Novità in tema di federalismo municipale
L’anno 2013 si caratterizza per vari interventi in materia di fiscalità municipale, i quali, tuttavia, ruotano tutti intorno alla vicenda ben nota, anche alle cronache non tributarie, della abolizione dell’IMU sulla prima casa. Il Governo Letta si è prodotto in una duplice serie di rinvii, condizionando l’intervento richiesto da una parte della maggioranza ad un più complessivo riassetto della fiscalità municipale. Tale sistemazione dovrebbe imperniarsi, secondo gli intendimenti dell’Esecutivo comunicati al Parlamento, nel varo di una nuova service tax, che dovrebbe essere pagata da coloro che occupano gli immobili di tipo abitativo in ragione dei servizi non a domanda individuale che le municipalità rendono ai cittadini. Si evidenziano, nel contributo, le principali criticità del prefigurato percorso di trasformazione.
Nel corso del 2013, vero e proprio annus horribilis per quel che concerne le prospettive di attuazione del federalismo, tre sono i provvedimenti con cui si è intervenuti sulla fiscalità municipale. Si tratta di innovazioni significative dal punto di vista politico-mediatico, la cui importanza, tuttavia, trascolora se si esamina il sistema avendo a riferimento le linee direttrici di trasformazione dell’ordinamento verso assetti maggiormente ispirati alle logiche federalistiche. Anzi, può senz’altro affermarsi che la soffertissima decisione, alla quale non si è ancora addivenuti definitivamente, di abrogare l’IMU prima casa, reintrodotta dal Governo Monti nel momento della massima emergenza (dicembre 2011), oltre che a porsi in controtendenza rispetto alla situazione dei paesi progrediti, segna un passo indietro nell’attuazione del ben noto principio del «vedo, pago, voto», determinando, inevitabilmente, l’inasprimento della tassazione sulle seconde case e sugli immobili delle imprese, i cui proprietari, come tutti sanno, non votano.
Ma veniamo alla ricognizione delle novità. Innanzitutto, non si può non evidenziare che l’art. 1 d.l. 21.5.2013, n. 54 ha sospeso, solo per il 2013, il versamento della prima rata dell’Imposta municipale propria (IMU) di cui all’art. 13 d.l. 6.12.2011, n. 201 (cd. “decreto Salva Italia”) per le seguenti categorie di immobili:
a) abitazione principale e relative pertinenze, esclusi i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli o palazzi di eminenti pregi storici e artistici);
b) unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, nonché alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione dell’art. 93 d.P.R. 24.7.1977, n. 616;
c) terreni agricoli e fabbricati rurali di cui all’art. 13, co. 4, 5 e 8, d.l. n. 201/2011.
La logica del provvedimento è quella del rinvio: l’idea era di mettere mano al riassetto della fiscalità municipale entro il mese di agosto del 2013, motivo questo che giustifica la sospensione del pagamento della prima rata.
La seconda novità è stata introdotta dalla l. 9.8.2013, n. 98, la quale, in sede di conversione del d.l. 21.6.2013, n. 69, ha aggiunto all’art. 46 del citato decreto il co. 1-sexies. Quest’ultimo, in vista della realizzazione dell’evento “EXPO Milano 2015”, ha previsto, per i comuni della provincia di Milano, i quali saranno successivamente ricompresi nell’istituenda area metropolitana, la possibilità di introdurre l’imposta di soggiorno di cui all’art. 4 d.lgs. 14.3.2011, n. 23, emanato in base ai principi ed ai criteri direttivi di cui alla l. delega 5.5.2009, n. 42, cd. “Federalismo fiscale (l. delega 2009)”. In sostanza, nella sola provincia di Milano, l’imposta di soggiorno potrà essere istituita non soltanto dal comune capoluogo di provincia, dalle unioni di comuni e dai comuni inclusi nell’elenco regionale delle località turistiche o città d’arte, ma da tutti i comuni.
Le ultime modifiche, contenute nel d.l. 31.8.2013, n. 102, si ricollegano al primo provvedimento di rinvio, il già citato d.l. n. 54/2013. Nel mese di agosto, non ha visto la luce il dettaglio del progetto di riforma più volte annunciato, sicché anche il da ultimo menzionato decreto può leggersi nella logica del rinvio, essendosi previsto dal Governo quanto segue:
i) per gli immobili di cui si è detto, oggetto della sospensione disposta con d.l. n. 54/2013, l’abolizione della prima rata dell’IMU 2013;
ii) l’abolizione della seconda rata dell’IMU 2013 relativa ai fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano locati;
iii) l’esenzione IMU per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano locati;
iv) l’estensione, agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari o dagli altri enti di edilizia residenziale pubblica, della detrazione IMU prevista dall’art. 10 d.l. n. 201/2011;
v) l’estensione dell’esenzione IMU agli immobili destinati alle attività di ricerca scientifica;
vi) l’equiparazione all’abitazione principale delle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari;
vii) l’equiparazione all’abitazione principale dei fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal Ministero delle Infrastrutture in data 22.4.2008;
viii) la previsione che, per l’applicazione della disciplina in materia di IMU concernente l’abitazione principale e le relative pertinenze, non siano richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica se l’immobile in questione è l’unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, posseduto e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia e al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco;
ix) la riduzione dal 19 al 15 per cento dell’aliquota della cedolare secca per contratti a canone concordato.
