Novità sull’espropriazione forzata
Il contributo esamina l’ennesimo intervento riformatore del processo esecutivo operato, dopo il d.l. 12.9.2014, n. 132, con il d.l. 27.6.2015, n. 83. È certo crescente l’attenzione che all’esecuzione civile riservano l’opinione pubblica e gli operatori economici, anche a livello internazionale: ciò che va letto positivamente, denotando consapevolezza delle ricadute depressive dell’inefficacia di un sistema che non garantisca effettività alla tutela dei diritti nel determinante momento esecutivo.
Tuttavia, il legislatore non coglie l’occasione per un intervento meditato, offerta dal disegno di legge delega di riforma del processo civile, preferendo ancora la decretazione d’urgenza e dando vita ad un intervento frammentario: nel quale ad interventi interessanti e positivi, come il maggior coinvolgimento di professionalità esterne o alcune razionalizzazioni di pure recenti riforme e di pignoramenti di stipendi e pensioni o il portale unico della pubblicità, si affiancano altri, di più problematica lettura.
Il Governo ha scelto anche quest’anno di affidare ad un decreto legge – nonostante le perplessità degli interpreti1 – un intervento sul codice di rito, nonostante l’occasione propizia di un ripensamento complessivo e meditato, ma soprattutto condiviso con un confronto qualificato con gli operatori del settore, offerta dall’iter parlamentare del disegno di legge delega per la riforma del processo civile nel suo complesso2.
nessuna specifica urgenza era stata messa in luce da dottrina o giurisprudenza, anche se alcuni degli interventi rispondono ad esigenze apprezzabili di razionalizzazione ed altri a condivisibili istanze di modernizzazione e funzionalità o, come suole dirsi oggi, di “efficientamento”.
È manifesta l’invocazione della necessità di intervenire ulteriormente nel settore, in risposta ulteriore3 all’attenzione crescente che al processo esecutivo civile riservano l’opinione pubblica e degli operatori economici, anche a livello internazionale4: attenzione che va letta, in senso positivo, come sollecitudine per l’effetto depressivo di un’esecuzione civile inefficiente, che scoraggia gli investimenti, determina illiquidità, decrescita e disoccupazione; dal punto di vista del diritto, d’altra parte, un’esecuzione civile inefficiente è la resa dell’ordinamento, incapace di dare garanzia effettiva ai diritti dei consociati.
il processo esecutivo è stato ritoccato in molti punti, con interventi: sull’istituto della revocatoria (con la nuova sezione del libro VI del codice civile, la I-bis del capo II del titolo IV);
• sul contenuto formale del precetto di pagamento;
• sulla pubblicità delle vendite, istituendo il portale unico nazionale e rendendo facoltative le pubblicità su stampa e commerciali;
• sul sistema di ricerca telematica dei beni da pignorare, pure da poco introdotto;
• con tempi più lunghi per debitore ed aggiudicatario, con la rateizzabilità del pagamento del dovuto, al contempo dimezzando i termini perentori per il creditore;
• sul nuovissimo pignoramento di veicoli, reso da esclusivo ad alternativo a quello con le modalità tradizionali;
• sul coinvolgimento di professionisti esterni nelle vendite;
• sull’entità della misura impignorabile delle pensioni e su limiti e modalità dei pignoramenti di queste e degli stipendi;
• sui compiti, notevolmente aggravati, allo stimatore degli immobili;
• sulle offerte di acquisto e sull’assegnazione dei beni immobili;
• sulla astreinte all’italiana, generalizzandola a tutte le condanne diverse da quelle al pagamento di somme di denaro;
• sulla sospensione del titolo esecutivo opposto, ammettendo quella parziale;
• sui compensi aggiuntivi agli ufficiali giudiziari;
• con l’informatizzazione degli albi ed elenchi delle professionalità esterne coinvolte nell’esecuzione.
L’intervento normativo affronta disparati settori del processo esecutivo civile, con una frammentazione notevole, che impedisce una trattazione unitaria delle innovazioni e consente soltanto il riscontro, di volta in volta, della coerenza del singolo intervento normativo con gli obiettivi dichiarati.
Per una buona parte delle modifiche apportate, comunque, il risultato non può dirsi negativo e risponde, in qualche modo, all’idea di maggiore efficienza: un intervento patchwork, volenteroso e dignitoso, a qualche incongruità manifesta del quale si è posto rimedio in sede di conversione.
2.1 Un nuovo strumento contro la frode ai creditori
anche se solo in caso di atti a titolo gratuito, il creditore ha, col nuovo art. 2929 bis c.c., la possibilità di evitare la preventiva attivazione dell’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., potendo agire in via esecutiva contro il debitore che quegli atti abbia posto in essere in pregiudizio di lui ed in tempo successivo al sorgere del credito, se trascrive il pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole o se interviene nell’esecuzione da altri promossa. insomma, il creditore – a suo rischio, anche per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, co. 2 e 3, c.p.c. – agisce come se avesse già conseguito la sentenza dichiarativa di inefficacia, dando per acquisiti i relativi presupposti.
L’iniziativa processuale è ribaltata e resa eventuale: dopo che il creditore ha avviato la procedura esecutiva, spetta al debitore contestare la sussistenza dei presupposti di applicazione e, in sostanza, introdurre, nelle forme però di un’opposizione ad esecuzione, l’azione revocatoria.
L’innovativo istituto vede mitigati i suoi effetti negativi per il debitore dalla circostanza che – a differenza dell’azione revocatoria – occorre che il creditore sia già munito di titolo esecutivo (o, al massimo, se pende già altra procedura, sia in possesso dei requisiti per intervenire senza di esso) e dalla sua limitazione ai soli atti a titolo gratuito (donazioni, costituzioni di fondi patrimoniali o di trust od altre forme unilaterali di segregazione del patrimonio) ed al breve periodo di un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole.
un’interpretazione conforme a costituzione esige poi di non estendere il ribaltamento alla posizione sostanziale delle parti, altrimenti comprimendosi senza ragione i diritti di difesa del debitore: a somiglianza dell’opposizione a decreto ingiuntivo, una volta contestata – con l’opposizione all’esecuzione – la sussistenza dei presupposti di operatività dell’esonero dalla revocatoria, deve tornare ad essere onere del creditore, che normalmente ne avrebbe sopportato il peso, la dimostrazione di quelli.
