Novità in materia di giudizio di primo grado
Anche per il 2015, così come per gli anni immediatamente precedenti, le parole d’ordine nel giudizio civile di primo grado sono state quelle del processo telematico e della riforma del rito. Infatti, dopo l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti successivi a quelli introduttivi, già in precedenza previsto, l’art. 19 d.l. 27.6.2015, n. 83, convertito dalla l. 6.8.2015, n. 132, ha sancito la possibilità del deposito telematico anche degli atti introduttivi stessi, mentre la Commissione Berruti ha ulteriormente ridisegnato un rito oggetto di continui interventi legislativi e già ritoccato anche l’anno precedente con il d.l. 12.9.2014, n. 132.
In questo contesto, parecchi sono poi stati gli arresti giurisprudenziali che meritano segnalazione.
Circa le pronunce di legittimità delle Sezioni Unite volte alla composizione dei contrasti, la più rilevante è forse quella di Cass., S.U., 15.6.2015, n. 12310 (in Corr. giur., 2015, 968, con nota di C. Consolo).
Si è infatti affermato che la modificazione della domanda ex art. 183, co. 6, c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Ne consegue, diversamente da quanto in precedenza ritenuto da Cass., S.U., 5.3.1996, n. 1731, l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 c.p.c., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 c.c., con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo. E soprattutto, più in generale, consegue il superamento della consolidata giurisprudenza che considera inammissibile mutatio libelli la formulazione di una domanda avente petitum o causa petendi diversa: infatti, la possibilità prevista dall’art. 183 c.p.c. non solo di «precisare», ma anche di «modificare» la domanda, comprova che è possibile proporre domande diverse, pur se collegate all’originaria dalla medesimezza della vicenda sostanziale dedotta; mentre la domanda nuova inammissibile è solo quella priva di collegamento con l’originaria.
Sempre risolvendo un contrasto, si è poi chiarito che, ove la parte contesti l’autenticità del testamento olografo, la stessa è tenuta a proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e quindi, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, su di essa grava l’onere della relativa prova (Cass., S.U., 15.6.2015, n. 12307).
Tra le pronunce di legittimità delle Sezioni Unite rese su questioni di massima di particolare importanza, di assoluto rilievo è l’articolatissima Cass., S.U., 12.12.2014, nn. 26242 e 26243 (in Giur. it., 2015, 1387, con nota di M. Bove; in Corr. giur., 88, con nota di V. Carbone; in Giur. it., 2015, 70, con nota di I. Pagni; in Foro it., 2015, I, 862, con nota di
A. Proto Pisani; in Riv. dir. proc., 2015, 747, con nota di G. Verde). La sentenza, a completamento di Cass., S.U., 4.9.2012, n. 14828, sulla prevalenza del principio della rilevabilità officiosa delle nullità negoziali rispetto a quello del divieto di extrapetizione e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, afferma che il rilievo d’ufficio non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è sempre ammissibile, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis: ciò non solo se viene chiesto l’adempimento, ma anche la risoluzione-rescissione-annullamento-scioglimento; per tutte le cause di nullità, anche se soggette a regime speciale o di protezione, salvo che la parte interessata dichiari di non volersene avvalere; anche se la nullità è diversa da quella dedotta; con una pronuncia che ha autorità di giudicato sia se l’accertamento della nullità è solo in motivazione, sia se è anche in dispositivo in quanto richiesto dalla parte. Il tutto, con il solo limite di instaurare il contraddittorio con le parti, dopo il rilievo, ex art. 101 c.p.c.
Sempre decidendo su questione di massima importanza, si è ritenuto che «poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è elemento costitutivo della pretesa che il terzo contraente intenda far valere in giudizio sulla base del negozio, non costituisce eccezione, e pertanto non ricade nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 c.p.c., la deduzione della inefficacia per lo pseudo rappresentato del contratto concluso dal falsus procurator; consegue che, ove il difetto di rappresentanza risulti dagli atti, di esso il giudice deve tener conto anche in mancanza di specifica richiesta della parte interessata, alla quale, a maggior ragione, non è preclusa la possibilità di far valere la mancanza del potere rappresentativo come mera difesa» (Cass., S.U., 3.6.2015, n. 11377, in Contratti, 2015, 645, con nota di S. Pagliantini).
