FERRAIOLI (Ferraiuoli), Nunzio (Menzio)
Nacque nel 1661 (nel 1660 secondo L. Crespi) a Nocera dei Pagani (Napoli); sui 18 anni, a Napoli, sarebbe stato allievo di L. Giordano e poi di F. Solimena.
Detto F. degli Afflitti, in seguito all'appellativo assunto dalla famiglia "a distinzione d'altre casate di tal cognome" (Orlandi, 1719), Occupa un posto di rilievo tra i paesisti bolognesi del Settecento, tanto che già nel 1719 l'Orlandi lo definisce "uguale all'Albano, al Brilli, al Poussin, a Salvator Rosa, a Claudio Lorenese": una lode eccessiva dovuta "all'amicizia ch'era fra loro" afferma il Lanzi, che peraltro riconosce al F. "uno stile misto di forestiero e di albanesco, toltone il colore che ha meno del vero": giudizi che, al di là degli elogi esagerati, peraltro non condivisi dallo Zanotti (1739) e dal Crespi (1769), hanno condizionato la storiografia successiva fino a R. Longhi (Mostra..., 1935), il quale riconosce al F. di aver portato "nel paesaggio classicista della traduzione albanesca un senso di maggior contrasto ottico che è desunto dalla tradizione meridionale di Salvator Rosa". Diversamente l'Arslan (1932) lo giudica "uno scialbo paesista che non ricorda per nulla i napoletani, ma piuttosto qualche olandese minuto descrittore di frappe".
Trasferitosi a Bologna, nel 1682 è ricordato tra gli scolari di G. G. Dal Sole, erede dal padre Antonio della tradizione paesistica dell'Albani: presso il Dal Sole si applicò a dipingere paesi ad affresco e ad olio, "nel qual genere di pittura riuscì un valentuomo, siccome tante sue operazioni per tale lo manifestano" (Crespi, 1769).
Nella ricostruzione dell'esiguo corpus di opere, si ricordano, del periodo giovanile, i cinque paesaggi ovali a fresco della sagrestia di S. Salvatore a Bologna, per i quali il F. è segnalato dal Malvasia nelle Pitture di Bologna del 1706 (notizia ripetuta nelle successive edizioni) come figurista di A. Malavena. Sebbene oggi gli ovali di S. Salvatore si presentino di difficile lettura, il Buscaroli (1935) è di altro avviso rispetto alla tradizione e assegna "li paesini" al F., intravedendo in essi una intonazione calda, propria del senso coloristico meridionale.
Confermando la sua inclinazione bucolica il F. preferì il campo ridotto dei rami e delle piccole tele, dove esprimere una vocazione quasi intimistica. I due paesaggi ad olio su rame, Mosèsalvato dalle acque (cfr. Boll. d'arte, s.4, XLIII [1958], pp. 380 s.) e Rebecca al pozzo (entrambi Modena, Galleria Estense), autenticati da una scritta antica ad inchiostro, "opera di Nunzio Ferraioli degli Afflitti con figurine di Iosefo del Sole pittore bolognese", e databili prima del 1719 (anno della morte del Dal Sole), sono pervasi da "un senso di soave malinconia e di sogno crepuscolare che riesce in parte a cancellare l'essenza compositiva, prettamente d'invenzione dei paesi" (Buscaroli, 1935). In essi si alternano anfratti pittoreschi e rovine antiche, in consonanza con le richieste di una committenza "alquanto frivola, non più appagata dal solo quadro di storia, anzi tendente a pretendere una vulgata idillico-romanticheggiante" (Roli, 1977, p. 197).
Sono di questi anni anche i due ovali con l'Estate e l'Autunno (Edimburgo, Hopetown House) e i due Paesaggi con figure (Bologna, coll. Cavina), aggiunti al corpus (Roli, 1977), dove gli spunti carracceschi tendono a riequilibrare e a ricomporre il pittoresco. disordinato, derivato dal Rosa. Le "macchiette" sono probabilmente di Gaetano Sabbatini, allievo del Monti e pittore figurista, che, come F. Torelli (storie del Tasso di casa Panzacchia), A. Rossi e G. Boni, il F. ebbe accanto a vivacizzare e a popolare i suoi paesaggi (Oretti, B. 134).
Certa è invece la collaborazione del F. con Francesco Monti, autore delle figure modellate con grande garbo e gusto nel Ratto d'Europa (Carpi, coll. priv.; pubbl. in Roli, 1988, tav. 49), databile intorno al 1725: la veduta da lontano del F. è più filtrata e imbevuta di quella chiarità che più tardi inonderà i paesaggi di Carlo Lodi. Dal sodalizio col Monti, stretto su basi stilistiche e ideologiche comuni e con una concordanza di risultati da suscitare l'ammirazione dei contemporanei, nacquero numerose imprese decorative nei palazzi bolognesi.
Tra questi lavori, testimoniati dall'Oretti (B 134), ma dei quali si è persa in gran parte traccia, si conserva il Bagno delle ninfe di Diana (Lucca, Pinacoteca nazionale) e quattro Paesaggi con figure mitologiche, in origine sovrapporte (Bologna, coll. Bertozzi-Dagnini), nei quali la varietà degli elementi naturali allieta un ambiente graziosamente arcadico (Pitturaital., 1974). E del resto le scelte coloristiche, l'attenzione per la relazione aria e luce, le forme paesistiche intese con gusto agile e aggraziato pongono il F. sulla via del "capriccio", del "pittoresco" e della garbata composizione arcadica, in accordo con gli umori neomanieristi del Monti.
