NUOVA ZELANDA (A. T., 162-163; 169)
ZELANDA Quasi al centro dell'emisfero oceanico, 2000 km. circa a ESE. dell'Australia, dalla quale è separato mediante il Mare di Tasman, si stende l'Arcipelago della Nuova Zelanda, orientato da SO. a NE., per una lunghezza di oltre 1500 km. I punti estremi dell'arcipelago sono a N. il Capo Maria van Diemen (34°30′ lat. S.), a E. il Capo Est (178°30′ long. E.) nell'Isola Settentrionale, a S. il Capo Sud (47°17′ lat. S.) nell'isola Stewart e ad O. il Capo Ovest (166°30′ long. E.) nell'Isola Meridionale. La Nuova Zelanda, che politicamente è uno dei dominions dell'impero britannico, consta di due grandi isole separate fra loro dallo stretto di Cook, l'Isola Settentrionale e l'Isola Meridionale, e inoltre dell'Isola Stewart, separata dall'Isola Meridionale dallo stretto di Foveaux. La superficie è di 266.534 kmq. dei quali 114.295 kmq. sono dell'Isola Settentrionale, 150.525 kmq. dell'Isola Meridionale e 1714 kmq. dell'isola Stewart. A queste fanno corona altre isole minori più o meno distanti, di solito assai piccole, rocciose, poco popolate o addirittura deserte e di nessuna importanza economica, quali le Macquarie, le Auckland, la Campbell, le Isole degli Antipodi, le Bounty, le Chatham, le Kermadec, la Norfolk e la Lord Howe.
Sommario. - Geografia: Esplorazione (p. 68); Geologia e morfologia (p. 68); Clima (p. 71); Flora (p. 72); Fauna (p. 72); Popolazione (p. 73); Centri abitati (p. 73). - Produzione e commercio (p. 73); Comunicazioni (p. 74); Ordinamento: Costituzinoe (p. 75); Forze armate (p. 75); Culti (p. 75); Finanze (p. 75). - Storia (p. 75). - La popolazione indigena: Antropologia (p. 76); Etnologia (p. 77); Lingua (p. 78).
Esplorazione. - La scoperta di questo grande gruppo insulare del Pacifico meridionale si deve alla spedizione che, con lo scopo di chiarire l'esistenza del preteso continente australe, il governo olandese armò nel 1642, affidando il comando delle due navi ad Abele Tasman. Partito da Batavia, e dopo aver appoggiato nell'Oceano Indiano all'isola Maurizio, il Tasman si volse a SE. navigando fin oltre il quarantesimo parallelo e incontrando terra soltanto nel novembre in quella che da lui prese nome di Tasmania; ma, obbligato dalle burrasche a levare le ancore di lì, proseguì verso E. incontrando un'altra terra (l'Isola Meridionale della Nuova Zelanda) ch'egli chiamò degli Stati (Staatenland). Da questo punto d'approdo costeggiando verso N. penetrò il 17 nella larga apertura (Baia di Tasman), dove s'apre verso E. lo stretto divisorio delle due grandi isole; ma, costretto da uno scontro sanguinoso con gl'indigeni ad affrettare il cammino, proseguì verso N. senza avvertire la presenza dello stretto: scoperse così anche l'Isola Settentrionale, che seguì lungo tutto l'orlo di ponente fino a raggiungerne il 4 gennaio 1643 la punta estrema boreale, da lui denominata di Maria van Diemen. Di qui, continuata la rotta a tramontana verso altre terre, il navigatore olandese lasciò la gloria di continuare la scoperta del gruppo insulare (che gli Olandesi ribattezzarono in Nuova Zelanda) alle spedizioni inglesi che 127 anni più tardi dovevano qui inalberare il vessillo britannico.
Nel 1769 infatti, dopo più di un secolo di abbandono, l'8 ottobre gettava l'ancora nella Baia Poverty sulla costa E. dell'Isola Settentrionale la nave Endeavour, comandata da James Cook. Trovò ostile e pugnace in parecchi incontri la popolazione indigena, ma l'avversa accoglienza non impedì al Cook di compiere il lungo periplo insulare rilevando l'orlo costiero con matematica esattezza. Dapprima, preso possesso dell'Isola Settentrionale a nome di re Giorgio III, seguì la costa verso mezzodì fino a scoprire lo stretto divisorio che oggi porta il nome di Cook; indi, preso possesso anche dell'Isola Meridionale, proseguì fino a girare l'estremo mezzodì di questa risalendo poi la costa O. per raggiungere di nuovo lo stretto. Lasciata di qui la Nuova Zelanda alla fine del marzo del 1770, vi ricomparve nel successivo suo viaggio oceanico nel 1772 per perfezionare la scoperta e per tentare con piante e animali portati dell'Europa il primo esperimento di colonizzazione, non riuscito allora, ma seguito ben presto da altri più fortunati. Colonizzazione inglese naturalmente, ché l'approdo del francese Surville nel 1769 all'Isola Settentrionale, l'altro approdo del francese Marion Dufresne, che gl'indigeni massacrarono nell'isola stessa nel 1772, il viaggio del D'Entrecasteaux, che qui costeggiò nel 1793 e quello del Dumond d'Urville, che nel 1827 esplorò lo stretto di Cook, non poterono menomare gli acquisiti diritti inglesi. Anche conviene rammentare, fra i primi navigatori dei lidi neozelandesi, il ben noto inglese George Vancouver nel 1791 e l'italiano A. Malaspina, dilungatosi fin qui nel 1793 dalla sua navigazione alascana. La fondazione delle prime missioni neozelandesi e dei primi nuclei coloniali portarono intanto ben presto ai primi riconoscimenti della regione interna.
Geologia e morfologia. - La Nuova Zelanda rappresenta forse l'orlo orientale d'una più vasta forma continentale, scomposta e distrutta da una serie di sprofondamenti parziali, dovuti a numerose fratture, succedutesi in tempi diversi. La serie assai complessa di depositi marini successivi al Mesozoico che si osserva nell'arcipelago starebbe infatti a dimostrare i varî movimenti d'oscillazione proprî delle zone litoranee. Notevoli specialmente sono, oltre gli strati del Silurico, del Carbonico e del Triassico, anche quelli più recenti, del Cretacico medio, e le formazioni marine del Terziario. I frequenti fenomeni vulcanici attestano sprofondamenti recenti, a cui sono dovuti anche gli stretti di Cook e di Foveaux che dividono le tre isole principali dell'arcipelago, fra loro assai diverse sia per quanto riguarda il rilievo sia per la costituzione geologica. Così, per. es., mentre l'Isola Settentrionale è specialmente caratterizzata dalla frequenza e grandiosità dei fenomeni vulcanici e sismici, l'Isola Meridionale, in prevalenza montuosa e alpestre, è stata particolarmente modellata dall'azione glaciale, e, pur non mancando neppure qui, lungo la costa orientale, le rocce vulcaniche recenti, deve essenzialmente la sua origine a un grande corrugamento montuoso formato da rocce paleozoiche, che per la loro povertà di fossili rendono al geologo assai difficile il compito di determinarne la precisa età. Questo grandioso corrugamento si ebbe durante il Giurassico e il Cretacico, ma le catene formatesi in quei periodi furono in seguito più o meno completamente distrutte sotto l'azione delle varie forze esogene, sì che la trasgressione marina avvenuta nel Cretacico medio coprì tutta la regione già ridotta a penepiano. Molti fatti attesterebbero che ancora durante il Giurassico l'arcipelago era unito a una massa continentale estesa verso O. Lungo la costa occidentale infatti, dinnanzi alle rocce paleozoiche della catena alpina neozelandese affiora ancora una fascia di granito e di gneiss, sviluppata in modo particolare nel SO., nella regione dei fiordi. Soltanto nel Pliocene l'isola subì nuovi corrugamenti che le diedero l'aspetto attuale, e a questo periodo risalgono anche le grandi fratture trasversali degli stretti di Cook e di Foveaux già accennate.
Il corrugamento montuoso che corre da SO. a NE. attraverso tutta l'Isola Meridionale, continua, ma con assai minori altezze, anche nell'Isola Settentrionale, nei Monti Ruahine, l'unica catena dell'Isola Settentrionale, costituita però non di rocce paleozoiche, ma risalenti al Triassico e al Giurassico. In nessuna località dell'isola affiorano il gneiss e il granito; a occidente dei Monti Ruahine infatti si stende, nella parte settentrionale, l'ampia regione vulcanica del Lago Taupo, tutta coperta di materiali vulcanici recenti, mentre il rimanente dell'isola è rivestito da strati sedimentarî del Terziario antico e recente e anche del Quaternario, da cui affiorano qua e là, specie nel NO., rocce che, come quelle della catena Ruahine, risalgono al Triassico e al Giurassico.
L'Isola Settentrionale, dai Maori chiamata Ika a Maui, è assai più bassa dell'Isola Meridionale. È di forma quadrangolare, con lunghe appendici agli angoli meridionale, nord-orientale e nord-occidentale. Immensa fucina vulcanica, deve gran parte del suo rilievo attuale all'azione di forze endogene relativamente recenti.
L'unica catena di corrugamento dell'isola è quella orientale, di media altezza e quasi collinare, costituita di rocce mesozoiche, che corre, diretta da SO. a NE., dallo stretto di Cook a Capo Est, e che è detta con termine collettivo dei Monti Ruahine. La sezione meridionale è veramente nota col nome di Monti Iararua, quella settentrionale col nome di Monti Raukumara (Hikurangi 1709 m.); quella centrale è la vera catena Ruahine, le cui cime si avvicinano ai 2000 m. Della stessa origine è anche la breve catena di Kaimanawa che corre a occidente, con direzione parallela a quella dei monti Ruahine, e che raggiunge i 1737 m. Tutta la parte centrale e occidentale dell'isola è invece costituita da rilievi di origine vulcanica, distribuiti senz'ordine apparente sopra pianure d'origine terziaria o recenti e fra loro spesso separati da ampî bacini lacustri e da profonde vallate.
