nube
Sostantivo latineggiante, esclusivo del Purgatorio e del Paradiso, che ricorre, nel senso proprio di " nuvola ", per lo più in contesti di similitudini e comparazioni: Pg XXIX 102 Ezechïel... li vide [i quattro animali simboleggianti i Vangeli] da la fredda parte / venir con vento e con nube e con igne (cfr. Ezech. 1, 4); XXXII 110 Non scese mai con sì veloce moto / foco di spessa nube... / com'io vidi calar l'uccel di Giove (lo stesso motivo del fulmine che si sprigiona dalla nube è svolto in Pd I 134, XVIII 36, XXXII 40); Pd VIII 22 Di fredda nube non disceser venti / ... tanto festini, ecc.; XII 10 tenera nube, " nuvola sottile trasparente " (Ottimo); XXXII 80 fratta nube, squarciata da un raggio di sole, e 99 nube che squarciata tona; XXVII 29 Di quel color che per lo sole avverso nube dipigne da sera e da mane, / vid'io allora tutto 'l ciel cosperso (cfr. Ovid. Met. III 183-184 " Qui color infectis adversi solis ab ictu / nubibus esse solet aut purpureae aurorae ").
A una n. è anche paragonata la materia lunare in cui D. e Beatrice affondano: Pd II 31 Parev' a me che nube ne coprisse / lucida, spessa, solida e pulita, / quasi adamante che lo sol ferisse; gli aggettivi lucida, ecc. sono - chiosa il Mattalia - " mal compatibili con l'idea di nube, donde la stranezza dell'impressione, ma anche l'esattezza dell'indicazione del fatto, dell'affondare senza incontrar resistenza in quel corpo luminoso e compatto nella sua materia "; secondo altri, invece, " i tre primi attributi sono convenienti; il quarto è improprio " (Antonelli).
Nel senso di " caligine ": Pg XVII 11 usci' fuor di tal nube, cioè il fummo (XV 142 e XVI 5) che avvolge gl'iracondi.
Figurato in Pd XXXIII 31 perché tu ogne nube li disleghi / di sua mortalità, " dissolvas... omnem tenebram carnis quae obfuscabat lumen intellectuale " (Benvenuto), " ogni ignoranzia " (Buti).