È poi rimessa alla valutazione discrezionale del giudice dell’opposizione ad esecuzione la concessione della sospensione del processo esecutivo: pur non potendo bastare a tal fine la mera contestazione del debitore, la delibazione del g.e. dovrebbe riguardare pur sempre la fondatezza o meno della pretesa del creditore in punto di presupposti di esonero dalla revocatoria e, poi, del pregiudizio e della conoscenza di esso alle ragioni del creditore.
Va sottolineato poi che, se l’atto pregiudizievole a titolo gratuito ha coinvolto anche terzi, l’espropriazione avrà luogo nelle forme di quella contro il terzo proprietario (artt. 602 ss. c.p.c.).
2.2 Nuovi contenuti formali del precetto
In un contesto anche processuale sempre più caratterizzato da sequele di avvisi, ammonimenti, inviti e così via, la riforma del 2015 ha ritenuto utile introdurre nel precetto, modificando l’art. 480 c.p.c., anche l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo coi creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo loro un piano del consumatore.
È la sollecitazione al debitore ad avvalersi delle procedure previste dalla l. 27.1.2012, n. 3, formulata però in termini vaghi e soprattutto non assistita da alcuna sanzione.
È incongrua la generalizzata previsione della necessità dell’avvertimento per ogni tipo di precetto e quindi anche per le esecuzioni in forma specifica, nelle quali – per definizione – non è prevista alcuna situazione di indebitamento e meno che mai quindi di sovraindebitamento.
inoltre, l’eventuale mancanza dell’avvertimento non potrà rilevare di per sé sola, avendo sempre l’intimato l’onere di dimostrare, come per fare valere ogni altra nullità formale5, che uno svantaggio gli è derivato: cosa da escludersi, potendo egli sempre attivare le procedure previste da quella legge.
2.3 La ricerca dei beni da pignorare
La novella del 2014 sulla ricerca telematica dei beni da pignorare aveva suscitato diversi dubbi interpretativi, benché, in attesa dell’emanazione della normativa secondaria prevista come indispensabile presupposto per la sua operatività, avesse trovato isolate applicazioni nelle realtà locali (interpretato estensivamente l’art. 155 quinquies disp. att. c.p.c., sull’autorizzazione diretta al creditore in caso di inoperatività dei sistemi di accesso degli uffici notifiche esecuzioni e protesti – U.N.E.P.). Il nuovo sistema elimina alcuni punti di incertezza, come il riferimento al creditore «procedente», così più non esigendo il previo avvio di un procedimento esecutivo, ma ne alimenta altri.
L’intero sistema dovrebbe ricostruirsi come appresso: occorre la previa notifica del precetto e l’attesa del termine dilatorio di dieci giorni ivi previsto, salvo che vi sia pericolo nel ritardo (con formula sovrapponibile a quella prevista per l’esonero dal termine nel precetto e quindi, verosimilmente, negli stessi casi); dopo tale termine (o anche prima, in caso di pericolo nel ritardo) può presentarsi l’istanza di autorizzazione al presidente del tribunale di residenza (o sede) del debitore, corredata da titolo esecutivo e precetto debitamente notificati; sull’istanza provvede il presidente del tribunale (od un giudice da lui delegato, non necessariamente quello dell’esecuzione), che verifica formalmente il diritto di procedere, evidentemente sulla base della notifica di titolo e precetto; avuta l’autorizzazione, il creditore fa istanza all’ufficiale giudiziario di ricerca telematica; e questi, sottopostigli il titolo esecutivo ed il precetto dal creditore o acquisitivi dall’eventuale fascicolo informatico e dovendo escludersi che vi provveda la cancelleria, vi procede, redigendo unitario verbale con l’indicazione delle banche dati consultate (da cui la nuova norma opportunamente esclude il P.R.A., già liberamente accessibile da chiunque) e le informazioni necessarie per individuare cose e crediti da sottoporre a pignoramento.
Non è più necessario un decreto ministeriale per l’individuazione delle banche dati consultabili e delle modalità di accesso, prevedendosi ora, in via provvisoria e finché quelle non metteranno a disposizione degli U.N.E.P. gli accessi conformi agli standard di comunicazione ed alle regole tecniche fissate dall’agenzia per l’italia digitale, l’elenco delle convenzioni da stipularsi tra il Ministero e le singole pubbliche amministrazioni che gestiscono banche dati contenenti informazioni utili.
Nel frattempo, i singoli creditori possono pure (art. 155 quinquies, co. 2, disp. att. c.p.c.) ottenere, previa autorizzazione presidenziale, le informazioni direttamente dai gestori delle banche dati comprese nell’anagrafe tributaria (incluso l’archivio dei rapporti finanziari) e di quelle degli enti previdenziali.
Nulla è innovato, invece, quanto agli sviluppi, positivi o negativi, delle ricerche, che continuano secondo lo schema già fissato con la riforma del 2014: peraltro, essendo divenuto facoltativo il procedimento ex art. 521 bis c.p.c., ora si può pure pignorare direttamente i veicoli così rinvenuti.
2.4 La nuova pubblicità delle vendite forzate
Con un complesso intervento (sull’art. 490 c.p.c. ed introducendo gli artt. 631 bis c.p.c., 161 quater disp. att. c.p.c. e 18 bis d.P.R. 30.5.2002, n. 115), il legislatore ha inteso compiere un salto di qualità nella fruibilità della pubblicità delle vendite forzate, istituendo un portale unico centralizzato e nazionale («portale delle vendite pubbliche»), affiancato alle già introdotte formalità di pubblicità elettronica affidate a singoli operatori qualificati (previste dall’art. 490, co. 2, c.p.c.). al contempo, eliminato l’obsoleto albo del singolo ufficio giudiziario, ha reso facoltative la pubblicità su stampa e quella commerciale, cioè ogni altra formalità rimessa all’inventiva del giudice o dettata dalle peculiarità della fattispecie.