Il bacino del Taupo, il lago più esteso della Nuova Zelanda, costituisce il centro di questa zona vulcanica che verso nord arriva fin quasi al mare, includendo tutto il vasto distretto dei laghi vulcanici. Dall'estesa pianura a S. del Taupo si elevano il Tongariro, vulcano dalla forma conica regolarissima e ancora attivo (1968 m.), e il Ruapehu (2797 m.) la cima più alta dell'Isola Settentrionale, nel cui cratere cinto di nevi e di ghiaccio si è formato un lago d'acqua termale. Le sorgenti termali, i geiser, i vulcanetti di fango, i soffioni e le solfatare sono comuni specialmente nel distretto dei laghi vulcanici, dove la vallata di Tikitere, brulla, pietrosa e selvaggia è perciò chiamata "l'inferno". Famoso fra i geiser per il suo getto violento d'acqua scura e caldissima è il Waimangu. Anche il Monte Egmont o Taranaki, che nell'angolo sud-occidentale dell'isola si eleva fino ai 2522 m., non è altro che un grandioso vulcano spento, coperto perennemente di neve. I rilievi vulcanici, seppure piccoli, sono numerosi anche nell'esile Penisola di Auckland; così l'Istmo di Auckland non è che una successione continua di campi di lava e di crateri costituenti un paesaggio simile a quello dei Campi Flegrei.
La regione vulcanica si prolunga verso NE. fino alla Baia dell'Abbondanza col vulcano Whakari nell'Isola Bianca e verso N. fino alla penisola di Coromandel e all'Isola della Gran Barriera che si eleva con il vulcanico Monte Hobson. Soltanto fra il distretto dei laghi vulcanici e il Monte Egmont si stende un'ampia pianura terziaria orlata verso S. da una bassa zona litoranea recente e attraversata dai fiumi Wanganui e Manawatu.
L'isola è assai ricca di fiumi e di laghi. I fiumi principali hanno origine nella regione vulcanica centrale e sboccano sul versante occidentale o meridionale; non mancano però neppure i corsi d'acqua nel versante orientale, quali il Ruamahunga, che sbocca nella Baia Palliser, il Tukituki, il Ngaruroro, il Mohaka e il Wairoa, emissario del pittoresco lago Waikare. Corsi d'acqua considerevoli vengono a sboccare anche nella Baia dell'Abbondanza; e fra essi sono il Motu, il Whakatane e il Rangitaiki e poi il Tarawera e il Maketu e, nel Golfo di Hauraki, il Waihu e il Piako. Sulle coste occidentali vengono a sboccare il Wairoa che bagna la Penisola di Auckland; il Waikato (350 km.), il fiume maggiore dell'arcipelago, che nasce nella pianura d'Onetapu, sul versante orientale del Ruapehu e attraversa il lago Taupo; il Marakopa e il Mokau; quindi, già sul versante dello stretto di Cook, il Patea, il Wanganai (224 km.), il Wangaehu, il Rangitikei (184 km.) e il Manaweui (160 km.). Dei numerosi laghi i principali sono il Taupo (626 kmq.), situato ai piedi dell'altipiano di Kaingaroa, e, più a N., il Rotorua (80 kmq.) circondato di boschi in un paesaggio incantevole, il Rotoiti o Lago Piccolo, il Rotoehu o Lago Fangoso, il Rotoma o Lago Bianco, mentre più a S. c'è il Tarawera, ai piedi del vulcano omonimo, con altri minori, tutti d'origine vulcanica.
La configurazione orizzontale dell'isola è caratterizzata dalla presenza di ampie falcature costiere e di seni spaziosi e semicircolari, a loro volta più o meno intaccati da frastagliature numerose e complesse, specialmente sulle coste settentrionali e su quelle della Penisola di Auckland, appena attaccata al tronco insulare principale mediante l'Istmo di Auckland, largo solo 12 km. Le coste occidentali corrono in generale basse e formano ampie curvature, accompagnate spesso da cordoni di sabbia e interrotte soltanto dagli estuarî dei fiumi, fino alla penisola del Monte Egmont, che forma le due ampie e aperte baie di North Taranaki e South Taranaki. Oltre questa comincia la costa dello Stretto di Cook che è bassa, uniforme e coperta di dune fino all'isola di Kapiti e al Capo Terawiti, limite occidentale della sicura baia di Port Nicholson. Oltre il Capo Palliser che limita verso E. la baia omonima, troppo aperta, comincia la costa orientale, anch'essa uniforme e rettilinea fino al Capo Kidnappers, oltre il quale, verso N., si hanno la Baia Hawke e la Baia della Povertà. Alta e a falaises è la costa fra il Capo Est e il Capo Runaway, limite orientale della Baia dell'Abbondanza, larga più di 220 km., dalle rive basse, sabbiose e spesso paludose, e limitata a ponente dalle coste rocciose e alte della Penisola di Coromandel, che si protende col Capo Colville e divide l'ampio seno dal Golfo di Hauraki, dedalo d'isole e di baie.
L'Isola Meridionale, dai Maori chiamata Te Wahi Punamu (Isola di diorite), è maggiore della Settentrionale e ha la forma di un rettangolo allungato, diretto da SO. a NE. È attraversata in tutta la sua lunghezza da una grande catena montuosa, nota col nome di Alpi Neozelandesi, con cime elevate fin sopra i 300 m., quali il M. Cook o Aorangi (3768 m.); il Malte Brun (3126 m.); il Haast (3137 m.); l'Elie de Beaumont (3109 m.); il Tasman (3580 m.); il Corno d'Argento (3279 m.). Essa è profondamente incisa da vallate e burroni e ricca di poderosi nevai e ghiacciai: il ghiacciaio di Tasman, sia per lunghezza (28 km.) sia per superficie (155 kmq.) è superiore all'Aletsch, il maggiore ghiacciaio delle Alpi.
La zona occidentale dell'isola è costituita di rocce arcaiche cristalline, in prevalenza di graniti e di gneiss, che si elevano in catene alte e ripide sulla costa di ponente. A esse seguono verso E. rocce paleozoiche, distribuite lungo un'ampia fascia longitudinale. Procedendo verso oriente, il rilievo si abbassa in una regione collinare di media altezza, costituita di terreni mesozoici che degradano lentamente verso le pianure orientali risalenti al Terziario e verso i recenti bassopiani costieri alluvionali. Solo nella parte più meridionale della sezione orientale si hanno di nuovo rilievi montuosi. Tutte le rocce, dalle più antiche a quelle risalenti al Giurassico, risultano fortemente piegate. Buona parte delle Alpi della Nuova Zelanda, almeno nella sezione centrale, è sopra il limite delle nevi perenni. Dato infatti il clima fresco e ricco di precipitazioni, il limite climatico delle nevi scende sul versante occidentale, che è il più umido, fino a 1800 m., mentre sull'orientale, più secco, esso si mantiene intorno ai 2400 metri. Perciò sul versante orientale le fronti dei ghiacciai, coperti normalmente da un grosso manto di detriti, non scendono mai sotto i 700 m., mentre sul versante occidentale esse si abbassano anche fino ai 200 m., arrestandosi solo a poca distanza dal limite della lussureggiante vegetazione arborea e arbustiva propria della costa di ponente. Nel periodo glaciale il limite delle nevi doveva scendere ancora più in basso e i ghiacciai arrivare addirittura al mare: lo attestano le numerose valli a truogolo e sospese, i depositi morenici, le rocce levigate, i circhi glaciali, ecc., che si osservano molto più in basso del limite attuale delle nevi e dei ghiacciai.
Più a S. le regioni di Otago e di Southland si presentano non più a catene, ma come un altopiano lievemente ondulato dell'altezza media di 1000-1200 m., che verso NO. si viene a saldare con le Alpi Neozelandesi le quali, imponenti nella loro sezione centrale, si vanno facendo meno elevate nella sezione settentrionale, dove si hanno diverse selle e colli valicabili. Fra questi il più importante è il Passo Arthur, percorso dalla ferrovia Christchurch-Greymouth attraverso il tunnel d'Otira, lungo 8 km.
Il Passo Harper è considerato come il limite settentrionale delle vere Alpi; oltre questo si hanno altri rilievi assai accentuati, quali la catena Spenser, vicina ai 2300 m., i Monti Lyell e il Mount Owen (1876 m.), che seguono la costa occidentale fino al Capo Farewell, mentre verso NE. si hanno i Monti Kaikura, divisi dal Clarence in due catene parallele, una interna e l'altra costiera (2883 m.). Contrastanti con la zona montuosa occidentale sono i Canterbury Plains, che si stendono lungo la fascia costiera orientale a S. della Penisola di Banks e che costituiscono il bassopiano alluvionale più conosciuto e più fertile dell'arcipelago, esteso sopra un'area di una decina di migliaia di chilometri quadrati. Terreni d'origine vulcanica si hanno solo alla Penisola di Banks, alta 918 m., e, più a S., presso la penisola d'Otago e a Timaru.
L'isola è assai ricca di laghi d'origine glaciale e tettonica, sparsi specialmente nell'Otago e nel Southland. Di solito sono assai lunghi e ramificati e molto profondi. I maggiori sono il Te Anau (360 kmq.), il Wakatipu (294 kmq.), il Wanaka (184 kmq.), il Manapouri (145 kmq., profondo 445 m.), l'Hawea (114 kmq.) e più a N. il Tekapo (88 kmq.) e il Pukaki (70 kmq.). I fiumi sono assai numerosi e di ricca portata, però non sono navigabili, data la loro piccola lunghezza e la forte pendenza del loro letto, spesso scavato in profondi burroni. Alquanto lunghi sono soltanto quelli del versante orientale dell'isola, fra cui sono il Cluthe (336 km.), navigabile per 60-70 km.; il Waitaki (216 km.); il Clarence (200 km.); il Taieri (200 km.); il Mataura (192 km.); il Waiau (184 km.).
