NUṢAIRĪ
Ī Setta musulmana sciita, che, per la sua teologia estremista e le sue pratiche, imbevute di elementi liturgici estranei alla legge islamica, sta quasi al difuori dell'Islām, ma a questo si riattacca per l'origine e per gran parte della terminologia religiosa, per quanto trasportata a concezioni extra-islamiche. I Nuṣairī, che recenti statistiche fanno salire a oltre 200.000, vivono nelle regioni montuose della Siria settentrionale, e, dopo la dissoluzione dell'impero ottomano, nel 1920 sono stati organizzati in stato autonomo, sotto mandato francese, col nome prima di territorio e poi di stato degli ‛Alawiti (v.), finalmente, dal 14 maggio 1930, con quello di governo autonomo di Laodicea (Lattaquieh, al-Lādhi-qiyyah). La loro presenza è segnalata presso scrittori arabi fin dal principio del sec. XI, e non è impossibile.,benché manchino notizie precise in proposito, che la loro costituzione in comunità religiosa autonoma stia in qualche relazione col grande movimento politico-religioso che nel sec. X tentò una trasformazione radicale dell'Islām sotto l'impulso di tendenze sciite estremiste (v. drusi; fatimiti; ismā‛īliti).
Il nome dei Nuṣairī, analogamente a quello dei Drusi, viene fatto risalire al loro fondatore Ibn Nuṣair, del quale peraltro pochissimo si conosce, ed è stato dato loro dai loro avversarî, mentre essi stessi s'intitolano (al pari di numerose altre scuole religiose islamiche) Ahl at-tawḥīd (i monoteisti per eccellenza). In realtà il loro sistema è opposto al monoteismo inteso come concezione di una divinità unica trascendente il mondo creato, ed è invece espressione di quelle correnti gnostiche orientali, le quali si colorarono, in territorio musulmano, di terminologia islamica, così come in Occidente avevano assunto, alcuni secoli prima, veste cristiana (v. gnosticismo). Il punto centrale della dottrina dei Nuṣairī è costituito dalla credenza in un principio supremo (Ma‛nà "significato" o "idea", nel senso di essenza) e in due sue ipostasi, Ism "nome" e Bāb "porta", la prima delle quali rappresenta il momento della manifestazione della divinità occulta, la seconda il veicolo di questa manifestazione (analogamente a quanto avviene nell'altra setta che da questa porta ha preso il nome: v. bābī, bābismo). Questi tre principî sono ritenuti assumere aspetto umano attraverso sette cicli, e nell'ultimo di essi si sono incarnati nelle persone di ‛Alī (che appare quindi completamente divinizzato e anteposto allo stesso fondatore dell'Islām), di Maometto e di Salmān al-Fārisī (un compagno di Maometto, d'origine persiana, che gode di grande venerazione in tutte le forme della tendenza sciita): le iniziali dei nomi di questi tre personaggi sono usate dai Nuṣairī per speculazioni cabalistiche. Dal Bāb Salmān emanano a loro volta altre cinque entità, che sono gli elementi creatori del mondo sensibile. A questa cosmogonia si accompagna il culto degli astri, considerati come sede della manifestazione della divinità, e la credenza nella reincarnazione delle anime. Le pratiche cultuali, di carattere nettamente esoterico, presentano alcune curiose analogie con riti cristiani: è tra l'altro in uso una sorta di comunione (col vino).
Non v'è dubbio che nella religione dei Nuṣairī (tenuta strettamente segreta dai suoi adepti, ai quali veniva fatto obbligo di apparire in palese quali musulmani ortodossi) sopravvivono elementi di antichi culti del paganesimo astrale siriaco. Tuttavia la tesi sostenuta dal Dussaud (che per primo ha studiato sistematicamente i Nuṣairī), secondo la quale questa setta non sarebbe se non un adattamento di tale paganesimo con poche e insignificanti formalità esteriori di dottrine islamiche, non può accettarsi tal quale; il processo di sincretismo, al quale hanno partecipato e la gnosi orientale e le dottrine politico-religiose dello sciismo, è molto più complesso, e presenta strette analogie con quanto si verifica presso le altre sette estremiste islamiche (v. anche sciiti; ahl-1-ḥaqq; yezīdi).
Il nome di ‛Alawiti, introdotto dall'amministrazione francese nel 1920, fu dovuto al desiderio delle poche persone istruite fra i Nuṣairī di far apparire la loro comunità come identica a quella degli Sciiti Imāmiti o Duodecimani e d'ottenere quindi non solo una specie di riabilitazione morale, ma anche tribunali proprî (istituiti nel 1922) giudicanti secondo il sistema giá‛farī degli Sciiti predetti.
Bibl.: R. Dussaud, Les Nosaïris, notes sur leur histoire et leur religion, Parigi 1900; I. Goldziher, Vorlesungen über den Islam, 2ª ed., Heidelberg 1925, pp. 250-252; H. Lammens, L'Islam, Beirut 1926, pp. 186-193; L. Massignon, in Actes du XVIIIe Congrès Int. des Orientalistes, Leida 1932 (comunicazione provvisoria); id., Salmân Pâk et les prémices spirituelles de l'Islam iranien, in Publ. de la Soc. des Études Iraniennes, n. 7, Tours 1934.