L’obbligatorietà della pubblicità sul portale delle vendite è sanzionata dall’estinzione (tipica) del processo, quando la sua omissione dipende da causa imputabile al creditore procedente o all’intervenuto munito di titolo; con profetica prudenza, poi, l’estinzione è pure esclusa quando sia accertato, sia pure con provvedimento ministeriale, il non funzionamento dei sistemi informatici del dominio Giustizia.
Il complesso sistema presuppone la determinazione delle specifiche tecniche da parte del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e, soprattutto, il preventivo pagamento del relativo contributo unificato – nell’importo attuale di € 100 per ciascun atto esecutivo da pubblicare – quale condizione per la materiale pubblicazione: pagamento che condiziona allora la stessa sorte del processo esecutivo, poiché la mancata pubblicazione che ne deriva, certamente imputabile al creditore che non paga il contributo, determina l’estinzione ex art. 631 bis c.p.c. sia pure con un artificio linguistico (l’uso della congiunzione «anche», anteposta all’inciso «su istanza del creditore», introdotto con il decreto legge, in esordio del co. 3 dell’art. 490 c.p.c.), è sostanzialmente rientrata l’originaria previsione, che, senza particolari ragioni di convenienza diverse da quelle meramente economiche dei procedenti, aveva subordinato la pubblicità su stampa e quella commerciale all’istanza del creditore che avrebbe dovuto sopportarne i costi. L’unica differenza, sensibile rispetto al passato, è che ora la pubblicità su stampa o nelle forme commerciali non è più obbligatoria, ma affidata alla discrezionalità del giudice: al quale riguardo, per il tenore molto ampio della relativa norma, deve ritenersi non necessaria una particolare motivazione per non disporla.
2.5 Termini più ampi per tutti, ma non per i creditori
Nel senso di una maggiore efficienza del processo esecutivo non può proprio riconoscersi andare l’allungamento dei tempi per la conversione e la previsione della rateizzazione nel versamento del prezzo di aggiudicazione, compensate con un modestissimo dimezzamento di due termini perentori per il creditore.
in primo luogo, si estendono casi e tempi della conversione (art. 495 c.p.c.): la rateizzazione è estesa al pignoramento di mobili, mentre sia per questi che per gli immobili, precisato che in ogni caso la liberazione del vincolo derivante dal pignoramento si ha soltanto con il versamento integrale dell’intera somma determinata, può disporsi – alla sola generica condizione della sussistenza di giustificati motivi – una rateizzazione che può raggiungere i trentasei mesi (contro i soli diciotto oggi ammessi, per di più per i soli pignoramenti immobiliari). a controbilanciare tale protrazione dei tempi è prevista l’obbligatoria distribuzione parziale tra i creditori di quello che viene versato, ogni sei mesi.
In secondo luogo, anche l’aggiudicatario – sia di beni mobili, purché di valore superiore ad € 20.000 (art. 530, ult. co., c.p.c.), che di beni immobili (art.569, co. 3, c.p.c.) – può fruire, se il giudice lo aveva previsto al momento della fissazione della vendita, di una rateizzazione fino a dodici mesi per il versamento del prezzo; anzi, l’aggiudicatario di beni immobili può ottenere dal giudice (art. 574, co. 1, c.p.c.) di essere immesso nel possesso del bene venduto, sol che presti una «fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta per un importo pari almeno al trenta per cento del prezzo di vendita», da rilasciarsi da un «operatore professionale appartenente ad una categoria individuata dal giudice dell’esecuzione in ragione della capacità di garantire l’adempimento integrale e tempestivo della garanzia». La fideiussione, a favore della procedura esecutiva, è a garanzia del rilascio dell’immobile entro trenta giorni dall’adozione del decreto di trasferimento, nonché del risarcimento dei danni eventualmente arrecati all’immobile; e, in caso di inadempienza consistente nel mancato versamento anche di una sola rata (art. 587 c.p.c.), l’aggiudicatario decade e la garanzia è escussa a cura del custode o del professionista delegato su autorizzazione del giudice.
A fronte del sensibile allungamento dei termini per il debitore e per l’aggiudicatario, si dimezzano due importanti termini perentori imposti al creditore: quello di efficacia del pignoramento (art. 497 c.p.c.), da novanta a quarantacinque giorni, per proporre istanza di vendita o assegnazione; e quello per il deposito della documentazione ipotecaria e catastale nei pignoramenti immobiliari (art. 567 c.p.c.), riducendolo a sessanta giorni. Queste due norme si applicano però solo alle procedure iniziate dopo l’entrata in vigore del d.l. (27 giugno 2015).
2.6 Nuova vendita mobiliare e pignoramento di veicoli
Per la vendita mobiliare (artt. 530, 532, 533 c.p.c., 169 sexies disp. att. c.p.c.) si prevede ora esclusivamente la vendita senza incanto, o, in alternativa, quella a mezzo commissionario, da nominarsi obbligatoriamente in persona dell’istituto vendite giudiziarie (I.V.G.) o di altra persona iscritta nell’apposito elenco di persone dotate di competenza nel settore (art. 169 sexies disp. att. c.p.c.). Va disposta la pubblicità sul portale unico (anche se il contributo unificato è dovuto solo per i mobili registrati), a pena di estinzione tipica ex art. 631 bis c.p.c.; spetta al giudice la compiuta determinazione del prezzo minimo di vendita ed i meccanismi per i ribassi successivi, nel totale complessivo di esperimenti di vendita (almeno tre) nell’arco di tempo compreso inderogabilmente tra sei mesi ed un anno, decorsi i quali il processo andrà chiuso anticipatamente, anche in deroga alle previsioni dell’art. 164 bis disp. att. c.p.c.
Il pignoramento di autoveicoli, nelle innovative forme previste dal d.l. n. 132/2014, è non solo ritoccato, ma soprattutto reso facoltativo in alternativa alle tradizionali forme di pignoramento di mobili. tutte le forze di polizia, comunque rinvengano il veicolo, sono abilitate a consegnarlo all’I.V.G. più vicino, al quale ultimo anche il debitore può far capo, in alternativa a quello del luogo di sua residenza o sede; e pure la presentazione dell’istanza di vendita è ancorata al tempo dell’effettivo rinvenimento, sul quale si fonda l’iscrizione a ruolo della procedura.
