NUVOLO, Vincenzo, detto fra Nuvolo
NUVOLO (Nuvola, de Nuvola), Vincenzo (in religione Giuseppe), detto fra Nuvolo. – Figlio di Domenico, nacque a Napoli tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio 1570 (Miele, 1986, p. 169).
Entrato nell’Ordine domenicano come terziario a 21 anni, ricevette l’abito, con il nome di Giuseppe, il 15 agosto 1591, divenendo converso nel convento napoletano di S. Maria della Sanità dal 19 febbraio 1593. Inizialmente maestro d’ascia, i suoi primi lavori furono la realizzazione di infissi, tavoli e panche per i locali dei nuovi edifici conventuali e banchi per la chiesa (ibid.).
Nel 1587 la sede del convento di S. Maria della Sanità in Napoli era considerata insufficiente per accogliere i numerosi giovani che chiedevano di aderire all’Ordine; di qui la decisione di creare, sul piano del monte alle cui falde si apriva la primitiva chiesetta, un nuovo e più grande convento. Delle nuove fabbriche fu realizzato un modello in legno nel 1590, affidandone l’esecuzione al liutaio e stipettaio Orlando Rys (G. Filangieri di Satriano, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, VI, Napoli 1891, p. 357; G.B. D’Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani dai secoli XVI e XVII dalle polizze dei Banchi, in Archivio storico per le provincie napoletane, XLIV [1919], p. 273), proveniente dalla Frisia. Fu forse presso questo maestro che il giovane Vincenzo svolse il suo apprendistato, tanto che, più tardi, poté eseguire di persona i modelli lignei della chiesa e della cupola di S. Maria della Sanità, opere da lui stesso progettate (Miele, 1986, pp. 168 s.).
Dal 18 dicembre 1599 al 5 gennaio 1601 i documenti napoletani non forniscono notizie di fra Nuvolo; è perciò probabile che in questo periodo compisse quel viaggio di studio dell’architettura in Italia ricordato trent’anni dopo in una cronaca del suo convento (ibid., p. 169).
Non conosciamo le tappe di questo itinerario, che toccò probabilmente la Toscana e certamente Roma, dove fra Nuvolo poté venire a conoscenza dei progetti di Bramante e di Michelangelo per la basilica di S. Pietro e dove ebbe occasione di visitare le chiese vignoliane di S. Andrea sulla via Flaminia e di S. Anna dei Palafrenieri (Venditti, 1970, pp. 232 s.); come, di certo, dovettero interessarlo le opere di Giacomo Della Porta e di Francesco da Volterra principale sperimentatore di piante ovali nella Roma degli ultimi anni del Cinquecento, del quale era stata da poco terminata (1595) la chiesa di S. Giacomo degli Incurabili. Della cultura architettonica di fra Nuvolo dovettero far parte anche gli studi di Giovan Vincenzo Casale e di Giovanni Antonio Dosio, che furono a Napoli rispettivamente dal 1577 e dal 1590 (ibid., p. 233), insieme probabilmente almeno al Quinto e al Settimo librodell’architettura di Sebastiano Serlio, ai Quattro libri di Andrea Palladio e alle Instructiones di S. Carlo Borromeo.
Le prime e più importanti opere di fra Nuvolo, le più documentate e di cui sempre seguì i cantieri, sono certamente la nuova chiesa e il convento inferiore di S. Maria della Sanità. Il progetto, elaborato dopo il viaggio di istruzione, fu approvato tra il 1601 e il 1602 dagli architetti Domenico Fontana, Scipione Zuccaretto e Giovanni Battista Cavagna. Prima dell’inizio dei lavori, il 5 gennaio 1601, fra Nuvolo risultava ancora incaricato di eseguire anche modanature architettoniche del nuovo chiostro dello stesso convento (Miele, 1986, p. 204): dall’intaglio in legno era evidentemente passato all’intaglio del tufo. Giunto all’architettura dall’ebanisteria, rappresenta dunque la conferma che, sul finire del Cinquecento, gli architetti appartenenti a ordini religiosi spesso provenissero dal tirocinio della manualità artigiana.
Posta la prima pietra della chiesa nel 1602, partecipò alla costruzione, conclusa nel giro di otto anni, anche in qualità di direttore dei lavori, muratore e semplice manovale, dimostrando grandi capacità organizzative, al punto che, rispetto ai 70.000 ducati preventivati, non se ne spesero che 15.000 (Ghisetti Giavarina, 1989, p. 324).
