NOVI PAZAR (A. T., 77-78)
PAZAR Città della Serbia meridionale (Iugoslavia), nel banato della Zeta, già capoluogo dell'omonimo sangiaccato (v. sotto); sorge a 544 m. s. m., nell'alta valle della Raška, affluente di sinistra dell'Ibar, al centro del vasto polie che dalla città prende nome. Per la sua posizione di transito lungo la via naturale che unisce la Macedonia al Montenegro, ebbe in passato importanza strategica e commerciale notevolissima; sorta alla metà del sec. XV, la città raggiunse il massimo sviluppo, diventando uno dei maggiori centri commerciali della Regione Balcanica. verso la seconda metà del sec. XVII quando contava 12.000 case; ma una rapida decadenza portò il numero delle case a 300 nel 1706 e solo a partire dal sec. XIX ebbe inizio un periodo di lenta ripresa. Novi Pazar contava, nel 1931, 10.361 ab. in maggioranza Serbi e Albanesi con pochi Greci. Strade carrozzabili uniscono la città, centro commerciale e mercato agricolo di qualche importanza, a Kraljevo e a Mitrovica. È in progetto una linea ferroviaria da Raška sulla Skoplje-Kralievo a Novi Pazar.
Il Sangiaccato di Novi Pazar. - Con questo nome, di forma serba (i Turchi dicevano: Yenī Bāzār "Mercato nuovo"), è stato indicato per quasi cinque secoli un distretto amministrativo del vilajet di Üsküb (Skoplie), corrispondente geograficamente alle vallate carsiche della Raska e del Lim, confluente della Drina.
Il primo documento che riguardi Novi Pazar risale al 1461, quando i Ragusei vi tenevano i loro consules (giudici). Acquistò importanza nel sec. XV, dopo la venuta dei Turchi. Il condottiero turco Ghāzī ‛Īsā Beg Isalhović, noto per la sua grande energia, giunto nella Raska, antica regione serba, scelse Novi Pazar come base delle sue spedizioni verso occidente. Le valli del Lim e della Raška, inospitali geologicamente, hanno avuto sempre importanza strategica per le comunicazioni, anticamente fra l'Illirio, la Mesia e la Macedonia; poi fra la Dalmazia e la Prevalitania; indi fra la Bosnia e la Macedonia, fra la Bosnia, la Repubblica di Ragusa e l'Albania; infine fra la Serbia e il Montenegro. Il Ghāzī Isaković trovò in quel nodo militare e commerciale, detto dai Serbi per tradizione Trgovište (mercato), uno Stari Pazar o mercato vecchio (che i Turchi tradussero in Eskī Bāzār) e un Novi Pazar. Scelse Novi Pazar, perché situato nel centro più fertile della valle della Raška, seguendo le tracce dei Romani, che poco lontano avevano fondato Ulpiana (oggi Lipljan). Infatti a oriente di Novi Pazar esiste ancora una cupola ottagonale, avanzo di terme romane o di un tempio pagano, che i Serbi, al tempo dei Nemanja, avevano convertito in una chiesa dedicata a S. Pietro. Stari Pazar decadde e oggi non rimangono di esso che rovine, dette comunemente Pazarište. Novi Pazar fiorì nel secolo XVI, fu cinta da fortificazioni e divenne, alla fine del sec. XVII, una borgata ricca e progredita, tappa importante fra Ragusa e Niš. Gli abitanti erano in prevalenza musulmani (albanesi); vi erano pure dei Serbi e anche colonie di Ragusa e di Venezia. All'inizio del sec. XVII, il commercio era nelle mani dei Ragusei, che vi costruirono anche la propria chiesa. La città continuò ancora a progredire sino alla seconda metà del sec. XVII; poi decadde. Nel 1689-90 sofferse una prima devastazione, ma i Ragusei rinnovarono la borgata e rianimarono il commercio. Nella spedizione austriaca del 1737 contro i Turchi, i Serbi l'attraversarono nell'avanzata e poi nella ritirata, per cui la vecchia colonia ragusea abbandonò il paese. Nel 1788, i Turchi devastarono i dintorni. Le lotte e le distruzioni fra Turchi e Serbi continuarono fin dopo l'epoca napoleonica. Nel 1836, Novi Pazar aveva circa 7000 abitanti. Tuttavia, per tutto il resto della dominazione turca, funse da punto di comunicazione fra Sarajevo e Salonicco, fra Costantinopoli e Scutari.
Nel 1878, l'Austria-Ungheria occupò il sangiaccato di Novi Pazar in forza dell'art. 85 del trattato di Berlino e lo chiamò "Territorio del Lim". Dal settembre 1879 in poi, limitò la sua occupazione, puramente militare, ai tre villaggi di Plevlje, Prijepolie e Priboj, mentre la parte meridionale venne restituita alla Turchia. Scopo dell'Austria era quello d' incunearsi fra la Serbia e il Montenegro, onde ostacolare il loro avvicinamento territoriale e quindi politico, e di tenersi aperta la strada per proseguire la marcia verso Salonicco. Ma quando, dopo l'annessione della Bosnia-Erzegovina, dovette dare, specialmente all'Italia e alla Russia, una prova della sua rinuncia a ulteriori piani di espansione balcanica, ritirò le sue truppe e lo riconsegnò ufficialmente alla Turchia (1908). Di questa nuova situazione approfittarono presto i giovani stati nazionali slavi dei Balcani. Nella prima guerra balcanica del 1912, il sangiaccato di Novi Pazar fu preso dai Serbi e dai Montenegrini. Nella pace di Londra del 1913, la parte maggiore fu assegnata alla Serbia, quella minore al Montenegro. Nella guerra mondiale, gli Austro-Ungarici lo rioccuparono, dal novembre 1915 fino all'ottobre 1918, quando fu di nuovo preso dai Serbi. Scomparso politicamente il Montenegro e formatosi il regno dei Serbi-Croati-Sloveni, tutto l'ex-sangiaccato di Novi Pazar venne sotto il dominio di Belgrado, che lo divise amministrativamente fra i due banati della Morava (Niš) e della Zeta (Cettigne).