2.7 Ancora sul pignoramento presso terzi
Opportunamente la novella del 2015 interviene a dissipare alcuni dubbi interpretativi ed applicativi derivati dalla lettera della riforma del 2012 (art. 1, co. 17, l. 24.12.2012, n. 228), che ha introdotto il riconoscimento tacito del debito in caso di mancata dichiarazione del terzo ed abolito il giudizio di cognizione di accertamento dell’obbligo di quest’ultimo.
Poiché il creditore può, nel pignoramento, limitarsi ad indicare solo genericamente le cose o i crediti del debitore presso il terzo, i giudici del merito – non essendosi ancora la corte di cassazione pronunciata – avevano oscillato, per il caso di mancata dichiarazione del terzo, tra una dichiarazione di nullità del pignoramento per inesistenza del suo oggetto ed una assegnazione altrettanto generica.
Dopo la riforma, l’assegnazione ha luogo solo con una dichiarazione che consenta la precisa identificazione del credito o dei beni del debitore presso il terzo; in mancanza, su istanza del creditore il giudice dovrà accertare, sia pure con un deformalizzato procedimento endoesecutivo da condursi nel rispetto delle regole essenziali a tutela del contraddittorio con tutti gli interessati, l’identità delle cose o l’entità del credito pignorato da assegnare. e la sua decisione, adottata con ordinanza, andrà poi impugnata con ordinaria opposizione agli atti esecutivi (eliminato l’enigmatico riferimento al primo comma dell’art. 617 c.p.c.): ciò che corrisponde al generale potere di ognuno dei soggetti del processo esecutivo di contestare nel merito i provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
2.8 Pignoramento di pensioni e stipendi
Per venire incontro alle esigenze messe a più riprese in luce dalla corte costituzionale dapprima in tema di cd. minimo vitale impignorabile6 e poi di confusione delle somme impignorabili obbligatoriamente accreditate su conti correnti indifferenziati7, il legislatore del 2015 interviene finalmente sugli artt. 545 e 546 c.p.c. stabilendo: • in primo luogo, che solo la parte della pensione eccedente l’importo dell’assegno sociale, aumentato della metà, può costituire valido oggetto di pignoramento: oltre tale soglia, operano i consueti limiti di pignorabilità (di norma, un quinto, salvo il caso di crediti alimentari od altri particolari) e tanto vale anche per le esecuzioni esattoriali, ex art. 49 d.P.r. 29.9.1973, n. 602, sicché anche l’esattore sarà vincolato a tale soglia di impignorabilità;
• in secondo luogo, che, quando la pensione e lo stipendio (o qualunque somma dovuta a tale titolo o in dipendenza di rapporto di lavoro) sono accreditati su conto corrente bancario o postale, le giacenze in essere al momento del pignoramento sono aggredibili per un importo non superiore a tre volte quello di un assegno sociale mensile, mentre quelle derivanti dagli accrediti successivi solo in ragione delle quote di pignorabilità previste dagli altri commi dello stesso art. 545 c.p.c. (di norma, un quinto);
• in terzo luogo, che, per la parte eccedente tali limiti, i pignoramenti non solo non sono efficaci e non determinano l’insorgenza, per il terzo debitore, dell’obbligo di custodia e di non disposizione delle somme, ma soprattutto che la relativa inefficacia è rilevabile di ufficio. Tanto comporta un ruolo attivo molto più incisivo del giudice e sgrava il lavoratore ed il pensionato dall’onere di proporre sempre e comunque una formale opposizione, potendo bastare la sollecitazione informale al giudice affinché attivi la sua potestà ufficiosa di rilevare l’inefficacia, oppure anche solo la dichiarazione del terzo, che di quei vincoli e di quelle causali faccia espressa menzione. ne deriva l’opportunità di una dichiarazione del terzo molto particolareggiata e quella di una sollecitazione del giudice in tal senso.
2.9 Interventi sulla perizia di stima
Il riformatore del 2015 aggrava poi sensibilmente, nel condivisibile intento di fornire un quadro informativo il più completo possibile al potenziale pubblico dei partecipanti alla vendita forzata8, i compiti dell’esperto incaricato della stima dell’immobile, ma riducendo i tempi concessigli (artt. 568, 569 c.p.c. e 173 bis e 161 disp. att. c.p.c.).
In particolare, ora, «nella determinazione del valore di mercato l’esperto procede al calcolo della superficie dell’immobile, specificando quella commerciale, del valore per metro quadro e del valore complessivo, esponendo analiticamente gli adeguamenti e le correzioni della stima, ivi compresa la riduzione del valore di mercato praticata per l’assenza della garanzia per vizi del bene venduto, e precisando tali adeguamenti in maniera distinta per gli oneri di regolarizzazione urbanistica, lo stato d’uso e di manutenzione, lo stato di possesso, i vincoli e gli oneri giuridici non eliminabili nel corso del procedimento esecutivo, nonché per le eventuali spese condominiali insolute». tale norma si applica anche alle procedure esecutive pendenti, per cui è da ritenersi indispensabile un aggiornamento o una revisione delle relazioni di stima già acquisite; anche se la generale salvezza delle disposizioni previgenti per le vendite già disposte potrebbe giustificare il rinvio di tale incombente al tempo in cui quelle siano rifissate.
Ancora, il compenso allo stimatore viene ancorato al valore di realizzo, sicché può liquidarglisi solo un acconto pari alla metà del compenso calcolato sul valore stimato: la norma ha il pregevole fine di sterilizzare gli effetti delle sopravvalutazioni, ma non si esime da ricadute pratiche non favorevoli.
2.10 Gara senza incanto ed assegnazione di immobili
nella fase della vendita si è lasciata ancora una volta inalterata la disciplina dell’incanto – che resiste con tenacia ad ogni istanza di abrogazione, nonostante la sua evidente obsolescenza e la sua idoneità a dar luogo a numerose ipotesi di turbativa d’asta – peraltro “neutralizzata” dalla riforma del 2014 con la sua limitazione ai marginali casi in cui essa possa fare realizzare un prezzo superiore di oltre la metà a quello base; ma si è ritoccato il sistema delle offerte di acquisto senza incanto, modificando gli artt. 569, 571, 572, 573 e 591 c.p.c. e 173 quinquies disp. att. c.p.c.
