Novità nell’autotrasporto di cose per conto terzi
I commi da 247 a 251 dell’art. 1 della l. 23.12.2014, n.190 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» hanno apportato importanti modifiche ed integrazioni al d.lgs. 21.11.2005, n. 286 ed all’art. 83 bis del d.l. n. 112/2008, convertito con l. n. 133/2008, e successive modifiche. Le novità maggiormente significative riguardano senza dubbio la soppressione della disciplina dei costi minimi di esercizio, e quindi il recupero della piena libertà negoziale delle parti nella individuazione delle tariffe e delle condizioni applicabili, la previsione della responsabilità solidale del committente con gli operatori del trasporto (vettore ed eventuali sub-vettori) per i trattamenti retributivi, previdenziali e assicurativi dovuti per le prestazioni rese dai lavoratori nel corso del rapporto, la nuova disciplina del sub-trasporto e l’introduzione del procedimento di negoziazione assistita.
I commi da 247 a 251 dell’art. 1 della l. 23.12.2014, n.190, hanno apportato importanti modifiche ed integrazioni al d.lgs. 21.11.2005, n. 286 ed all’art. 83 bis del d.l. 25.6.2008, n. 112 convertito con l. 6.8.2008, n. 133, e successive modifiche1.
La riforma rappresenta l’ennesimo intervento del legislatore nazionale chiamato a trovare un giusto equilibrio tra esigenze sulla carta convergenti le quali tuttavia, nel passato più recente, sono sembrate molto spesso essere in conflitto tra di loro: da una parte, la sicurezza della circolazione stradale; dall’altra, la libera determinazione del corrispettivo del trasporto di merci su strada. La quadratura del cerchio è stata in passato progressivamente rincorsa operando sui meccanismi di determinazione del corrispettivo mediante l’impiego di criteri di adeguamento della tariffa ai crescenti costi di esecuzione del servizio, e, in particolare, al prezzo del carburante. È stato quindi ritenuto indispensabile imporre al vettore una tariffa in parte inderogabile con riferimento ai costi minimi di esercizio dell’impresa di autotrasporto chiamata ad eseguire effettivamente il servizio. Il teorema in base al quale sono stati imposti limiti alla libera determinazione del corrispettivo postula che il mercato dell’offerta del servizio di autotrasporto a ribasso conduca a minare la sicurezza stradale e la sicurezza sociale; per conseguire l’obiettivo di assicurarsi la conclusione del contratto con il mittente, il vettore sarebbe naturalmente indotto ad accordare tariffe vantaggiose, e quindi oggettivamente poco remunerative, e, conseguentemente, a garantirsi un margine di guadagno mediante l’abbattimento dei costi di esercizio, tra i quali quello della manodopera e della manutenzione dei veicoli impiegati2. Il legislatore aveva quindi accolto il principio delle inderogabilità minima della tariffa nell’ambito di un settore, quale quello del trasporto di merci su strada, nel quale era stata faticosamente affermata, con il d.lgs. n. 286/2005, la libertà di contrattazione con il superamento delle tariffe obbligatorie di cui alla l. 6.6.1974, n. 298 (cd. tariffe a forcella)3. Infatti, da ultimo, la l. n. 127/20104, innovando il comma 4 dell’art. 83 bis del d.l. n. 112/2008, aveva stabilito inderogabilmente che la tariffa dell’autotrasporto dovesse tenere conto dei costi minimi di esercizio a garanzia della tutela della sicurezza della circolazione stradale e della regolarità del mercato5. L’intervento operato con la legge di stabilità 2015, oggetto delle osservazioni che seguono, rappresenta una chiara inversione di tendenza rispetto al più recente passato nel senso del recupero nella sua pienezza della libertà negoziale.
La legge di stabilità 2015, eliminando l’inderogabilità della tariffa di trasporto con riguardo ai costi minimi di esercizio, colloca, a corollario del principio di base della libertà negoziale, una serie di nuove misure le quali rappresentano soluzioni di necessario coordinamento tra il principio appena recuperato e la disciplina complessiva. Alcune di queste sono di carattere squisitamente sostanziale; si pensi alla regolamentazione di alcuni aspetti del sub-trasporto (la cd. sub-vezione); alla affermazione della responsabilità solidale del committente con il vettore ed il sub-vettore per i trattamenti retributivi, i contributi previdenziali ed i premi assicurativi; alla abolizione della scheda di trasporto, documento al quale non è mai stata ricondotta alcuna specifica efficacia privatistica6. Altre, invece, completano il nuovo sistema mediante la definizione di alcuni strumenti funzionali alla soluzione delle controversie; viene infatti eliminata la disciplina della procedura monitoria per il recupero del differenziale retributivo (fattispecie generata dalla violazione della parte imperativa della tariffa del trasporto), mentre viene introdotto il procedimento di negoziazione assistita di cui al capo II del d.l. 12.9.2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla l. 10.11.2014, n. 162. Completano la riforma le integrazioni apportate alle definizioni di vettore, di committente nonché l’introduzione di quella di sub-vettore.
