NUMERI
Si considera n. ognuno degli enti astratti che costituiscono una successione ordinata e che, fatti corrispondere ciascuno a ogni oggetto preso in considerazione, servono a indicare la quantità degli oggetti costituenti un insieme.I neopitagorici distinguevano fra tre tipi di n.: matematici, concreti o sensibili, in sé od ontologici. I n. matematici sono n. astratti, dei quali tratta l'aritmetica teorica (2 + 4 fa sempre 6 senza che sia necessario designare un particolare gruppo di oggetti); i n. concreti o sensibili costituiscono oggetto dell'aritmetica pratica, che concerne le operazioni di calcolo di tutti i giorni (gruppi di 2, 3, 4... oggetti), e sono ritenuti 'spregevoli' sia perché legati alla materia sia in quanto servono a scopi utilitaristici come il commercio; i n. in sé od ontologici sono legati a concetti come unità, dualità, ecc., nozioni astratte di cui l'aritmologia o aritmetica speculativa studia le proprietà magiche, divine, simboliche.In qualche caso risulta difficile distinguere in maniera assoluta tra i diversi ambiti dei numeri. I trattati neopitagorici, per es., contengono sia dimostrazioni di aritmetica pura sia considerazioni di aritmologia religiosa, che associano i n. della decade a diverse divinità. Questo doppio filone scientifico e aritmologico, adottato dal cristianesimo fin dai primi secoli e applicato all'esegesi biblica, si mantenne nel corso di tutto il Medioevo, età in cui l'aritmetica fornì materiale teorico alle speculazioni sulla filosofia e sulla mistica dei n. e delle figure geometriche.Aritmetica teorica.- Nella forma in cui venne coltivata nel Medioevo, l'aritmetica teorica risale al trattato della Arithmetica introductio del neopitagorico Nicomaco di Gerasa (sec. 1°), adattato da Boezio (sec. 6°) nel suo De institutione arithmetica, opera fondamentale per il Medioevo, nella quale vengono esposte le diverse caratteristiche aritmetiche dei numeri. In primo luogo Boezio li suddivide in pari e dispari (questi ultimi possono essere primi o composti). A seconda della loro composizione essi sono divisi in perfetti, vale a dire n. che sono uguali alla somma dei loro divisori (per es. il 6 è uguale all'addizione dei suoi divisori, 1 + 2 + 3, allo stesso modo in cui 28 è la somma di 1 + 2 + 4 + 7 + 14 ecc.), indeficienti, se rimangono inferiori alla somma dei loro divisori, e sovrabbondanti, se invece eccedono tale addizione (parti aliquote).I n. di questa tradizione sono rappresentati, lungo tutta l'epoca medievale, da cifre romane. Ma Boezio considera anche, al pari dei pitagorici, i n. sotto il loro aspetto di figure geometriche: triangolari, quadrate, rettangolari, piramidali.L'aritmetica, a partire dalla famosa leggenda sugli intervalli musicali fondamentali (6, 8, 9, 12) dei martelli di Pitagora, era anche al centro della teoria musicale. S. Agostino scrisse sui n. e sul ritmo (De musica), ma furono il trattato aritmetico di Boezio e il suo De institutione musica che funsero da principali punti di riferimento nel Medioevo, analogamente alle esperienze sul monocorde e sulle proporzioni armoniche, sviluppate in particolare nel Micrologus dal grande teorico e innovatore Guido d'Arezzo (ca. 992-1050), al quale si attribuisce anche l'invenzione della 'mano musicale' o 'mano armonica', assai diffusa nell'insegnamento del solfeggio.Aritmetica pratica.- I procedimenti di calcolo utilizzati prima del sec. 10° sono sostanzialmente sconosciuti, a eccezione dell'uso del pallottoliere romano e di alcune altre testimonianze. Il De loquela digitorum di Beda il Venerabile (sec. 8°) è il primo trattato conosciuto sul computo digitale, metodo attestato fin dall'Antichità, secondo cui i n. sono rappresentati da figure manuali. Il metodo classico consiste nel piegare le dita in maniere differenti: le figure da 1 a 10 si fanno con la mano sinistra, quelle da 100 a 1000 con la mano destra e, al di sopra di 1000, ponendo le mani su diverse parti del corpo.Dopo il sec. 10°, grazie a Gerberto di Aurillac, il futuro papa Silvestro II (999-1003), si verificò una rivoluzione nel modo di calcolare. Avendo conosciuto alcuni matematici arabi