Il risultato fu una chiesa dalla particolare spazialità, che allo schema policentrico derivato dai progetti per S. Pietro di Bramante e, ancor più, di Michelangelo, unisce anche «un singolare recupero, in senso ideale, della tipologia a cinque navate delle grandi basiliche costantiniane» (Venditti, 1970, p. 213), realizzato attenendosi anche allo spirito dei dettami di S. Carlo Borromeo con la rinuncia alla decorazione in favore di semplici membrature in stucco dipinte in grigio chiaro e grigio scuro, quasi richiamando «i colori dell’abito religioso che l’architetto indossava» (ibid., p. 214), o adottando per i pilastri di sostegno della cupola centrale un ordine ‘sintetista’ (Ghisetti Giavarina, 1989, pp. 324 s.).
La necessità di conservare l’antica chiesa catacombale fu risolta adattando la grotta a cripta ed elevando al di sopra di questa, aperta in una sorta di boccascena (sistemato da Dionisio Lazzari con scale in marmo intorno al 1678), l’altare maggiore con il coro. Nel 1606 veniva realizzata la sagrestia, a pianta ottagonale inscritta in un ellisse e con un ordine dorico dalle paraste piegate negli angoli; dal 1610 al 1614 venne eretto il campanile, composizione in cui sono riecheggiati i motivi dellaportiani delle torri di S. Atanasio dei Greci e di Trinità dei Monti a Roma, e il cui cupolino dalla sezione a dorso di delfino rappresenta un’anticipazione della cuspide a pera del campanile del Carmine.
Dal 1611, terminata la chiesa, si avviò la costruzione delle fabbriche conventuali a essa adiacenti, tra le quali è di particolare interesse il piccolo chiostro ellittico, terminato forse nel 1624 (Ceci,1920B) intimo spazio che è stato gravemente alterato nel XIX secolo con la costruzione del ponte della strada per Capodimonte. I lavori del convento continuarono per il resto della vita del frate architetto: nel 1633, per esempio, i frati – eseguendo assai probabilmente un suo progetto – acquistarono alcune case prospicienti la facciata della chiesa, per demolirle e creare uno slargo che potesse favorire il movimento delle carrozze; mentre, nel 1637, si proseguiva la tinteggiatura della chiesa.
Nel frattempo fra Nuvolo aggiornava secondo i dettami controriformisti altre chiese di Napoli: tra il 1603 e il 1608 dovette essere realizzato il suo progetto per la chiesa di S. Maria di Costantinopoli (Ambrasi, 1976, p. 36), dove lo schema a navata unica con cappelle, breve transetto e cupola – tipico del Rinascimento napoletano, a partire dalla chiesa di S. Caterina a Formello – venne integrato da cappelloni poligonali con nicchie nel transetto e da un profondo coro dietro l’altare maggiore, anch’esso a terminazione poligonale; anche per la chiesa di S. Pietro Martire nel 1607 venne approvato un suo progetto che prevedeva il completamento delle cappelle sul lato destro e la ricostruzione del transetto, dai bracci absidati in cui si aprono nicchie, del profondo coro e della cupola: aggiornamento simile a quanto, negli stessi anni, si andava realizzando a S. Maria di Costantinopoli. I lavori, diretti dallo stesso architetto, si conclusero due anni dopo con l’impermeabilizzazione della cupola in battuto di lapillo (Cantone, 1966, pp. 224-226); negli stessi anni realizzava anche il profondo coro poligonale, con cinque finestre e un oculo aperto nella volta, della chiesa di S. Maria della Salute (Ricciardi, 2006, p. 91).
Nel 1609 e 1610 la sua opera fu richiesta a Barra, per l’avvio dei cantieri della nuova chiesa di S. Maria della Sanità di quella località (Miele, 1986, p. 170), dove i domenicani possedevano delle terre e dove dal 1588 stavano realizzando un convento.
La chiesa, a navata unica e in origine con tre cappelle per lato – lontana quindi dalle fantasiose invenzioni del converso napoletano – fu ampliata tra il 1686 e il 1701 e a questa fase dei lavori è da riferirsi anche la cupola (A. Venditti, Le ville di Barra e di San Giorgio a Cremano, in R. Pane et al., Ville vesuviane del Settecento, Napoli 1959, p. 110 nn. 25, 28), per cui è difficile riconoscervi oggi l’eventuale contributo di fra Nuvolo.
Nel maggio 1611 è forse possibile riconoscerlo in un «fra Vincenzo», domenicano di Napoli e intagliatore, che eseguì pregevoli lavori di arredo ligneo nelle chiese di S. Pietro Martire e di S. Onofrio in Ascoli Piceno, e che, richiamato presto in patria dai superiori, non poté completare tali opere (G. Fabiani, Ascoli nel Cinquecento, II, Ascoli Piceno 1959, p. 261).
A lungo, tra il 1617 e il 1624, fu attivo per la Casa Santa dell’Annunziata di Aversa: qui progettò il braccio destinato alla ‘Clausura delle figliole’, le cappelle a destra della chiesa e la nuova sacrestia, per la quale disegnò anche la porta in marmo e l’arredo ligneo (Amirante, 1998), dimostrando di non aver del tutto abbandonato l’interesse per questa tecnica artistica. Ancora a Napoli, realizzò il chiostro ellittico del convento di S. Tommaso d’Aquino (1620 e 1635), distrutto, mentre nulla si può dire intorno alla decorazione di non meglio precisate cappelle nella chiesa del monastero benedettino dei Ss. Severino e Sossio (Strazzullo, 1969, p. 137), se non che si trattava di un lavoro eseguito dal marmoraio carrarese Costantino Marasi che testimonia la competenza di fra Nuvolo anche nel disegno di tarsie marmoree.
Della chiesa napoletana di S. Carlo all’Arena, iniziata forse nel 1623, la cupola fu terminata solo nel 1680 e rifatta nel 1837 con un sesto ribassato; all’architetto domenicano devono però essere attribuiti lo schema planimetrico ovale e la composizione architettonica dell’interno, con gli archi delle cappelle, consistenti in profonde nicchie, divisi da coppie di paraste in corrispondenza delle quali risalta leggermente la trabeazione, variazione di un tema bramantesco svolto su una parete in curva.
Nel 1630 disegnò il portale di S. Maria del Carmine a Capodichino (Nappi, 1999, p. 82, doc. 203), notizia che ha interesse perché dimostrerebbe come già da quell’anno l’architetto assumesse incarichi su commissione dei carmelitani.
Come scrive un cronista seicentesco (Filangieri di Satriano, 1885, p. 424), intorno al 1631 dopo la morte dell’architetto Giovan Giacomo di Conforto, fra Nuvolo fu eletto «ingegniero» del convento della chiesa di S. Maria del Carmine, dominante la vasta piazza del Mercato di Napoli, con l’incarico di portare a termine la costruzione del campanile.
Realizzata tra il 1615 e il 1623 dall’architetto Giovan Giacomo di Conforto, la torre, in tufo pipernoide grigio scuro, mattoni e marmo bianco di Caserta, presenta un basamento a base quadrata, di ordine tuscanico, rivestito di bugne piatte, sul quale s’innalzano tre livelli distinti dagli ordini dorico, ionico, corinzio; il quinto livello, a pianta ottagonale, è raccordato al quadrato di base per mezzo di volute. Fra Nuvolo la portò a compimento e «disegnò il molto rinomato cappello dello stesso chiamato il pero perché fatto a forma di pera carmosina» (ibid.), singolare coronamento suggerito all’architetto forse dalle macchine da festa a carattere effimero allestite a Napoli in occasione di eventi civili e religiosi e alla cui composizione potrebbe non essere estraneo anche un riferimento alla terminazione del pur diverso campanile di S. Biagio a Montepulciano.
Subentrato nel 1631 a Cosimo Fanzago nel cantiere della chiesa di S. Sebastiano – appartenente a un convento di suore domenicane, la cui cupola crollò nel 1939, mentre ciò che restava della chiesa fu più tardi completamente distrutto – fra Nuvolo seppe trasformarne il progetto iniziale conservando, del poco che era stato realizzato, la sola terminazione a pianta rettangolare del coro (Pane, 1989, pp. 313 s.) e innestando a questa una navata a pianta ellittica con sei cappelle distribuite simmetricamente lungo l’asse maggiore. Un atrio a pianta rettangolare contribuiva a bilanciare lo spazio del coro, sfruttando al meglio l’angusto spazio disponibile. Alla chiesa, eretta al di sopra di una precedente struttura quattrocentesca (Alisio, 1959, p. 372) ridotta a cripta, si accedeva mediante un’alta scalinata; un’alta cupola, coronata da lanterna, si configurava come un’emergenza sul vicino largo delle Fosse del Grano, oggi piazza Dante.
Tra il 1638 e il 1643 fu consulente per il nuovo monastero di S. Caterina da Siena e sono queste le ultime informazioni riguardanti la sua vita (Ricciardi, 2006, p. 100, n. 9). Ignoti sono il luogo e la data di morte, avvenuta, forse a Napoli, intorno al 1643.
La notorietà raggiunta dal frate è attestata anche da un documento romano del 1634 che lo definisce «architetto famoso, senza la consulta del quale non si fa quasi cosa principale in Napoli» (Miele, 1963); ma egli rimase per tutta la vita un religioso umile e disponibile. Alla sua fantasiosa capacità professionale resta legata la diffusione nel Meridione d’Italia delle cupole ricoperte di embrici maiolicati a colori (Pane, 1939, p. 77).
Fonti e Bibl.: C. Celano, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, per i signoriforastieri, Napoli 1692: Giornata prima, p. 285, Giornata seconda, p. 216, Giornata settima, p. 86; P.T. Milante, De viris inlustribus Congregationis S. M. Sanitatis eiusdem Ordinis, Napoli 1745, pp. 8 s.; V. Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani (1845-46), II, Bologna 1879, pp. 502 s.; G. Filangieri di Satriano, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, III, Napoli 1885, pp. 423 s.; G. Ceci, La fondazione del convento e della chiesa di S. Maria della Sanità, in Napoli nobilissima, s. 2, I (1920A), pp. 9-12; Id., Sculture e dipinti nella chiesa di S. Maria della Sanità, ibid. (1920B), pp. 94-97; R. Pane, Architettura dell’età barocca in Napoli, Napoli 1939, pp. 75-87; G. Alisio, Un’opera scomparsa di fra’ Nuvolo: la chiesa di S. Sebastiano, in La facoltà di architettura di Napoli. 1929-1959, Napoli 1959, pp. 371-374; M. Miele, La riforma domenicana a Napoli nel periodo postridentino, 1583-1725, Roma 1963, p. 296, n. 244; G. Cantone, Restauri antichi e nuovi nella chiesa di S. Pietro Martire, in Napoli nobilissima, s. 3, V (1966), pp. 220-232; F. Strazzullo, Architetti e ingegneri napoletani dal ’500 al ’700, s. l. [ma Napoli] 1969, pp. 135-137; A. Venditti, Fra’ Nuvolo e l’architettura napoletana tra Cinque e Seicento, in Barocco europeo, barocco italiano, barocco salentino. Relazioni e comunicazioni presentate al Congresso internazionale sul barocco, Lecce e Terra d’Otranto… 1969, a cura di P.F. Palumbo, Lecce 1970, pp. 195-248; A. Blunt, Architettura barocca e rococò a Napoli (1975), ed. it. a cura di F. Lenzo, Milano 2006, pp. 69-71, 282; D. Ambrasi, S. Maria di Costantinopoli in Napoli. La chiesa, la parrocchia, Napoli 1976; A. Spinosa - N. Ciavolino, S. Maria della Sanità. La chiesa e le catacombe, Napoli 1981; M. Miele O.P., Fra Nuvolo e Fra Azaria. Nuovi dati biografici sui due artisti napoletani del Cinque-Seicento, in Archivum fratrum praedicatorum, LVI (1986), pp. 153-205; G. Pane, Fra Nuvolo e Fanzago tra sperimentalismo e tradizione, in L’architettura a Roma e in Italia (1580-1621). Atti del XXIII Congresso di storia dell’architettura, … 1988, a cura di G. Spagnesi, Roma 1989, II, pp. 309-320; A. Ghisetti Giavarina, La prima esperienza di Fra’ Nuvolo: S. Maria della Sanità in Napoli, ibid., pp. 321-332; R. Mormone, Fra Nuvolo architetto in S. Maria della Sanità, in Napoli nobilissima, s. 3, XXXII (1993), pp. 161-183; M. Miele O.P., Personalità di Fra Nuvolo, ibid., pp. 184-190; Incontri di studio su Fra Nuvolo. Napoli… 1992, Napoli 1994; A. Ghisetti Giavarina, N., Fra Giuseppe, in The dictionary of art, XXIII, London-New York 1996, p. 319; G. Amirante, Aversa dalleorigini al Settecento, Napoli 1998, pp. 251s., 256; E. Nappi, S. Maria della Sanità: inediti e precisazioni, in Ricerche sul ’600 napoletano. Saggi e documenti, Milano 1999, pp. 61-76; G. Pane, S. Pietro Martire, in Il patrimonio architettonico dell’Ateneo fridericiano, a cura di A. Fratta, Napoli 2004, I, pp. 123-146; E. Ricciardi, I domenicani a Napoli. Chiese e conventi maschili nel XVII secolo, in Ricerche sul ‘600 napoletano. Saggi e documenti, Napoli 2006, pp. 91, 100.