2.1 I costi minimi di esercizio
Come detto, il legislatore ha compiuto un ultimo (e non si sa quanto risolutivo) sforzo volto a coniugare la salvaguardia del principio fondamentale della sicurezza della circolazione stradale con la reintroduzione della libertà negoziale in ordine alla determinazione del corrispettivo dei servizi di trasporto. Sforzo evidentemente indotto dall’intervento della Corte di giustizia UE la quale, con la sentenza del 4.9.20147, ha risposto ai quesiti pregiudiziali sottoposti dall’ordinanza del TAR del Lazio del 15.3.2013, adito per l’annullamento di tutti gli atti amministrativi concernenti la determinazione dei costi minimi di esercizio, circa la compatibilità delle previsioni nazionali prescrittive di tali costi nel settore dell’autotrasporto con i principi della libertà di concorrenza, della libera circolazione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi. Risposta che, come era lecito attendersi, ha evidenziato come la disciplina nazionale sui costi minimi di esercizio, la cui determinazione era affidata ad un organismo composto principalmente da rappresentanti degli operatori economici interessati8, contrasti con i principi europei sopra richiamati e risulti incoerente rispetto al fine da raggiungere.
A seguito dell’ultimo intervento normativo, il sistema dei costi minimi di esercizio sembra essere stato definitivamente abbandonato dal momento che, venuta meno la previsione di inderogabilità, la nuova formulazione del comma 4 dell’art. 83 bis stabilisce che nel contratto di trasporto, anche se stipulato in forma non scritta, i prezzi e le condizioni sono rimesse all’autonomia negoziale delle parti «tenuto conto dei principi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale». Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pertanto, ai sensi del comma 18 dell’art. 83 bis, continuerà a pubblicare periodicamente le tabelle con i valori indicativi di riferimento dei costi minimi di esercizio con la differenza, rispetto al passato, che i dati elaborati avranno una finalità meramente indicativa in quanto destinati unicamente ad agevolare l’incontro tra domanda ed offerta a condizioni adeguate.
Occorre comunque ricordare che l’art. 4, co. 2, d.lgs. n. 286/2005 prevede che «sono nulle le clausole dei contratti di trasporto che comportino modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale». Ebbene, al di là della liberalizzazione delle tariffe, rimane avvertita l’esigenza di garantire che le operazioni di trasporto si svolgano nel rispetto della norme sulla sicurezza della circolazione stradale e della sicurezza sociale (art. 83 bis, co. 4). Quindi tutto ciò che, nelle previsioni contrattuali, risulta contrario alle norme sulla sicurezza ricade nell’ambito della nullità; consegue che, come si dirà in seguito, le controversie che ne derivano, muovendo da una previsione di indisponibilità, risultano sottratte allo speciale procedimento di negoziazione assistita introdotto dalla legge di stabilità 2015.
