NOVALIS
. Pseudonimo del poeta tedesco Friedrich Leopold Von hardenberg, nato il 2 maggio 1772 a Wiederstedt, nella contea di Mansfeld, morto il 25 marzo 1801 a Weissenfels. Di nobile famiglia, orfano presto della madre, educato rigidamente dal padre pietista ferventissimo, trae i primi anni, senza luce, nella solitudine del castello avito. Una malattia, che lo coglie nel nono anno, lo lascia con acuite facoltà mentali e più accesa fantasia. Compiuti gli studî ginnasiali ad Eisleben, s'iscrive all'università di Jena (1790), dove conosce K. L. Reinhold e si accende d'entusiasmo per lo Schiller. Passato l'anno seguente, a Lipsia, vi stringe amicizia col giovane Friedrich Schlegel, ancora tutto fermento di passioni e di idee, e, se vi indulge alle distrazioni d'una libera vita studentesca, si apre non meno alla conoscenza dell'idealismo kantiano e della poesia, specialmente del Goethe, nonché alle nuove aspirazioni, che già si destano nel compagno romantico. Ultimati a Wittenberg gli studî (1793), si avvia alla carriera dell'amministrazione delle miniere, iniziando il suo tirocinio a Tennstädt (1794-5). Non lungi di lì, ha occasione di conoscere nel castello di Grüningen (nov. 1794) la tredicenne Sophie von Kühn, per cui concepisce profonda passione, facendo della fanciulla, pur nella sua ingenuità tutta natura, il centro della propria vita sentimentale e ideale, superata ormai l'effervescenza giovanile in una concezione della vita intessuta di idealità e abbellita dei colori d'una ricca fantasia. La malattia e la perdita immatura dell'amata (19 marzo 1797) lo colpiscono quindi tanto più duramente; in un deliberato proposito di seguirla nell'al di là, non con un atto violento, ma con un libero "suicidio filosofico" egli si strania dalla realtà e s'inizia alla morte cercando sollevarsi, già sulla terra, nel mondo degli spiriti, ricongiunto con l'amante perduta.
Espressione di questa crisi sono gli Hymnen an die Nacht (1797-99), in versi liberi e prosa ritmica, in cui nella notte il poeta simbolizza l'infinito, l'assoluto, in opposizione al giorno, simbolo del finito, del contingente, del limite, e nella notte invoca e celebra la libertà piena dello spirito e il pieno trionfo dell'amore.
Ma la realtà riprende a grado a grado le sue lusinghe e il poeta, che nel 1797 si reca a Freiberg per studiarvi mineralogia e scienza delle miniere col Werner, si riconcilia lentamente con la vita, nello studio, nella contemplazione della natura, nella poesia e in un nuovo amore che gli sorride nell'avvenente Julie von Charpentier (1799), se anch'egli s'illude di restare fedele al suo sogno d'una vita che sia pieno trionfo dello spirito, come s'illude di non venir meno, nel nuovo amore, alla fedeltà per Sophie. Sostanzialmente però il suo pensiero si evolve e giunge a quello che il poeta definì "idealismo magico": egli non pone più il trionfo dello spirito nella liberazione dal limite, dal contingente, bensì nell'affermazione dell'io entro il contingente stesso, nel suo dominio sul corpo e, attraverso a questo, sul mondo esterno, reso docile al nostro cenno, sicché un atto di volontà operi miracoli, come un atto di magia; concezione che poi, nel pieno ritorno del poeta alla terra e alla vita, diventa fede non più nel dominio dello spirito, ma nella necessaria armonia di infinito e finito, di spirito e natura, nel tramutarsi finale della realtà in sogno, in poesia.