Nell'Isola Meridionale esiste un forte contrasto fra la costa occidentale, ripida, alta e importuosa, e l'orientale, in generale bassa, piana e tuttavia non priva di buone insenature e di ben riparati porti naturali. Quale costa rupestre e montuosa, l'occidentale manca quasi ovunque di buoni e facili approdi. Soltanto nella parte sud-occidentale essa è intaccata da molti fiordi (sounds), profondi fin oltre 40 km. e di solito assai stretti e poco ramificati. Fra i maggiori e più belli sono il Preservation Inlet, la Baia di Dark Cloud, il Dusky-sound e il Milford-sound. In generale bassa invece e sabbiosa è la costa meridionale, prospiciente lo stretto di Foveaux, e a grandi e troppo aperte falcature; solo l'insenatura di New River è stretta e ben riparata verso E. dal promontorio Bluff. Anche il litorale di levante è di solito basso, pianeggiante, d'origine alluvionale e non molto articolato. Solo in due punti esso è protetto da promontorî d'origine vulcanica assai protesi, quali la Penisola d'Otago col Capo Saunders, che ripara il golfo in fondo al quale è Dunedin, e la Penisola di Banks, intaccata a sua volta da minute e profonde insenature (Baia di Pigeon, Golfo d'Akaroa, Golfo di Lyttelton). Più a N., oltre l'ampia uniforme Pegasus Bay, s'incontrano il promontorio di Kaikoura e il Capo Campbell, dove comincia la costa settentrionale frastagliatissima, con l'ampia Cloudy Bay, il roccioso promontorio di Wellington Head, il Golfo della Regina Carlotta, le baie di Guard e di Pelorus e l'Admiralty Bay, riparata dall'Isola D'Urville, la baia di Tasman e la Golden Bay, chiusa verso O. dal Capo Farewell, dove comincia la costa occidentale.
Oltre lo stretto di Foveaux si eleva fino a 975 m. s. m. la montuosa Isola Stewart, costituita di rocce cristalline e vulcaniche. Di clima fresco, umido e ventoso, l'isola è coperta di pascoli e di boschi d'alberi nani ed è abitata da 665 ab., dediti quasi tutti alla pesca.
Clima. - La Nuova Zelanda gode in generale di un clima oceanico caratterizzato da piccole escursioni termiche annue e dall'abbondanza delle precipitazioni distribuite in tutti i mesi dell'anno. Data la grande estensione in latitudine dell'arcipelago, si hanno tuttavia differenze notevoli nelle medie di temperatura fra il punto estremo settentrionale, dove si ha una media annua di 16° circa, e il meridionale che ha una media annua di circa 10°. Le escursioni annue variano fra 8° e 11°, e non molto considerevoli sono gli estremi di massima e di minima finora osservati. La costa occidentale dell'isola maggiore ha rispetto alle località di uguale latitudine della costa orientale temperature estive più basse, inverni più miti, maggiore nebulosità e precipitazioni più abbondanti. La temperatura è però ovunque più che sufficiente per favorire, data anche l'abbondanza delle precipitazioni, lo sviluppo di una lussureggiante vegetazione, che non conosce di solito un lungo periodo di riposo. I prati infatti rimangono verdi durante tutto l'anno e numerose sono le piante che fioriscono ininterrottamente. Le precipitazioni sono distribuite durante tutto l'anno, pur prevalendo nell'inverno, e variano in quantità nelle diverse regioni, a seconda dell'esposizione di queste rispetto ai venti di NO. e di O., forieri di piogge abbondanti, e ai venti di SE., regolarmente più secchi.
Predominano sugli altri i venti di ponente, i Westerlies, perché la Nuova Zelanda - eccettuata solo la parte estrema settentrionale a N. del 39°, che ha venti prevalenti di E. - è inclusa nella zona temperata australe, battuta dai venti umidi d'occidente. Ciò spiega perché, a differenza di quanto si osserva nella vicina Australia, il versante più ricco di precipitazioni nella Nuova Zelanda sia l'occidentale. La direzione longitudinale delle montagne, specialmente nell'Isola Meridionale, contribuisce in maniera rilevante ad acuire il contrasto fra il versante occidentale, esposto ai venti umidi e ricco quindi di precipitazioni, e l'orientale sottovento, dove i venti, se vi pervengono, vi arrivano già smunti e, simili in tutto al föhn della Svizzera, resi più secchi e riscaldati dalla discesa stessa lungo i fianchi orientali: mentre Hokitika ha 2927 mm. annui di precipitazioni, Christchurch ne ha solo 641 mm. Nei Canterbury Plains si possono addirittura avere talvolta periodi di siccità, del tutto sconosciuti altrove. Meno accentuato è il contrasto tra versante orientale e occidentale nell'Isola Settentrionale, sia perché essa è ormai fuori del dominio dei venti occidentali della zona australe, sia perché le montagne sono più basse e non costituiscono, come nell'Isola Meridionale, una catena ininterrotta diretta da S. a N. Si possono pertanto distinguere nella Nuova Zelanda quattro regioni climatiche: 1. La Penisola di Auckland ha un clima un po' simile a quello mediterraneo: conosce quindi dei periodi poco umidi e caldi e non ha una stagione rigida. 2. Il rimanente dell'Isola Settentrionale e le coste settentrionali dell'Isola Meridionale, quantunque assai piovose anche nella stagione calda, conoscono temperature piuttosto elevate, e il sole nelle giornate estive, prevalentemente serene, è assai cocente. 3. La zona costiera di ponente dell'Isola Meridionale è caratterizzata da un clima uniforme e assai umido in tutti i mesi dell'anno. 4. La sezione di levante nei mesi estivi è piuttosto scarsa di precipitazioni e talvolta è sotto i venti di nord-ovest, che, conosciuti nel Canterbury col nome di Nor' Wester; sono di regola caldi e asciutti e possono causare talvolta anche veri periodi di siccità alquanto lunghi. Dalle tabelle si possono dedurre le differenze climatiche delle quattro zone considerate.
Flora. - La Nuova Zelanda, con le isole Chatam, Campbell e Macquarie, forma un distinto dominio floristico australe che appare come un frammento di un'area emersa, la quale deve avere assunto in passato un'importanza continentale. Il carattere della sua vegetazione è melanesiano; ma la grande estensione che questo dominio presenta nel senso dei paralleli e la sua notevole varietà topografica determinano una notevole complessità fisionomica del suo paesaggio vegetale, ove le Conifere, le Pteridofite e altri tipi vegetali adatti a un clima oceanico e a medie termiche relativamente poco elevate assumono un particolare significato. Ampî territorî della porzione settentrionale e dell'estremità sud-occidentale delle isole sono rivestiti da dense foreste pluviali, ma non mancano tuttavia estese formazioni erbacee. Procedendo da N. verso S., le differenze, dipendenti dall'esposizione, si vanno accentuando; e parimenti, nella medesima direzione, oppure innalzandosi dal livello del mare verso la porzione cacuminale delle catene montuose, al componente malese, dapprima predominante, si va associando, in proporzioni sempre maggiori sino a diventare predominante nella vegetazione ipsofila, un altro componente che, per la contemporanea presenza in Australia e in Tasmania e per le forti affinità con la corrispondente flora dell'estremità continentale dell'America Meridionale, si può indicare come antartico. Per quanto riguarda gli elementi genetici e la storia della vegetazione neozelandese in genere si veda: oceania: Flora e Vegetazione.
Un riassunto, ordinato per quanto sommario, dei lineamenti del paesaggio vegetale neozelandese s'inizia con la vegetazione costiera, rappresentata, oltre che dalle consuete formazioni litoranee, acquítrinose, sabbiose e rupestri, da boscaglie (Senecio rotundifolius, Olearia angustifolia, Hebe elliptica, Freycinetia Banskii, Muehlenbeckia complexa) e da boschi (Metrosideros tomentosa, Corynocarpus laevigata, Myoporum laetum, Nothofagus Cliffortioides). All'interno della costa, poi, bisogna distinguere la vegetazione dei boschi e delle boscaglie, da quella delle formazioni erbacee su terreno asciutto, o umido, o inondato, dei pascoli ipsofili e delle rupi.
Le foreste pluviali si trovano tanto nel settentrione quanto nel mezzogiorno del dominio neozelandese: sono subtropicali le prime e subantartiche le seconde. Le foreste settentrionali sono molto varie di composizione, ma definite dal predominio di alcune conifere: Agathis australis (kauri), accompagnata da specie di Podocarpus e da alcune dicotiledoni arboree; oppure Podocarpus totara o P. spicatus, associati a parecchie altre specie meno frequenti del medesimo genere, a Dacrydium cupressinum e a dicotiledoni; oppure ancora dalle stesse specie, accompagnanti le dicotiledoni sopra accennate, le quali hanno assunto alla loro volta il predominio (Beilschmiedia tawa, Weinmannia racemosa, Metrosideros robusta, M. lucida). Sui terreni acquitrinosi le specie forestali preferenti variano: Podocarpus dacrydioides, Dacrydium Colensoi, Cordyline australis, ecc. La vegetazione del sottobosco è naturalmente molto densa in queste foreste di carattere oceanico, con due strati sovrapposti di specie arboree, un terzo strato di alberetti, arbusti e felci arborescenti, un quarto di bassi cespugli, liane decombenti e specie erbacee di grande sviluppo e finalmente uno strato erbaceo, aderente al terreno, molto ricco specialmente di felci, che vi sostituiscono spesso tutte le altre piante erbacee dominanti e di briofite. Le foreste pluviali subantartiche sono invece dominate da varie specie di Nothofagus (N. Menziesii, N. fusca, N. Cliffortioides, N. Solandri, N. truncata), che è un sottogenere dei Fagus dell'emisfero boreale, rappresentato anche nell'estremità sud-occidentale del continente americano; e sono assai meno ricche di vegetazione arbustacea di liane e anche di felci.
