DORIA, Oberto
Nacque a Genova nella seconda metà del sec. XII da Pietro. È citato per la prima volta in un documento del febbraio 1188 quando, ancora giovanissimo, insieme con numerosi membri della famiglia, giurò di rispettare il trattato stretto tra il suo Comune e Pisa con la mediazione di papa Clemente III. Il 16febbr. 1190 fu testimone a un mutuo concesso a Guglielmo Doria e a suo figlio Montanario. Due anni dopo, il 14 ott. 1192, è ricordato, ancora come teste, in un atto notarile. Si deve, però, attendere il 1210per incontrare ancora il suo nome.
In un documento inedito, assai utile per ricostruire la complessa genealogia della famiglia, i figli del defunto Barca Doria, Pietro ed Enrico, cedettero allo zio Nicolò terre nella domoculta cittadina, anche a nome di Daniele e a nome dei fratelli Oberto e Nicoloso, che in un altro atto (anche questo inedito) sono ricordati come figli del defunto Pietro, fratello di Barca e di Nicolò (24 febbr. 1210: Genova, Biblioteca Berio, Foliatium notariorum, III, 1, c. 131r). Nel 1212 nel suopalazzo (destinato a diventare non solo il punto di riferimento dei rami doriani attivi in città, ma anche la sede di rappresentanza dello stesso Comune, perché a lungo ospitò il podestà cittadino), Simone Doria, in partenza per il pellegrinaggio a Roma, fece testamento, alla presenza di vari membri della famiglia (15 giugno).
Mentre alcuni suoi parenti (lo zio Barca, morto agli inizi del secolo XII, e soprattutto l'altro zio Nicolò), pur risiedendo a Genova, vennero sempre più coinvolti nella tutela degli interessi patrimoniali che il nonno Simone aveva creato in Sardegna e finirono, perciò, col seguire una politica personale, destinata ad entrare in rotta di collisione con quella del proprio Comune, il D. e i suoi figli, la cui potenza economica e il cui prestigio erano certamente minori, preferirono muoversi nell'ambito cittadino; essi si impegnarono alacremente negli scambi commerciali e nei traffici finanziari, legando in modo indissolubile le loro fortune a quelle della propria città. I documenti pubblicati e quelli citati in forma succinta dal Foliatium notariorum delineano l'attività dei D. come quella di finanziatore del commercio e di mercante, simile in ciò a tanti membri del populus cittadino, ancora alla ricerca, in quegli anni, di una affermazione politica. Furono poi soprattutto i figli, quando divennero maggiorenni e autonomi, ad accrescere gli affari della ditta, ponendo le basi per una grande impresa familiare di dimensioni mediterranee.
Contemporaneamente, pur non giungendo mai a concepire il progetto di crearsi una propria signoria nelle Riviere o nelle isole tirreniche, il D. investì con oculatezza i guadagni nell'acquisto di beni immobiliari in città e nel distretto. Nel 1212 venne finanziato con una commenda (1º ottobre); nel 1216 risulta aver depositato merci presso un fondaco (27 settembre); nel 1227 consegnò a un mercante diretto nel Mediterraneo orientale un carico di tele di Vitry e di Châlons (23 settembre); il giorno dopo liquidò una parte della commenda che era stata affidata a suo figlio Nicolò. Negli anni seguenti, lasciata ormai la gestione degli affari commerciali ai figli Pietro e Nicolò, egli si occupò del suo patrimonio immobiliare, dando in affitto terre, riscattandone in San Cipriano (28 ag. 1212), acquistando appezzamenti dai figli dello zio Nicolò (9 febbr. 1227) e comperando la metà delle case, che suo nipote Enrico, figlio di Barca, possedeva nel quartiere cittadino di Soziglia, presso la chiesa di S. Maria delle Vigne (18 sett. 1227).