Fin dall’ordinanza di vendita, il giudice fissa, oltre al prezzo base, la «offerta minima»; l’offerta, ammessa in misura inferiore fino ad un quarto rispetto al prezzo base, va accompagnata da cauzione del 10% del prezzo offerto, anche nelle forme di una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta; è nella discrezionalità del giudice consentire «la presentazione dell’offerta d’acquisto e la prestazione della cauzione con sistemi telematici di pagamento» o altri mezzi disponibili nei circuiti bancario o postale.
All’esito della novella, il sistema si delinea in questo modo:
• se è presentata una sola offerta e questa è superiore al prezzo base, si fa luogo all’aggiudicazione;
• se la sola offerta presentata è inferiore al prezzo base, ma di non oltre il quarto, all’aggiudicazione si fa luogo se chi procede alla vendita non ritiene possibile un miglior esito in caso di nuova vendita e se non vi sono istanze di assegnazione;
• se vi sono (due o) più offerte, è necessaria in ogni caso una gara; e, se non vi è alcun rilancio, dovrebbe preferirsi l’offerta migliore, questa intesa in base all’entità del prezzo, alle cauzioni prestate, alle forme, ai modi ed ai tempi del pagamento ed ogni altro elemento utile indicato nell’offerta stessa.
Più minuziosa è la disciplina per il caso (art. 573, co. 2 e 4, c.p.c.) di più offerte quando vi è un’istanza di assegnazione, ma questa prevale sempre, se la gara non ha luogo per carenza di rilanci o per raggiungimento di un prezzo finale inferiore a quello base.
In caso, poi, di infruttuoso esperimento di vendita e in mancanza di istanze di assegnazione (o di loro rigetto), si presentano tre alternative:
i) dar luogo all’amministrazione giudiziaria;
ii) stabilire nuove condizioni di vendita, anche con diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto;
iii) porre in vendita l’immobile all’incanto, ma solo nell’improbabile prognosi che «la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà …» del prezzo base.
Se anche il secondo tentativo di vendita non ha esito positivo per mancanza di offerte, le eventuali istanze di assegnazione avanzate dai creditori non possono essere respinte; in assenza di tali istanze si ripresentano le alternative appena illustrate.
Infine, intervenendo sugli artt. 588, 589, 590 e 591 c.p.c., si rimodula l’assegnazione al creditore del bene immobile pignorato e, pragmaticamente9, se ne riferisce il valore a quello dell’esperimento di vendita per il quale la relativa istanza è presentata, purché la somma offerta non sia inferiore all’importo delle spese di esecuzione e dei crediti poziori rispetto a quello dell’offerente.
Rimasta la previsione della sua presentazione almeno dieci giorni prima dell’esperimento, l’istanza di assegnazione è decisiva in caso di mancanza di offerte di acquisto o di offerte di acquisto – anche se tali risultanti all’esito di gara – inferiori al prezzo base: nei quali casi essa va accolta (tranne nel caso in cui sia presentata per il primo esperimento di vendita, al cui esito pare possibile per il giudice disattenderla).
2.11 Più ampio il ruolo delle professionalità esterne
Una scelta di campo del novellatore del 2015 è l’ampliamento del ricorso alle professionalità esterne nelle attività di vendita.
Già per le esecuzioni mobiliari si prevede che, in alternativa alla vendita senza incanto, si proceda alla vendita a mezzo di commissionario; questo ruolo va affidato poi in primo luogo all’I.V.G., o, in alternativa, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza iscritto nell’elenco ex art. 169 sexies disp. att. c.p.c.: per rimanere coerente con un sistema basato sul riconoscimento governativo dell’idoneità di quell’istituto e della sua esclusiva competenza in ogni ambito territoriale, la scelta di non officiare l’I.V.G. dovrebbe essere residuale e confinata alle ipotesi in cui esso non sia presente od offra, in relazione alle peculiarità del caso concreto, aspettative di proficuità dell’incarico minori di quello ad un privato.
Per le esecuzioni immobiliari, la scelta è ancora più drastica: il giudice normalmente dispone la delega, a meno che, sentiti i creditori, non ravvisi l’esigenza di procedere direttamente alle operazioni di vendita a tutela degli interessi delle parti (art. 591 bis, co. 1 e 2, c.p.c., applicabile anche ai processi esecutivi pendenti al 27 giugno 2015). Occorrerà quindi – per evitare una carenza dell’ordinanza di vendita censurabile con opposizione ex art. 617 c.p.c., da concludersi con sentenza impugnabile sul punto anche con ricorso in cassazione – una specifica, non tautologica, motivazione sulla maggiore opportunità di non disporre la delega; con adeguata considerazione delle eventuali osservazioni contrarie delle parti.
È invece solo la codificazione di prassi applicative virtuose la previsione, applicabile anche ai processi in corso, della revoca della delega in caso di mancato rispetto non solo dei termini, ma pure delle direttive per lo svolgimento delle operazioni, con la sola eccezione che il delegato – il cui coinvolgimento in contraddittorio diviene così inevitabile – dimostri che il mancato rispetto sia dipeso da causa a lui non imputabile.
2.12 Ampliata l’astreinte all’italiana (“coercitoria”)
Quasi in sordina è stata poi rimaneggiata la misura prevista dall’art. 614 bis c.p.c.10, con una sua cospicua generalizzazione, essendo stata estesa – escluso l’improprio riferimento nella rubrica alla “attuazione” delle sole obbligazioni di fare infungibile o di non fare ed introdotta la dignità di un titolo autonomo (il iV bis del libro iii del codice) – ai provvedimenti di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di una somma di denaro.
