NUMISMATICA
. Numismatica antica. - Le monete antiche, prima che come oggetto di studio, sono state considerate, sino dall'antichità classica, oggetto di curiosità per gente ricca e di buon gusto. Da alcuni passi di Pausania si può vedere come alcune volte le monete raccolte nei tesori dei templi, insieme con gli ex-voto e altre offerte, eccitassero la curiosità per l'antichità e singolarità loro. Si sa pure come fossero ricercati alcuni pezzi, quali le dramme di Rodi con l'effigie di Elio, che erano pagate ben più del loro valore dagli amatori di età romana. Presso i quali i più colti e i più ricchi ebbero, come i Greci, collezioni e raccolte di ogni genere: così Emilio Scauro, Pompeo, Cesare, Lucullo, Sallustio e Verre. Svetonio racconta che, occasione dei Saturnali, Augusto distribuiva agli amici e al popolo, fra altri doni, monete delle più antiche e dei più lontani paesi; che poi gli storici non fossero del tutto alieni dal riconoscere nella moneta una documentazione storica, lo prova un passo di Vopisco riguardo all'usurpatore Firmo. Ma le pochissime opere antiche di cui abbiamo notizia e che trattarono delle monete, le considerarono quasi esclusivamente sotto il riguardo metrologico: così Aristotele, i grammatici alessandrini e Varrone, dei quali però ci rimangono solo frammenti e citazioni raccolte da compilatori e da scoliasti dei bassi tempi.
Nel Medioevo le monete furono considerate talora, per le loro figurazioni, come dotate di virtù magiche, e quindi riguardate come talismani e oggetti di superstizione, ovvero trovarono il loro posto come elementi decorativi su monumenti cristiani, soprattutto reliquarî. Più diffusa e accreditata la leggenda che in alcune dramme di Rodi, ricordate negl'inventarî dei tesori del Medioevo, riconosceva altrettanti denari di Giuda. Ma già il Medioevo vide sorgere i primi uomini che compresero l'antichità, e incominciarono a interrogarne con scientifica curiosità i resti. Fra i primissimi sono due Italiani: Oliviero Forza o Forzetta, ricco cittadino di Treviso, che già nel 1335 si meritava il nome di antiquario, e il Petrarca. Questi comprava gemme e monete, che decifrava con emozione, come egli stesso c'informa. A scopo artistico e scientifico egli si formò una collezione di monete antiche, parte delle quali donò a sua volta all'imperatore Carlo IV. Egli fu il capo di una pleiade di dotti e colti contemporanei, fra i quali Giovanni Dondi e Lombardo Della Seta. Crebbero i collezionisti dalla prima metà del sec. XV accanto e attorno a Leonello d'Este, a Cosimo de' Medici, ad Alfonso d'Aragona, ai papi; attorno a Massimiliano I e a Mattia Corvino fuori d'Italia. Raccolsero monete N. Niccoli, Ciriaco d'Ancona, il Ghiberti, il Poggio, ecc., e tutti considerarono le loro raccolte come un lusso di obbligo e una moda di buon gusto.
Siamo in pieno Rinascimento, e dall'ammirazione si passa all'imitazione tecnica, mentre si sviluppa lo studio critico. Il Poliziano e altri umanisti, come già il Petrarca, citano le monete in appoggio alle loro tesi storiche, mentre s'inizia e si sviluppa con rapidità la pubblicazione dei libri con illustrazioni di monete e delle raccolte di Imagines, a imitazione di quella che Andrea Fulvio dedicava a Leone X nel 1517; questi libri si moltiplicano per tutto il sec. XVI e il XVII, favorendo la produzione dei molti pezzi falsi che dovevano riempire i vuoti delle serie greche e romane.
