Numa Pompilio
Solamente nei Discorsi M. nomina il mitico secondo re di Roma. In I i 22, I xix 2, 11-13, e I xlix 2, N. non è, con Romolo e «gli altri», che un elemento nella serie dei primi grandi monarchi di Roma, e in quanto tale non riceve particolari attenzioni, per essere anzi, nello specifico contesto di I xix, chiaramente posposto a Romolo, la cui «virtù» rese possibile il regno di N., mentre un sovrano con le caratteristiche di N. non avrebbe né potuto fondare un regno né permetterne la sopravvivenza se dopo di sé avesse avuto un successore a lui omogeneo per caratteristiche.
Un’ulteriore considerazione del racconto liviano (Storia di Roma I xviii-xxi) e la necessità di far posto nella propria trattazione al tema della religione (→) dovettero indurre M. a una valutazione diversamente orientata della figura di N.: in apertura di quell’autonomo trattatello «della religione dei Romani» che scorre dal cap. xi al xv del primo libro dei Discorsi N. assume in effetti un rilievo eccezionale, poiché in tale diverso contesto la sua opera politico-istituzionale diviene esemplare nei confronti della ‘regola’ che sancisce come «veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a Dio» (I xi 11). Ora esplicitamente anteposto a Romolo (I xi 9), N. si impone come un autentico rifondatore di Roma, ossia come colui che non solo rafforzò l’opera ordinatrice del predecessore, ma a essa diede un compimento necessario, rendendo con ciò gli «ordini» di Roma idonei ai compiti che l’attendevano:
[Numa] trovando un popolo ferocissimo, e volendolo ridurre nelle obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come cosa al tutto necessaria a volere mantenere una civiltà, e la constituì in modo che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella republica; il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare (I xi 3).
N. appare così l’archetipo del perfetto legislatore in materia religiosa, e il suo profilo presenta in nuce tutti gli aspetti fondamentali che la successiva analisi della religione svolgerà nella storia romana arcaica: la necessità che la forza, la «ferocia» di cui il popolo romano era ampiamente dotato, non sia l’unico criterio dell’obbligazione politica e la misura dei rapporti interni di un vivere civile; il ruolo fondamentale della religione in questa necessaria sostituzione della «civiltà» alla forza; la religione nel suo tratto essenziale di metus dei; la duplice dimensione che la religione dischiude (e che i colloqui tra N. e la ninfa Egeria, poco oltre ricordati, mettono in luce), di chi la usa fingendo e di chi in essa viene usato subendo l’altrui finzione; i vantaggi politici straordinari che una comunità nel suo insieme riceve da una severa osservanza di ciò che appartiene al culto religioso.
È indubbio che il racconto liviano sia qui la fonte principale, seguita assai da vicino e talvolta alla lettera in certi snodi fondamentali del discorso. Non si può però escludere che M. abbia avuto presente, oltre a Dionigi di Alicarnasso (Antichità romane II lx-lxi) e in maniera generale Polibio (Storie VI lvi), la Vita di Numa di Plutarco, soprattutto come sponda polemica nell’istituire il paragone con Romolo (cfr. Varotti 1996). Meno probabile la più o meno diretta suggestione di certe trattazioni umanistiche in cui N. è evocato alla luce di analoghe preoccupazioni teoriche e sulla base delle medesime fonti, come le osservazioni di Poggio Bracciolini (→) nella Historia tripartita, o quelle di Platina (→) nel De Principe (per un luogo assai vicino a M., cfr. l’ed. a cura di G. Ferraù, 1979, p. 58), o ancora alcuni testi di Marsilio Ficino (→). Va inoltre rilevato che proprio a Bernardo Machiavelli, padre di Niccolò, Bartolomeo Scala (→) nel suo dialogo De legibus et iudiciis (1483) fa esprimere osservazioni su N. e la funzione civile della religione.
Bibliografia: E. Raimondi, Politica e commedia. Dal Beroaldo al Machiavelli, Bologna 1972, pp. 280-84; H.-J. Diesner, Numa Pompilius bei Machiavelli, «Wolfenbütteler Renaissance-Mitteilungen», 1985, 9, pp. 49-56; G. Sasso, Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 1° vol., Milano 1987, pp. 129-32; C. Varotti, Le figure di Romolo e Numa creatori di istituzioni nei Discorsi, in Niccolò Machiavelli politico storico letterato, Atti del Convegno, Losanna 27-30 settembre 1995, a cura di J.-J. Marchand, Roma 1996, pp. 120-30; E. Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Roma-Pisa 1998, pp. 163-69.