Le boscaglie, spesso secondarie alla distruzione delle foreste, ma talora anche primitive, sono assai spesso formate da Leptospermum scoparium misto, a seconda dei luoghi e in proporzioni differenti, a specie dei generi Dracophyllum, Gaultheria, Leucopogon, Gahnia, Olearia, ecc.; in altri casi da specie del genere Cassinia; o infine costituite essenzialmente da Pteridium esculentum, specie molto significativa per il paesaggio neozelandese.
Le formazioni erbacee si distinguono anzitutto per l'aspetto delle loro Graminacee, cespitose, a foglie filiformi e convolute o a culmi gracili e slanciati, e vengono abitualmente classificate in due categorie: Low e Tall tussock grassland. Le prime sono essenzialmente costituite da specie dei generi Festuca e Poa, le seconde (particolarmente frequenti nei distretti di South Otago e Stewart) da varietà della Danthonia Raoulii. Una quantità di specie secondarie, appartenenti a 104 generi (28 famiglie) per il primo tipo, 50 generi (22 famiglie) per il secondo, accompagnano le Graminacee dominanti. Consorzî principalmente formati dai generi Typha, Phormium e Carex e da cespugli di Leptospermum scoparium e Cordyline australis determinano la fisionomia speciale della vegetazione dei terreni acquitrinosi.
In un paese così spiccatamente montuoso com'è la Nuova Zelanda, le variazioni della vegetazione dipendenti dall'altimetria presenterebbero un'importanza notevole, se il carattere oceanico del clima, tanto spiccato da consentire la discesa delle fronti dei ghiacciai in seno alle formazioni forestali, non favorisse le interferenze fra i popolamenti dei diversi piani altimetrici. In ogni modo nella parte superiore delle catene montuose le foreste assumono un aspetto caratteristico per il predominio di specie del genere Nothofagus, dalle Conifere Libocedrus Bidwillii e Phyllocladus alpinus, dalle Malvacee Hoheria Lyallii e H. glabrata, dalla Epacridacea Dracophyllum Traversii. La vegetazione cespugliosa di questi boschi montani è molto varia (Olearia, Senecio, Hebe, Dracophyllum); le liane (Clematis, Rubus, Muehlenbeckia, Helichrysum) vi assumono un'importanza minore, che non nei boschi delle zone inferiori; le epifite sono abbondantemente rappresentate da briofite e da licheni, insieme con felci, e infine le parassite dai generi Korthalsella, Elytrante (su Nothofagus) e Tupeia (su Hoheria). I tratti scoperti, intercalati fra le formazioni forestali, sono per lo più occupati da colonie di Graminacee (Festuca, Danthonia) miste a specie varie (Celmisia, Raoulia, Senecio, Aciphylla, Ourisia, Gentiana, ecc.), assumenti talora interessanti forme di adattamento (come i pulvini compatti del genere Raoulia). Questi particolari caratteri delle formazioni erbacee montane si accentuano nella porzione cacuminale delle catene montuose, dove appunto il predominio è assunto dal componente antartico.
È comprensibile che un paese così intensamente sfruttato com'è la Nuova Zelanda abbia risentito in modo sensibile, anche all'infuori delle aree coltivate, l'azione trasformatrice dell'uomo civile. Il paesaggio vegetale primitivo si è infatti profondamente modificato, nelle provincie più densamente abitate, per l'invasione di specie europee che ne hanno assunto la dominanza, e la Nuova Zelanda è anzi diventata la regione tipica per lo studio dei fenomeni di questa natura. Basterà accennare qui a questi fatti e alle ricerche del Thomson e del Cheseman sull'argomento.
Fauna. - La fauna di questo gruppo d'isole offre notevoli peculiarità. I Mammiferi sono oltremodo scarsi: vi sono rappresentati da alcuni Pinnipedi, due Chirotteri e un topo, oltre al problematico Waitoteke, mai catturato, simile a una lontra, e che si suppone sia invece un monotremo. Numerosi gli Uccelli, rappresentati da ventisette famiglie, quattro delle quali proprie della regione. Tra queste notevolissima è quella degli Apterygidae, costituente da sola l'ordine degli Apteriformes, con sei specie dette Kiwi. Altri uccelli notevoli, ma di recente estinti, sono i Dinornis. I Kiwi, i Dinornis (dei quali furono descritte venticinque specie) come pure gli Stringops (due specie di pappagalli proprie delle isole neozelandesi) e alcuni Rallidi, sono forme inette al volo. Notevole è l'esistenza nella Nuova Zelanda dell'Ocydromus, ultimo rappresentante dei Rallidi apteniani, i quali hanno rappresentanti fossili non solo nella Nuova Zelanda, ma anche in varie isole australiane e nel Madagascar.
Assai povera è l'erpetofauna. Oltre a circa una ventina di lucertole della famiglia dei Geconidi e Scincoidi, è da segnalare la presenza dell'interessante Hatteria punctata, ultimo residuo e attuale rappresentante del gruppo rettiliano estinto dei Prosauri. L'Hatteria non è diffusa in tutte le isole neozelandesi, ma è localizzata in alcune isolette della Baia di Plenty, nell'Isola Settentrionale. Mancano nella Nuova Zelanda gli Ofidî e le testuggini.
Gli Anfibî sono rappresentati da due specie di rane. Fra i pesci di acqua dolce vi sono famiglie notevoli dal punto di vista zoogeografico. Tra queste i Salmonidi proprî dell'emisfero settentrionale hanno rappresentanti nella Nuova Zelanda. I Galaxidi, diffusi nel Chile e nell'estremo sud dell'America Meridionale nel Capo di Buona Speranza e alle Isole Falkland, hanno, nella Nuova Zelanda, il genere Neochauna e parecchie specie del genere Galaxias. Nella Nuova Zelanda vi sono anche rappresentanti dei Peripatidi (Onicofori), mentre vi fanno difetto gli scorpioni e i granchi terrestri. Caratteristico è un gruppo di Molluschi del genere Athoracophorus i cui rappresentanti si nutrono, caso eccezionale fra gli animali, di felci.
Popolazione. - La popolazione indigena è rappresentata dai Maori, ridotti oggi (1933) a circa 71.000 individui (v. sotto: Etnologia). Maggiore importanza degl'indigeni hanno però oggi gl'immigrati bianchi e i loro successori, che rappresentano ormai quasi la totalità della popolazione dell'arcipelago (1.465.833 ab.). Oggi la Nuova Zelanda è la più britannica delle colonie inglesi, rappresentando i 19.000 stranieri che vivono nell'arcipelago soltanto l'11/3% della popolazione totale. I tre quarti degli abitanti sono nati nella colonia da progenitori britannici, gli altri sono immigrati dall'Inghilterra, dalla Scozia, dall'Irlanda e in minor numero dalla Scandinavia, dalla Danimarca e dalla Germania. Scarsamente rappresentati gli Americani; di nessuna importanza numerica gl'Italiani. Un tempo vi erano alcuni Dalmati, molto apprezzati come operai nell'estrazione della resina del kauri, ma anche la loro immigrazione venne poi proibita dall'Immigration Restriction Act del 1899, particolarmente rigoroso contro gli Asiatici - Cinesi, Siriani, Indiani - ridotti a 5500 individui, dei quali 3200 sono Cinesi.
Centri abitati. - Anche nella Nuova Zelanda è accentuato il fenomeno dell'urbanesimo. La popolazione che vive in centri superiori ai 5000 ab. supera di molto la popolazione rurale. Non c'è però alcuna città che raggiunga i 250.000 ab. Auckland, la città più popolosa del dominion, conta solo 219.800 ab.
Altre due superano i 100.000 ab. (la capitale Wellington con 145.900 ab., e Christchurch con 130.000 ab.); una, Dunedin, ha 85.080 ab., e 24 superano i 10.000 ab. Oltre alle quattro maggiori città che sono anche i quattro primi porti commerciali e i principali centri della grande industria sono da ricordare, nell'Isola Settentrionale, Gisborne (15.670 ab.); Napier (19.060 ab.); New Plymouth (17.210 ab.); Wanganui (27.630 ab.) e nell'interno Hamilton (17.460 ab.); Palmerston North (21.280 ab.) e il centro turistico di Rotorua; nell'Isola Meridionale, Timaru (17.890 ab.); Nelson (12.250 ab.); Invercargill (23.310 ab.).
Produzione e commercio. - Le basi economiche della regione sono rappresentate dall'agricoltura, dall'allevamento e dalla produzione mineraria.
Oltre due terzi dell'area neozelandese sono adatti all'agricoltura. Tuttavia soltanto 7.737.095 ettari di terreno, pari a circa un terzo dell'area totale, si trovavano coltivati nel 1929. L'abbondanza di erbe foraggere permette l'allevamento di greggi assai numerose che, dati gl'inverni miti, trovano durante tutto l'anno pascoli verdi. Nel 1929 si avevano 29.051.382 ovini rispetto ai 91/2 milioni di pecore censite nel 1870; 3.445.790 bovini, rispetto al milione e mezzo del 1901; 298.986 cavalli e 556.732 maiali. Gli ovini, che prosperano specialmente nelle pianure semiaride del versante orientale dell'Isola Meridionale e in quasi tutta l'Isola Settentrionale, sono allevati ancor più che per la lana, per la carne che, congelata, viene anche largamente esportata. Nel 1926-27 si sono venduti 2.264.947 ovini macellati e 5.310.114 agnelli, in buona parte consumati in paese. Assai variabile è la produzione annua della lana, alquanto più grossolana di quella australiana: nel 1927-28 se ne esportarono 227.389.554 libbre, pari a 1.031.439 q.