Citeremo qui solo gli autori la cui passione di ricerca si assomma con lo studio critico, che trova invero a poco a poco la sua via e il suo metodo. Sono l'olandese H. Goltz che percorse più volte l'Europa ed esaminò almeno 200 raccolte nei Paesi Bassi, 175 in Inghilterra, 200 in Francia, più di 380 in Italia; il romano F. Orsini, il più fine e intelligente conoscitore del tempo, erudito che lasciò due opere fra le migliori dell'epoca; il veneziano S. Erizzo (1525-85), cui dobbiamo un Discorso sulle medaglie degli antichi, giustamente lodato al suo tempo; il francese F. de Peiresc, dottissimo, dalla critica penetrante e severa, che domina la scienza del tempo; J. Vaillant, antiquario di Luigi XIV, che fece 12 volte il viaggio in Italia e a Roma e che visitò tutta l'Europa, la Persia e l'Egitto alla ricerca di monete antiche per il gabinetto del re, e le cui opere numismatiche si consultano ancor oggi; L. Savot; E. Spanheim, autore delle Dissertationes de praestantia et usu numismatum antiquorum; L. Jobert, al quale si deve una guida celeberrima al suo tempo: La science des médailles; A. Morel, cui risale il secondo tentativo di un Corpus delle monete antiche; P. Pedrusi che illustra le collezioni Farnese; A. Banduri, Ch. Du Change, F. Ficoroni, F. Pellerin, G. Zoega, G. L. Torremuzza, F. Ch. Rasche, ecc.. e infine F. H. Eckhel (v.). Questi scrisse il lavoro di sintesi e di critica che inizia un nuovo periodo degli studî numismatici, avviati a diventare vera scienza. Sulle sue orme infatti camminano tutti i migliori scrittori del secolo XIX, ai quali si devono i maggiori progressi.
In quest'ultimo secolo invero il numero dei ritrovamenti casuali, l'estendersi delle esplorazioni scientifiche in regioni già inaccessibili, il paziente studio di un numero sempre maggiore di modesti ma severi ricercatori, hanno rivelato nuove serie di monete sconosciute all'Eckhel e posto problemi nuovi di ordinamento e di esegesi scientifica e storica. Ad A. Barthélemy, ad es., risalgono i primi studî intorno alla paleografia numismatica, a B. Borghesi è dovuto il primo esame sistematico delle serie in rapporto all'epigrafia e alla storia dell'amministrazione, a V. C. Cavedoni lo studio sistematico e severamente scientifico dei ripostigli della repubblica sotto il rapporto cronologico; a Th.-E. Mionnet infine e poi a H. Cohen i più ampî cataloghi descrittivi sistematici, da considerarsi i più completi delle serie greche e romane, notevoli per la precisione delle attribuzioni e delle descrizioni e per la rigorosa esclusione dei falsi.
Dopo tanti lavori analitici, dopo sì grande raccolta, sistemazione ed epurazione del materiale di studio - che è pure la garanzia della scienza - viene l'opera di sintesi scientifica del Mommsen, pubblicata a Berlino nel 1860, riveduta e ampliata in una traduzione francese del De Blacas e De Witte, opera che ha costituito il punto di partenza di un nuovo periodo. Il Mommsen ha scritto infatti una Geschichte des rom. Münzwesen, che si appoggia debitamente sia sulla metrologia, che constata i pesi e determina i sistemi monetarî nelle loro filiazioni, sia sulla numismatica, che studia i tipi, le leggende, le date, il luogo di emissione; non solo, ma l'autore studia la moneta anche nelle condizioni che ne hanno determinato la prima emissione, nella durata e nella sparizione di ciascuna specie; esamina le questioni di giurisprudenza monetaria per determinare il diritto di battere moneta in rapporto all'autonomia della città e della divisione dei poteri, ricerca ed espone infine il cammino storico ed economico dei fenomeni numismatici. Con il Mommsen la scienza numismatica è realmente fondata, con tutto il rigore dei suoi principî e nel ricco numero delle sue applicazioni. Dobbiamo però qui ricordare l'opera di uno studioso francese, F. Lenormant (v.), che ha in qualche modo preceduto il Mommsen nel concepimento di un'opera grandiosa, rimasta purtroppo incompleta: La monnaie dans l'antiquité; in essa l'autore, prendendo a prestito dai giureconsulti romani la definizione della moneta data da Isidoro di Siviglia: "nella moneta tre sono le cose essenziali, la materia, la legge, la forma, mancando una delle quali non abbiamo più a vero dire la moneta", scrisse una sintesi magistrale, dove il documento numismatico viene successivamente considerato sotto questi tre aspetti: secondo i metalli, il diritto monetario, i tipi e le leggende.
