Malasomma, Nunzio
Regista cinematografico, nato a Caserta il 4 febbraio 1894 e morto a Roma il 12 gennaio 1974. Dopo un significativo apprendistato nel cinema muto, fu uno dei più prolifici registi della commedia, soprattutto quella di matrice teatrale degli anni Trenta e Quaranta, che vide impegnati come protagonisti attori brillanti di grande successo. Si è anche cimentato con perizia nel cinema di genere. Dopo essersi laureato in ingegneria, iniziò a interessarsi di spettacolo dirigendo con Luciano Doria la battagliera rivista di cinema e teatro "Fortunio" (1920). Il suo esordio come regista avvenne con Un viaggio nell'impossibile (1923), film diretto con Doria e interpretato dall'atleta Giovanni Reicevich. L'anno successivo si recò in Germania con Gennaro Righelli, per il quale scrisse la sceneggiatura di tre film prima di tornare alla regia con Mister Radio (1924), diretto insieme a Luciano Albertini e primo di una serie di film 'acrobatici' con lo stesso Albertini e Carlo Aldini, tutti imperniati sui funambolismi degli 'uomini forti'. Continuò a lavorare in Germania sino alla fine degli anni Venti, realizzando con Mario Bonnard tre film di ambientazione montana, interpretati dal futuro regista Luis Trenker. Ritornato in Italia con l'avvento del sonoro, divenne nel giro di pochi anni uno dei più attivi artigiani del cinema popolare, alternando il giallo (L'uomo dall'artiglio, 1931) alla commedia, che si sarebbe rivelata il genere a lui più congeniale consentendogli di ottenere i maggiori successi. Dopo La telefonista (1932), nato sulla scia di film allora in voga in Italia e in Germania, M. traspose per lo schermo due commedie di A. De Benedetti, Lohengrin (1936) e Non ti conosco più (1936), incentrate sul bonario dongiovannismo del protagonista (Vittorio De Sica). Realizzò quindi una garbata parodia del film carcerario ambientato in una prigione-modello statunitense (Cose dell'altro mondo, 1939), e Dopo divorzieremo (1940), dall'omonima commedia di A. De Stefani, singolare esempio di film appartenente al filone dei 'telefoni bianchi' caratterizzato da interni patinati e coreografici e vivacemente interpretato da Amedeo Nazzari e Lilia Silvi, che si ritrovarono di nuovo insieme in Scampolo (1941), tratto dalla commedia di D. Niccodemi. Nel dopoguerra il maggior successo di M. fu Il diavolo bianco (1947), avventurosa epopea di un giovane principe caucasico (Rossano Brazzi) che diventa il leggendario paladino degli oppressi. L'incontro con Gilberto Govi per Il diavolo in convento (1950) diede vita a una delle più felici apparizioni cinematografiche del popolare attore genovese. Negli anni Sessanta ‒ dopo il peplum La rivolta degli schiavi (1960), liberamente tratto dal romanzo Fabio-la di N. Wiseman ‒ M. girò il suo ultimo film, 15 forche per l'assassino (1967), uno spaghetti-western con risvolti da intrigo giallo.