L'allevamento dei bovini e la conseguente industria del caseificio, assai progredita e regolarmente consorziale, sono assai sviluppati ovunque, ma specialmente nelle fertili regioni prative dell'Isola Settentrionale, dove si hanno ottime bestie sia da latte sia da carne, ottenute mediante incroci delle migliori razze britanniche. Notevole quindi l'esportazione, sia delle carni congelate sia dei latticinî. Dopo la lana infatti, di cui nel 1928 si ebbe un'esportazione di 16.679.098 sterline, vengono subito dopo fra i prodotti esportati il burro (11.302.667 Lst.), la carne congelata (10.309.662 Lst.) e il formaggio (6.693.951 Lst.) e, al 12° posto, il latte conservato (392.452 Lst.).
L'agricoltura è meno importante dell'allevamento e dell'industria estrattiva. Il clima, generalmente troppo umido, non è dei più adatti per la coltura del grano, la cui produzione nel 1929 fu di 3.110.795 hl. Il frumento è coltivato specialmente nei Canterbury Plains, soleggiati e poco piovosi, i quali dànno l'83% del raccolto frumentario totale. L'avena (1.114.127 hl.) prospera specialmente nella regione montuosa e nell'Otago che da solo fornisce l'80% della produzione totale. Il mais invece (124.000 q.) cresce nell'Isola Settentrionale. Seguono poi l'orzo (170.000 q.), la patata (1.145.000 q.), i legumi e le erbe foraggere, il phormium o lino neozelandese e, nel distretto di Nelson, il luppolo. Fiorente è anche la frutticoltura: nella Penisola di Auckland prosperano le frutta mediterranee; altrove invece le frutta proprie dell'Europa temperata, quali le pesche, le albicocche, le pere e più le mele, largamente esportate tanto fresche quanto conservate. Assai limitata è invece, nel territorio della Nuova Zelanda, la viticoltura.
Il bosco, assai ridotto, occupa ancora un'area di 50.000 kmq. circa e fornisce diverse qualità di legni utili oltre a varie specie di cortecce concianti e alla pregiata resina del kauri.
Fra i minerali abbondano specialmente l'oro, il ferro e il carbone. All'oro deve anche la Nuova Zelanda l'inizio del suo sviluppo demografico ed economico. Dal 1853 ad oggi la produzione aurifera fruttò un centinaio di milioni di sterline; attualmente la produzione media annua, assai diminuita, è di circa 500.000 sterline. Le località aurifere più rinomate sono lungo la costa O. dell'Isola Meridionale, nell'Otago e presso Auckland. Il carbon fossile e le ligniti abbondano anche nel bacino del Waikato, nell'Otago e nella zona occidentale delle Alpi. Il fabbisogno del paese è per il carbone superiore alla produzione, valutata intorno a 21/4 milioni di tonnellate all'anno. Estesi, ma ancora poco sfruttati sono i giacimenti di minerali di ferro. Nel 1928 si ebbe una produzione d'argento di 44.416 sterline. Presso New Plymouth e altrove furono anche scoperti pozzi petroliferi. Nelle regioni vulcaniche ricchissime sono anche le solfatare. Fra le pietre pregiate importante è la nefrite, già usata anche dai Maori. La Nuova Zelanda è poi potenzialmente ricchissima di carbone bianco. Attualmente si producono solo circa 149.486 cavalli di energia, ma il paese potrebbe fornirne per oltre 4 milioni.
La guerra mondiale ha favorito anche nella Nuova Zelanda lo sviluppo di nuove industrie, in seguito protette dalla concorrenza straniera mediante alte tariffe doganali. Solo le industrie pastorali però hanno una grande importanza e producono, oltre che per il fabbisogno interno, anche per l'esportazione. Esse rappresentano oltre il 61% del valore totale dei manufatti (le sole industrie dei latticinî e delle carni congelate costituiscono il 48% di tutti i prodotti industriali). Le industrie forestali tengono il secondo posto col 10%; le industrie agricole il terzo col 9% e le metallurgiche il quarto col 7%; del valore totale dei prodotti industriali. Tutte le altre industrie insieme forniscono solo il 13% della produzione industriale complessiva, valutata nel 1928 - esclusa quella delle miniere e delle cave - a 87.732.003 sterline.
Assai attivo è il commercio esterno, che nel 1928 ha raggiunto l'alta cifra di 101.074.747 Lst., delle quali 44.886.266 per le importazioni e 56.188.481 per le esportazioni; sì che per ogni abitante si ha un movimento commerciale di oltre 67 Lst. all'anno. L'importazione interessa specialmente manufatti delle più varie industrie, prodotti coloniali, bevande alcooliche, petrolio e benzine, ferro e oggetti di ferro; le esportazioni, specialmente lana, carne congelata e altri prodotti animali, quali burro, formaggio, grassi, cuoi e pellami, poi oro, legname vario, resina del kauri e lino neozelandese. Oltre due terzi del commercio estero si svolgono con l'Inghilterra (52% delle importazioni; 79% delle esportazioni), a cui seguono gli Stati Uniti (16% import., 7% esport.), l'Australia (13% import., 6% esport.) e il Canada (rispettivamente 8% e 4%), quindi il Giappone, la Francia, la Germania e l'India.
Comunicazioni. - Il commercio esterno della Nuova Zelanda è esercitato quasi completamente mediante navi inglesi o australiane o degli Stati Uniti.
Al 31 dicembre 1932 la marina neozelandese risultava costituita da 519 navi per tonn. lorde 214.752; predominano i piroscafi (tonn. 190.965); i velieri, a datare dal 1907, sono diminuiti rapidamente, riducendosi da 323 unità a 58 (per tonn. 6613). Di questo naviglio, circa 55 mila tonn. sono impiegate nel traffico internazionale (occorre però aggiungere una parte della flotta della Union Steamship Co. of New Zealand, che è immatricolata nei porti britannici). I servizî di cabotaggio segnano un grande regresso, imputabile sia allo sviluppo recente degli autotrasporti, sia alla costruzione delle due arterie ferroviarie: Main Trunk Railway (fra Auckland e Wellington) e Midland Railway. I porti più importanti d'immatricolazione del naviglio sono Wellington, Auckland e Dunedin. Il governo ha corrisposto sovvenzioni postali a datare dal 1869. Nel 1934 erano sovvenzionati i servizî mensili New Zealand-Vancouver e Wellington-San Francisco; spesa complessiva sterline 40.500. Il cabotaggio non è riservato; le marine che vogliano intraprenderlo devono però adottare per i proprî equipaggi le stesse paghe e le stesse tabelle di armamento stabilite per i marittimi neozelandesi. Le navi sovvenzionate godono anche grandi riduzioni nei diritti portuali.
Il movimento portuario del 1928 fu di 601 navi entrate e di 605 uscite per un tonnellaggio netto rispettivamente di 2.180.883 tonnellate e di 2.210.208 tonn. Nulla l'importanza delle linee fluviali, scarsa quella delle strade ordinarie, notevole invece quella delle ferrovie. La rete ferroviaria, di 5092 km., è particolarmente sviluppata nell'Isola Settentrionale, meno montuosa e meno accidentata. La lunghezza complessiva dei fili telegrafici è di 22.798 km. e gli uffici postali sommano a 1954.
L'aviazione dipende dal Ministero della difesa. Esiste un Aero Club affiliato al Reale Aero Club della Gran Bretagna, che mira a far progredire l'aviazione commerciale. Sinora non sono state istituite linee aeree regolari, specialmente a causa della depressione economica, ma alcune società hanno intrapreso servizio di tassì aereo. Funzionano anche, in parecchie città, aereo-clubs per apparecchi leggieri.
Cavi sottomarini, che hanno le loro stazioni ad Auckland, Wellington, Nelson e Mangonui, e 5 potenti stazioni radiotelegrafiche uniscono per le comunicazioni celeri l'arcipelago col resto del mondo.
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Ordinamento.
Costituzione. - Il Dominion della Nuova Zelanda, creato con l'ordine in Consiglio di S. M. Britannica del 26 settembre 1907, deriva dall'antica colonia autonoma dello stesso nome; la quale con la legge del 1875, sopprimente le provincie per attribuire le funzioni dei loro sovraintendenti al governatore, perdeva quella specie di carattere (nell'amministrazione almeno) federale che rispecchiava le origini storiche di essa. Alla testa del Dominion sta un governatore generale (così dal 1917 fu chiamato l'antico governatore) nominato dal re e rappresentante la Corona inglese. Questi, oltre al potere esecutivo esercitato per il tramite del Consiglio esecutivo (ministero di fiducia delle camere, davanti alle quali è responsabile) partecipa anche (come il re in Inghilterra) del potere legislativo, avendo diritto d'iniziativa come di sanzione, di veto o di rinvio delle leggi da approvarsi o approvate dall'Assemblea generale. Questa si compone di due Camere: un Consiglio legislativo, composto di 22 membri nominati dal governatore per un periodo di 7 anni, ma; con possibilità di riconferma; e una Camera dei rappresentanti, composta di 80 membri, eletti per un periodo di 3 anni con suffragio universale (maschi e femmine adulti), dei quali membri, 4 devono essere Maori, eletti dai 4 distretti elettorali maori. Un Alto Commissario rappresenta a Londra il Dominion con funzioni di carattere semidiplomatico, oltre che commerciale e finanziario.
Forze armate. - Esercito. - L'esercito della Nuova Zelanda è organizzato col sistema delle milizie a reclutamento volontario. Esso comprende un piccolo nucleo di militari in servizio permanente e l'esercito territoriale. I militari in servizio permanente (circa 500) costituiscono i quadri per l'addestramento dell'esercito territoriale e custodiscono le opere fortificate e i magazzini di materiale bellico. Nell'esercito territoriale (circa 15.000 uomini) vengono addestrati, durante brevi periodi d'istruzione annuale, i cadetti e i militari di truppa che volontariamente si sottopongono all'istruzione militare. L'arruolamento volontario ha la durata di 5 anni per i militari in servizio permanente, di 3 anni nell'esercito territoriale; sono consentite successive rafferme.