Da questo momento la storia degli studî numismatici è storia di oggi; in correlazione con i progressi di tutte le altre scienze archeologiche e storiche e con i ritrovamenti sempre più abbondanti, la numismatica si è svolta dando al suo organismo sempre maggiore complessità e uniformità di metodo e di studio, ponendosi in grado di apportare il maggior contributo possibile alla storia.
Per ricordare solo i lavori più importanti e significativi, citeremo cronologicamente, per l'Italia: il catalogo di A. Fabretti per il Gabinetto di Torino; i lavori di D. Sestini, di C. Strozzi e i più recenti di L. A. Millani illustranti le serie del Gabinetto di Firenze; quelli del Biondelli per il medagliere milanese di Brera; i lavori dei padri Marchi e Tessieri e di R. Garrucci per le serie dell'ex-gabinetto del Museo Kircheriano; di G. Fiorelli per il medagliere del Museo Nazionale di Napoli e per il medagliere Santangelo; di A. Salinas per le serie greche delle città della Sicilia, insieme con le dissertazioni di A. Gennarelli, di G. Minervini, del Sestini e più recentemente di E. Gábrici; di A. Segre per gli studî di metrologia, ecc. Quanto ai periodici, i primi ebbero vita più o meno effimera, come del resto dovunque altrove, a cominciare dagli Annali di numismatica (1846-51) di G. Fiorelli, a cui seguirono la Rivista della numismatica (1864-67) di A. Olivieri e Maggiora Vergano, il Bollettino di numismatica (1866-70) di R. Caucich, il Periodico di numismatica (1868-70) di C. Strozzi, il Bollettino italiano di numismatica (1903-1917) e la Rassegna numismatica che ebbe un primo decennio di vita feconda per gli studî sulla moneta antica (1904-1914): in essa si rinvengono ottimi articoli illustrativi dei ritrovamenti dell'epoca e preziose notizie informative ancor oggi utilissime; ben più lunga vita e maggiore importanza per gli studî italiani di numismatica antica e, potremmo dire, per ogni campo, ha avuto la Rivista italiana di numismatica, fondata in Milano nel 1888, organo della Società italiana di mumismatica, che ha costituito per lungo tempo il centro di questi studî. Ultimi a vedere la luce sono stati gli Atti e memorie dell'Istituto italiano di numismatica, fondato in Roma nel 1912 con carattere esclusivamente scientifico, dei quali sono stati pubblicati fino al 1934 otto volumi, e che contengono il maggior numero degli studî e dei lavori più comprensivi di questo ultimo ventennio, di A. Salinas, di P. Orsi, di L. Laffranchi, di S. L. Cesano, ecc., e degli stranieri G. F. Hill, A. Alföldi, E. J. Häberlin, F. Imhoof-Blumer, ecc.
Per la Francia la Revue numismatique, fondata nel 1836, esercitò una notevole influenza sugli studî di numismatica antica, per i quali si contano sino a ora fra i migliori scrittori meno recenti A. Barthélemy, P.-J. De Luynes, R. Rochette, F. Lenormant, L. Blacas, J. de Witte, F. De Saulcy, H.-A. De Longpérier, J. Sabatier, W. Froehner, W. H. Waddington, J. Millingen, e, fra i moderni, Th. Reinach, F. Feuardent, J. Maurice, A. Blanchet, R. Mowat, E. Babelon (v.). Con questo autore la Francia conta uno dei primissimi numismatici, il quale, oltre a numerosi articoli su varî argomenti di numismatica antica, ci ha dato il primo catalogo sistematico e cronologico delle monete della repubblica romana, ha iniziato la pubblicazione del catalogo delle monete greche del Cabinet des Médailles, e ha intrapreso, sino dal 1901, la pubblicazione dell'opera scientifica di maggior mole che sia stata pensata e scritta sulla numismatica antica, il Traité des monnaies grecques et romaines, comprendente due grandi parti, la prima teorica e dottrinale e la seconda descrittiva, e di cui l'autore poté vedere pubblicati solo i primi volumi. È opera che poteva essere solo ideata e attuata da uno spirito così vastamente e profondamente dotto quale quello del direttore di uno dei maggiori e più ricchi medaglieri d'Europa, le Cabinet du Roi, poi Cabinet des Médailles, le cui origini risalgono a Enrico IV, che fu aumentato considerevolmente da Luigi XIV e dai suoi successori, e cui la fortuna volle preposti i primi numismatici di ogni tempo.