2.2 La responsabilità solidale del committente
In stretto parallelismo con la disciplina dell’art. 29 del d.lgs. 10.9.2003, n. 276 (cd. legge Biagi) in materia di appalto, i nuovi commi 4-bis e 4-ter dell’art. 83 bis introdotti dalla legge stabilità 2015 stabiliscono la responsabilità solidale del committente con il vettore e con i sub-vettori, entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto, per i trattamenti retributivi, previdenziali e assicurativi dovuti per le prestazioni rese dai lavoratori nel corso del rapporto. L’obbligo solidale non sorge se il committente verifica preventivamente alla stipulazione del contratto, come imponeva il vecchio testo del comma 4-quinques dell’art. 83 bis, la regolarità delle posizioni retributive, previdenziali ed assicurative mediante acquisizione del documento (DURC) di cui all’art. 4 sexies. La verifica della regolarità del vettore potrà essere assolta anche mediante accesso ad un portale internet attivato presso il Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori dal quale sia stata acquisita la qualificazione di regolarità del vettore a cui si intende affidare il trasporto (comma 4-quater). Non è stabilito alcun beneficio di escussione preventiva a favore del committente il quale, in caso di mancata verifica, è obbligato in solido con il vettore e con gli eventuali sub-vettori a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e, agli enti competenti, quelli contributivi ed assicurativi (limitatamente al trasporto di cui è parte). Nel caso di contratto concluso non in forma scritta (comma 4-quinques), il committente che non esegue la verifica sarà chiamato a rispondere solidalmente anche per l’inadempimento degli obblighi fiscali e per le violazioni del codice della strada. Nel suo complesso la responsabilità solidale del committente ha l’obiettivo di rafforzare l’efficacia di un sistema che mira ad assicurare, sensibilizzando ulteriormente la posizione del commettente, il rispetto di adempimenti che, incidendo sulla qualità della prestazione di trasporto, preservano l’interesse pubblico della sicurezza stradale. Il soggetto sottoposto alla verifica della regolarità contributiva ed assicurativa è il vettore che è parte di un contratto di trasporto di merci su strada ossia il vettore che ha stipulato il contratto col committente o comunque il vettore che, associato in cooperativa o aderente ad un consorzio o parte di una rete di imprese, sia obbligato ad eseguire la prestazione di trasporto in virtù del vincolo che lo lega al raggruppamento cui aderisce che ha ricevuto incarico dal committente.
2.3 La disciplina del sub-trasporto
Altra novità di significativo rilievo è la disciplina del sub-trasporto. Si tratta del contratto di trasporto eseguito dall’impresa di autotrasporto che svolge un servizio su incarico di altro vettore9. La legge di stabilità 2015, nell’introdurre una nuova disciplina della cd. sub-vezione (termine da preferire a quello di sub-vettura), provvede a definire in questo senso la figura del sub-vettore.
L’attuale art. 6 ter, al dichiarato fine di limitare la catena dei sub-vettori, nel caso in cui all’operazione di trasporto collaborino più vettori (fattispecie questa particolarmente frequente nella pratica), distingue il sub-trasporto stipulato dal primo vettore dalle ipotesi in cui esso venga stipulato dai sub-vettori successivi.
Quanto alla prima categoria, occorre innanzi tutto precisare che il ricorso al sub-trasporto deve essere autorizzato dal committente (norma che ricalca la disciplina del contratto di appalto che vieta il subappalto). Il vettore, che si pone come committente nei confronti del sub-vettore, assume gli oneri e le responsabilità gravanti sul committente connessi alla verifica della regolarità contributiva ed assicurativa del sub-vettore. Il secondo comma dell’art. 6 ter prevede che se il vettore affida il trasporto ad un sub-vettore senza autorizzazione del mittente, quest’ultimo può risolvere il contratto tra mittente e vettore secondo le regole generali sulla risoluzione del contratto. La norma pone quindi una presunzione assoluta di non scarsa importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., avuto riguardo all’interesse leso del mittente nonché ai principi di sicurezza che caratterizzano la disciplina di settore.
Con riferimento alla seconda categoria, il terzo comma della norma prevede poi che «il sub-vettore non può a sua volta affidare ad altro vettore lo svolgimento della prestazione di trasporto. In caso di violazione di tale divieto, il relativo contratto è nullo, fatto salvo il pagamento del compenso già previsto per il primo sub-vettore il quale, in caso di giudizio, è tenuto ad esibire la propria fattura a semplice richiesta. Inoltre, nel caso di inadempimento degli obblighi fiscali, retributivi, contributivi ed assicurativi, il sub-vettore che affida lo svolgimento della prestazione di trasporto assume gli oneri e le responsabilità connessi alla verifica della regolarità, rispondendone direttamente ai sensi e per gli effetti del comma 4ter dell’articolo 83bis».
La regola che vieta al sub-vettore di affidare i trasporti ad altro sub-vettore, contempla peraltro una eccezione: si tratta dei servizi eseguiti dai corrieri (trasporto di collettame mediante raggruppamento di più partite e spedizioni, ciascuna di peso non superiore a 50 quintali, con servizi che implicano la rottura del carico, intesa come scarico delle merci dal veicolo per la loro suddivisione e il successivo carico su altri mezzi).