Marina militare. - La marina della Nuova Zelanda, come quelle degli altri Dominions inglesi, è costituita da unità della marina inglese, costruite o anche semplicemente armate e mantenute a spese della Nuova Zelanda stessa. È da notare però che negli ultimi anni la Nuova Zelanda ha notevolmente ridotto il bilancio della sua maririna, per cui questa, che in passato aveva perfino un incrociatore da battaglia, non conta attualmente che unità piuttosto antiquate. Anche per la marina della Nuova Zelanda vige l'abitudine di frequenti scambî di unità e di personale con la marina inglese, intesi a mantenere uniforme l'allenamento.
Le unità della marina neozelandese sono attualmente (1934) le seguenti: incrociatori leggieri: Diomede e Dunedin, varati rispettivamente nel 1919 e nel 1918, da 4840 e 4700 tonn. e 29 nodi, armati con 6/152, 3/102 antiaerei e 4 tubi di lancio trinati sopracquei da 533; nave scuola Philomel, vecchio incrociatore protetto varato nel 1890, da 2630 tonn. e 19 nodi; dragamine Wakakura, da 500 tonn. e 10 nodi; cannoniere Veronica e Laburnum.
Aviazione. - L'aviazione militare della Nuova Zelanda comprende una ventina di apparecchi e circa 125 uomini tra ufficiali e soldati; essa dipende direttamente dal Ministero della difesa.
Culti. - Le prime missioni anglicane incominciarono nel 1814; seguirono poi quelle dei metodisti wesleyani inglesi, quelle cattoliche, ecc. Per la chiesa anglicana ebbe grande importanza l'opera di G. A. Selwyn (1809-1878), che, mandato nella Nuova Zelanda come vescovo nel 1841, nel 1854 riuscì a ottenere che si consacrassero anche altri vescovi e che si desse alla chiesa locale un'organizzazione autonoma; l'ordinamento da lui elaborato prima di lasciare la Nuova Zelanda (1867) servì di modello alle altre chiese anglicane coloniali. Attualmente la gerarchia anglicana comprende l'arcivescovato di Auckland e le diocesi di Christchurch, Dunedin, Nelson, Waiapu, Waikato e Wellington, oltre a un vescovato speciale (Ao tea roa) per i Maori.
La gerarchia cattolica comprende l'archidiocesi di Wellington (1848; metropolitana dal 1887) e le diocesi di Auckland (1848), Dunedin (1869) e Christchurch (1887).
Lo stato assicura la libertà religiosa e non sussidia alcuna confessione.
I dati statistici sono i seguenti (1926):
Per le popolazioni indigene, in quanto non convertite al cristianesimo, v. appresso: Etnologia.
Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - Le entrate principali di quella parte del bilancio della Nuova Zelanda che è detta Fondo consolidato sono costituite dai dazî doganali, dalle imposte di consumo, dall'income tax e dalle tasse di bollo; tra le spese hanno particolare importanza quelle per il servizio del debito pubblico, per l'educazione nazionale e per le pensioni. Per le ferrovie, per le poste, per i telegrafi e i telefoni sono istituiti bilanci separati.
Entrate e spese del Fondo consolidato (milioni di sterline):
Il debito pubblico al 31 marzo 1933 ammontava a 282,6 milioni di cui 66,7 di debito di guerra e il resto contratto quasi tutto per opere pubbliche (ferrovie, impianti idroelettrici, telegrafi, telefoni, ecc.).
Moneta e credito. - L'unità monetaria è la lira sterlina; la circolazione è composta quasi esclusivamente di biglietti emessi dalle sei banche autorizzate all'emissione (di cui solo due, la Banca della Nuova Zelanda e la Banca nazionale della Nuova Zelanda, sono neozelandesi; le altre sono australiane) e garantiti da una riserva aurea non inferiore a 1/3. Al 31 dicembre 1932 i biglietti in circolazione ammontavano a 6,3 milioni di sterline e la riserva a 5,1.
Storia.
La Nuova Zelanda non era, sino alla fine del quarto decennio dell'Ottocento, stabilimento coloniale di qualche rilievo. Una comunità inglese stabilitasi in essa nel 1825 aveva dovuto abbandonarla terrorizzata; un tentativo di presa di possesso del barone Thierry, nel 1835, veniva lasciato cadere dal governo francese. Solo nel 1839 si creava in Inghilterra, promossa dai fautori della "colonizzazione sistematica" del Wakefield, una Compagnia della Nuova Zelanda, sotto i cui auspici partiva alla volta dell'arcipelago degli antipodi una prima spedizione organizzata dal governo, al tempo stesso che una spedizione analoga partiva con gli stessi fini dalla Francia. Nel 1840 le navi inglesi, precedendo di qualche giorno soltanto quelle francesi, toccavano la Nuova Zelanda e ne prendevano formalmente possesso. L'anno dopo l'arcipelago, posto in un primo momento sotto la giurisdizione della Nuova Galles del Sud, veniva eretto in colonia; tanto rapido ne era stato lo sviluppo. Se infatti i primi coloni importati dalla Compagnia gettavano le fondamenta di Wellington e i successivi quelle di Nelson, il primo luogotenente governatore, capitano Hobson, con i suoi soldati e funzionarî gettava le basi di Auckland; avventurieri e trafficanti davano origine a Russell; episcopali inglesi, presbiteriani scozzesi e nonconformisti fondavano rispettivamente Christchurch, Dunedin e New Plymouth, stabilimenti a tipo confessionale. Una tinta poi economico-sociale uniforme, fra tanta varietà di origini e molteplicità di centri irradiatori (fatto questo che differenzia la Nuova Zelanda dalle colonie australiane sorte da centri unici) dava all'arcipelago intero la grande pastorizia capitalistica installatasi con gli allevatori australiani (della Nuova Galles del Sud e dell'Australia meridionale in specie), attratti in esso come dall'eccellenza dei pascoli, così dalla buona fama acquistatasi subito dalla nuova colonia. Questa, fatta sede sino dalle origini di una classe media di coltivatori anziché di deportati, imbevuta per opera specialmente dell'elemento scozzese di principî quanto mai democratici, vedeva infatti il sistema wakefieldiano della colonizzazione sistematica, applicato senza esagerazioni, fare sul proprio suolo la prova migliore.
Nel 1852 la colonia, che albergava ormai un 30 mila ab., ma vedeva già schiudersi pur essa, come le colonie australiane, nuovi e ben più vasti orizzonti demografici ed economici con le scoperte aurifere (nel solo decennio 1860-1870 la produzione aurifera passò da Lst. 48.981 a 20.290.000; mentre la popolazione, di 26.707 ab., senza gl'indigeni, nel 1851, era di 99.022 al 1861 e di 256.260 nel 1871), otteneva l'autonomia coloniale. Nel 1907 poi la Nuova Zelanda, la quale si era tenuta in disparte dal movimento per la costituzione del Commonwealth of Australia, otteneva il titolo di Dominion, a ulteriore riconoscimento dell'indipendenza sostanziale, se non nominale, dalla madrepatria.
Posto poi dalle vicende della guerra mondiale, cui bravamente partecipava, e dall'elaborazione della pace su un piede internazionale di uguaglianza giuridica con la metropoli, e divenuto membro originario della Società delle nazioni, il Dominion della Nuova Zelanda otteneva a titolo di mandato coloniale le Samoa occidentali già tedesche (2572 kmq. con 38.500 ab.).
Nel frattempo la società neozelandese si era andata integrando e trasformando con l'aumento della popolazione (772.719 abitanti nel 1901; 1.008.468 nel 1911, di cui solo 50.000 indigeni Maori ormai civilizzati); con lo sviluppo dell'industria manifatturiera aggiuntasi alla mineraria e alla progrediente agricoltura (nel 1910 il Dominion aveva già 3.519 stabilimenti con 46.000 operai e una produzione di 30 milioni di sterline); e infine col grande incremento commerciale (già prima della guerra, nel 1912, il Dominion alimentava un commercio di Lst. 21 milioni all'importazione di cui quasi 121/3 dal Regno Unito, e di Lst. 213/4 all'esportazione, di cui oltre 163/4 per il solo Regno Unito). Rimanevano però ancora insoluti, quando non fatti ancora più aspri, i grandi problemi dell'epoca della colonizzazione: praticamente alla radice di tutti il problema fondiario, ogni giorno più preoccupante col crescere della popolazione, che si ammassava nelle città per mancanza di terre. Nel 1892 su un capitale fondiario di circa 59 milioni ed 1/3 di Lst., posseduto da quasi 39 mila proprietarî, oltre 324/10, cioè il 55%, appartenevano a poco più di 2.000 proprietarî soltanto; ancora nel 1901 la metà delle terre alienate apparteneva a sole 500 persone. Si spiegano così gli sviluppi della legislazione fondiaria neozelandese, mirante a facilitare in ogni modo l'accesso del lavoratore alla terra, dai primi piani di colonizzazione agraria statale a favore dei disoccupati di sir Julius Vogel nel 1870 alla limitazione delle superficie di terre demaniali acquisibili (leggi del 1870 e quella del 1892, assai più rigorosa); dal sistema della locazione perpetua delle terre (perpetual ease), locazione rinnovabile di 30 in 30 anni con diritto di preempzione a facili condizioni per il locatario, a quello della locazione a perpetuità (ease in perpetuity) cioè locazione per 999 anni con diritto di trasmissione ereditaria mediante il semplice pagamento del 4% sul prezzo di vendita; dalla tassazione del solo plusvalore fondiario a quella della proprietà assenteista; per arrivare - tendenzialmente almeno - alla nazionalizzazione del suolo. Inspirantesi a un concetto di socialismo agrario nella legislazione fondiaria, la classe operaia prevalente nel Dominion non svolgeva, a costo sia pure di oneri finanziarî ogni giorno più sproporzionati alla popolazione e al reddito della collettività, una politica meno ardita negli altri campi: dal campo della legislazione sociale (pensioni di stato per la vecchiaia che la Nuova Zelanda era il primo paese del mondo a creare, con la legge del 1898) a quello dei rapporti fra capitale e lavoro (arbitrato obbligatorio nel 1905; minimi di salario nel 1908, e così via), a quello perfino militare, la cui riorganizzazione a base di servizio obbligatorio, attuata nel 1910 su consiglio di lord Kitchener, portava tendenzialmente alla nazione armata.