nel corso di un lungo soggiorno in Catalogna, Gerberto fece costruire un abaco che presentava non meno di ventisette colonne (corrispondenti a un numero composto di ben ventisette cifre), da utilizzare con gettoni (apices) sui quali comparivano cifre arabe. Questa invenzione, che dava ai n. un valore di posizione, permetteva di effettuare calcoli anche di grande complessità. Con l'introduzione dello zero, inventato dagli Arabi, l'abaco divenne superfluo e venne rimpiazzato dall'algoritmo decimale, calcolo che deriva il suo nome dal sapiente arabo al-Khwārizmī (sec. 9°), la cui opera, oggi perduta, venne adattata tra gli altri da Adelardo di Bath (ca. 1070-ca. 1160). L'algoritmo all'inizio veniva praticato sulla sabbia o sulla polvere con la possibilità di cancellare le operazioni intermedie, in seguito su carta con penna e inchiostro. Si conoscono anche altri metodi di calcolo, per es. con l'impiego di calculi o di gettoni.Successivamente l'algoritmo conobbe due sviluppi: una corrente universitaria in lingua latina, fondata sugli algoritmi teorici del sec. 13° da Alessandro di Villedieu e Giovanni di Sacrobosco, e una corrente commerciale in lingua volgare, che ebbe per origine il Liber abaci di Leonardo Fibonacci, degli inizi del 13° secolo.Aritmetica speculativa o aritmologia.- Nel Medioevo l'aritmetica speculativa riunì due correnti: l'aritmologia pitagorico-platonica e quella giudeo-cristiana. La prima è rappresentata in primo luogo dal trattato di Nicomaco di Gerasa e dai suoi successori, Macrobio e Marziano Capella. Essa si occupa soprattutto dei n. da 1 a 10, dei loro caratteri aritmetici specifici, dei loro attributi divini, morali e simbolici, e infine, ispirata dal Timeo di Platone, del loro ruolo cosmologico. L'aritmologia giudeo-cristiana, erede della filosofia pitagorica e neoplatonica dei n., la integrò nella propria cultura, producendo un'evoluzione dell'aritmetica speculativa che fu determinante per il ruolo che i n. giocarono in numerosi campi del pensiero e dell'arte del Medioevo, in particolare nell'esegesi biblica, nell'architettura religiosa e nelle opere letterarie.Tra le figure importanti della tradizione dell'esegesi biblica spicca Filone di Alessandria (ca. 30 a.C.-ca. 45 d.C.), che conciliò il neopitagorismo con l'esegesi dell'Antico Testamento, così come fecero i Padri greci Clemente Alessandrino e Origene, e i loro successori latini Ambrogio, Girolamo e, soprattutto, Agostino, maestro incontrastato di tutto il Medioevo, che nelle sue numerose opere dimostra le verità eterne del cristianesimo con l'aiuto di speculazioni sui misteri sacri dei numeri. L'esegesi medievale dei n. biblici si basò dunque sulla cristianizzazione delle tradizioni pitagorico-platonica e giudaica, in cui mistica e aritmetica procedevano parallele. I n. sono le forme essenziali di tutte le cose: tutto è numero, avrebbero sostenuto i pitagorici, secondo quanto riferisce Aristotele (Metafisica, 985B-986A); Dio ha "disposto con misura, calcolo e peso" (Sap. 11, 20); pensieri del Creatore, i n. sono immateriali, eterni, secondo Platone (Repubblica, 525 C-D); i n. costituiscono il sistema nervoso dell'intera creazione, poiché tutte le cose "formas habent quia numeros habent; adime illis haec, nihil erunt" faceva eco Agostino (De lib. arb., II, 16, 42), affermando che esse contengono "manifesta vestigia primorum numerorum" (De vera relig., 40, 75). I n. giocarono dunque un ruolo fondamentale nelle tradizioni aritmetico-mistiche: tutti i n. possiedono significati nascosti corrispondenti alle qualità intrinseche ai n. stessi o alla natura delle cose che essi designano.Agostino svolse il ruolo di principale ispiratore per tutto il Medioevo grazie, da una parte, alla metafisica del n. e, dall'altra, alle interpretazioni dei n. biblici secondo dati matematici semplici. Nel sec. 6° Cassiodoro si dedicò all'esegesi numerica del salterio (Expositio Psalmorum); nei secc. 7° e 8° Isidoro di Siviglia, Alcuino di York e Rabano Mauro raggrupparono i significati allegorici dei n. e delle cose in 'enciclopedie', mentre Beda espose i principi del computo digitale, del quale il 30, il 