Ancora con decisione ex art. 374, co. 2, c.p.c., Cass., S.U., 16.1.2015, n. 642, ha statuito che nel processo civile non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte, ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari, senza nulla aggiungere, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata: non è infatti sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice, il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti.
Nuovamente risolvendo una questione di massima di particolare importanza, le Sezioni Unite hanno affermato che nel leasing finanziario vi è un collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing, collegamento in forza del quale l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’inadempimento del contratto di fornitura, oltre che al danno conseguentemente sofferto; invece, l’utilizzatore può esercitare l’azione di risoluzione o di riduzione del prezzo del contratto di vendita tra il fornitore ed il concedente, contratto cui esso è estraneo, solamente in presenza di specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione sostanziale (Cass., S.U., 5.10.2015, n. 19785).
Interessante è anche un caso in cui le Sezioni Unite sono state adite ex art. 374, co. 3, c.p.c., non condividendo la sez. VI il principio di diritto espresso in precedenza da Cass., S.U., 19.4.2013, n. 9535, in tema di individuazione del momento di pendenza della lite. Il Collegio, ribadendo il proprio precedente, ha ritenuto che, per l’applicazione del criterio della prevenzione di cui all’art. 39, ult. co., c.p.c., pacifica essendo la pendenza della lite al momento del deposito del ricorso, nel caso di citazione occorra avere riguardo al momento in cui la notifica si è perfezionata con la consegna al destinatario, senza che, ai fini della litispendenza o della continenza, valga il principio della scissione del momento perfezionativo della notifica, ciò che invece rileva solo nel diverso caso in cui discendono decadenze o impedimenti per la parte (Cass., S.U., 6.11.2014, n. 23675).
Sempre a seguito di rimessione delle sezioni semplici al fine di rimeditare un precedente orientamento, le Sezioni Unite hanno ritenuto che, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, non sanabile con eventuale registrazione tardiva; e che il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, eccettuata l’ipotesi in cui la forma verbale sia stata imposta dal locatore (Cass., S.U., 17.9.2015, nn. 18123 e 18124).
Tra le pronunce a sezioni semplici, nella materia dei diritti della persona, un cenno merita la decisione relativa alla legittimazione dell’interdetto a stare in giudizio per conseguire la revoca della misura (Cass., 9.2.2015, n. 2401); e quella relativa alla perimetrazione del riparto di competenza tra tribunale per i minorenni e tribunale ordinario, dopo la modifica dell’art. 38 disp. att. c.c., in ordine alla decadenza dalla potestà genitoriale ex art. 330 c.c. (Cass., ord. 26.1.2015, n. 1349, che conferma la precedente Cass., ord. 14.10.2014, n. 21633).
Nella materia lavoristica, si è poi composto un contrasto sorto nella giurisprudenza di merito, chiarendo che, nell’impugnazione del licenziamento con il cd. rito Fornero, l’opposizione non costituisce un grado diverso rispetto alla fase che ha preceduto l’ordinanza, e pertanto non sussiste alcun vizio della sentenza ove il giudice persona fisica sia lo stesso (Cass., 17.2.2015, n. 3136), ciò che poi è stato ritenuto costituzionalmente non illegittimo in quanto non confliggente con il principio della terzietà del giudice (C. cost., 13.5.2015, n. 78).
Di rilievo sono poi le pronunce che ribadiscono la configurabilità nell’ordinamento delle prove atipiche (Cass., 18.12.2014, n. 26676); della teorica dell’overruling (Cass., ord. 9.1.2015, n. 174); del divieto di abuso del processo tramite scissione in più domande giurisdizionali di posizioni tra loro intimamente connesse (Cass., 24.4.2015, n. 8381), frazionamento di credito unitario (Cass., 19.3.2015, n. 5491) o formulazione di pretesa di valore economico oggettivamente minimo ed irrilevante (Cass., 3.3.2015, n. 4228).
Infine, anche dopo le recenti modifiche alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati, l’esercizio dell’azione di risarcimento dei danni ex l. 13.4.1988, n. 117, non costituisce ragione idonea ad imporre la sostituzione del magistrato nel processo presupposto (Cass. pen., 23.4.2015, n. 16924).