La norma non ha disciplina transitoria specifica (diversa dall’art. 23, co. 9, d.l. n. 83/2015) e quindi si applica, siccome relativa ad un istituto processuale da ricostruirsi come capo accessorio della condanna, anche alle cause pendenti. L’esclusione delle condanne al pagamento di sole somme di denaro può giustificarsi, attesa la già intervenuta modifica dell’art. 1284 c.c., con previsione di un tasso oneroso assai elevato per il convenuto soccombente per tutto il tempo di durata del giudizio cui la sua ingiustificata resistenza ha dato luogo.
La misura coercitiva è quindi ora sempre ammessa, col consueto – ma da non sopravvalutare, se non a pena della vanificazione dell’istituto – limite della manifesta iniquità della misura, come forma di pressione sul debitore affinché adempia volontariamente e non renda indispensabile l’attivazione della procedura pubblica di esecuzione.
Il passo in avanti è notevole: si pensi alle condanne al rilascio di beni immobili, o all’esecuzione di obblighi di fare anche fungibili, anche in materia familiare. Certo, occorrerà un sensibile mutamento di mentalità tra gli interpreti per valorizzare appieno le opportunità offerte dall’istituto, ricordando che è pur sempre necessaria l’istanza di parte (a differenza dell’astreinte francese) e che anche le modalità di strutturazione di questo, che si configura come un capo accessorio della condanna (sottratto quindi alle regole sulle preclusioni assertive e tanto meno istruttorie), dovranno essere attentamente studiate e calibrate in relazione alle peculiarità del caso concreto.
L’occasione, però, è offerta e starà agli operatori non sprecarla: in fondo, effettivamente l’unica alternativa al ricorso sistematizzato e costante alla giustizia offerta dall’ordinamento è il volontario – non importa se … “incentivato” con minaccia di conseguenze sfavorevoli, perché è pur sempre illegittima la condotta di partenza – assoggettamento dei consociati ai comandi che esso pronuncia.
2.13 Sospensione parziale del titolo esecutivo opposto
La novella del 2015 coglie l’occasione per codificare i risultati di un’interpretazione già abbastanza affermata nella giurisprudenza di merito, sulla parzialità della sospensione del titolo esecutivo in caso di parzialità della contestazione con l’opposizione cd. pre-esecutiva (cioè, anteriore all’avvio dell’azione esecutiva): ora, l’ultimo periodo dell’art. 615, co. 1, c.p.c. prevede che «se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata».
Nonostante la letterale limitazione al caso di contestazione parziale, è implicita nello stesso istituto la facoltà, per il giudice che riconosca solo in parte fondata la contestazione integrale, di limitare la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo alla parte di quello che riconosca di dubbia fondatezza.
2.14 Compensi aggiuntivi agli ufficiali giudiziari
Per ovviare a disordini applicativi subito insorti sull’art. 122 d.P.r. 15.12.1959, n. 1229, la riforma del 2015 ha fornito precisazioni sugli importi aggiuntivi, spettanti agli ufficiali giudiziari, introdotti dalla riforma del 2014: sia quelli sempre dovuti per i pignoramenti di mobili, che quelli dovuti in caso di fruttuosa ricerca di beni da pignorare, ove sia stato in concreto applicato il meccanismo dell’art. 492 bis c.p.c.; in particolare:
• se il processo esecutivo si estingue o si chiude anticipatamente per casi diversi da quelli subito dopo indicati, il compenso, anche aggiuntivo, è posto a carico del creditore procedente ed è liquidato dal giudice dell’esecuzione in base al minore tra il valore dei beni o dei crediti pignorati e quello del credito per cui si procede;
• il compenso aggiuntivo non è invece dovuto in caso: di chiusura anticipata del processo ex art. 164 bis disp. att. c.p.c. o 532, co. 2 (terzo periodo), c.p.c.; di inefficacia del pignoramento ex art. 164 ter (mancato o intempestivo deposito della nota di iscrizione a ruolo da parte del creditore) o 159 ter disp. att. c.p.c. (appena introdotto: mancato deposito, da parte del creditore, degli atti di sua competenza in caso di iscrizione a ruolo da parte di altri).
Il giudice provvede con decreto che costituisce titolo esecutivo, ma il compenso così liquidato non può essere superiore ad un importo pari al 5% del valore del credito per cui si procede e comunque ad € 3.000,00.
2.15 Elenchi e albi telematici dei professionisti
Infine, si introduce il nuovo art. 169 sexies disp. att. c.p.c., che istituisce presso ogni tribunale l’elenco dei soggetti specializzati ex art. 532 c.p.c. per la custodia e la vendita dei beni mobili pignorati.
Alle domande di iscrizione all’elenco sono allegate le schede formate e sottoscritte da ciascuno dei soggetti specializzati, è allegata la documentazione comprovante con cui sono riferite le competenze maturate, anche relativamente a specifiche categorie di beni.
L’elenco è formato dal presidente del tribunale, che provvede sentito il procuratore della repubblica.
Si applicano gli artt. 13 ss. disp. att. c.p.c., in tema di albi dei consulenti tecnici, in quanto compatibili.
Nessun controllo è previsto sulla veridicità e sulle competenze effettive dei dichiaranti.
Più importante ancora è la previsione della gestione telematica di tutti gli albi e gli elenchi delle professionalità estranee alla giustizia in essa coinvolte, disposta con il nuovo art. 16 novies d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17.12.2012, n. 221. La norma si riferisce:
• all’albo dei consulenti tecnici,
• a quello dei periti presso il tribunale,
• all’elenco dei soggetti specializzati per la custodia e la vendita dei beni pignorati,
• a quello dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita (mobiliare e immobiliare).
Albi ed elenchi vanno istituiti e tenuti in modalità telematica, fin dall’inserimento delle relative domande – e documenti allegati – a cura dell’interessato, nel rispetto di specifiche tecniche stabilite con provvedimento del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi (nel rispetto del d.lgs. 7.3.2005, n. 82) entro il 27.12.2015 e da pubblicarsi sulla Gazzetta ufficiale e sul sito internet del Ministero.
La disciplina ha efficacia trenta giorni dopo quest’ultima pubblicazione e, entro novanta giorni da essa, chi è già iscritto negli albi e negli elenchi provvede a sua cura ad iscrivere i propri dati con modalità telematiche nei nuovi albi ed elenchi, che, decorso quel termine, sostituiranno i precedenti cartacei.
