OBERTO Baldrico
OBERTO Baldrico. – Non sono noti l’anno e il luogo di nascita di questo vescovo di Brescia dell’XI secolo. L’appellativo Baldricus tradisce forse una provenienza germanica.
Secondo la cronotassi abbaziale del monastero di S. Faustino di Brescia fu monaco di quel cenobio, di cui doveva essere abate quando, alla morte del vescovo Giovanni (dopo il mese di luglio 1086, data dell’ultima attestazione documentaria), fu indicato come vescovo della città dall’imperatore Enrico IV, che dopo l’elezione, avvenuta nell’autunno 1086 o all’inizio del 1087, lo investì con la consegna del pastorale. Con la sua designazione continuava dunque la serie delle nomine episcopali che dalla tarda età ottoniana avevano portato la cattedra bresciana a essere inserita nel Reichskirchensystem imperiale.
Oberto guidò la diocesi dal 1086 al 1098 (o ai primi del 1099) e contrastò con energia il tentativo di insediarsi al suo posto compiuto dal legato papale di origini locali, il monaco e cardinale Arimanno da Gavardo. Questi, eletto alla guida della diocesi da una parte del popolo bresciano con l’appoggio della contessa Matilde di Canossa prima del 10 ottobre 1087, è additato da Landolfo di San Paolo come colui il quale piantò la mala radicem novitatis che sconvolse l’Italia settentrionale, imponendo la nomina apostolica dei vescovi.
Si deve con ogni probabilità all’impegno politico di Oberto la convocazione nel 1091 del placito di Botticino, presieduto da Enrico IV e da suo figlio Corrado presso la chiesa di S. Maria poco fuori dalla città. Alla presenza di un collegio di grandi del regno, laici ed ecclesiastici, si esaminarono le richieste dell’abate di S. Eufemia, Giovanni, e fu data ragione al cenobio (che venne perciò posto sotto il banno regio) contro le rivendicazioni patrimoniali degli homines di Rezzato e di Botticino, suggellando il legame del monastero, di obbedienza vescovile, e dell’episcopato con l’impero.
Intanto si infittirono le azioni diplomatiche, militari e politico-religiose di Arimanno per prendere possesso della sede episcopale, da cui era stato escluso dopo l’elezione del 1087 e che era rimasta saldamente nelle mani di Oberto, nonostante questi fosse stato condannato per aver aderito allo scisma guibertino. Oberto godeva dell’appoggio dei canonici della cattedrale, di gran parte del clero urbano e pievano e della maggiore aristocrazia investita dei benefici vassallatici connessi col patrimonio della mensa vescovile.
Infatti, dopo l’elezione di Anselmo III da Rho e di quella del successore Arnolfo III a capo della Chiesa ambrosiana, non venne presa alcuna decisione contro il vescovo suffraganeo Oberto, nominato dall’imperatore, eletto, consacrato e poi scomunicato. Si può anzi ritenere che lo stesso Anselmo sia stato ordinato vescovo dal presule bresciano, che doveva inoltre trovarsi a Milano all’inizio di dicembre 1095, in occasione della consacrazione di Arnolfo III, senza imporre tuttavia le mani al nuovo eletto, come pure doveva aver partecipato all’incoronazione del figlio dell’imperatore, Corrado di Lorena, a opera del neo arcivescovo.
Lo scontro tra i sostenitori di Oberto e quelli di Arimanno sfociò in conflitto armato, di cui restano indizi documentari, nel silenzio pressoché totale delle fonti. Negli Annales Brixienses (1863, p. 812) si ricorda l’incendio che distrusse Brescia nel 1096, causato, secondo il cronista Giacomo Malvezzi, dalla guerra civile che da tempo lacerava le parti per il controllo dell’episcopato e della città. In questo contesto si pone l’incerta tradizione, raccolta nella cronachistica moderna, degli scontri per la reliquia della S. Croce collocata nel monastero di S. Faustino e poi traslata nella cattedrale di S. Maria, dove divenne emblema dell’autorità episcopale. I corpi straziati delle vittime della guerriglia urbana, come recitava l’epitaffio funebre di Baldrico (Rossi, 1624, p. 63), «post cruentum conflictum» furono raccolti dal presule che diede loro degna sepoltura, acconsentendo che il tesoro della Croce fosse riposto nella Rotonda; per la sua tutela venne eretta una cappella reliquiario all’interno della torre d’ingresso, progettata secondo schemi imperiali nella facciata del tempio, esemplato su modelli gerosolimitani.