Dall'anno 1836 data la fondazione della Numismatic Chronicle a Londra per opera di J. Y. Akerman, periodico in cui sono raccolte le migliori pubblicazioni sulla serie greca, e dove sono quindi da ricercare i lavori dei Donaldson, W. D. Scott, J. R. Smith, J. Warren, J. Evans, H. Montague, R. Stuart Poole, Percy Gardner, H. Weber, B. V. Head, G. F. Hill, H. Mattingly, ecc. Furono i primi numismatici inglesi addetti al gabinetto di Londra: R. Stuart Poole, il Gardner, il Head, W. Wroth, il Hill, E. S. G. Robinson e H. A. Grueber a iniziare nel 1878 la pubblicazione dei cataloghi di quella ricchissma collezione, cataloghi che tanti servigi resero agli studiosi in mancanza di opere più complesse; essi oggi sommano a più decine: si sono concluse già la serie greca, la bizantina, la serie repubblicana romana, e si è iniziata quella delle monete imperiali romane (sino a Domiziano). Per la pubblicazione di quest'ultima serie, la romana, sono stati riveduti e riesaminati dagli editori tutti i problemi tecnici, storici, cronologici, tipologici, di emissione, che alle monete romane sono connessi, con una critica, che forse si è voluta mostrare qualche volta troppo innovatrice. Fra le opere singole sono da ricordare, a cominciare dai meno recenti, i manuali di J. Y. Akerman (1832-1840) e F. W. Madden (1861), le magnifiche pubblicazioni del Gardner, di J. e A. J. Evans, di G. Macdonald e del Hill; il grandioso manuale di B. V. Head (1887), oggi giunto alla seconda edizione (1911), guida comprensiva dottissima e indispensabile per tutti gli studiosi di numismatica greca; infine i più recenti studî di numismatica romana di H. Mattingly e del Sydenham, ecc.
Più tardi che non in Francia e in Inghilterra s'iniziarono nei paesi tedeschi le pubblicazioni periodiche di numismatica antica, prima fra le quali è da citare la Zeitschrift für Numismatik, fondata a Berlino nel 1874 da A. v. Sallet, la quale pubblicò i migliori lavori così del fondatore come di J. Friedländer e Th. Mommsen, H. Gäbler e U. Kölher, H. Dressel, M. Smith, O. Seek, H. Dessau, W. Kubitschek, K. Regling, E. J. Häberlin, B. Pick, del Tudeer, ecc. Da ricordare ancora: i lavori metrologici, campo dove i Tedeschi seppero guadagnare i primi posti, di W. Dorpfeld, H. Nissen, C. F. Lehmann, Fr. Hultsch, J. Brandis, E. Pernice, O. Viedebanntt, Häberlin, e i più recenti di W. Gieseke; i lavori di numismatica romana di H. Willers, O. Vötter, A. Markl, A. Missong, Th. Rhode, dedicati all'identificazione delle più o meno ipotetiche zecche dell'impero romano, infine i più recenti di M. Bernhart per l'impero, di J. Vogt per le serie alessandrine, e la ricca serie dei lavori del von Bahrfeldt, specialista per la repubblica romana ed editore, sino dal 1885, del Numismatische Literaturblatt, che è ancora la più completa e sicura guida numismatica degli studî moderni.