Questo pensiero, non svolto sistematicamente in nessuna sua opera, ispira gran parte dei suoi frammenti, pensieri isolati, spesso audacemente paradossali, che sorgevano a margine delle sue letture e frutto delle sue meditazioni, e di cui il poeta pubblicò due piccole raccolte (Blütenstaub e Glauben und Liebe, 1798), mentre la rimanente massa apparve postuma, variamente ordinata, fra non lievi difficoltà, dai successivi editori; ispira il romanzo frammentario Die Lehrlinge zu Sais (1798), in cui è un'idealizzazione del suo maestro Werner e si esprime, attraverso all'urto di varie concezioni, la più fervida fede nello spirito e il più caldo amore per la natura; il saggio Die Christenheit oder Europa (1790), in cui è l'elogio del Medioevo, dell'autocrazia, del papato, dei gesuiti, non già per spirito retrivo, bensì nel sogno d'un governo patriarcale in cui dal centro lo spirito s'irraggi nella massa e l'animi e la regga; i Gastliche Lieder (1799), liberi inni, accesi d'intenso ardore mistico, celebranti in Cristo il mediatore fra infinito e finito, nell'avvento del suo regno l'avvento dell'armonia fra spirito e materia, l'attuazione del sogno del poeta; e soprattutto, infine, il romanzo Heinrich von Ofterdingen (1799-1801). Ispirato dal Wilhelm Meister del Goethe, che prima il poeta ammira e poi ripudia deciso come antipoetico, il romanzo novalisiano vuole essere un contrapposto di quello goethiano; se questo è un elogio della vita attiva, lontano dalla dispersione dei sogni vani, nell'opera del N. è invece l'elogio della poesia come della sola realtà: il protagonista, un mitico poeta del Minnesang, strappato peraltro interamente al suo ambiente storico, si avventura in un lungo viaggio, spinto da insaziata nostalgia per il "fiore azzurro" apparsogli in un sogno profetico, e per varie tappe ed esperienze giunge allo spiegamento pieno del suo io, alla poesia, per salire, attraverso al dolore più grave, alla piena libertà dello spirito e a trasfigurare, infine, in questo la realtà, caduta ogní barriera tra finito e infinito, tramutata la vita in poesia, ricondotta l'età dell'oro intorno a sé. Del romanzo è completa la prima parte, frammentaria la seconda; numerosi i paralipomeni, da cui non è facile trarre le linee chiare della continuazione dell'opera. Notevoli, infine, come mitiche espressioni del pensiero del poeta, i suoi Märchen, in cui è maestro, specie il Märchen di Giacinto e Fiorellin di Rosa nei Lehrlinge e quello di Klingsohr nello Heinrich von Ofterdingen.
Il poeta si avviava alla realizzazione del suo nuovo sogno d'amore, che la nomina a capo di amministrazione distrettuale in Turingia gli rendeva possibile, quando, nell'estate 1800, si manifestò in lui la tisi ereditaria nella famiglia ed egli andò rapidamente declinando, pur senza mai turbare la sua serenità nella visione della fine, spegnendosi poco dopo nel fiore degli anni.
Quantunque si ricolleghi all'idealismo, specialmente del Fichte e dello Schelling, nonché al pensiero di Platone, Plotino, Boehm, Hemsterhuis e partecipi intensamente alla vita ideale dei compagni del primo cenacolo romantico, il N. non è tanto un filosofo quanto un poeta. Se ha illuminazioni improvvise, se getta germi che si svolgeranno riccamente in seguito, non ha del filosofo la coerenza e il rigore sistematico, così come non è scienziato, per quanto si faccia occupazione costante appassionata delle scienze naturali e della medicina (Baader, Ritter, Brown), e abbia anche qui intuizioni geniali, mescolando peraltro lo studio con l'interesse per la magia, l'alchimia e la cabala. La sua grandezza sta soprattutto nella poesia, nella facilità con cui si abbandona ai voli della fantasia, nella limpidezza e determinatezza ch'egli sa dare al suo aereo mondo di sogno, nell'ingenuità vibrante dei suoi entusiasmi e dei suoi mistici ardori, nella sua parola di veggente, ricca di echi; sta nei suoi canti tutti lucida ebbrezza, nella sua prosa cristallina tutta fine musicalità. Qualche critico ha voluto sdoppiare la sua personalità, opponendo al poeta che sogna - o cerca sognare - l'impiegato borghese ligio alle esigenze filistee del suo ufficio, così come ha voluto svestire d'ogni idealizzazione i suoi amori e le fanciulle da lui amate, specialmente Sophie, sconoscendo peraltro la sua stessa natura, la sostanziale fusione in lui di volontà e fantasia, la sua capacità e necessità d'idealizzare la vita, e negando a un tempo le testimonianze unanimi dei contemporanei.