L’elemento di immediata rilevanza riguarda proprio il concetto di nullità preso in considerazione dal terzo comma dell’art. 6 ter; in effetti, in deroga al principio secondo il quale il contratto nullo non produce effetti10 se non quelli di carattere restitutorio11, in questo caso alla nullità stabilita dalla legge sopravvivono degli effetti, anche di rilievo, che non sembrano propriamente restitutori; la nullità del contratto di trasporto stipulato tra il sub-vettore e l’ulteriore sub-vettore comporta infatti che il sub-vettore successivo al primo possa percepire il corrispettivo pattuito dal sub-vettore con il proprio mittente/vettore. Prevale quindi una logica fondata sulla valutazione degli interessi maggiormente meritevoli nei riguardi della quale stride la locupletazione ingiustificata di una parte (il sub-vettore che ha ottenuto il pagamento del corrispettivo pur non avendo eseguito la prestazione) a danno dell’altra (il sub-vettore che ha eseguito in concreto la prestazione), tenendo in debita considerazione la causa di acquisizione. Non si tratta tuttavia di una reintegrazione dei costi sostenuti (secondo la logica dell’interesse negativo che al contrario dovrebbe prediligersi in tutte le ipotesi di ingiustificato arricchimento)12 , ma del diritto al corrispettivo comunque convenuto sulla base di un contratto tuttavia nullo.
2.4 La negoziazione assistita
Il comma 249 dell’art. 1 legge di stabilità 2015 introduce nel settore del contratto di trasporto una modalità stragiudiziale di composizione della lite stabilita quale condizione di procedibilità della domanda (rectius condizione dell’azione)13. La nuova norma stabilisce che «costituisce condizione dell’esercizio in giudizio di un’azione relativa a una controversia in materia di contratto di trasporto o di sub trasporto l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita da uno o più avvocati di cui al capo II del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, cui si rinvia per la disciplina del procedimento stesso. Se le parti, con accordo o nel contratto, prevedono la mediazione presso le associazioni di categoria a cui aderiscono le imprese, la negoziazione assistita esperita si considera comunque valida. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano per l’attivazione dell’azione diretta di cui all’articolo 7ter del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286».
Occorre interrogarsi se ed in quale misura la previsione di una modalità di soluzione della controversia, alternativa alla giustizia statale e caratterizzata dal dislocamento della soluzione presso i contendenti ed i rispettivi difensori14, sia effettivamente funzionale alla materia del contratto di trasporto. Fermo restando che, a giudizio di chi scrive, ancor più in un settore caratterizzato da tecnicismi operativi e procedimentali quale quello dell’autotrasporto, appare in qualche modo inconciliabile con un procedimento come quello in esame il ruolo compositivo affidato alla libertà negoziale; procedimento, lo si vuole ricordare, al quale le parti sono chiamate ad accedere non già in virtù di una libera e consapevole autodeterminazione, ma in ragione di un meccanismo che sostanzialmente lo impone a pena di improcedibilità della domanda.
Del resto appare difficile ammettere che la logica di tale scelta risponda esclusivamente a finalità deflattive una volta che il contenzioso in tema di differenziale retributivo sembra destinato a scemare proprio alla luce dell’abolizione del principio della inderogabilità della tariffa. La scelta operata, pertanto, sembra rispondere più che altro ad una valutazione di carattere ideologico. Reintrodotta infatti la materia della determinazione del corrispettivo dell’autotrasporto nell’ambito della esclusiva disponibilità delle parti, il legislatore ha ritenuto di sacralizzare questa ennesima svolta confortandola non più con la previsione di un procedimento giustiziale di carattere speciale (quale era la procedura monitoria dell’art. 83 bis, co. 9), ma dando credito nel settore in esame al cd. diritto collaborativo del quale la negoziazione rappresenta una modalità applicativa.
La disposizione in esame, sebbene non definisca con precisione il suo ambito applicativo, sembra destinata a ricevere applicazione solo per le controversie in tema di autotrasporto come definito dalla disciplina speciale alla quale, secondo il contesto generale, appare dovere essere funzionale. Peraltro, dall’esame della definizione di “committente” (dalla quale si ricava che non può si considerare tale la persona fisica), si evince che rimangono esclusi dagli effetti della previsione tutti quei casi in cui il mittente è un consumatore, vale a dire la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (ad esempio, per eseguire un trasloco). Esclusione del resto già stabilita per la negoziazione forzata in termini generali dall’art. 3, co. 1, d.l. n. 132/2014 convertito con l. n. 162/201415.