La popolazione indigena.
Antropologia. - Parlando dell'antropologia dei Maori è opportuno dire insieme dei Moriori, perché il confronto permette essenziali deduzioni. Sono assai scarsi i rilievi sul vivente per gli uni e per gli altri. Da molti è stata menzionata la fisionomia speciale dei Maori, che è stata detta mediterranea o pseudomediterranea, con parecchia esagerazione. Il Giuffrida-Ruggeri, fondandosi su fotografie, credette di vedere nei Maori una specificazione particolare del tipo polinesiano, caratterizzata soprattutto da una faccia molto alta. In realtà detto tipo locale non è molto evidente, né è confermato dallo studio dei cranî. I caratteri fisionomici oscillano da un estremo "polinesiano" a un estremo "melanesiano", ma la variazione va assai più nel primo senso che nel secondo, vale a dire che non è mai raggiunta una vera fisionomia melanesiana. È perciò evidente la miscela dei due tipi, che del resto entrano nella composizione di tutti i gruppi insulari oceanici, verso NO. con prevalenza del tipo melanesiano, verso SE. con prevalenza del polinesiano. I dati craniometrici, fortunatamente abbondanti, permettono conclusioni più specifiche sulla storia di questi due gruppi.
La ricca serie di cranî maori studiata dal v. Luschan e illustrata con belle tavole permise a G. Sera di poter stabilire che la maggioranza di essi appartengono per l'altezza all'ortocefalia. Esiste poi un piccolo gruppo di cranî più larghi e più alti. Questi evidentemente rappresentano un afflusso di altra gente venuta posteriormente. L'esame per seriazione dei caratteri metrici indiziatorî, quali sono ad es. la larghezza bizigomatica, l'altezza facciale, permettono di concludere per l'esistenza dei due tipi suddetti in entrambi i gruppi di cranî stabiliti per l'altezza.
Per ciò che riguarda i Moriori, H. Poll, nel 1902, raccolse i dati metrici di 112 casi, pubblicati da diversi autori e credette di poterli dividere in tre gruppi di forma, il primo meso-ipsicefalo, il secondo meso-ortocefalo e il terzo dolico-ortocefalo. Sennonché il Sera, riesaminando quello stesso materiale, in base al suo metodo di analisi delle forme, constatò che il secondo gruppo di Poll non è ortocefalico, bensì subplaticefalo, cioè, se non proprio basso, inclinante verso la forma bassa del cranio cerebrale.
Le differenze che passano perciò fra il primo e il secondo gruppo non hanno valore raziale, come parve al Poll, ma in gran parte architetturale.
Il Poll procedette poi al confronto con 92 cranî di Maori, da lui raccolti nella letteratura, e sebbene constatasse che nei Maori non si può fare una distinzione in gruppi distanziati, come nei Moriori, stabilì anche nei Maori le percentuali relative ai tre gruppi.
Il Sera osservò che il procedimento è erroneo, in quanto che non si tratta di differenze percentuali, fra Maori e Moriori, degli stessi elementi, ma di elementi diversi, solo in apparenza accomunati dallo stesso indice orizzontale. In seguito a una minuta critica e a una nuova analisi dei dati relativi ai Maori e ai Moriori, il Sera arriva alle seguenti conclusioni:
I Moriori, tanto per il primo gruppo quanto per il secondo, manifestano di essere in complesso più prossimi al tipo polinesiano puro, non senza mescolanza però col melanesiano; i caratteri di quest'ultimo divengono più frequenti nei Maori, senza tuttavia dare luogo a una prevalenza numerica sui primi.
Dati i rapporti geografici delle due regioni relative, data la direzione da cui si possono solo immaginare provenienti i moti umani, la detta conclusione significa che su tutta la zona abbracciante la Nuova Zelanda e le Isole Chatham si dovette estendere in primo tempo uno strato umano a caratteri polinesiani, cui succedette un secondo strato di tipo melanesiano, la cui influenza fu assai meno forte nelle Isole Chatham.
Il secondo gruppo di cranî Moriori rappresenta una parte più antica e più mescolata con tipo melanesiano rispetto al primo gruppo, il quale rappresenta un avvento posteriore dalla Polinesia propria.
Il terzo gruppo nei Moriori rappresenta un avvento tardivo del tipo melanesiano.
Il Sera nega assolutamente che il secondo gruppo dei Moriori rappresenti un elemento tasmanoide. Tale elemento non poteva venire che per l'intermediario della Nuova Zelanda, in tempi in cui le connessioni continentali erano diverse, ma nella Nuova Zelanda manca l'elemento subplaticefalo. Il Sera ritiene che tanto in Tasmania quanto nelle Isole Chatham la platicefalia sia insorta per l'influenza del glaciale, influenza che nella Nuova Zelanda non si sarebbe fatta sentire, forse per l'esistenza di connessioni con terre site più al nord, che hanno permesso scorrimenti etnici, durante quell'epoca. Ciò implica la conseguenza importantissima che già al tempo del glaciale la miscela dei due tipi si era prodotta.
Etnologia. - I Maori, che la tradizione vuole pervenuti fino da 30 generazioni dalla leggendaria Hawaiki sotto la guida del loro capo Ngahue, nel nord dell'Isola Settentrionale - la tradizione conosce ancora il nome dei loro canotti - erano Polinesiani di pelle chiara, provenienti probabilmente dalle Tonga o dall'arcipelago di Cook. Essi trovarono la regione in mano di una popolazione di pelle scura (spesso chiamata Maruiwi) costituita da Melanesiani, verosimilmente già mescolati con elementi polinesiani, provenienti forse dalle Figi. Avanzando contro costoro, i Maori occuparono l'Isola Settentrionale e parte della Meridionale oltre alcune delle isole minori circonvicine: l'elemento scuro si conservò più a lungo nelle Isole Chatham, i cui abitanti (Moriori) vivevano pressoché nudi in capanne di erba assai primitive. Il processo di fusione si manifesta chiaramente nei caratteri raziali dei Maori d'oggigiorno; è incerto se i Maruiwi esercitassero anche un influsso culturale, se p. es. ad essi risalga l'accentuata antropofagia dei Maori.
I Maori erano agricoltori che piantavano la batata, il taro e i meloni (hue); varie felci, agarici e bacche e specialmente la nutriente radice del Pteridium esculentum, come i prodotti della caccia e della pesca, completavano l'alimentazione. Gli animali cacciati erano specialmente uccelli, quali il kiwi, e prima anche le specie ora scomparse di Dinornis [moa], e lungo le coste anche i cetacei: ma è una favola che i Maori siano diventati antropofagi dopo la distruzione del moa, per la mancanza di carne. I cibi erano preparati in forni a terra [umu]. L'unico animale allevato era il cane. Gli animali domestici (maiali, bovini, pecore) e le piante coltivate (specialmente le patateì importati più tardi hanno naturalmente mutato del tutto l'economia. I Maori abitavano in case rettangolari a pareti di legno e con alti tetti a due spioventi assai ripidi, che sporgendo sul davanti formavano come un altro, chiuso dinnanzi da un'asse intagliata alta 30 cm. e separato dal vero locale d'abitazione mediante una parete munita di porta e finestre. Facciata, stipiti, finestre e porte erano riccamente intagliate, specie nelle case per riunioni. Le finestre erano chiuse con stuoie di phormium. Il fumo del focolare usciva dal tetto. Più capanne formavano un villaggio (pa) chiuso da una siepe comune; spesso però i villaggi si presentavano come vere fortezze cinte di terrapieni, fosse e palizzate e diedero da fare anche alle armi dei coloni europei, specialmente quando erano costruiti su posizioni di difficile accesso. Per la conservazione delle provvigioni servivano appositi magazzini. Il vestito originariamente consisteva di un lungo mantello, appeso intorno alle spalle, fatto di phormium tenax e ornato di penne e conchiglie. I mantelli di penne di kiwi erano l'orgoglio dei capi. Gli uomini portavano i capelli legati in un ciuffo ornato di penne e di conchiglie; le donne li lasciavano cadere lisci sulle spalle. Il tatuaggio, veramente artistico, agli uomini si faceva almeno su tutta la faccia; alle donne per lo più soltanto sopra il labbro superiore e sul mento. Completavano l'abbigliamento orecchini d'osso, di conchiglie, di nefrite, ma specialmente il heitiki, ornamento di nefrite che si appendeva al collo. Il tipico heitiki, la cui origine e significato non sono chiari, rappresenta una figura maschile con una testa sproporzionatamente grossa piegata obliquamente sulle spalle; gli occhi sono formati da conchiglie incastonate, dalla grande bocca sporgono un dente per parte e nel mezzo la lingua; le mani hanno, come si osserva spesso anche nelle figure maschili scolpite nel legno, soltanto 3 o 4 dita e sono incrociate sul petto, le gambe sono piegate in dentro. Con semplici strumenti - scalpelli di nefrite, schegge di ossidiana e conchiglie - si sapevano costruire non soltanto case e masserizie, ma si facevano anche canotti straordinariamente resistenti, talvolta lunghi fin 20 m., senza bilanciere, mossi da remi e riccamente intagliati sia sulla carena sia sulla poppa. Specialmente l'arte dell'intaglio del legno aveva raggiunto una grande perfezione; stipiti e travature delle case, oggetti d'uso, armi, casse sono guarnite d'immagini in cui l'ornato (spirali e arabeschi) predomina in confronto delle figure di uomini e di animali. Spesso la faccia umana, contorta in una smorfia, è rappresentata con la lingua fuori il che è un segno di disprezzo; nelle danze di guerra si teneva sempre fuori la lingua. Si battevano con lance di legno munite di punte d'osso, con scuri con testa d'osso o di pietra, con mazze di basalto, d'osso di cetaceo o di nefrite dette mere; esse erano portate appese con una forte correggia intorno al polso. Piccoli giavellotti venivano scagliati con un propulsore flessibile (kotaha).