Gli interventi sono assai parcellizzati e di arduo coordinamento; alcuni di essi stridono con l’esigenza di ragionevole durata di cui all’art. 111, co. 7, cost. (e col preambolo del medesimo decreto legge); altri appaiono in contrasto con altre esigenze costituzionali; altri ancora vanno nel senso contrario all’intento di recupero di efficienza del processo.
La normativa transitoria è di lettura difficile e non ispirata a criteri unitari; ed anzi interviene talora a modificare quella del precedente intervento del 2014, estendendone l’applicazione ai processi pendenti: col risultato di creare notevole confusione in ordine alle norme di volta in volta applicabili anche all’interno del singolo processo esecutivo.
rimane poi la perplessità di fondo sulla scelta di un modo di legiferare episodico, scoordinato, privo di approfondimento o di una visione di insieme di largo respiro ed a maggior ragione di condivisione da parte degli operatori direttamente coinvolti.
3.1 Nuovi balzelli e dubbi di costituzionalità
Il condizionamento della pubblicazione sul nuovo «portale delle vendite giudiziarie» all’effettivo pagamento del contributo unificato forfetario di € 100 per ogni atto da pubblicare suscita dubbi di costituzionalità, visto che la conseguenza del mancato pagamento finisce con l’essere l’estinzione (tipica) del processo esecutivo: come più volte stabilito dalla corte costituzionale, non può mai comprimersi il diritto di difesa con un onere anche solo lato sensu fiscale.
La stessa disciplina del contributo unificato non prevede mai alcuna diretta o indiretta conseguenza, sul processo cui il debito fiscale si riferisce, per il mancato assolvimento di quest’ultimo, soltanto affidando alle consuete – forse inefficaci – procedure di riscossione coattiva l’acquisizione della relativa entrata patrimoniale.
Invece, è qui concreto il rischio di una dichiarazione di estinzione del processo esecutivo quale conseguenza della mancata pubblicazione per omesso versamento del relativo contributo unificato.
In ogni caso, il relativo provvedimento del giudice dell’esecuzione, siccome integrante un’ipotesi di estinzione tipica, cioè definita espressamente tale dal codice, pare impugnabile con il solo strumento del reclamo ai sensi dell’art. 630 c.p.c.
3.2 La ricerca delle cose da pignorare
La riforma del 2015 non coglie l’occasione per sciogliere dubbi interpretativi importanti sorti tra i primi commentatori di quella del 2014. in particolare, non è ancora chiaro se si tratta di un procedimento unitario, oppur no, vista la necessità comunque di un’istanza all’ufficiale giudiziario; mentre nulla si dice sul regime di impugnazione del provvedimento del presidente del tribunale sull’istanza del creditore, che continua ad essere una sorta di oggetto misterioso; la riforma del 2015, anzi, rende ancora più complessa l’identificazione del momento in cui l’istanza di pignoramento debba intendersi concretamente formulata, prevedendo, accanto all’avvio ufficioso dell’attività espropriativa in senso stretto dopo l’intimazione del precetto, la rimessione della medesima all’iniziativa od all’opzione del creditore in caso di pluralità di potenziali oggetti espropriabili o di cose mobili in luoghi non rientranti nella competenza territoriale dell’ufficiale giudiziario “ricercante”.
3.3 Rateizzazioni e termini
L’allungamento fino a ben trentasei mesi del tempo concedibile per la conversione rateale e la previsione di una rateizzazione del versamento del prezzo di aggiudicazione sono manifestamente contrarie al principio di ragionevole durata del processo, favorendo il superamento del termine massimo normalmente ammesso, dalla giurisprudenza sovranazionale, per l’esaurimento del processo esecutivo nel suo complesso11.
La rateizzazione del versamento del prezzo con contestuale possibilità di immissione nel possesso del bene, poi:
• nell’espropriazione di mobili, comporta il rischio della dispersione del venduto o almeno quello della sua obsolescenza e quindi della vanificazione del suo valore in caso di nuova vendita per decadenza dell’aggiudicatario;
• nell’espropriazione di immobili, oltre a colpire un’inadempienza anche minima (conseguendo la decadenza al mancato pagamento di anche solo una rata), complica la procedura con l’innesto di altre, tese al recupero della disponibilità del bene ed all’escussione pure di terzi, il cui costo influirà negativamente sulla proficuità della prima.
Va auspicato un contenuto uso di tale potere da parte del giudice, che tenga conto dei riflessi negativi sugli sviluppi della procedura: e sarà piuttosto opportuno, nella fissazione delle modalità della vendita, stabilire un più ampio termine per il versamento non rateizzato del prezzo.
Il dimezzamento dei termini imposti al creditore corre il rischio di tramutarsi in un’inutile ulteriore insidia per quest’ultimo: non compensa certo la prorogabilità fino a tre anni in favore del debitore, o di un anno in favore dell’aggiudicatario, la riduzione di complessivi centocinque giorni (quattro mesi e mezzo) imposta al creditore. se la riduzione del termine di efficacia del pignoramento limita ragionevolmente l’ambito temporale di un estremo tentativo di conciliazione prima della definitiva determinazione del creditore di dar corso alla procedura, quella del termine di presentazione di documenti spesso non agevoli da conseguire non farà altro che rendere più malagevole per il procedente, o magari soltanto a costo di una quasi certa istanza di proroga ex art. 567 c.p.c., la fase preliminare alla stima ed alla vendita.
3.4 Pignoramento di mobili e di veicoli
Le innovazioni introducono una durata massima ex lege delle esecuzioni mobiliari, comportandone obbligatoriamente la chiusura anticipata (cioè, la cd. estinzione atipica, impugnabile soltanto con opposizione agli atti esecutivi) in caso di infruttuosità delle vendite entro il termine di un anno e lasciando coesistere tale ipotesi con l’estinzione (tipica, impugnabile solo con il reclamo): l’espressa eccezione all’art. 164 bis disp. att. c.p.c. esclude ogni margine di discrezionalità in capo al giudicante, ciò che rende forse troppo rigida la previsione, assimilandola ancor più all’esecuzione esattoriale mobiliare, col suo numero massimo insuperabile di tentativi di vendita.