Mentre l'ultimo quarto del secolo XIX vide organizzarsi e svilupparsi in quasi tutte le grandi città della Germania i musei, dove uno dei primi posti era riservato alle collezioni numismatiche, come a Gotha, ivi pure e per l'opera di F. Imhoof-Blumer, conservatore di quel museo, venne iniziata (1898) la pubblicazione dei primi volumi della raccolta generale delle monete della Grecia settentrionale; era questa una delle parti di cui avrebbe dovuto comporsi il Corpus di tutte le monete antiche, opera monumentale, intrapresa sotto gli auspici dell'Accademia di Berlino per iniziativa del Mommsen, interrotta per la guerra mondiale e oggi ancora sospesa: forse essa è sorta intempestivamente, e fu condotta con criterî poco pratici, o almeno tali da non assicurarne la riuscita.
Centro degli studi numismatici per i paesi tedeschi meridionali è Vienna, col suo ben noto e ricchissimo gabinetto, di cui fu capo J. Arneth; il principale organo, dopo i Wiener numismat. Monatshefte, fondati da. G. A. Egger, e che vissero solo dal 1865 al 1868, fu ed è ancora la Numismatische Zeitschrift, fondata da W. Huber e da J. K. Karabacek nel 1869, e dove sono i lavori di F. Kenner e di J. Menadier, di J. Schlosser e di W. Kubitschek, di H. Willers, e di K. Regling. Ancora da menzionare i lavori di Th. Rhode, del Markl, di O. Vötter, e i più recenti di A. Alföldi e di P. Strack, per lo studio analitico delle serie imperiali e per la determinazione cronologica e per zecche delle emissioni.
Per il Belgio l'organo principale è la Revue Belge de Numismatique, fondata nel 1841, che è più specialmente consacrata allo studio delle serie medievali e moderne; ma vi sono pure scritti di numismatica antica quali quelli di J. Lelevel, L. Hirsch, A. Du Chastel.
Lo stesso si dica della Revue Suisse de Numismatique per la Svizzera, dove non sono mancati né colleziomi né studiosi di numismatica antica, quali l'Imhoof-Blumer, la cui celebre collezione nel 1900 passò ad arricchire il gabinetto di Berlino, e i cui lavori di numismatica greca sono ancor oggi la base di ulteriori ricerche, e J. J. Bernoulli che nella sua Röm. Ikonographie non ha trascurato le monete.
Per i paesi scandinavi deve essere ricordato L. Müller, conservatore del Gabinetto reale di Copenaghen, che scrisse la Numismatique de l'ancienne Afrique (1860-1874), in 4 volumi, ancor oggi indispensabile per la monetazione antica di questa regione.
Mentre le ricerche di dotti meno recenti, fra i quali H. K. E. Kohler e B. Koehne, già conservatore del gabinetto di Pietroburgo, si sono specializzate nello studio delle serie delle città greche o grecizzate della costa settentrionale del Mar Nero (sono condensate nella raccolta epigrafica di B. Latischev [Latišev], dove le epigrafi sono studiate in correlazione alle monete stesse), gli studî moderni vertono preferibilmente sulle serie bizantine.
Ad Atene le serie greche, di cui è ricchissimo quel medagliere hanno dato opportunità di studî serî e sviluppati ai suoi successivi conservatori, L. Ross, Gennadios, C. Pittakis, A. Postolacca e infine M. J. Svoronos, cui dobbiamo il Corpus delle monete di Creta, quello delle monete tolemaiche, e infine delle monete di Atene, nonché la fondazione del journal international d'archéologie numismatique (1898), oggi sospeso, ma che ha reso utilissimi servigi alla scienza.
Così in Spagna come in Egitto e a Costantinopoli si è notato negli ultimi anni anteriori alla guerra mondiale un movimento intellettuale anche nel campo di questi studî con particolare riguardo alle serie antiche dei ríspettivi paesi; si hanno infatti le raccolte e i cataloghi descrittivi più o meno vasti e comprensivi delle monete antiche della Spagna di A. Delgado, Zobel de Zangroniz, M. R. Berlanga, C. Puiol y Campos, e Leite de Vasconcellos; quelle di Giovanni Demetrio e di M. G. Dattari per le serie alessandrine.