Crudeli, vendicative, superbe, le singole tribù erano fra loro in eterna guerra. Indimenticabile è l'opposizione eroica che esse fecero dal 1859 al 1870 alla prepotenza dei colonizzatori. I prigionieri venivano fatti schiavi o più spesso divorati; le teste venivano seccate e conservate come trofei di vittoria.
Il terreno e fino a un certo punto anche i viveri erano proprietà comune della tribù sopra la quale comandava il capo, sorretto dalla classe nobile (ariki). Egli doveva avere valore guerresco e capacità oratoria. Il segno della sua dignità era un bastone con intagliata una testa d'uomo dalla lingua sporgente (hani, taiaha). Sopra le tribù maggiori comandava un capo più potente. La poligamia era comune; i capi avevano spesso 6-10 mogli. Il capo, come tutto ciò che gli apparteneva, era tabu: alla sua morte gli schiavi venivano uccisi e alcune delle sue mogli lo seguivano volontariamente nella morte. I morti venivano di solito sepolti; più tardi le ossa venivano di nuovo esumate, avvolte in stuoie e da ultimo poste in luoghi inaccessibili. Le ossa dei capi venivano deposte in grotte, chiuse in casse intagliate con figure di uccelli, ma con faccia d'uomo. Poca influenza lasciavano ai capi i sacerdoti (tohunga), che con la potenza delle loro cerimonie proteggevano dagl'influssi cattivi la comunità e i singoli, mentre d'altra parte potevano esercitare influenze dannose sui loro nemici. Il vento e il tempo ubbidivano loro. Quando un fanciullo compiva gli 8 giorni lo battezzavano presso un fiume aspergendolo con un ramo immerso nell'acqua, mentre fra le benedizioni gli davano il nome. I sacerdoti non erano soltanto gli storici della tribù, essendo in loro custodia i bastoni di legno duro lunghi circa un metro, sui quali venivano numerate con incisioni le generazioni dei capi, ma erano anche i custodi della scienza religiosa e mitologica.
Ci sono molti miti intorno alla figura del demiurgo Maui che prese il sole in un laccio, pescò dal mare l'Isola Settentrionale (ika a Maui o Pesce di Maui) dalla forma di un gigantesco animale marino e da ultimo, dopo innumerevoli avventure nel tentativo di liberare gli uomini dalla maledizione della morte, trovò la morte egli stesso. I molti dei che governano il mondo derivano da Rangi e Papa, cielo e terra, che una volta si trovavano stretti uno sull'altro, finché furono separati a viva forza dai loro figli; ma Rangi e Papa, come tutto ciò che esiste, devono la loro esistenza a un dio supremo ma imperioso chiamato Io, il cui nome può essere pronunciato solo dai sommi sacerdoti e per motivi importanti. Egli è detto "quello senza padre né madre", "quello la cui faccia è nascosta", "l'eterno", "quello da cui ogni essere ha la sua origine". Egli abita nel cielo più eccelso, nel dodicesimo, dove c'è una pietra che mostra in maniera meravigliosa tutti gli avvenimenti avvenuti sulla terra. (Per il pantheon dei Maori cfr. polinesia).
I Maori, la cui vita tradizionale è stata completamente distrutta durante il sec. XIX, hanno molto sofferto sotto l'influsso della nuova civiltà. Il loro numero, che intorno al 1800 era calcolato almeno a 120.000, era sceso nel 1886 a 41.969. Da allora tuttavia col graduale adattamento al moderno tenore di vita e con l'aumentato benessere economico si può constatare un aumento dei Maori, divenuti da lungo tempo cristiani: nel 1933 il loro numero era di 71.500. (V. tavv. IX e X).
Lingua. - La lingua degl'indigeni della Nuova Zelanda è il maori, parola che significa, nella lingua stessa, "indigeno, schietto, buono"; si dice p. es. wai maori "acqua fresca"; nella lingua dell'isola di Pasqua, strettamente connessa con questa, maori significa "capace". Il maori appartiene alla famiglia delle lingue maleo-polinesiache (v. maleo-polinesiache, lingue), come si dimostra per mezzo di forme come rañi "cielo", waru "otto", inu "bere", che nel maleo-polinesiaco primitivo dovevano suonare la ñit, walu, inum, e che all'altra estremità del mondo maleo-polinesiaco, tra i Hova del Madagascar, hanno la forma lanitra, walu, inuna. Entro a famiglia delle lingue maleo-polinesiache, il maori forma con la lingua dell'isola di Pasqua, col tahitiano, il samoano, lo hawaiiano una più stretta unità, per la quale si adopera il nome di "gruppo polinesiaco". Questa più stretta parentela si manifesta, p. es., in parole come: maori e samoano tañata, tahitiano taata, hawaiiano kanaka "uomo".
La caratteristica del maori è la grande semplicità, o addirittura povertà, dei suoni e delle forme. I suoni non sono che quattordici: a, e, i, o, u; ñ (la nasale velare), n, m; r, w, h; k, p, t. Mancano dunque le spiranti e l. Nei casi, p. es., in cui altre lingue maleo-pol. hanno b, nel maori si ha p: figiano tabu "inviolabile, intangibile", maori tapu. La l del maleo-pol. primitivo si presenta come r: lañit "cielo", maori rañi; la s diventa h o scompare: maori he "uno" accanto a se di altre lingue, p. es. del bughi, iwa "nove" da un anteriore siwa. Da un antico p si ha nel maori wh: p. es. pari "razza (pesce)", maori whai.
Le due leggi fonetiche principali della famiglia maleo-polinesiaca, la legge del pèpèt (è indica la vocale indifferente, chiamata in giavanese pèpèt) e la legge R G H agiscono così nel maori:
I. Legge del pèpèt. - Un pèpèt del maleo-pol. primitivo si presenta nel maori come o: ènèm diventa ono. Anche il toba ha come il maori la vocale o, mentre p. es. nel bali si conserva il pèpèt (toba onom, bali hènèm).
II. Legge R G H. - La r (uvulare) del maleo-polinesiaco primitivo, che in certe lingue diventa g, in altre h, scompare nel maori: pari "razza" dà nel tagal pagi, nel daiak pahi, nel maori whai.
Un'altra riduzione fonetica notevole si deve alla caduta di tutte le consonanti finali: cosicché tutti i vocaboli maori finiscono in vocale. Per es., la parola takut "paura", diffusa in molte lingue maleo-polinesiache, si presenta come taku (nel derivato verbale mataku, v. sotto); la parola inum "bere" come inu, ecc.
La formazione delle parole è anch'essa molto semplice. Per il sostantivo esiste una sola sillaba derivativa; del resto i sostantivi sono invariabili.
Questa sillaba è -aña o -ña, che ha il significato dell'ital. -zione, per es. rui "dissipare", ruiña "dissipazione". La declinazione si effettua per mezzo di articoli e preposizioni come in italiano: te "il, la"; he "un, una"; a "di"; ki "a"; e "da". Così: te kuri "il cane", a te kuri "del cane", ki te kuri "al cane", e te kuri "dal cane". Anche il plurale si forma con una panicella, ña: kuri "cane", ña kuri "cani" (il tagalico forma il plurale per mezzo di maña, che non è se non ima forma ampliata, ma + ña: maori ña hara, tagal. maña sala "gli sbagli").
Semplicissima è anche la struttura del verbo. Mentre per lo più le lingue maleopol. si servono di sillabe formative per l'attivo, il causativo e il passivo, il maori ha perduto quelle dell'attivo tranne pochi resti: uno è il mataku che abbiamo visto sopra e che non è se non il prefisso verbale ma- (diverso dal ma- di maña) che si trova in molte lingue maleopolinesiache e la base taku. Suffissi vivi si hanno nel maori solo per il causativo e il passivo. Il prefisso del causativo è whaka-, corrispondente al paka- di molte lingue maleopol., p. es. del macassarese: maori inu "bere", whakainu "far bere" "abbeverare"; maori nui "grande", whakanui "ingrandire" (macass. lompo "grande", pakalompo "ingrandire"). Il passivo ha il suffisso -a, che si ritrova, sotto la forma originaria -an in molte lingue maleopol. e, ampliato in -ana, nella lingua hova. Si ha così: maori utu "pagare", utua "essere pagato" (hova uru "bruciare", uruana "essere bruciato"). Il verbo si coniuga per mezzo di pronomi personali e di avverbi temporali: p. es. ahau "io", kua "testé", utu "pagare": kua utu ahau "(io) ho pagato".
Il raddoppiamento di parole e di sillabe che in tutte le lingue maleopolinesiache è molto usato per indicare un rafforzamento, si riscontra anche nel maori, p. es. iti "poco", iti-iti "poco poco, pochissimo", inu "bere", iinu "bere spesso".
Dalle lingue del Pacifico di cui si tratta in questo articolo le lingue occidentali hanno adottato due parole kanaka e tabu (v.).
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