Da ultimo, è importante ricordare che l’art. 15 d.l. n. 102/2013 ha stabilito che il Ministero dell’economia e delle finanze sottoponga a costante monitoraggio alcune delle maggiori entrate destinate a coprire i costi derivanti dall’attuazione di quanto previsto dal d.l. (somme derivanti dalla definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile e gettito IVA derivante dal pagamento dei debiti degli enti locali). Qualora tali maggiori entrate risultino inferiori a quanto preventivato, il Ministro stabilisce l’aumento della misura degli acconti ai fini dell’IRES e dell’IRAP e l’aumento delle accise su prodotti energetici, elettricità, alcol, bevande alcoliche e tabacchi1. Si tratta di previsione che, pur non mettendo teoricamente a rischio i decisi provvedimenti in materia di fiscalità locale e, quindi, in primis, il pacchetto di quelli attinenti l’IMU prima casa, dà la misura della ristrettezza dei margini di manovra ai quali il Governo è soggetto. È questa la principale ragione della rilevanza politica della questione IMU-prima casa: non solo l’alta valenza simbolica del prelievo, ma finanche l’entità delle risorse che tale agevolazione “impegna”, a scapito di quelle che potrebbero essere altre scelte di politica economica. Spicca, in questa prospettiva l’assenza del provvedimento, in un primo momento inserito nel testo del decreto licenziato dal Consiglio dei Ministri, che disponeva la deducibilità ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, sia pure nella misura del 50 per cento, dell’IMU pagata sugli immobili destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo. Si sarebbe trattato di una misura che, probabilmente, avrebbe potuto favorire la flebilissima ripresa economica che va prospettandosi più degli interventi sull’IMU per l’abitazione principale.
In estrema sintesi, si può dire che, fino al 2011, la fiscalità municipale si imperniava su un’imposta patrimoniale (l’ICI) che non tassava la prima casa a seguito delle modifiche intervenute nel 2008, su un prelievo ambientale di natura paracommutativa (prima TARSU e poi TIA 1 e TIA 2), su una congerie di tributi commutativi ed entrate parafiscali minori2, nonché sulle addizionali e sulle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali. Nella prima metà del 2011, in attuazione della l. delega in materia di federalismo fiscale (l. n. 42/2009), è stato approvato il d.lgs. n. 23/2011, con cui si sono poste le basi per il riassetto del sistema tributario dei comuni, prevedendo, fra le altre misure e in via principale, la sostituzione dell’ICI, della componente immobiliare dell’IRPEF e delle relative addizionali con l’IMU, imposta di matrice patrimoniale che doveva entrare in vigore nel 2014, assoggettando a tassazione tutti gli immobili, con l’esclusione dell’abitazione principale (la l. delega sul federalismo escludeva espressamente tale possibilità). Nel dicembre 2011, l’insediato Governo Monti, incalzato dalle ben note esigenze di riequilibrio della finanza pubblica, ha approvato il già citato d.l. n. 201/2011, con cui, oltre ad aver introdotto la TARES in sostituzione dei variegati precedenti prelievi sui rifiuti (alcuni comuni applicavano ancora la TARSU, altri la TIA), ha anticipato al 2012 l’entrata in vigore dell’IMU, modificandone tuttavia:
i) il presupposto, giacché si assoggettava a tassazione anche il possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze di essa3;
ii) la base imponibile, ampliata in conseguenza dell’incremento dei moltiplicatori applicabili alle rendite catastali rivalutate;
iii) le aliquote, ben più elevate di quelle previste per l’ICI.
Questo è il contesto in cui si inseriscono gli interventi del 2013, i quali sarebbero finalizzati, ci si riferisce ovviamente al principale dei provvedimenti adottati, quello inerente l’IMU prima casa, al rilancio dell’economia4: è in questa logica che andrebbero lette la sospensione (in un primo momento) e l’abrogazione (in un secondo momento) della prima rata dell’IMU 2013 sull’abitazione principale e la cancellazione della seconda rata dell’IMU 2013 per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita.
