Novità giurisprudenziali in tema di prova dibattimentale
Per lo più la Cassazione, nel corso dell’anno, in tema di prova dibattimentale ha riaffermato suoi principi già consolidati, come ad esempio in materia di libero convincimento del giudice e di prove atipiche. Meritano attenzione, perciò, soprattutto le pronunce ove ciò non è avvenuto.
In materia di prova dichiarativa, spicca la decisione per cui il giudice, che abbia invitato le parti alla discussione senza aver assunto le testimonianze a discarico ammesse, può esercitare implicitamente il potere di revoca dell’ammissione della prova senza dover motivarne le ragioni, in quanto la revoca implicita non integra la violazione del dovere di sentire le parti, ex art. 495, co. 4, c.p.p., costituendo l’invito a formulare le conclusioni una modalità scelta del giudice per provocare il contraddittorio in ordine allo sviluppo dell’istruttoria dibattimentale1. La decisione si pone in contrasto con altra per cui è nulla l’ordinanza con la quale il giudice abbia revocato il provvedimento di ammissione dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità, integrando essa una violazione del diritto della parte di “difendersi provando” evincibile, oltre che da detto art. 495, dall’art. 6, comma terzo, lett. d), CEDU, al quale si richiama l’art. 111, comma secondo, Cost. in tema di contraddittorio tra le parti2.
In ordine al ruolo di testimone, la Cassazione – nell’affermare che non sussiste incompatibilità ad assumere detto ufficio da parte della persona offesa, già indagata in procedimento connesso ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. c), c.p.p. o per reato probatoriamente collegato, definito con provvedimento di archiviazione, in quanto la disciplina limitativa della capacità di testimoniare (prevista dagli artt. 197, co. 1, lett. a) e b), 197 bis e 210 c.p.p.) si applica solo all’imputato3 – si è posta in contrasto con precedente affermazione per cui l’indagato di reato connesso o collegato può assumere l’ufficio di testimone in relazione ai fatti riguardanti la responsabilità altrui anche in presenza di un provvedimento d’archiviazione del procedimento aperto a suo carico, sempre che lo stesso abbia ricevuto previo avvertimento della facoltà di non rispondere anche su tali fatti e non se ne sia avvalso4.
Nel contempo, in tema di valutazione della prova testimoniale, è stato opportunamente chiarito che l’attendibilità della persona offesa dal reato costituisce una questione di fatto non rivalutabile in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni5.
Altra affermazione di nuovo conio si rinviene nella pronuncia per cui non costituisce testimonianza indiretta la deposizione dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria che riferisca in ordine agli accertamenti compiuti attraverso dati forniti dagli organi di collaborazione internazionale risultanti dall’anagrafe tributaria6.
Importanti novità si rimarcano sul versante delle prove documentali, essendosi chiarito che le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono considerabili come prove a tutti gli effetti e sono acquisibili ex art. 234 c.p.p., sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non sono illegittimi o inutilizzabili7. Già prima di tale orientamento, era stato affermato che anche un filmato effettuato con un telefonino fosse legittimamente acquisito ed utilizzato, proprio perché l’art. 234 consente l’acquisizione non solo di scritti ma anche di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, essendo del tutto irrilevante che le registrazioni siano o meno effettuate in conformità alla disciplina della privacy8.
In tema di prova scientifica, la Cassazione ha opportunamente chiarito i limiti del suo sindacato, affermando che essa non deve stabilire la maggiore o minore attendibilità scientifica delle acquisizioni esaminate dal giudice di merito e, quindi, se la tesi accolta sia esatta, ma solo se la spiegazione fornita sia razionale e logica. Ciò perché essa medesima non è giudice del sapere scientifico, ma è solo chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio di quello di merito al sapere stesso, che riguarda la verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto9.
Nel contempo, in tema di consulenza, la Cassazione ha ridato vita ad un sopito contrasto, statuendo che il giudice può legittimamente desumere elementi di prova dall’esame del consulente tecnico di cui le parti abbiano chiesto ed ottenuto l’ammissione, stante l’assimilazione della sua posizione a quella del testimone, senza necessità di dover disporre apposita perizia se, con adeguata e logica motivazione, egli dimostri che essa non è indispensabile per essere gli elementi forniti dall’ausiliario privi di incertezze, scientificamente corretti e basati su argomentazioni logiche e convincenti10; laddove, in senso contrario, in casi analoghi si era ritenuto che l’audizione quale teste del consulente del pubblico ministero fosse rigorosamente subordinata alla condizione che la sua deposizione riguardasse solo i fatti di cui egli fosse venuto a conoscenza non a seguito dell’espletamento dell’incarico peritale11.
Appare in via di definitivo consolidamento, inoltre, l’affermazione per cui, in tema di formazione del fascicolo del dibattimento, il consenso alla richiesta della controparte di acquisizione allo stesso di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero può essere espresso tacitamente attraverso l’assenza di opposizione, se il complessivo comportamento processuale della parte interessata è incompatibile con una volontà contraria12, parendo accantonato l’opposto orientamento secondo il quale la concorde volontà delle parti al riguardo deve essere espressa in modo positivo e non equivoco, attesa la natura eccezionale della norma che costituisce deroga alle regole fondamentali sulla acquisizione della prova ai fini del giudizio13.
Ed invece un contrasto pare essersi riacceso laddove la Cassazione ha ritenuto che vi sia violazione del principio di immutabilità del giudice ex artt. 525 e 179 c.p.p. in caso di sentenza emessa da giudici diversi da quelli che hanno partecipato al dibattimento in mancanza del consenso delle parti alla rinnovazione di quest’ultimo mediante lettura degli atti relativi alle prove già acquisite14, essendosi così sconfessato l’altro, ugualmente recente, orientamento per cui non è nulla la sentenza qualora, in casi analoghi, le parti presenti non si siano opposte alla lettura degli atti del fascicolo dibattimentale precedentemente assunti né abbiano esplicitamente richiesto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, in quanto, in tal caso, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti suddetti15.
1 Cass. pen., sez. V, 2.12.2014, n. 9687, in CED rv. n. 263184.
2 Cass. pen., sez. V, 30.9.2013, n. 51522, in CED rv. n. 257892.
3 Cass. pen., sez. II, 9.1.2015, n. 4123, in CED rv. n. 262367.
4 Cass. pen., sez. VI, 7.10.2008, n. 44274, in CED rv. n. 242386.
5 Cass. pen., sez. II, 29.1.2015, n. 7667, in CED rv. n. 262575.
6 Cass. pen., sez. III, 11.2.2015, n. 12026, in CED rv. n. 263002.
7 Cass. pen., sez. II, 4.2.2015, n. 6515, in CED rv. n. 263432.
8 Cass. pen., sez. V, 28.11.2014, n. 2304, in CED rv. n. 262686.
9 Cass. pen., sez. V, 7.10.2014, n. 6754, in CED rv. n. 262722.
10 Cass. pen., sez. III, 22.10.2014, n. 4672, in CED rv. n. 262469.
11 Cass. pen., sez. IV, 25.6.1998, n. 9284, in CED rv. n. 211934.
12 Cass. pen., sez. V, 15.12.2014, n. 15624, in CED rv. n. 263260; ma anche Cass. pen., sez. III, 11.11.2014, n. 1727, in CED rv n. 261927.
13 Cass. pen., sez. I, 11.2.2005, n. 12881, in CED rv. n. 231252.
14 Cass. pen., sez. V, 7.1.2015, n. 6432, in CED rv. n. 263424.
15 Tra le altre v. Cass. pen., sez. VI, 8.10.2014, n. 53118, in CED rv. n. 262295.