obbligazione
Categorie, rendimenti e rimborsi
Esistono molteplici categorie di obbligazioni distinte in base a diversi criteri: natura dell’emittente, modalità di emissione, tipo di rendimento, schema di rimborso, valuta di riferimento eccetera. Un’obbligazione può essere emessa ‘alla pari, sotto o sopra la pari’, a seconda che il prezzo di emissione del titolo sia pari, inferiore o superiore al suo valore nominale o facciale (detto anche par value). Il par value è riportato sul certificato obbligazionario ed è il valore della singola quota del debito, nonché la base per il calcolo dei flussi cedolari. Generalmente, le obbligazioni sono emesse sotto la pari per renderle più appetibili. Il valore di rimborso è invece l’importo versato dall’emittente al possessore dell’obbligazione alla naturale scadenza del titolo e tipicamente coincide con il suo valore nominale. Talvolta, il valore di rimborso supera il par value, comprendendo anche un premio di rimborso. Durante la vita dell’obbligazione, il prezzo corrente sul mercato secondario può divergere da quello di rimborso. Con riguardo all’emittente, si parla di corporate bonds quando le obbligazioni vengono emesse da società private o parapubbliche, e da istituti bancari. Molto popolari sono anche i titoli obbligazionari emessi da enti pubblici territoriali allo scopo di finanziare il debito pubblico; in Italia circolano Buoni Ordinari del Tesoro (➔ BOT), Buoni del Tesoro Pluriennali (➔ BTP), Certificati di Credito del Tesoro (➔ CCT), Buoni Ordinari Comunali (➔ BOC), Buoni Ordinari Provinciali e Buoni Ordinari Regionali (➔ buono).
Per quanto concerne il tipo di rendimento offerto, si distinguono innanzitutto tra le obbligazioni quelle che, oltre al rimborso del capitale a scadenza, non prevedono alcun flusso intermedio da altre che invece lo prevedono. Le prime sono dette ‘senza cedola’ (Zero Coupon Bond, ZCB), poiché corrispondono gli interessi in un’unica soluzione a scadenza. Tipico esempio di ZCB a breve termine è il BOT. Nel caso sia prevista la corresponsione di interessi periodici, invece, occorre per prima cosa distinguere tra obbligazioni a tasso fisso e obbligazioni a tasso variabile. Nel primo caso, il pagamento degli interessi avviene attraverso lo stacco, con una determinata periodicità (di solito semestrale o annuale), di cedole di valore predefinito secondo un tasso di interesse fissato all’emissione; rientrano in questa categoria, per es., i BTP. Il secondo caso è più articolato. Esso comprende tipi elementari (esempio classico i Certificati di Credito del Tesoro), in cui il valore delle cedole è determinato dall’applicazione di un tasso di riferimento di mercato variabile (Euribor o LIBOR), ovvero una media dei tassi delle ultime emissioni dei BOT, cui si aggiunge un’opportuna maggiorazione, detta anche spread (➔), accanto a titoli retti da regole più complicate. Fra di esse, quelle che prevedono un passaggio automatico, al verificarsi di una condizione di innesco, dal tasso variabile a quello fisso (drop lock) o viceversa (flip flop). Spesso, la variabilità si aggancia ad altro indice. Si parla allora di obbligazioni indicizzate (index linked bonds), collegate a prezzi di attività finanziarie o a indici di borsa o a numeri indici particolarmente significativi come il tasso di inflazione (inflation linked). Esistono poi le obbligazioni strutturate, titoli particolarmente complessi, essendo in realtà pacchetti composti da obbligazioni e combinazioni di derivati (solitamente ‘opzioni call’ sul riferimento). Il loro rendimento viene agganciato all’evoluzione di particolari indicatori, come per es. panieri di azioni (equity linked), indici borsistici (index linked), tassi di cambio (forex linked). Il collegamento del rendimento all’andamento di indici può agire solo sulle cedole, o anche sul capitale da rimborsare a scadenza. Per es., nelle obbligazioni inflation linked, cedole e valore nominale si modificano in linea con l’inflazione. Nelle equity e index linked, il capitale a scadenza è, di solito, garantito, mentre viene corrisposto un premio di rimborso (cedole) variabile legato alla performance del parametro sottostante, condizionatamente al verificarsi delle clausole sulla componente legata al derivato. Per tale motivo, questi titoli incorporano un grado di rischio maggiore rispetto alle obbligazioni classiche. L’obbligazione ‘ibrida’ (hibrid bond) è una ‘strutturata’ che può cambiare natura durante la sua vita. Per es., le obbligazioni convertibili danno il diritto di conversione in azioni dell’emittente secondo tempi e modi (rapporto di conversione) prestabiliti all’emissione. Altro esempio riguarda l’obbligazione con warrant, che le affianca un’opzione call (➔ call option) su altri titoli azionari a condizioni di solito più favorevoli. A partire dagli anni 1990 si sono diffuse anche obbligazioni con pagamenti non direttamente collegati all’andamento di variabili finanziarie: i cat bonds (obbligazioni catastrofali) e i longevity bonds (obbligazioni sulla longevità). Le prime sono emesse per conto di uno sponsor (un’impresa di assicurazioni attiva nel ramo danni) e pagano una cedola con tasso di interesse fisso a un livello attraente. Ma le prestazioni dell’emittente ai sottoscrittori delle obbligazioni (sia per il pagamento cedole sia per il rimborso del debito) cessano al verificarsi dell’evento catastrofico oggetto del contratto (per es., terremoto devastante o disastroso tsunami) e il valore di rimborso viene acquisito dall’impresa di assicurazioni che lo usa per indennizzare i clienti danneggiati dalla catastrofe. Le seconde, invece, sono emesse da intermediari finanziari e sottoscritte dalle imprese attive nelle assicurazioni di rendita vitalizia differita. Le obbligazioni pagano una cedola parametrata ai tassi di sopravvivenza (certificati da uffici statistici accreditati) oltre una età di innesco (tipicamente 65 anni o più) di una coorte di persone. In altri termini, la cedola è tanto più alta quanto più alto è il tasso di sopravvivenza e serve a coprire l’impresa di assicurazioni dal rischio (di un eccesso) di longevità della collettività dei suoi assicurati.