L’iniziativa del Governo sconta però tre importanti limiti: in primo luogo, non è definitiva, perché l’abolizione dell’IMU sull’abitazione principale è prevista solo per la prima rata e comunque solo per il 2013 (mentre per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita è prevista, dal 2014, un’esenzione IMU); in secondo luogo, potrà risultare molto costosa, soprattutto in considerazione della rigidità dei conti pubblici italiani e della difficoltà conessa all'avvio di una seria politica di spending review; infine, essa si contraddistingue più per ciò che non ha previsto che per quanto ha introdotto, essendosi concentrata l’azione governativa sulle prime case, e quindi sui privati, lasciando da parte le imprese; soggetti, quest'ultimi, in grandissima difficoltà a causa della profonda crisi che ha investito i mercati, inasprita anche dal prelievo sugli immobili, che, peraltro, porta con sé l’incremento del peso dell’imposta sui redditi, in forza della prescritta indeducibilità del tributo comunale (l’art. 14, co. 1, d.lgs. n. 23/2011 stabilisce l’indeducibilità dell’IMU dalle imposte erariali sui redditi e dall’IRAP).
Insomma, i recenti rivolgimenti della fiscalità municipale costituiscono la più eclatante dimostrazione della crisi delle istanze federalistiche: il problema della tassazione della prima casa ai fini IMU è problema nazionale, affrontato e deciso senza tenere in considerazione le esigenze delle autonomie. Allo stesso tempo, non sembrano essere messe in primo piano le necessità delle imprese, unica speranza di rinascita del Paese.
In questo contesto di estrema incertezza e di continui rinvii, si ipotizza il varo di una nuova imposta. Ed invero, nella relazione al Parlamento 2013 (C.d.M. 28.8.2013, n. 22) il Governo si è impegnato non solo a cancellare anche la seconda rata IMU 2013 per la prima casa, i terreni agricoli e i fabbricati rurali, ma anche a sostituire, a partire dal 2014, l’IMU prima casa e la TARES con la cosiddetta service tax5, la quale, secondo le prime scarne anticipazioni, si articolerà in due componenti. La prima (Tassa Rifiuti), volta a coprire il costo di gestione dei rifiuti urbani; soggetto passivo sarà, ovviamente, chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani; la base imponibile sarà rappresentata dalla superficie dell’immobile, mentre le aliquote saranno parametrate dai comuni nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga” e, comunque, in misura tale da garantire l’integrale copertura del servizio. La seconda (Tassa sui servizi indivisibili) sarà volta a coprire il costo dei servizi indivisibili resi della municipalità. Quest’ultima, secondo le anticipazioni, sarà dovuta sia dai proprietari (in quanto i beni e servizi pubblici locali concorrono alla determinazione del valore commerciale dell’immobile), sia da chi occupa, ad altro titolo, i fabbricati (in quanto fruisce dei beni e servizi locali). Quanto alla base imponibile, i comuni potranno scegliere fra la superficie e la rendita catastale.
Ebbene, con riferimento all’anzidetta prospettiva, occorre segnalare innanzitutto che la service tax, per come pare configurarsi, costituisce la sommatoria di due diversi tributi, non riconducibili ad unità: ad una tradizionale tassa sui rifiuti (l’attuale TARES confluirebbe nel nuovo tributo) si accompagnerebbe un prelievo, ascrivibile alla categoria delle imposte, del tutto innovativo, in quanto dovuto da chi occupa l’immobile. Sarebbe questa, dunque, la vera novità, che si giustifica in ragione del ritorno al passato connesso alla detassazione ai fini IMU della prima casa, oltre che alla luce: i) della necessità di porre un limite all’assai poco federalistico aggravio del prelievo sui non residenti;
ii) della sperequazione dei gettiti tra i comuni collegati alla ricordata esclusione;
iii) della compressione dei margini di autonomia tributaria delle municipalità.