La previsione della nullità del contratto di sub-trasporto di grado ulteriore rispetto al primo (quindi rispetto a quello tra vettore originario e primo sub-vettore) impone che ci si interroghi se tale nullità incida, escludendola, sulla proponibilità dell’azione diretta ex art. 7 ter del d.lgs. n. 286/2005. Questa norma stabilisce che il vettore il quale ha svolto un servizio di trasporto su incarico di altro vettore, a sua volta obbligato ad eseguire la prestazione in forza di contratto stipulato con precedente vettore o direttamente con il mittente, ha azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, i quali sono obbligati in solido nei limiti delle sole prestazioni ricevute e della quota di corrispettivo pattuita, fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale. In effetti, in virtù della previsione di nullità del sub-trasporto di grado successivo al primo, si dovrebbe considerare improponibile, quale conseguenza della nullità, anche l’azione diretta riservata all’ultimo sub-vettore (per ottenere il corrispettivo pattuito dai precedenti sub-vettori con il vettore). Tuttavia tale soluzione non appare convincente. In effetti, se, nell’ambito della stessa ipotesi di nullità del contratto, viene fatto salvo il pagamento del corrispettivo del sub-vettore finale per le prestazioni da lui eseguite – riconoscendogli il diritto di percepire il compenso già previsto per il primo sub-vettore – sarebbe contraddittorio non consentire al medesimo, al fine di conseguire quel compenso, di accedere agli strumenti processuali funzionali al raggiungimento di quel risultato; e non vi è dubbio che tra essi vi sia proprio l’azione diretta. Diversamente argomentando rimarrebbe privo di ogni effetto e svuotato di ogni contenuto quel principio secondo il quale deve essere «fatto salvo il pagamento del compenso pattuito per le prestazioni già eseguite».
3.1 Rapporti tra negoziazione assistita e mediazione
Un aspetto di particolare interesse è sicuramente quello del rapporto tra negoziazione assistita e mediazione nel settore specifico oggetto del presente esame. Solo la prima, infatti, è condizione di procedibilità della domanda giudiziale; la seconda non lo è – dal momento che la materia del trasporto non rientra tra quelle per le quali il d.lgs. 4.3.2010, n. 28 ha stabilito la media conciliazione obbligatoria – a meno che non venga convenuta nel contratto di trasporto o in un accordo successivo. Infatti, il comma 249 della legge di stabilità 2015, con una disposizione dal contenuto in verità oscuro, si preoccupa di stabilire una regola nell’ipotesi di concorso tra diverse condizioni di procedibilità. In questo caso, secondo il tenore testuale della disposizione, «se le parti, con accordo o nel contratto, prevedono la mediazione presso le associazioni di categoria a cui aderiscono le imprese, la negoziazione assistita esperita si considera comunque valida». Si tratta di una norma di difficile interpretazione; è necessario infatti stabilire quale significato possa essere attribuito all’espressione che, nel caso considerato, prevede che la negoziazione assistita esperita si considera comunque valida.
Le soluzioni ipotizzabili sembrerebbero diverse.
Un prima soluzione (a) potrebbe condurre ad ammettere che nel caso in cui venga stabilita, con accordo o nel contratto, la procedura di mediazione ciò non escluda che si debba esperire, a condizione di procedibilità, anche la negoziazione assistita qualora la mediazione non abbia avuto successo. Una seconda ipotesi (b) potrebbe condurre a stabilire che la negoziazione debba comunque precedere il procedimento di mediazione previsto dal contratto (del resto la mediazione rappresenta la naturale evoluzione di una negoziazione qualora le capacità negoziali delle parti si rivelino insufficienti e debbano essere potenziate dall’intervento di un mediatore equidistante tra le rispettive posizioni in conflitto). Una terza linea interpretativa (c) dovrebbe presupporre un errore terminologico commesso dal legislatore; questi avrebbe impropriamente impiegato il termine «mediazione» in luogo di quello di «negoziazione» laddove volesse stabilire che la negoziazione possa svolgersi con l’assistenza della associazioni di categoria (evidentemente in luogo, secondo questa prospettiva, dell’assistenza degli avvocati). Un’ultima soluzione (d) potrebbe essere individuata nel senso che, esperita senza esito la negoziazione, non sarebbe più necessario promuovere la mediazione con le associazioni di categoria prima di procedere giudizialmente, anche qualora tale rimedio sia stato stabilito convenzionalmente dalle parti quale condizione dell’azione.