Ediz.: Le opere uscirono in massima parte postume per opera di F. Tieck e F. Schlegel (Sämtliche Werke, voll. 2, Berlino 1802; un terzo volume - Frammenti - nel 1846). In seguito si moltiplicarono le edizioni, tra cui notevoli quelle di K. Meissner (Lipsia 1898-901), di E. Heilborn (Berlino 1901), di J. Minor (Jena 1907), di E. Kamnitzer (Monaco 1923-1924), di R. Samuel e P. Kluckhohn (Lipsia 1928). Una n. ed. e un nuovo ordinam. dei frammenti ha dato E. Kamnitzer (Dresda 1928). Inoltre J. M. Raich: Novalis Briefwechsel mit Friedrich u. August Wilhelm Schlegel, Charlotte u. Caroline Schlegel, Magonza 1880; Friedrich von Hardenberg, Eine Nachlese aus den Quellen des Familienarchivs, Gotha 1883.
Versioni: Quasi tutto N. è tradotto in italiano: una scelta dei Frammenti da G. Prezzolini (Milano 1905; Lanciano 1914); I discepoli di Sais, da G. A. Alfero (Lanciano 1912); gli Inni alla notte e i Canti spirituali da A. Hermet (ivi 1912); l'Enrico di Ofterdingen da R. Pisaneschi (ivi 1914).
Bibl.: Monografie: W. Dilthey, Da Erlebnis u. d. Dichtung, 3ª ed., Lipsia 1910; A. Schubart, N.' Leben, Dichten u. Denken, Gutersloh 1887; J. Bing, N. Eine biograph. Charakteristik, Amburgo 1893; E. Heilborn, N. d. Romantiker, Berlino 1901; E. Spenlé, N. Essai sur l'idéalisme romantique en Allemagne, Parigi 1904; H. Lichtenberger, N., Parigi 1913; G. A. Alfero, N. e il suo Heinrich von Ofterdingen, Torino 1916; H. Hesse, N. Dokumente seines Lebens und Sterbens, Berlino 1925. Saggi: R. Wörner, N.' Hymen an d. Nacht u. Geistliche Lieder, Monaco 1885; C. Busse, N.' Lyrik, Oppeln 1898; A. Huber, Studien zu N. mit besonderer Berücksichtigung der Naturphilosophie, in Euphorion, IV Suppl. (1899); E. Fridell, N. als Philosoph, Monaco 1904; W. Olshausen, Fr. v. H.s Beziehungen zur Naturwissenschaft seiner Zeit, Lipsia 1905; H. Simon, Der magische Idealismus, Heidelberg 1906; E. Havenstein, Fr. v. H.s ästetische Anschauungen, Berlino 1909; E. Ederheimer, Jakob Boehme u. d. Romantiker, Heidelberg 1904; W. Ferlchenfeld, Der Einfluss Boehmes auf N., Berlino 1922; R. Unger, Herder, N. u. Kleist, Francoforte sul M. 1922; K. J. Obenauer, Hölderlin. N., Jena 1925; R. Samuel, Die poetische Staats- u. Geschichtsauffassung, Fr. v. H. s, Francoforte sul M. 1925; F. Imle, N., seine philosophische Weltanschauung, Paderborn 1928; H. Pixberg, N. als Naturphilosoph, Guterlosh 1928; W. Herzog, Mystik u. Lyrik bei N., Stoccarda 1928; H. Ritter, N.' Hymnen an die Nacht, Heidelberg 1930; cfr. inoltre le opere fondamentali sul romanticismo di R. Haym, R. Huch, O. Walzel, A. Farinelli, P. Kluckhohn, ecc.