Nucleare pulito: una chimera?
Fasci laser sparati contro nuclei di idrogeno, uso di raggi X o di speciali magneti: la sperimentazione del NIF, in California, per arrivare alla fusione comincia a dare risultati promettenti. La posta in gioco è alta: ottenere grandi quantità di energia senza scorie pericolose. Ma la strada è ancora irta di ostacoli.
Un’energia così non si era mai vista. È quella sprigionata nel laboratorio del NIF (National Ignition Facility), in California, che nel 2012 ha generato l’impulso più potente mai registrato al mondo. Lo scorso 5 luglio infatti ben 192 fasci laser hanno ‘sparato’ in simultanea verso il centro della camera bersaglio, generando una potenza complessiva di 500 terawatt (TW), ovvero 500.000 miliardi di watt, circa 1000 volte di più dell’intero fabbisogno energetico degli Stati Uniti: l’impulso, nella sua brevissima durata, ha prodotto 1,85 milioni di joule (MJ). Test come questi costituiscono tappe fondamentali per arrivare alla combustione più ambita nel mondo fisico.
Gli scienziati la chiamano ‘ignizione’, ed è il fenomeno che dovrebbe portare alla fusione di una minuscola pallina contenente il ‘carburante nucleare’, nuclei leggeri di deuterio e trizio, e produrre così energia nucleare.
È una trasformazione considerata molto meno inquinante della sua parente più stretta, la fissione nucleare attualmente utilizzata nelle centrali, perché non pone il problema dello smaltimento delle scorie radioattive.
Il gruppo di ricerca del NIF lavora da diversi anni per raggiungere questo obiettivo, e il 2012 è stato costellato di successi.
Il primo grande risultato risale al 15 marzo, con la produzione di 1,875 MJ di energia a una potenza di 411 TW. In quel caso però si era trattato solo di una dimostrazione, che non aveva scopi scientifici immediati. Infatti il laser, a differenza del più recente esperimento di luglio, non era stato puntato su alcun bersaglio specifico, condizione indispensabile per la reazione di fusione nucleare. Ma i rapidi miglioramenti delle prestazioni (nei tentativi precedenti si raggiungevano ‘soltanto’ 1,6 MJ) hanno fatto ben sperare, così come le rapide capacità di ripresa del laser. Gli scienziati sono stati in grado di ‘sparare’ di nuovo 36 ore dopo il record, un tempo molto breve se si considera l’enorme quantità di energia necessaria per ogni lancio e i possibili danni all’ottica del delicato strumento.
Per questo i fisici del NIF non si sono accontentati di un test ben riuscito e hanno subito iniziato a lavorare alla fase successiva: puntare il laser verso un obiettivo vero. I risultati non si sono fatti attendere: la mattina del 19 aprile 2012, 184 fasci laser sono stati indirizzati su un ‘ablatore convergente’, una sorta di capsula contenente idrogeno.
È stata raggiunta un’energia totale di 1,649 MJ: meno rispetto al record del mese precedente, ma un ottimo risultato se si pensa che parte dell’energia viene dispersa nel momento in cui incontra un ostacolo. E l’esito dell’incontro è stato positivo: lo scopo primario era evitare che la capsula di idrogeno diventasse instabile dopo il ‘lancio’, cosa che non è accaduta. Anzi, i dati hanno dimostrato che la velocità dell’implosione e la massa finale dell’ablatore erano in linea con le aspettative: questo significa che tutti i fasci laser hanno colpito l’obiettivo in modo simultaneo e preciso. Un buon incentivo, quindi, a continuare su questa strada: il lavoro al NIF si è intensificato, e il mese di giugno ha visto un totale di 36 colpi sparati ad altissime energie, 20 dei quali verso un target specifico. Finché a luglio il raggiungimento di quei 500 TW di potenza ha segnato la svolta che ha fatto pensare che la fusione nucleare potrebbe essere più vicina del previsto. I fasci laser impiegati nell’esperimento hanno seguito un percorso di 1500 metri, e con un’energia sempre più intensa sono arrivati in un’enorme stanza sferica. Qui un complesso sistema di specchi ha concentrato i laser su un obiettivo con diametro di due millimetri, che è stato colpito a intervalli di pochi picosecondi l’uno dall’altro.
Così il laser californiano ha segnato il suo record, e il NIF continua la sua corsa per raggiungere l’ignizione entro un anno, traguardo già promesso nel 2010. Ma intanto non mancano le controversie. Prima tra tutte,la grande polemica delle armi nucleari: la costruzione e il mantenimento del NIF sono stati infatti finanziati dal Nuclear Weapons Complex americano, che utilizza l’impianto per testare bombe nucleari. C’è persino chi sostiene che lo stesso metodo basato sulla compressione laser abbia un futuro tutt’altro che certo. Ammesso che il NIF riesca a raggiungere il suo obiettivo – un tipo di fusione detta ‘a confinamento inerziale’, che sfrutta la produzione di raggi X per comprimere il combustibile, ottenendo così le temperature necessarie alla fusione – non è detto che questo risultato sia utilizzabile a breve termine.