Da alcuni anni anche l'American Journal of Numismatic di New York, organo della American Numismatic Society, ha dato sempre maggior posto alle pubblicazioni intorno alle monete antiche, specialmente greche, nel quale studio si sono specializzati noti scrittori, quali E. I. Newel, A. Noe, la Baldwin; a essi si devono anche i principali lavori editi nelle Numismatic Notes and Monographs, giunte nel 1934 già al 61° volume.
Accanto alla numismatica classica, nella seconda metà del secolo XIX e nel XX sono venuti prendendo forma e metodo scientifico gli studî delle varie numismatiche delle civiltà orientali: iranica, ebraica, musulmana, sudarabica ed etiopica, indiana, ecc.: campi in cui si sono distinti archeologi, storici ed epigrafisti come J. De Morgan, S. Reinach, R. S. Lane Poole, Madden, A. Sauvaire.
Numismatica medievale e moderna. - La raccolta e lo studio delle monete medievali e moderne ebbero inizio assai più tardi di quel che non era avvenuto per le monete antiche, specialmente romane e greche, e in Italia la numismatica medievale e moderna fiorì ancora più tardi che in altri paesi. La ragione è ovvia: le monete greche e romane, considerate come oggetti da museo, non solo avevano requisiti di bellezza, ma si prestavano anche a un'interpretazione soddisfacente che le collegava alle grandi memorie dell'antichità venute in onore ai primi albori del Rinascimento; quelle medievali invece si presentavano affatto sprovviste di bellezza e di somma difficoltà d'interpretazione, rimanendo quasi enigmatiche alla lettura e non collegandosi a fatti e a nomi noti come quelli antichi. Quando però lo studio della storia medievale uscì dalle incertezze e dall'empirismo per mettersi sulla via della documentazione, ci si avvide che le monete facevano parte integrante di questa, e che era indispensabile tenerne conto per quanto si riferiva alla storia economica e finanziaria. Il succedersi poi assai frequente dei fenomeni della circolazione (deprezzamenti e rialzi di valore delle monete correnti) indusse gli studiosi a cercarne l'origine e lo svolgimerto nei tempi passati. Il primo ad aprire la strada allo studio vero delle monete in Italia fu Ludovico Antonio Muratori, che anche per questo riguardo viene riconosciuto come il fondatore della storiografia italiana medievale e moderna.
In due dissertazioni che fanno parte della sua classica opera Antiquitates Italiae: De jure condendi nummos (1738-42) e De diversis pecuniae generibus quae apud veteres in usu fuere (1739), egli trattò delle monete dal lato giuridico e anche da quello descrittivo, pubblicando i disegni di molte monete delle varie signorie italiane e straniere. Prima di lui ben pochi in Italia si erano occupati di tali monete e nessuno, si può dire, scientificamente. Possiamo ricordare il Paruta (1612), che fece uno zibaldone delle monete siciliane antiche e moderne; il Bonanni (1699), che trattò più specialmente delle medaglie dei papi; il Vergara e lo Scilla (1715), che descrissero, quegli le monete del Regno di Napoli e questi le papali. Tra gli stranieri il Le Blanc (1690), trattando delle monete francesi ebbe necessariamente ad accennare a quelle coniate dai monarchi francesi in Italia, e così il Molinet (1692) e il Begerus (1704), illustrando le raccolte loro affidate, descrissero alcune monete italiane. L'esempio del Muratori fu in Italia seguito da parecchi studiosi: primo il suo collaboratore Filippo Argelati (1685-1755), che iniziò una poderosa raccolta di scritti numismatici della quale uscirono quattro volumi lui vivente e due postumi; oltre alla ristampa della dissertazione muratoriana e altre descrittive vi sono molti documenti e veri e proprî trattati di scienza monetaria. Vincenzo Bellini (1708-1783) formava una ricca raccolta di monete italiane che illustrava con varie dissertazioni e, occupandosi specialmente delle ferraresi, scrisse un trattato della lira marchesana che potrebbe servire di modello anche oggi. Gian Giuseppe