60 e il 100 erano stati già interpretati in chiave simbolica nel sec. 4° da Girolamo (Ep., XLIX [XLVIII], 2-3; LXVI, 2; CXXIII, 8). Nei secc. 9° e 10° le opere di Giovanni Scoto Eriugena e di Incmaro di Reims appaiono cosparse di speculazioni mistiche sui n. biblici.La straordinaria vivacità intellettuale e spirituale che caratterizzò il sec. 12° si manifestò anche nell'interesse particolare che dedicarono al simbolismo dei n. biblici teologi quali Ruperto di Deutz, Onorio Augustodunense, Teodorico di Chartres e i Vittorini. Ugo di San Vittore (m. nel 1141) fu il primo a mettere a punto un sistema di nove regole aritmetiche per una esegesi dei n. biblici (De numeris mysticis Sacrae Scripturae, XV). In un corpus di trattati di tre membri dell'Ordine cistercense, Oddone di Morimond, Guglielmo di Auberive, Goffredo di Auxerre, ispirati soprattutto da Agostino e Boezio, si trovano per la prima volta lungamente elaborati alcuni sofisticati metodi di esegesi numerica. Questi autori, che intendevano porre la scienza al servizio della fede, sfruttarono al massimo, in uno stile assai immaginifico, i dati dell'aritmetica, della geometria, dei n. figurati, della gematria (il valore numerico delle lettere) e dei segni del computo digitale, dando vita a una notevole fusione fra l'interpretazione allegorica e le scienze matematiche.Verso la fine del sec. 12°, Tebaldo di Langres riunì in una sintesi generale (De quatuor modis quibus significationes numerorum aperiuntur) l'esegesi patristica e i metodi profani dell'interpretazione dei n., accostando, in un sapiente mosaico di citazioni, Virgilio, Orazio, Macrobio, Marziano Capella e Boezio a Girolamo, Agostino e Beda, e attingendo anche largamente ai trattati dei suoi predecessori cistercensi.La continuità dell'interesse per i 'misteri' dei n. si manifestò ancora nel sec. 13° presso il francescano Giovanni Peckham, arcivescovo di Canterbury, con le sue riflessioni sullo statuto del n. ontologico (De numeris), e nel sec. 14° presso Nicole Oresme.I luoghi di culto, già portatori di un ricco simbolismo legato alla scultura e alla decorazione figurata, celano sicuramente, in molti casi, 'n. evangelici' e proporzioni simboliche, come sembrano confermare le numerose allegorizzazioni numeriche che gli esegeti medievali fecero degli edifici religiosi descritti dalla Bibbia: il tempio di Salomone, per es., è costruito sul principio del n. 3, che si ritrova nella trilobatura e nel triforio dell'architettura medievale e nei triangoli dei frontoni sulle cattedrali. La Cappella Palatina di Aquisgrana, ottagonale, raffigurerebbe simbolicamente le otto beatitudini un tempo cesellate su otto lamine di rame che pendevano dalla corona di luce sospesa al di sopra del reliquiario; i numerosi battisteri di forma ottagonale, di cui il più antico noto è quello di S. Giovanni in Laterano a Roma, simboleggiano la nascita alla vita eterna; il c.d. pozzo di Mosè, proveniente dal chiostro grande della certosa di Champmol (Digione, Mus. des Beaux-Arts), venne costruito, secondo le direttive fornite dal concilio di Nicea del 787, in forma di 'esagramma mistico', essendo il 6 il n. della creazione e un n. perfetto.Per quanto riguarda le proporzioni di un edificio, vale a dire l'accordo tra i diversi elementi del monumento così come tra questi e l'insieme, è difficile determinare in quale misura rispondano a una semplice esigenza di ordine architettonico ed estetico o siano piuttosto portatrici di significati simbolici. Gli architetti carolingi adottarono l'antica costruzione 'modulare' basata su unità rettangolari standardizzate, come si può constatare nel piano di San Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 1092), dove, concepito sulla base di un modulo di quaranta piedi che regola tutta la pianta del monastero, il sito è composto come un rettangolo di 1612 micromoduli concentrati intorno ai n. 3, 4, 7, 10, 12 e 40; rimane incerto se si tratti o meno di un'armonia estetica di alto valore simbolico. Lo stesso principio modulare si estese, nell'architettura gotica, alla terza dimensione.
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