Il punto critico connesso all’ipotizzata introduzione della service tax sta nell’assoggettamento a tassazione degli occupanti gli immobili, e quindi anche degli inquilini, soluzione questa che, peraltro, che non è nuova ad altri ordinamenti anche vicini al nostro (si pensi alla taxe d’habitation francese disciplinata dagli artt. 1408 e ss. del CGI), e ciò non tanto alla luce del principio del beneficio, dato che anche costoro sono destinatari dei servizi comunali non a domanda individuale, ma alla luce del principio di capacità contributiva. È pur vero, il pagamento del canone di locazione potrebbe essere considerato un indice indiretto di ricchezza, così come il valore catastale dell’immobile (è questa, peraltro, la soluzione prescelta nell’esperienza francese, in cui, è il caso di ricordarlo, la taxe d’habitation convive con la taxe foncière, che è assimilabile all’ICI/IMU) potrebbe essere, dal punto di vista teorico e, quindi, a prescindere dall’attuale situazione del catasto italiano, su cui comunque si intende intervenire (cfr., al riguardo, l’art. 2 l. delega di riforma del sistema fiscale approvata dalla Commissione finanze della Camera dei Deputati lo scorso 20.9.2013), indicatore del pregio dell’immobile affittato e, dunque, pur sempre in via indiretta, della ricchezza degli affittuari (discutibile in questo senso è l’anticipazione secondo la quale i comuni potranno optare per la base imponibile «superficie dell’immobile», e ciò per le difficoltà connesse alla configurazione di quest’ultima come indice indirettamente rivelatore di ricchezza da assoggettare ad imposta). È anche vero, tuttavia, che una siffatta soluzione richiede, per essere conforme al canone sovraordinato della capacità contributiva:
i) aliquote contenute;
ii) esenzioni/riduzioni dell’imposta evidentemente connesse al reddito degli occupanti.
Si potrebbe altresì ipotizzare che vengano lasciati ai comuni significativi spazi di intervento in logica agevolativa, purché connessi alla situazione reddituale e al numero dei familiari a carico dei soggetti passivi dei tributi. Insomma, un non facile percorso da seguire, che, tuttavia, può contare su un precedente tentativo, avendo l’allora Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi approvato, il 24.10.2011, un testo che prevedeva l’introduzione di una service tax così configurata6.
Resta, e questo giustifica le evidenti esitazioni, il prezzo da pagare a fronte di un provvedimento che tassa, in un momento di pesantissima crisi economica, coloro che vivono in affitto per agevolare coloro che sono proprietari di un’abitazione. Resta che un’imposta sui servizi indivisibili, particolarmente rozza e discutibile dal punto di vista dei principi, esiste già, anche se pochi sembrano essersene accorti, ed è disciplinata dall’art. 14, co. 13, del d.lgs. n. 201/2011, il quale stabilisce che alla tariffa TARES «si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato, a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione fino a 0,40 euro, …», sicché l’introduzione della nuova service tax dovrebbe accompagnarsi all’abrogazione della vecchia. Resta la sostanziale assurdità di un percorso di ricerca di nuove forme di tassazione per eliminare quello che tutti senza soverchie difficoltà accettano, e cioè a dire una tassazione moderata, qual è anche quella attuale, sulla casa d’abitazione.
1 Per un primo commento sui provvedimenti dell’estate 2013 in materia di IMU e TARES, cfr. Selicato, P., Dal “superamento” dell’Imu sulla prima casa al nuovo sistema dell’imposizione immobiliare: un cammino ancora lungo ed incerto, in www.federalismi.it, 11.9.2013.
2 Per un elenco completo dei tributi presenti, nel 2011, nel sistema tributario dei comuni, v. Tesauro, F., Istituzioni di diritto tributario – parte speciale, Milano, 2012, 321 e, mi sia consentito, Giovanardi, A., Tributi comunali, in Dig. comm., vol. XVI, Torino, 1999, 146 ss.
3 Per un commento sugli interventi del 2011 nel quadro del federalismo municipale, si veda Salvini, L., L’Imu nel quadro del sistema fiscale, in Rass. trib., 2012, 689 ss.
4 La relazione al Parlamento 2013 conferma che le disposizioni introdotte, in materia di federalismo fiscale municipale, nell’agosto 2013 sono principalmente rivolte a liberare risorse a favore delle famiglie. Tale Relazione, a proposito della cancellazione della prima rata IMU sull’abitazione principale, afferma infatti: «la misura ha effetti positivi sul reddito disponibile delle famiglie, liberando risorse che dovrebbero, almeno in parte, essere destinate ai consumi già dal 2013».
5 Si veda anche la nota di Palazzo Chigi del 28.8.2013.
6 L’introduzione, seppure con caratteristiche un po’differenti da quelle ipotizzate nel 2013, di una service tax era stata prevista già dal Consiglio dei Ministri del 25.10.2011, il quale inseriva la disciplina del nuovo tributo nel d.lgs. n. 23/2011. Sul punto, cfr. Lovecchio, L., Proposte correttive per «service tax» comunale e imposta di soggiorno, in Corr. trib., 2011, 3756 ss. Sulle possibilità di introduzione di una service tax, v. Salvini, L., Federalismo fiscale e tassazione degli immobili, in Rass. trib., 2010, 607 ss.