Liruti scrisse un trattato Della moneta propria e forastiera che ebbe corso nel ducato del Friuli (1749). Gian Rinaldo Carli Rubbi (1720-1795), economista profondo per i suoi tempi, pubblicò Dell'origine e del commercio della moneta e l'instituzione delle zecche d'Italia dalla decadenza dell'impero sino al secolo decimosettimo. Ignazio Orsini fece la Storia delle monete della Repubblica fiorentina (1760) e di quelle dei granduchi di Toscana (1756). Giuseppe Garampi, che fu poi cardinale, fece stampare (1766?), ma non pubblicò, lasciandolo incompleto, un trattato veramente prezioso: Saggi di osservazioni sul valore delle antiche monete pontificie. Finalmente, più grande di tutti, Guido Antonio Zanetti (1741-1791), autodidatta di umile origine, si accinse a continuare l'opera grandiosa dell'Argelati raccogliendo intorno a sé una schiera numerosa di studiosi che gli diedero materia per cinque grossi volumi dove egli, in scritti proprî e in note e osservazioni a quelli degli altri, profuse un tesoro di erudizione, dimostrando nelle varie questioni attinenti a monete una meravigliosa intuizione.
L'opera così bene iniziata nella seconda metà del sec. XVIII ebbe continuatori valorosi in tutto il sec. XIX e nel primo trentennio del XX. In questo periodo infatti molte serie monetarie italiane ebbero piena o almeno soddisfacente illustrazione: così G. B. Vermiglioli pubblicò le monete di Perugia (1816); Domenico Promis quelle dei Reali di Savoia (1841), di Siena (1868), dei papi avanti il mille (1858) e di molti principati del Piemonte (1834-1873). Domenico Spinelli principe di San Giorgio affrontò una delle serie più difficili, quella delle monete con leggende cufiche battute nel regno di Napoli e in Sicilia (1844). Giulio Cordero di San Quintino illustrò le monete di Lucca (1844-1860), rivedute poi da Domenico Massagli (1870). Angelo Cinagli raccolse in tavole sinottiche le monete pontificie (1848) e Vincenzo Lazari descrisse quelle dei possedimenti veneziani (1851) e quelle delle zecche dall'Abruzzo (1858). Camillo Brambilla pubblicò le monete di Pavia (1883), Arsenio Crespellani quelle di Modena (1884), Francesco ed Ercole Gnecchi quelle di Milano (1884) e dei Trivulzio (1887). Cornelio Desimoni, Giuseppe Ruggero e altri riunirono in accurate tavole descrittive le monete di Genova (1890); Nicolò Papadopoli Aldobrandini fece la storia e la descrizione delle monete veneziane (1893-1919); Memmo Cagiati descrisse quelle del regno di Napoli da Carlo d'Angiò a Vittorio Emanuele II 1911-1916). Innumerevoli poi quelli che illustrarono i prodotti delle zecche minori e anche singole monete di raccolte pubbliche e private: fra essi, il triestino Carlo Kunz (1815-1888), che alla passione del raccoglitore e illustratore univa la mano felice del disegnatore, delineò meravigliosamente le tavole di quasi tutte le opere numismatiche uscite in luce durante la sua vita e anche dopo, e lasciò un tesoro di schede bibliografiche con disegni (circa 30.000) che si conservano nel Museo civico già Correr di Venezia. A molte di queste pubblicazioni diedero asilo riviste storiche e scientifiche, e anche esclusivamente numismatiche, le quali però ebbero tutte vita piuttosto breve a eccezione della Rivista italiana di numismatica, fondata a Milano nel 1888, e della Rasscgna di numismatica, fondata nel 1904, che, sia pure dopo un lungo forzato riposo, vive tuttora. Attorno alla rivista ora ricordata si costituì una Società numismatica, che diede impulso anche agli studî di numismatica italiana medievale e moderna, aprendo concorsi a premio per l'illustrazione di singole officine e per un ordinamento scientifico della monetazione italiana. Questa società ebbe vita prospera e utile fino alla guerra mondiale, sostenuta come era da persone facoltose che non le fecero mancare i mezzi; da parecehi anni però non dà più segno di vita, come pochi ne dà l'Istituto italiano di numismatica, sorto in Roma nel 1904, e con esso altri circoli.