Il rendimento a scadenza di un’obbligazione è l’indicatore sulla base del quale viene valutata la sua appetibilità e rappresenta il rendimento medio di un’obbligazione comprata oggi (epoca t) e detenuta sino alla scadenza. Esso è funzione di diversi parametri: prezzo di emissione, valore di rimborso, valore e frequenza delle cedole, tempo a scadenza dell’obbligazione, e si calcola in modo differente a seconda del tipo di obbligazione. Formalmente, è il tasso al quale il valore attuale di tutti i flussi futuri eguaglia il prezzo corrente.
Il rimborso può avvenire secondo un piano di ammortamento periodico o in un’unica soluzione alla scadenza naturale o in via anticipata (callable bonds o ‘riscattabili’). Queste ultime sono obbligazioni strutturate a tasso fisso e nascondono indirettamente un’opzione call sull’obbligazione, nel senso che l’emittente ha il diritto di riacquistarla prima della scadenza a un prezzo prefissato (almeno pari al valore nominale a cui solitamente si aggiunge il cosiddetto call premium, per compensare il possessore del rischio di rimborso anticipato). L’opzione verrà esercitata dall’emittente qualora i tassi di mercato dovessero scendere rispetto a quello fisso garantito dall’obbligazione.
Attraverso l’operazione detta di coupon stripping è possibile valutare separatamente le componenti di un’obbligazione, dividendo appunto le cedole dal cosiddetto ‘mantello del titolo’ (valore di rimborso). In tal modo, tutte le componenti così scomposte (che in sostanza diventano nuovi titoli ZCB) originano titoli negoziabili singolarmente sul mercato.
Sui mercati internazionali di obbligazioni sono negoziati: euroobbligazioni, obbligazioni collocate sul mercato europeo da emittenti stranieri in diverse valute (eurodollari, euroyen ecc.); eurobond (➔) e project bond, proposti nel 2011 per fronteggiare la crisi dei debiti sovrani europei e per finanziare a carico dell’Unione Europea, anziché dei singoli Stati, progetti di sviluppo; global bonds, denominati nella valuta del Paese dell’emittente, venduti contemporaneamente sulle principali piazze finanziarie internazionali; brady bond (➔), obbligazioni a lungo termine, emesse negli Stati in via di sviluppo, denominate in dollari e garantite da titoli pubblici americani. Esse vengono scambiate, sotto precise condizioni, con prestiti bancari a breve sottoscritti da tali Stati, ma che non sono in grado di onorare.
L’emittente può presentare differenti livelli di credibilità della sua capacità di onorare gli impegni collegati alle obbligazioni emesse. Essa è sinteticamente rappresentata dalle valutazioni delle agenzie di rating (➔). Per Standard & Poors, esse vanno dalla tripla A, attribuita alle obbligazioni degli emittenti con rischio di insolvenza prossimo a 0 (default free bonds), alla CCC con rischio di insolvenza piuttosto alto, cioè non inferiore al 20% per il primo anno successivo alla valutazione (junk bonds). Il giudizio espresso al momento dell’emissione può ovviamente essere modificato nel corso del tempo; nel caso che la credibilità scenda si ha un downgrading (➔). I prezzi di mercato delle obbligazioni sono inversamente proporzionali al merito di credito dell’emittente. I loro rendimenti debbono infatti incorporare il premio al rischio di insolvenza. Il giudizio sul merito di credito di un emittente può essere molto difficile quando l’emittente sia un’impresa con l’attività principale o esclusiva di confezionare e negoziare obbligazioni strutturate di tipo molto complesso. A dispetto delle apparenze, esse possono nascondere veri e propri titoli tossici (toxic assets) in grado di provocare non solo l’insolvenza dell’emittente, ma anche quella di altri operatori finanziari con grandi quantità di tali titoli in portafoglio. Il termine ‘tossico’ sembra essere stato coniato nel 2006 proprio con riferimento alle tranches junior. Su tali tranches grava interamente il rischio di insolvenza dei percettori dei mutui, ovvero di o. garantite da mutui ipotecari di subprime (cioè con debitori di scarso merito di credito) con un alto valore del rapporto fra importo del prestito e valore di mercato dell’immobile ipotecato (spesso pari o superiore a 1).