Obama contro i fucili
Dopo la strage di Newtown, il presidente americano ha tentato di limitare il possesso delle armi da fuoco da parte di civili. Ma un articolo della Costituzione lo autorizza. Così la lobby della polvere da sparo, spalleggiata dai repubblicani (ma anche da una parte dei democratici), è riuscita a bloccare la riforma del presidente.
La mattina del 14 dicembre 2012 il ventenne Adam Lanza è entrato in una scuola elementare di Newtown, cittadina del Connecticut, imbracciando un fucile semiautomatico. Ha ucciso a sangue freddo 6 insegnanti e 20 bambini fra i 6 e i 7 anni di età, poi si è tolto la vita. Prima di fare irruzione nella scuola aveva ucciso la madre, Nancy, che possedeva legalmente l’arma usata nella strage. Come tutti i massacri che ciclicamente insanguinano gli Stati Uniti – dalla scuola di Columbine al campus del Virginia Tech – l’episodio del Connecticut ha riacceso il dibattito sul possesso delle armi da fuoco. Un antico fossato culturale e legale si è riaperto sotto i piedi dell’America. Da una parte, il presidente, Barack Obama, sostenuto da un folto gruppo di parlamentari e opinionisti di area democratica; dall’altra la National Rifle Association (NRA), la potente lobby della polvere da sparo con i suoi 5 milioni di iscritti, appoggiata dalla galassia repubblicana. Una fazione impegnata a promuovere nuove leggi per limitare la circolazione incontrollata delle armi, l’altra in guerra per rivendicare il diritto dei cittadini ad armarsi, garantito dal Secondo emendamento alla Costituzione e inciso nella struttura materiale di un paese dove circolano oltre 300 milioni di pistole. Alcuni giorni dopo la strage, Obama ha annunciato l’intenzione di promuovere una legge per bandire almeno le armi d’assalto, strumenti di morte più adatti agli scenari di guerra che alla vita civile: «Sappiamo che è una questione complessa che tocca passioni profonde e divisioni politiche. Ma la complessità del problema non può più essere una scusa per non fare niente», ha detto Obama. Da quel momento il presidente ha investito una notevole quantità di energie politiche per sostenere la sua battaglia. Sono 3 i punti attorno ai quali ruota il dibattito: il bando delle armi d’assalto, l’estensione dei background check – i controlli delle autorità su chi intende acquistare un’arma – e la capienza dei caricatori. A gennaio 2013, attorniato da un gruppo di bambini, ha firmato 23 ordini esecutivi per far rispettare con più rigore le leggi esistenti. La svolta culturale invocata dal presidente deve superare però il vaglio del Congresso. Nel frattempo la NRA non è rimasta a guardare.
Il vicepresidente esecutivo dell’associazione, Wayne LaPierre, aveva già chiarito la posizione ufficiale: «La sola cosa che ferma un cattivo con un’arma è un buono con un’arma». I repubblicani hanno aggredito frontalmente l’idea che limitare l’accesso alle armi diminuisca effettivamente il numero di stragi e per corroborare le loro tesi hanno spesso ricordato che la disposizione che ha vietato le armi d’assalto dal 1994 al 2004 non ha prodotto risultati statistici rilevanti. Si è scatenata una battaglia fra 2 Americhe, quella urbana e progressista che chiede nuovi divieti e quella rurale e libertaria che vede nel fucile il simbolo vivo della libertà individuale, mezzo di difesa non soltanto contro potenziali nemici esterni – secondo lo spirito costituzionale – ma anche argine all’invadenza dello Stato centrale.
È stata la senatrice democratica Dianne Feinstein a firmare il disegno di legge caro al presidente. Si trattava, a quel punto, di trovare i 60 voti necessari per passare la riforma almeno al Senato (controllato dai democratici, ma con una maggioranza risicata), compito non facile vista la riluttanza di diversi senatori di sinistra storicamente a favore del diritto alle armi o eletti in Stati dove il Secondo emendamento esprime un valore non negoziabile. Alla battaglia di principio si è sovrapposto il calcolo elettorale e, pur sostenuta da vocianti opinion-maker, la riforma ha progressivamente perso la sua carica rivoluzionaria. Il contenuto si è annacquato fino a quando il democratico pro armi Joe Manchin e il repubblicano moderato Pat Toomey hanno siglato un compromesso ormai lontano dai desiderata originari della Casa Bianca. Il 17 aprile anche il compromesso Manchin-Toomey è stato bocciato dal Senato con 54 voti a favore e 46 contrari. Quattro democratici eletti in Stati tradizionalmente favorevoli alle armi hanno votato contro il proprio partito e contro il presidente. In oltre 4 anni di governo non si era mai visto un Obama furioso come quello che dal giardino delle Rose ha commentato la sconfitta. «È stato un giorno vergognoso per Washington – ha detto il presidente, prima di rinnovare il suo impegno davanti alla nazione – la battaglia non finisce qui».
National Rifle Association
Organizzazione che agisce in favore dei detentori di armi da fuoco degli USA. Fu fondata a New York nel 1871 e si considera come un istituto che difende i diritti civili degli Stati Uniti, dove il possesso e il porto di un’arma costituiscono un diritto civile protetto dalla Costituzione. La NRA è di fatto una delle più influenti lobby politiche degli USA, considerato il suo peso nel distribuire grandi quantità di voti alle elezioni: ufficialmente apartitica, ha aiutato indistintamente democratici e repubblicani. Michael Moore, in Bowling for Columbine, il documentario vincitore dell’Oscar nel 2002, dedicato alle stragi nelle scuole statunitensi e all’uso delle armi in America, definisce gli appartenenti alla NRA come «i successori del Ku Klux Klan».
Le pallottole non si fermano
Negli USA vengono uccise con armi da fuoco 33 persone al giorno, quasi 12.000 ogni anno. Percentualmente gli Stati con leggi più permissive sull’uso delle armi hanno un tasso di violenza doppio rispetto agli Stati che hanno leggi più restrittive in materia. A guidare questa tragica classifica è la Louisiana con una vittima ogni 10 ore, seguita da Alaska, Alabama e Georgia. In Missouri, dove dal 2007 le leggi sui controlli sono diventate più blande, la crescita degli omicidi con armi da fuoco è stata del 25%. In Colorado, dopo la strage di Columbine del 1999, le restrizioni sulla circolazione incontrollata di armi e munizioni hanno quasi dimezzato il traffico illegale di armi.
Secondo emendamento della Costituzione
Il Secondo emendamento della Costituzione americana, ratificato nel 1791, recita così:
«Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia ben regolata, il diritto del popolo a possedere e portare armi non dovrà essere infranto». Il dibattito sul suo significato è stato definitivamente sancito nel 2008, quando la Corte suprema degli Stati Uniti ha deliberato il diritto dei cittadini di possedere armi. La sentenza ha fornito un’interpretazione definitiva al Secondo emendamento: il diritto di portare le armi è stato riconosciuto quale diritto inviolabile al pari di quello al voto e della libertà di espressione.