Il riconoscimento più lusinghiero tributato al F. fu l'incarico di partecipare, accanto agli artisti bolognesi di gusto rococò e ai pittori veneziani, all'impresa delle Tombe allegoriche commissionate dal mercante irlandese Oweri Mc Swiny (o Mc Sweeny) nel terzo decennio del Settecento.
Con l'adesione del duca di Richinond, che avrebbe acquistato i dipinti per la sua residenza di Goodwood, lo Swiny progettò, intorno al 1725, una serie di quadri in memoria di personaggi illustri della più recente storia inglese, distribuendo i compiti in base alle varie specialità, in modo che in ogni dipinto intervenissero più pittori, per le figure, per le architetture, per il paesaggio. Tra i figuristi furono scelti D. Creti e F. Monti bolognesi, G. B. Pittoni, S. Ricci, A. Balestra e G. B. Piazzetta di Venezia; quali quadraturisti P. Poltronieri detto il Mirandolese e C. Besoli bolognesi, il Canaletto, M. Ricci, Domenico e Giuseppe Valeriani tra i veneziani; e quali paesisti il F., G. B. Cimaroli e M. Ricci.
Un volumetto compilato dallo stesso Mc Swiny (Arslan, 1932), edito nel 1741col titolo Tombeaux des princes grands capitaines et autres hommes illustres qui ont fleuri dans la Grande-Bretagne vers la fin du XVII et le commencement du XVIII siècle, contiene in realtà solo nove delle 24tombe progettate. E a cinque di queste partecipò il F. quale esecutore dei paesi che, talvolta, dalla semplice funzione di fondo, assumono nella composizione la parte preponderante, determinando così l'intonazione generale. Tre di questi dipinti si conservano nella Pinacoteca di Bologna: La glorificazione del duca di Marlborough e La glorificazione di Boyle, Locke e Sydenham, con figure del Creti e architetture del Mirandolese, e La glorificazione di Campbell duca di Argyll, con figure del Monti e architetture del Besoli, l'unico notturno della serie e forse il più antico, ricorrendovi ancora qualche citazione dal Dal Sole; mentre nella Collezione Alcidi Boccacci di Milano (Roli, 1979) sipossono vedere La glorificazione di SidneyGodolphin e altra Glorificazione di ignoto, con quadrature del Mirandolese.
La consacrazione internazionale del F. con la partecipazione a questa serie famosa non è casuale, ma rientra in quell'interesse della colta nazione inglese per il "pittoresco" di Salvator Rosa, tra gli autori italiani più amati del secolo.
Il gusto paesistico di questi quadri è riecheggiato nei dipinti Paese con gregge e Paese con viandanti (Forlì, Pinacoteca comunale); inoltre in continuità con la serie Mc Swiny e datati in età matura si pongono il Trionfo della Virtù in pendant con il Valore che vince i vizi (Bologna, Mediocredito). Sempre della maturità ed ancora in collaborazione col Monti il dipinto del Riposo in Egitto in pendant con un Emmaus (già coll. Piancastelli, Bologna; cfr. Grandi, 1979, p. 330).
II F. morì a Bologna nel 1735 (Crespi, 1769).
Presso la sua bottega si formarono i paesisti Bernardo Minozzi e Carlo Lodi, le opere dei quali segnano localmente l'affermazione definitiva del paesaggio come genere autonomo.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B. 104:M. Oretti, Le pitture che si ammirano nelli palagi..., di Bologna, [1760-80], c. 100; Ibid., ms. B 110: Id., Le pitture nelli palazzi... nel territorio bolognese, [1760-80], c. 52;Ibid., ms. B. 134:Id., Notizie de' professori del disegno, ... bolognesi e de' forestieri di quella scuola [1760-80], c. 198; C. C. Malvasia, Le pitture di Bologna, Bologna 1706, p. 183; P. A. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1719, p. 337;G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, II, pp. 221 s.;L. Crespi, Felsina pittrice. Vite de' pittori bolognesi, Roma 1769, p. 194;L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1795-1796, II, 2, p. 200; W. Arslan, Alcuni dipinti per il Mc Swiny, in Rivista d'arte, XIV (1932), pp. 128-140;R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, pp. 370 s.;G. Zucchini-R. Longhi, Mostra del Settecento bolognese (catal.), Bologna 1935, pp. 39 s.;G. Zucchini, Paesaggi e rovine nella pittura bolognese del Settecento, Bologna 1947, pp. 6, 13, 16, 19, 22;R. Roli, Donato Creti, Milano 1967, pp. 44 s.; C. Ricci-G. Zucchini, Guida di Bologna, a cura di A. Emiliani, Bologna 1968, p. 168; A. Emiliani -F. Varignana, Le collezioni d'arte della Cassa di risparmio in Bologna. I dipinti, Bologna 1972, pp. 378, 380, 392; Pittura italiana del Settecento, Leningrado, Mosca, Varsavia (catal.), a c. di E. Riccomini, Bologna 1974, p. 183; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, p. 258 e ad Indicem;Id., in L'Arte del Settecento emiliano. La pittura. L'Accademia Clementina (catal.), Bologna 1979, pp. 64, 70 s., 330; R. Grandi, ibid., Architettura, scenografia..., ad Indicem;G. Cirillo-G. Godi, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma 1987, p. 145; G. Cuppini-A. M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1988, pp. 122-355; R. Roli, Paesaggi e figuristi del '700 bolognese: nuove aggiunte, in Paragone, XXXIX (1988), 457, p. 67; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 431 s.