Ebbene, le prime due soluzioni (a) e (b) sembrerebbero entrambe da escludere dal momento che esse presuppongono logicamente una negoziazione assistita non ancora celebrata, mentre la norma è chiara nel senso di attribuire rilevanza ad un procedimento di negoziazione già esperito («la negoziazione assistita esperita si considera comunque valida»). La terza soluzione (c), presupponendo un errore terminologico del legislatore che apparirebbe francamente troppo grossolano, non convince anche perché, risultando comunque il procedimento oggettivamente immutato (la negoziazione), finirebbe per attribuire rilievo più che al momento facilitativo a quello della identità soggettiva della attività di assistenza da prestare in favore delle parti (elemento indefettibile della negoziazione forzata) la quale, notoriamente, non possiede alcuna connotazione decisoria.
Molto probabilmente, pertanto, la risposta più plausibile è quella che cerca di offrire una soluzione al problema più ampio che impone il coordinamento con l’art. 3, co. 5, della l. n. 162/2014, che «fa salve tutte le disposizioni che impongono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione o mediazione, comunque denominati». In sostanza si può ritenere che anche dove la mediazione, pur non obbligatoria ex lege ratione materiae, sia comunque stabilita convenzionalmente dalle parti, e qualificata dalla presenza dell’assistenza delle associazioni di categoria, ciò non esclude che, ove si sia proceduto con la negoziazione assistita, proprio in virtù del comma 249 la domanda giudiziale debba considerarsi procedibile. In conclusione si deve intendere come la disposizione abbia voluto sancire la sovrapponibilità della negoziazione ad altra forma di conciliazione/mediazione, escludendo una priorità o un ordine logico temporale tra le diverse condizioni di procedibilità. Il legislatore pare abbia voluto evitare il concorso tra più procedimenti collaborativi con la previsione della prevalenza della negoziazione assistita sulla mediazione stabilita convenzionalmente solo allorché la negoziazione sia stata già esperita. Una diversa soluzione sarebbe priva di senso: infatti, l’applicazione del principio di sussidiarietà tra i mezzi di risoluzione delle controversie (che imporrebbe anche il ricorso alla mediazione dopo avere infruttuosamente esperito la negoziazione) sembrerebbe escluso proprio dalla previsione della validità della negoziazione esperita. Quali sarebbero infatti gli effetti della negoziazione che rimarrebbero validi se la negoziazione non avesse avuto esito positivo se non quelli relativi alla condizione di procedibilità? Infatti, in caso di successo della procedura di negoziazione, la controversia risulterebbe definitivamente composta e non sopravviverebbe alcuna necessità od interesse per le parti a ricorrere alla mediazione presso le associazioni di categoria o presso qualsiasi altra sede.
1 Per un primo commento generale alle nuove disposizioni cfr. Riguzzi, M., La nuova (ed ennesima) riforma dell’autotrasporto di cose per conto terzi, in Dir. trasp., 2015, 355 ss.
2 Cfr. segnalazioni AGCM 15.7.2010 e 29.11.2011; parere 5.3.2012.
3 Cfr. Riguzzi, M., Prime considerazioni sulla riforma dell’autotrasporto di cose per conto terzi introdotta dal d. lg. 21 novembre 2005 n. 286, in Dir. trasp., 2006, 405 ss.; Id., Prime considerazioni sulle nuove norme relative alla tutela della sicurezza stradale e della regolarità del mercato dell’autotrasporto di cose per conto terzi, in Dir. trasp., 2009, 35 ss.; Id., La l. 4 agosto 2010 n. 127: prime riflessioni sui profili innovativi e sugli elementi qualificanti della nuova disciplina dell’autotrasporto di cose, in Dir. trasp., 2011, 111 ss.; Id., Ulteriori riflessioni in tema di autotrasporto di cose per conto terzi, in Dir. trasp., 2009, 405 ss.