Non mancarono scritti di natura economico-finanziaria, quali gli Studi economici sulle monete di Milano (888) di Giovanni Mulazzani e quelli di G. B. Salvioni Sul valore della lira bolognese (1902-1922) e altri di utile documentazione, come gli Annali della zecca di Roma (1917-1922) di Edoardo Martinori. La bibliografia venne una prima volta trattata da Vincenzo Promis con le sue Tavole sinottiche (1869), limitatamente però alle sole opere contenenti disegni di monete; venne ripresa poi dai fratelli Gnecchi con l'utile Saggio di bibliografia numismatica delle zecche italiane (1889). Si ebbero pure cataloghi di carattere scientifico e non commerciale di alcune raccolte pubbliche e private, come quello della collezione Santangelo del Museo di Napoli a opera di (Giuseppe Fiorelli (1871), quello delle Monete e bolle plumbee pontificie della Raccolta Vaticana redatto da Camillo Serafini (1910-1928), vero modello di esattezza e ricchezza descrittiva, e quello della raccolta Papadopoli-Aldobrandini (1925), edito a cura del comune di Venezia per volontà del munifico donatore che volle restasse memoria del contenuto e della disposizione che egli aveva voluto dargli.
Al disopra di questi cataloghi parziali e limitati sta l'opera grandiosa ideata e voluta da S. M. il re Vittorio Emanuele III che la sua nobile passione di raccoglitore e di studioso volle tornasse a utile profitto degli altri. Il Corpus Nummorum Italicorum (dal 1910 fino al 1934, 14 volumi) è il catalogo di tutte le monete italiane conosciute fino a oggi perché, con gli esemplari contenuti nella ricchissima raccolta reale, descrive anche quelli appartenenti a quasi tutte le altre raccolte pubbliche e private: prima opera unitaria di grande portata, che solo un grande sovrano illuminato e munifico poteva ideare e condurre a compimento. Nella sua forma analitica essa apre l'adito alla sintesi scientifica auspicata e desiderata.
Finora infatti, senza tenere conto del Vademecum di G. Bazzi e M. Santoni (1886) e del breve cenno contenuto nel Manuale elementare di numismatica di Solone Ambrosoli nelle sue varie edizioni (1891-1915), che hanno soltanto scopi pratici, non si ebbero che tentativi di sintesi scientifica, quali la Topografia delle zecche italiane di Pellegrino Tonini (1869), il Repertorio generale delle monete coniate in Italia di Giulio Sambon (1912), rimasto incompleto, e il Catalogo della Raccolta Papadopoli Aldobrandini (1925) già ricordato, lavori compilati con criterî scientifici diversi da quelli comunemente adottati, che non è qui il luogo di esaminare e discutere.
Bibl.: Per la numismatica antica: E. Babelon, Traité des monn. grecques et rom., s. 1ª, I, Parigi 1901, passim; S. L. Cesano, Bibliografia numismatica per gli anni 1914-21, in Bollettino del R. Istituto italiano di archeologia e storia dell'arte, fasc. 2-3, pag. 67 segg.; M. Bernahrt, Münzkunde der röm. Kaiserzeit, I, Halle s. S.; Bibliographischer Wegweiser, passim. - Per la numismatica medievale e moderna: S. Ambrosoli, Della numismatica come scienza autonoma, Milano 1893; G. Castellani, Catalogo della Raccolta numismatica Papadopoli Aldobrandini, Venezia 1925; I: Introduzione; F. ed E. Gnecchi, Saggio di Bibliografia numismatica delle zecche italiane, Milano 1889; V. Promis, Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani all'estero dal sec. VII a tutto l'anno MDCCCLXVIII, illustrate con note, Torino 1869; S. Ricci, L'unità scientifica della numismatica italiana, in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, XX riunione, I, ii, Roma 1932, pp. 343-74.