Il privilegio di Urbano II alla canonica di S. Pietro in Oliveto, emesso da Cremona il 16 ottobre 1096 su richiesta di Arimanno e confermato da questi nel 1099, era il riconoscimento dell’impegno della canonica in suo favore e della lotta dei suoi chierici contro l’eresia simoniaca e a sostegno della riforma, cioè un’ulteriore attestazione delle difficoltà esistenti. Nel documento si precisava che il preposito doveva essere eletto dai canonici, ai quali spettava il controllo del reclutamento; in caso di mancanze gravi, essi non avrebbero sottostato al tribunale civile ma a quello del vescovo; la canonica dipendeva dall’autorità dell’ordinario, ma il papa autorizzava i canonici a ricorrere a un altro pastore qualora quello diocesano non fosse catholicus, ossia in sintonia con la Chiesa romana, come appunto Oberto; si proibiva poi ai canonici della cattedrale di esercitare qualsiasi giurisdizione sulla canonica di S. Pietro senza l’autorizzazione di un vescovo «cattolico» e di impedire ai suoi chierici l’uso delle campane per chiamare i fedeli alle celebrazioni, a conferma delle contrapposizioni tra le due istituzioni canonicali e i gruppi che in esse si riconoscevano nell’impegno riformatore.
La svolta si ebbe nel 1097, con l’elezione ad arcivescovo di Milano di Anselmo da Bovisio, gradito alla Curia romana, il quale, una volta eletto con l’appoggio di Arimanno, lo ordinò vescovo mettendo fuori gioco Oberto, contro il quale rinnovò la sentenza di condanna. Nel sinodo provinciale svolto a Milano dal 5 al 7 aprile 1098 si esaminarono i problemi della Chiesa nell’Italia settentrionale e il modo in cui promuovere la riforma. Il nodo riguardava i suffraganei nominati irregolarmente e scomunicati dal papa a motivo dell’adesione all’imperatore e all’antipapa Clemente III; contro questi pastori, qualificati ‘invasori’ delle rispettive sedi, tra i quali era indicato al primo posto Oberto, seguito dai presuli di Bergamo e Vercelli, fu confermata la scomunica e lo scioglimento di ogni vincolo da parte dei fedeli.
Le notizie su Oberto cessano a questo punto senza lasciare altra traccia del suo lungo governo, vittima con ogni probabilità di un’opera di purificazione della memoria documentaria messa in atto dalla pars ecclesiae che ebbe il sopravvento. Non sappiamo quindi né la data di morte, avvenuta forse nell’abbazia urbana di S. Faustino, né il luogo di sepoltura.
L’iscrizione sepolcrale, trascritta in età moderna (Rossi, 1624), lo celebra come un «buon pastore», attento alle reliquie dei santi, virtù che non bastarono a evitargli l’epiteto di «intruso» per aver servito la causa della Chiesa dalla parte dell’impero, come i suoi predecessori canonicamente incardinati avevano fatto per oltre un secolo.
Fonti e Bibl.: O. Rossi, Historia de’ gloriosissimi santi martiri Faustino et Giovita, Brescia 1624, pp. 63 s.; B. Faino, Coelum Sanctae Brixianae Ecclesiae, Brescia 1658, p. 32; F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae et insularum adiacentium, IV, II ed., Venezia 1719, col. 541; Vitae nonnullorum pontificum romanorum a Nicolao Aragoniae, in Rerum Italicarum scriptores, III, Milano 1723, col. 352; G. Malvezzi, Chronicon brixianum ab origine urbis ad annum usque MCCCXXXII, ibid., XVII, Milano1729, col. 873; G. Biemmi, Istoria di Brescia, I, Brescia 1748, pp. 230-233; G.G. Gradenigo, Brixia Sacra. Pontificum Brixianorum series commentario historico illustrata, Brescia 1755, p. 184; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo ed alla descrizione della città e campagna di Milano ne’ secoli bassi, II, II ed., Milano 1854, pp. 592, 599-602, 634 s., 643 s., 647 s.; Annales Brixienses, a cura di L.C. Bethmann, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, XVIII, Hannover 1863, p. 812 (red. B); Landulfi de Sancto Paulo Historia Mediolanensis, a cura di L.C. Bethmann - P.H. Jaffè, ibid., XX, Hannover 1868, p. 21; P.B. Gams, Series episcoporum ecclesiae catholicae, Regensburg 1873, p. 779; P. Ewald, Die Papstbriefe der Brittischen Sammlung, in Neues Archiv der Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde, V (1880), p. 355, n. 11; P.F. Kehr, Italia pontificia.Regesta Pontificum Romanorum, VI, Liguria sive provincia Mediolanensis, I, Lombardia, Berlin 1913, p. 319; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salischen Kaisern mit den Listen der Bischöfe. 951-1122, Leipzig-Berlin 1913, p. 108; Regesto mantovano. Le carte degli archivi Gonzaga e di Stato in Mantova e dei monasteri mantovani soppressi (Archivio di Stato di Milano), a cura di P. Torelli, I, Roma 1914, p. 78, doc. 107; F. Savio, Gli antichi vescovi d’Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni, I, La Lombardia, II, Bergamo, Brescia, Como, Bergamo 1929, pp. 217-224; P. Guerrini, Il monastero di S. Faustino Maggiore (sec. IX-XVIII), in Memorie storiche della diocesi di Brescia, II (1931), pp. 57-59; Id., Un cardinale gregoriano a Brescia: il vescovo Arimanno, in Studi gregoriani, a cura di G.B. Borino, II, Roma 1947, pp. 361-385; A. Frugoni, Arnaldo da Brescia nelle fonti del XII secolo, Roma 1954, pp. 3 s.; I placiti del «Regnum Italiae», a cura di C. Manaresi, III, 2, Roma 1960, n. 472, pp. 409-417; P.F. Kehr, Papsturkunden in Italien. Reiseberichte zur Italia Pontificia, V, Nachträge, Città del Vaticano 1977, pp. 3-6; A. Bosisio, Il Comune, in Storia di Brescia, I, Dalle origini alla caduta della signoria viscontea (1426), Brescia 1963, pp. 577-580; C. Violante, La Chiesa bresciana nei secoli XI e XII, ibid., pp. 1039, 1042-1045; P. Zerbi, «Cum mutato habitu in coenobio sanctissime vixisset…»: Anselmo III o Arnolfo III?, in Archivio storico lombardo, XC (1963), pp. 524-526; A. Fappani - F. Trovati, I vescovi di Brescia, Brescia 1982, p. 89; F. Foggi, Arimanno da Brescia, legato pontificio in Italia settentrionale alla fine del secolo XI, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei, XXXI, 2, Roma 1988, pp. 99, 105; I. Bonini Valetti, La Chiesa dalle origini agli inizi del dominio veneziano: istituzioni e strutture, in Diocesi di Brescia, a cura di A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro, Brescia 1992, pp. 35-38; Codice diplomatico polironiano (961-1125), a cura di R. Rinaldi - C. Villani - P. Golinelli, Bologna 1993, pp. 154 s., n. 40; A. Fappani, s.v. Oberto, in Enciclopedia bresciana, X, Brescia 1993, p. 310; A. Ambrosioni, Chiesa e società lombarda alla fine dell’XI secolo, in “Deus non voluit”. I Lombardi alla prima crociata (1100-1101)... (Milano, 10-11 dicembre 1999), a cura di G. Andenna - R. Salvarani, Milano 2003, pp. 112, 115; A. Lucioni, L’arcivescovo Anselmo IV da Bovisio e la società milanese alla fine dell’XI secolo, ibid., pp. 134 ss., 150-152; F. Stroppa, Il S. Andrea a Maderno e la Riforma gregoriana nella diocesi di Brescia, Parma 2007, pp. 479 s.; N. D’Acunto, La pastorale nei secoli centrali del Medioevo. Vescovi e canonici, in A servizio del Vangelo. Il cammino storico dell’evangelizzazione a Brescia, I, L’età antica e medievale, a cura di G. Andenna, Brescia 2010, pp. 71-77, 90; F. Stroppa, L’attività dei cluniacensi nella diocesi bresciana: programmazione e identità, in Medioevo: i committenti. Atti del Convegno internaz.…Parma… 2010, a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2011, p. 448; A. Lucioni, Anselmo IV da Bovisio arcivescovo di Milano (1097-1101). Episcopato e società urbana sul finire dell’XI secolo, Milano 2011, pp. 85 s., 90 s., 100-108, 146; R.G. Witt, The two Latin cultures and the foundation of Renaissance humanism in Medieval Italy, Cambridge 2012, p. 190; Le carte di S. Pietro in Oliveto di Brescia, a cura di M. Barretta, doc. 1-2, http://cdlm.unipv.it/ edizioni/bs/brescia-spietro/carte/spo1096-10-16.