4 Cfr. Riguzzi, M., La l. 4 agosto 2010 n. 127, cit., 111 ss.
5 Benelli, G., Il contratto di trasporto stradale di cose, in I contratti del trasporto, a cura di F. Morandi, II, Bologna, 2013, 1160 ss.; Reale, G., Il contratto di trasporto di persone e cose su strada, in Codice dei trasporti, a cura di L. Tullio, M. Deiana, Milano, 2011, 1112 ss.; Medica, N., D.l. 162/2008 e d.l. 5/2009 (interventi urgenti in materia di autotrasporto e modifiche al d.l. 112/2008: un sistema più razionale di determinazione dei costi relativi al trasporto di merci su strada per conto terzi, in Dir. maritt., 2009, 572 ss.; Alvisi, C. Romagnoli, A., L’esercizio della attività di autotrasporto di cose nel quadro della regolamentazione nazionale, locale, comunitaria, in Il diritto del mercato del trasporto, a cura di S. Zunarelli, Padova, 2008, 110 ss., Corona, V., Il sistema delle tariffe a forcella, in Dir. trasp., 2005, 563 ss; Brignardello, M., La disciplina delle tariffe e dei prezzi nel settore dei trasporti, Torino, 2000, 159 ss.
6 Cfr. Benelli, G., Il contratto di trasporto stradale di cose, cit., 1158 ss.; Callipari, N., Il contratto di autotrasporto di merci per conto terzi, Milano, 2009, 129 ss.
7 C. giust. UE, sez. V, 4.9.2014, cause riunite da C184/13 a C187/13, C194/13, C195/13 e C208/13, in Dir. trasp., 2015, 155 ss., con nota di P. Carmagnani, Sulla non compatibilità dei costi minimi ex art. 83 bis d.l. 112/2008 con la normativa comunitaria.
8 Sul meccanismo di determinazione del corrispettivo per i contratti di trasporto di cose per conto terzi e sull’attività degli accordi volontari stipulati tra associazioni di vettori ed i rappresentanti della committenza o, in supplenza, dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto di cui all’art. 6 d.lgs. n. 284/2005, cfr. Benelli, G., op. cit., 1163 ss.
9 Sulla configurabilità del sub-trasporto come contratto a favore di terzo, cfr. Cass., 24.11.2010, n. 23832, in Dir. maritt., 2011, 888 ss.
10 Proprio in materia di contratto di trasporto, la giurisprudenza ha affermato che dalla nullità del contratto, mentre discende per il mittente il diritto a ripetere quanto corrisposto, ex art. 2033 c.c., deriva l’inammissibilità dell’azione di ripetizione di indebito esercitata dal vettore dal momento che non sono ammessi rimedi di tipo restitutorio in favore del vettore, nemmeno sotto forma di arricchimento senza causa, in ipotesi di nullità del contratto disposta a tutela dell’ordine pubblico; in questi termini, Trib. Torino, 1.6.2000, in Riv. giur. circ., 2000, 783, con nota di G. Sarzina.
11 Cass., 8.4.2009, n. 8564, in Giust. civ., 2009, 9, 1, 1873. Per l’applicazione, in caso declaratoria di nullità, della disciplina degli obblighi restitutori conseguenti ad indebito oggettivo, cfr. Cass., 25.10.2005, n. 20651; Cass., 15.10.2007, n. 21587, in Vita not., 2008, 121, con nota di C. Carbone, Essenzialità del termine, restituzione delle prestazioni eseguite e autonomia della clausola penale dalla domanda di risoluzione per inadempimento.
12 L’azione di indebito oggettivo – esperibile non solo in caso di totale nullità di un contratto, con riferimento alle prestazioni eseguite in base ad esso, ma anche in caso di nullità parziale, in relazione a singole clausole in base alle quali siano state effettuate specifiche prestazioni e, eventualmente, controprestazioni a queste funzionalmente collegate – è infatti condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole degli art. 2033 e ss. c.c., operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento prevista dall’art. 2041 c.c. In questo senso, Cass., 8.11.2005, n. 21647.
13 In particolare, a proposito della negoziazione assistita di cui al capo II della l. n. 162/2014, è stato rilevato come «nonostante si tratti di un preambolum ad litem che segue, da sempre, meccanismi atipici, flessibili e incoercibili, viene così paradossalmente imbrigliata nelle maglie di un procedimento di dubbia utilità, oltre che farraginoso»; in questi termini, Farina, P., La negoziazione assistita dagli avvocati: da praeambolum ad litem ad outsourcing della decisione del giudice, in Riv. dir. proc., 2015, 516; cfr. più diffusamente, Parini Vincenti, S., Transactionis causa, Milano, 2011, 11 ss.
14 Farina, P., La negoziazione assistita dagli avvocati, cit., 514.
15 Con d.lgs. 6.8.2015, n. 130 è stata data attuazione alla direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE.