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O dolci rime che parlando andate

di Vincenzo Pernicone - Enciclopedia Dantesca (1970)
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O dolci rime che parlando andate

Vincenzo Pernicone

. Questo sonetto (Rime LXXXV) si trova nell'importante codice Chigiano L VIII 305 del sec. XIV, seguito a breve distanza, nel medesimo foglio, da Parole mie, e in vari manoscritti del sec. XV, fra i quali l'Additional 26772 del British Museum, dove segue immediatamente a Parole mie, e il Trivulziano 1058 dove, invece, lo precede come nel Chigiano. Fu pubblicato nella Giuntina del 1527 nel Libro secondo della sezione dantesca, al terzo posto dopo Fresca rosa novella e Parole mie.

D. si rivolge al medesimo gruppo di rime a cui si era rivolto col sonetto Parole mie, dov'è espressamente detto che a capo del gruppo stava, cronologicamente, la canzone Voi che 'ntendendo, per esortarle a non dar retta alle parole del sonetto precedente dove, tra l'altro, della donna ‛ per cui errò ' si dice che in lei non v'è Amore, perché in esso non c'è cosa che amica sia di veritate (v. 8), e a recarsi dalla donna gentil che l'altre onora (v. 2) per raccomandarle un che si dole, il poeta stesso, sospirando per lei, disio dei suoi occhi (v. 14). Il problema cronologico di questo sonetto è il medesimo che si pone per Parole mie che lo precede di poco, se il poeta può dire, al v. 3 di O dolci rime: a voi verrà, se non è giunto ancora, ecc. Tutti e due, dunque, sono posteriori, oltre che a Voi che 'ntendendo, la prima del gruppo, alla ballata Voi che savete e alla canzone Amor che ne la mente, la quale, rispetto a Voi che savete presenta un aspetto analogo a quello esistente fra i due sonetti. In Amor che ne la mente si dice, infatti, che il suo contenuto è in contrasto con quello di una sua sorella (v. 74; certamente la ballata Voi che savete), la quale chiama fera e disdegnosa la medesima donna che la canzone fa tanto umil. Frequente alternanza, dunque, nel sentimento di D. verso la donna gentil, che ora gli appare degna di mirabile esaltazione, e ora disamorata e avversa. Il Barbi nell'edizione del '21 collocò i due sonetti alla fine del gruppo delle rime allegoriche e dottrinali (libro V), facendoli precedere anche dalle due canzoni Le dolci rime e Poscia ch'Amor. Appare più verisimile che le due canzoni siano posteriori ai due sonetti perché, mentre il sonetto O dolci rime lascia intravvedere l'intenzione del poeta di continuare a comporre versi per la donna (smentendo il proposito contrario che si legge in Parole mie), nella canzone Le dolci rime e, in modo più deciso, in Poscia ch'Amor, il poeta avverte che l'esperienza amorosa per la donna gentil è ormai conclusa. Il problema del nuovo amore di D. dopo la morte di Beatrice, se esso sia amore per la Filosofia e perciò allegorico, o per donna reale da identificare o no con la ‛ Donna gentile ' dei capitoli XXXV-XXXVIII della Vita Nuova, si pone, evidentemente, per tutto il gruppo.

Bibl. - Contini, Rime 110; D.A., Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 116; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, II, Oxford 1967, 185; Barbi-Pernicone, Rime 463-465.

Vocabolario
parlando
parlando ger. (di parlare) e s. m., invar. – Nella musica vocale (soprattutto nell’opera buffa), didascalia con cui si prescrive un canto che si avvicini alla recitazione e al linguaggio parlato; più raram. usata nella musica strumentale...
dólco
dolco dólco agg. [der. del lat. tardo dulcare «addolcire», da dulcis «dolce»] (pl. m. -chi), tosc. – 1. Dolce, mite, detto propriam. del tempo, quando, nella stagione fredda o nella primavera, la temperatura si alza per lo scirocco; spesso...
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