NUMERALI (fr. numéraux; sp. numerales; ted. Zahlwörter; ingl. numerals)
Categoria di nomi destinati a rappresentare la pura quantità e quindi il massimo dell'astrazione. I numerali possono comparire dal punto di vista grammaticale come sostantivi astratti, come pronomi, come aggettivi. Possono indicare non solo differenze di quantità, ma anche diversi rapporti di quantità: due sposi, una coppia di sposi. Tre, triplice, un terzo, tre volte.
Nella mentalità primitiva la serie dei numeri è estremamente limitata: uno, due, molti. Di veri numerali non si può ancora parlare, perché la categoria del "numero" (v.) basta a indicare con mezzi morfologici, e non semantici, le quantità e i rapporti di quantità. Anche quando, con l'aiuto delle dita delle mani, si arriva a costituire una serie di numeri, questi non si distinguono da altre categorie del nome, perché sono in realtà dieci parole non legate insieme da nessun elemento formale. Le lingue indoeuropee si fondano su un sistema di dieci numerali oi-, dwo, trei, kwetwor, penkwe, sweks, septm̥, octo, newm̥, dekm̥. E poiché i numerali sono legati a concetti nello stesso tempo estremamente astratti ed estremamente precisi, e perciò sono immuni da qualsiasi turbamento di natura affettiva, così si conservano lungamente, alterandosi nella fonetica, ma non abbandonando il nucleo semantico o semantema. La comparazione indoeuropea sarebbe assai più difficile se non avesse il prezioso sussidio dei primi dieci numerali.
Quando nella civiltà primitiva si sviluppa la pastorizia, il fabbisogno dei numeri cresce in modo improvviso: e occorre allora una formula, non solo per trovare nuovi nomi di numeri, ma per non dimenticarli, o meglio per ricrearli nello stesso modo, ogni volta che occorrano.
Nelle lingue indoeuropee il sistema è decimale. La serie dieci, venti, trenta, ecc., rappresenta una serie di punti di riferimento così solidi che il latino preferisce sottrarre due unità alla prossima decina anziché aggiungerne otto alla precedente e dice duodeviginti. Già all'interno del nostro sistema si trovano però tracce di sistemi anteriori: l'uso di parlare di dozzine di uova rispecchia un sistema duodecimale; il francese soixante-dix, quatre-vingts, quatre-vingt-dix, un sistema a base vigesimale che avevano anche i Celti e che i Celti avevano preso da popolazioni anteriori. La forma del numero otto, lat. octo, che mostra nel sanscrito as-tau una desinenza duale, ci richiama addirittura a un sistema a base 4, per il quale otto è 4 al duale. Le lingue di alcuni primitivi dell'Oceania mostrano forme più rudimentali ancora, a coppia: 5 = 2 + 2 + 1.
Il rapporto della quantità elementare consiste in una enumerazione, e i numerali relativi si chiamano cardinali. I numeri però possono essere non solo considerati in modo assoluto, ma anche disposti in una serie, attribuendo a ciascun concetto un nome relativo alla serie intera. Di fronte a uno in senso assoluto, si ha primo in relazione alla serie, di fronte a due si ha secondo, di fronte a tre si ha terzo, e così via. Questi numerali si chiamano ordinali e hanno uno spiccato carattere aggettivale. Per le prime quantità, la zona semantica degli ordinali è autonoma rispetto ai cardinali: primo non è legato a uno, ma vuol dire "ciò che sta avanti". Secondo è "ciò che segue". Solo terzo è legato manifestamente con tre. Procedendo oltre, le esigenze d'un sistema si fanno sentire anche negli ordinali: si tende a derivare gli ordinali dai cardinali corrispondenti e possibilmente a derivarli con un suffisso costante: ventesimo, trentesimo, centesimo. Naturalmente, quando i cardinali sono derivati per conto loro, gli ordinali si trovano di fronte al problema se derivare dal cardinale complessivo o dagli elementi costitutivi del cardinale: nascono così le incertezze fra undici e undicesimo da una parte e il concetto di dieci-uno, con il doppio derivato decimoprimo, dall'altra. Per i numeri dal tre al dieci l'italiano ha ereditato gli ordinali latini e la somiglianza è generica, non ottenuta con una derivazione costante: quarto, quinto, sesto e così via. In francese, tedesco e inglese la derivazione è costante quatrième, vierter, fourth. In francese e in tedesco anche il secondo è normalizzato, in tutto (zweiter) in tedesco, in parte in francese, dove si combattono second e deuxième.
Altre varietà di numerali sono: le frazioni che l'italiano non distingue morfologicamente dagli ordinali, ma che in tedesco sono rappresentate dalle forme ein Zehntel, ein Drittel, che contengono i resti della parola autonoma Teil "parte"; i moltiplicativi, nella forma avverbiale che noi rendiamo con "volta", una volta, tre volte, in latino semel, ter; e in quella sostantivale e aggettivale di doppio e duplice, triplo e triplice, quadruplo e quadruplice, e così via, i distribuitivi che noi indichiamo con ciascuno, o con la preposizione per: tre per cento e così via: in latino distinti morfologicamente nelle forme bini, terni, che giustamente sostituiscono i cardinali davanti a nomi collettivi: bina castra; i collettivi infine, unità, coppia, trinità, quaterna, cinquina, decina, dozzina, migliaio, milione, miliardo.
Dal punto di vista formale i numerali pongono numerosi problemi. Come aggettivi essi devono concordare con sostantivi, introducendosi in declinazioni per le quali i loro temi non erano sempre adatti. In sanscrito si declinano tutti i numerali aggettivi: in greco solo fino a quattro, in latino fino a tre. L'uno non è un vero numerale e si confonde nelle lingue moderne con l'articolo indeterminato.