Le modifiche dell’art. 521 bis c.p.c. in tema di pignoramento di veicoli finiscono col neutralizzare l’innovazione del 2014: la persistente complessità della procedura alternativa – che pure avrebbe potuto superarsi con la semplice fusione con quella tradizionale – corre il rischio di renderla del tutto inappagante e di depotenziarla fino a scoraggiare chiunque dalla sua pratica applicazione. si pensi alle persistenti difficoltà di concreta apprensione del veicolo ed ai dubbi sulla legittimità della condotta di facere imposta al debitore – o sulla praticabilità di quella richiesta dalle forze di polizia in sede di accertamenti “sulla strada” – consistente nel trasporto del bene pignorato de loco in locum, anche se ora limitato all’I.V.G. più vicino per territorio.
3.5 Più fretta e meno denaro allo stimatore
La rimodulazione dei compiti e dei tempi della stima corre il rischio di scaricare sullo stimatore l’inefficienza sistemica delle p.a. – o anche solo i tempi regolamentari per il rilascio dei certificati – o dei privati in possesso dei numerosissimi dati di fatto da porre in evidenza nella relazione; infatti, dovendo intercorrere non più di novanta giorni tra la sua nomina (e pur potendo giurare con semplice sottoscrizione in cancelleria del relativo verbale: art. 569, co. 1, c.p.c.) e dovendo completare l’esperto (art. 173 bis, co. 3, disp. att. c.p.c.) il suo elaborato almeno trenta giorni prima dell’udienza, per consentire alle parti di interloquirvi, il tempo a sua disposizione, sulla carta, si riduce a sessanta giorni. riduzione percentualmente sensibile in un’economia di scala ampia come quella di un processo esecutivo, che risulta incongrua rispetto ai pregiudizi cui potrebbe dar luogo.
infine, la rimodulazione in almeno due tempi della sua liquidazione scarica sempre su di lui ogni potenziale malfunzionamento, anche a lui non imputabile, della procedura; ed ha il serio inconveniente pratico di duplicare gli incombenti di giudice e cancelleria per le liquidazioni.
Un ausiliario demotivato o preoccupato, controinteressato alla vendita effettiva del bene, non è la garanzia del migliore risultato possibile.
1 V. già Carratta, A.-D’Ascola, P., Riforme del processo civile nel d.l. n. 69/2013, in Il libro dell’anno del Diritto 2014, Roma, 2014, 490.
2 È il d.d.l. n. 2953 Camera, di iniziativa dei Ministri della giustizia e dell’economia e delle finanze.
3 Sull’intervento del d.l. n. 132/2014, V. già Carratta, A.-D’Ascola, P., Riforme per il processo civile: il d.l. n. 132/2014, in Il libro dell’anno del Diritto 2015, Roma, 2015, 483: già in quella sede si faceva riferimento, quale occasione giustificatrice dell’intervento, alla ben poco lusinghiera valutazione del noto rapporto Doing Business della Banca mondiale degli investimenti. Va però notato che l’enfatizzato miglioramento in graduatoria generale (fino al 103° posto) non trova riscontro nei dati specifici del settore “Enforcing Contracts” di quel rapporto quanto a durata delle procedure, che vede ancora il nostro Paese al 174° posto (su 189 economie complessivamente esaminate), dopo lex Birmania ed il Gabon (www.doingbusiness.org).
4 De Stefano, F.-Alari, G., Il Primo Forum Mondiale sull’Esecuzione, organizzato dal Consiglio d’Europa. Verso un’armonizzazione delle procedure esecutive, in www.questionegiustizia.it, 21.4.15; De Stefano, F., L’effettività dell’esecuzione in materia civile e commerciale all’attenzione del Fondo Monetario Internazionale: il punto di vista italiano (intervento alla tavola rotonda di Vienna dell’FMI in data 12-13 marzo 2015), ibidem, 6.5.15; De Stefano, F., L’effettività dell’esecuzione in materia civile e commerciale in alcuni Paesi europei, ibidem, 23.7.15.
5 Nessuno ha, infatti, un diritto alla regolarità formale del processo in sé considerata, ma solo se ed in quanto la violazione delle relative norme comporti un concreto pregiudizio al suo diritto: per tutte, Cass. s.u., 19.7.2011, n. 15763; Cass., ord. 16.12.2014, n. 26450.
6 Per le pensioni: C. cost., 4.12.2002, n. 506. La Corte di cassazione aveva escluso di potere in via ermeneutica generale individuare l’entità del “minimo vitale”, rimettendola, in attesa dell’intervento legislativo, di volta in volta alla discrezionalità del giudice del merito: Cass., 7.8.2013, n. 18755; Cass., 22.3.2011, n. 6548.
7 C. cost., 15.5.2015, n. 85.
8 La cui tutela è riconosciuta come fondamentale dalla giurisprudenza di legittimità: Cass., 7.5.2015, n. 9255, ove riferimenti.
9 contrariamente a quanto ritenuto da Cass., 15.4.2011, n. 8731.
10 su cui la produzione dottrinaria – ma non giurisprudenziale (riferendosi Cass., 15.4.2015, n. 7613, alla compatibilità delle astreintes straniere con il nostro sistema) – è già sterminata (per tutti: Chiarloni, S., Esecuzione indiretta. Le nuove misure coercitive ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., in Il Libro dell’Anno del Diritto 2012, Roma, 2012, 704; De Stefano, F., L’esecuzione indiretta: la coercitoria, via italiana alle “astreintes”, in Corr. mer., 2009, 1181 ss.
11 C. eur. dir. uomo, 28.5.2013, Taner Gunduz c. Turchia, c-32000/2006, ha ritenuto eccessiva una durata di sette anni ed un mese per due gradi di processo (esecutivo). Più comprensiva, la nostra giurisprudenza di legittimità ritiene ragionevole fino a sette anni la durata del processo fallimentare (Cass., 27.12.2011, n. 28858) e tiene conto delle difficoltà strutturali, non derivanti da condotte proprie dell’ufficio giudiziario (Cass., 27.4.2015, n. 8540).