Lo mette in dubbio anche un rapporto realizzato il 7 marzo da una commissione americana delle National Academies. Gli esperti dichiarano che sarebbe un errore seguire la strada del laser come l’unica possibile, e invitano gli scienziati nucleari a sperimentare anche nuove tecnologie. Come, ad esempio, quelle che utilizzano i magneti per indurre la fusione e che stanno già ottenendo grandi finanziamenti dal Dipartimento americano dell’Energia. Una gara di velocità, quindi, ma anche una lotta per ottenere fondi e dunque continuare a esistere. Sfida che sembra spaventare i ricercatori del NIF: dopo i 3,5 miliardi di dollari investiti per costruire il laboratorio, avrebbero bisogno di 290 milioni all’anno per continuare. Intanto nel rapporto stilato il 30 settembre dagli stessi scienziati del NIF, si ammette senza troppi giri di parole che, nonostante i grandiosi progressi raggiunti negli ultimi mesi, l’innesco della fusione è in realtà ancora molto lontano. Troppo lontano. In questi tempi di vacche magre, dichiarare pubblicamente la propria condizione di stallo su un progetto tanto dispendioso è un mezzo suicidio: ecco perché taluni ritengono assai probabile che la prossima mossa dell’amministrazione statunitense possa essere quella di chiudere ilprogetto NIF sulla fusione e di riconvertire il potentissimo impianto sperimentale alla ricerca fondamentale, in particolare a quella che riguarda la manutenzione degli armamenti nucleari ancora in suo possesso.
Due strategie
In fisica, la fusione nucleare è la reazione nel corso della quale nuclei leggeri (isotopi dell’idrogeno quali deuterio e trizio) si uniscono, dando origine a un nucleo più pesante rispetto a quelli di partenza. A ostacolare la fusione è la repulsione elettrostatica che si ha fra i nuclei in quanto essi hanno lo stesso tipo di carica elettrica: per ottenere tale condizione è necessario portare, in termini tecnici ‘confinare’, le particelle a temperature molto elevate (in maniera che si urtino in modo vigoroso) in condizioni di densità elevate (così che gli urti siano molto frequenti). La capacità di produrre energia utilizzabile per mezzo della fusione offrirebbe all’umanità una sorgente energetica praticamente inesauribile, poiché gli isotopi dell’idrogeno abbondano nell’acqua. Il tentativo di realizzarla è pertanto un programma di ricerca perseguito da oltre mezzo secolo con grandi investimenti, in contesti sia nazionali sia internazionali, anche se finora senza successo: né è lecito azzardare delle previsioni sul ‘quando’ si riuscirà a innescare la fusione controllata in uno degli esperimenti in corso. Certo è che per arrivare allo sfruttamento commerciale del ‘nucleare pulito’ dovranno passare dei decenni. Per riassumere lo stato dell’arte, va detto che attualmente sono due le strategie, in serrata competizione fra loro, messe a punto dagli scienziati per lo sfruttamento pacifico della fusione: la tecnologia delle ‘palline scaldate dalla luce’ (il cosiddetto ‘confinamento inerziale’) utilizzata, per esempio, al NIF e quella delle ‘ciambelle scaldate da campi elettromagnetici’ (il ‘confinamento magnetico’) di prossima realizzazione nel progetto ITER. È questa una collaborazione internazionale che riunisce UE, Usa, Federazione Russa, Giappone, Cina, India, Corea del Sud. Nonostante la crisi economica, è stato quasi completato a Cadarache, nel Sud della Francia, il sito che ospiterà l’impianto: la prima accensione del plasma non si avrà però prima del novembre 2019, mentre si dovrà attendere il 2026 per ottenere dall’impianto una potenza di 500 MW: queste, almeno, le previsioni degli scienziati che lavorano al progetto: ma tra il dire e il fare... si sa come spesso va a finire.
Le parole
■ Energia. È la capacità di compiere un lavoro; si misura in joule.
■ Fissione nucleare. In fisica, reazione nucleare consistente nella divisione di un nucleo pesante (uranio, plutonio) in elementi più leggeri generalmente accompagnata dall’emissione di neutroni, di raggi gamma o, raramente, di piccoli frammenti nucleari carichi. La reazione di fissione si dice poi a catena quando le particelle prodotte sono in grado di dare origine a nuovi processi di fissione. Le centrali nucleari attualmente in funzione nel mondo sfruttano questo tipo di reazione nucleare.
■ Isotopo. Nome che si dà agli atomi appartenenti allo stesso elemento che hanno uguale numero di protoni ma che possiedono nel loro nucleo un diverso numero di neutroni: ne consegue che gli isotopi di un certo elemento hanno uguali proprietà chimiche ma massa diversa. Un tipico esempio è l’idrogeno che normalmente ha un solo protone nel nucleo e un elettrone che orbita attorno a esso. In natura esistono due suoi isotopi, il deuterio e il trizio, che hanno in più rispettivamente uno e due neutroni nel nucleo: sono questi ‘parenti stretti’ dell’idrogeno i protagonisti della fusione nucleare, generando dalla loro unione un nucleo più pesante (quello di elio), un neutrone e... tanta energia: si pensi che dalla fusione di un grammo di deuterio e trizio si potrebbe ottenere l’equivalente dell’energia sviluppata nella combustione di 11 tonnellate di carbone.
■ Potenza. È l’energia trasmessa nell’unità di tempo; si misura in watt (1 watt = 1 joule al secondo).