concorso): risolto in chiave fortemente umoristica (con un'ironia poi definita 'perfida'), il film parla dei sogni d'evasione dei giovani dalla routine quotidiana. Sino al 1968-69 esordirono una ventina di autori di notevole livello: Jiří Menzel, Evald Schorm, Jaromil Jireš, Jan Němec, Juraj Herz, Antonín Máša, Pavel Juráček, Juraj Jakubisko, Dušan Hanák, Dušan Trančík, Zdeněk Sirový e altri ancora. I registi della N. V. e quelli della 'vecchia guardia', uniti in un'unica 'onda', passando tra le maglie della censura preventiva, realizzarono una cinquantina di ottimi film, di cui almeno una ventina possono esser considerati di valore internazionale. Numerosi furono inoltre i premi vinti nei diversi festival (Mannheim, Locarno, Pesaro, Bergamo, Cannes, Mar de la Plata e così via) e, fatto mai accaduto a nessun Paese, vennero assegnati al cinema della N. V. due Oscar consecutivi: nel 1966 a Obchod na korze (1965; Il negozio al corso) di Ján Kadár ed Elmar Klos, e nel 1967 a Ostře sledované vlaky (1966; Treni strettamente sorvegliati) di Menzel. L'elenco dei titoli da citare è particolarmente denso: Křik (1963, Il vagito) di Jireš; Až přijde kocour (1963, Quando arriverà il gatto) di Vojtěch Jasný; Černý Petr (1963; L'asso di picche) di Forman; Démanty noci (1964, I diamanti della notte) di Němec; Každý den odvahu (1964, Il coraggio quotidiano) di Schorm; Organ (1964, L'organo) di Uher; Intimní osvětlení (1965; Illuminazione intima) di Ivan Passer; At′žije Republika! (1965, Viva la Repubblica!) di Karel Kachyňa; Lásky jedné plavovlásky (1965; Gli amori di una bionda) di Forman; Markéta Lazarová (1967) di František Vláčil; Hotel pro cizince (1966, Hotel per stranieri) di Máša; Sedmikrásky (1966, Le margheritine) di V. Chytilová; Návrat ztraceného syna (1966, Il ritorno del figliol prodigo) di Schorm; O slavnosti a hostech (1966, Sulla festa e gli invitati) di Němec; Kristove roky (1967; Gli anni di Cristo) di Jakubisko; Hoří, má panenko (1967; Al fuoco, pompieri!) di Forman; Dita Saxová (1967) di Antonín Moskalyk; Stud (1967, La vergogna) di Ladislav Helge; Rozmarné léto (1967, Un'estate capricciosa) di Menzel; Všichni dobří rodáci (1968, Tutti buoni compaesani) di Jasný; Zbehovia a pútnici (1968; Il disertore e i nomadi) di Jakubisko; Spřízněni volbou (1968, Le affinità elettive) di Karel Vaček; Žert (1968; Lo scherzo) di Jireš; e ancora Případ pro začínajícího kata (1969, Un caso per un boia debuttante) di Juráček; 322 (1969) di Hanák; Ucho (1969, L'orecchio) di Kachyňa; Skřivánci na niti (1969, presentato nel 1990; Allodole sul filo) di Menzel. Quasi tutti i giovani autori della N. V. si erano formati alla FAMU di Praga, la Facoltà di cinema dell'Accademia delle Muse, e nel corso degli studi avevano analizzato attentamente gli esiti migliori della produzione europea (che per ragioni ideologiche o economiche non veniva sempre distribuita, e poteva essere seguita solo attraverso la copia unica conservata presso la cineteca nazionale): il Neorealismo, la Nouvelle vague, il nuovo cinema polacco. Dagli autori di tali movimenti assorbirono stilemi di regia: la recitazione di non professionisti (Forman), l'atteggiamento ironico-surreale dell'attore (Chytilová), la camera mobile e impazzita (Chytilová e Jakubisko), il montaggio costruito su piani-sequenza (Schorm e Forman), e così via. E ripresero molti temi: il conflitto tra giovani e vecchi (Forman), l'atteggiamento critico verso la società (Chytilová e Helge), le disillusioni giovanili (Uher e Forman), la presenza dell'assurdo nella vita quotidiana (Němec, Jakubisko, Juráček), i disagi esistenziali e politici (Schorm, Jireš, Kachyňa), la rilettura disincantata della storia (Kachyňa, Uher, Moskalyk, Vláčil), e così via. Il tutto, forme e temi, calato nella realtà di un Paese di frontiera del socialismo reale che non riusciva, come avrebbe voluto la classe politica, a essere impermeabile alle nuove culture degli anni Sessanta (ma tra il 1960 e il 1962 il regime comunista fu costretto ad autorizzare la riapertura di locali jazz e l'ingresso del 'rock socialista'). Il risultato complessivo della N. V. fu uno stile che, in alcuni casi, raggiunse i migliori livelli del cinema francese e italiano e rappresentò a sua volta scuola per altri, finché nell'estate del 1968 calarono di nuovo le maglie della censura e i registi del nuovo corso intrapresero percorsi autonomi.
L. Miccichè, Il nuovo cinema degli anni '60, Torino 1972; P. Hames, The Czechoslovak new wave, Berkeley 1985; Nová vlna, a cura di R. Turigliatto, Torino 1994.