Morto lo zio Nicolò verso il 1225 ed essendo i figli di costui ormai assorbiti dallo scenario sardo, fu il D. a sostituirlo in città nel ruolo di capoconsorteria: la sua domus con portico di rappresentanza, posta dirimpetto alla chiesa gentilizia di S. Matteo, fu punto di riferimento per tutti i rami doriani. Nello stesso tempo egli fu chiamato a rivestire alcuni incarichi pubblici di una certa importanza: nel 1225 fece parte della magistratura degli Otto nobili e, come consiliator, assistette all'accordo tra Genova e Montpellier (28 agosto); due anni dopo, sempre come consigliere, fu presente alla scelta del collegio arbitrale incaricato di dirimere le controversie tra il Comune e Alba (5 giugno). Di quest'anno è anche l'unica missione diplomatica affidata al D.: egli fece parte dell'ambasceria inviata a Milano per ascoltare la sentenza arbitrale, che era stata affidata a questo Comune circa le controversie tra Genova e altre città della Lega lombarda. L'anno seguente, come consiliator, sottoscrisse l'accordo tra il suo Comune e i marchesi di Clavesana (1º giugno) e l'alleanza con Bonifacio II di Monferrato (8 agosto). Sempre con tale ruolo giurò nel 1229 l'accordo tra Genova e Marsiglia (7 maggio). Nel 1230 fu teste all'atto in cui Guglielmo Embriaco accettò la nomina a podestà di Alba (10 aprile); l'anno seguente fu tra i consiglieri che sottoscrissero la condanna del Comune di Alessandria pronunciata dal giudice del podestà genovese (16 dicembre). Nel 1232 fu chiamato ancora nella magistratura degli Otto nobili. Nel 1234, come membro della corrimissione incaricata di sindacare l'operato del podestà uscito di carica, il fiorentino Pegolotto di Uguccione dei Gerardini, lo condannò al pagamento di una multa, provocando una piccola crisi diplomatica con la città toscana.
Negli anni in cui Genova si schierò risolutamente al fianco del partito guelfò, mentre altri membri della famiglia, fedeli alla tradizionale amicizia con l'Impero, furono costretti ad allontanarsi dalla città, il D. e i suoi figli vi rimasero, pur rinunciando a rivestire cariche pubbliche (con atto ufficiale del 1240, ricordato dal Federici), e poterono continuare a dedicarsi agli affari della loro ditta. Mentre Pietro, Ansaldo e Nicolò accrebbero le dimensioni dei loro traffici, dando vita a una potente flotta privata attiva sulle rotte mediterranee, il D. continuò quasi esclusivamente a occuparsi degli investimenti immobiliari, accrescendo una proprietà che doveva essere già cospicua. Inoltre i legami familiari tra il D. e il partito ghibellino (Lanfranco, figlio del D., aveva sposato Adelasia, figlia di Ansaldo De Mari, il potente ammiraglio di Federico II) non impedirono tale situazione privilegiata in città. Nel 1238 (21 luglio) il D. fu scelto come tutore dei figli di Enrico Rubeo Della Volta; l'anno seguente comprò case e terre sulla collina di Carignano, posta fuori delle mura cittadine (16 agosto); nel 1241 fu fideiussore a una complessa trattativa tra membri della famiglia (29 luglio); nel 1244, a nome del figlio Nicolò, forse assente da Genova per affari, consegnò a un mercante un carico di guado (28 novembre).
Negli anni seguenti, mentre Pietro e Nicolò collaborarono all'allestimento della flotta crociata voluta da Luigi IX di Francia (un enorme affare commerciale che i mercanti genovesi seppero sfruttare abilmente), egli ospitò nel suo palazzo Alberto Fieschi, autorevole rappresentante della famiglia guelfa contro cui altri membri dei Doria erano in lotta accanita (23 febbr. 1248). Conclusosi positivamente per Genova lo scontro con l'Impero, nello spirito di riconciliazione che animò l'oligarchia al potere, dopo le lacerazioni interne provocate dalla lotta, il D., ormai anziano, accentuò il suo ruolo di capoconsorteria. Nei documenti di questi anni egli è sempre distinto dal nipote Oberto, figlio di Pietro, destinato a grande avvenire politico.
Nel 1250 egli fu teste come consigliere all'accordo tra Genova e Grasse (4 marzo); l'anno Seguente, sempre in tale veste, giurò la pace tra il suo Comune e Ventimiglia (8 giugno), l'accordo con Firenze (13 settembre) e finanziò il marchese Giacomo Del Carretto, che fino a poco tempo prima era stato acerrimo nemico del Comune genovese (24 maggio); sempre in quest'anno vendette a Percivalle, figlio di Montanario Doria, terre situate a Monleone di Cicagna (9 agosto). L'anno dopo fu chiamato a far parte della commissione incaricata di riconoscere i diritti genovesi su Albisola (10 gennaio). Sempre come consigliere, nel 1254 ratificò la nomina di Enrico del Bisagno ad ainbasciatore al Comune di Firenze (15 luglio) e quella di Simone Embrono, incaricato di ascoltare la sentenza arbitrale affidata a Firenze nelle controversie tra Genova e Pisa (24 novembre).
Il D. morì subito dopo, verosimilmente a Genova, perché in un atto del 1º apr. 1255 è citato come defunto. Suoi figli furono Pietro, Nicolò (che nel 1250 si unì a Taddea di Federico Grillo), Lanfranco, Ansaldo e Tommaso.
Il D., destinato a dar vita a uno dei rami più illustri della famiglia, fu cultore di storia genovese e familiare, anticipando, nel gusto per la ricerca erudita, il nipote Iacopo, l'ultimo annalista della città. A lui si rivolse lo stesso Comune per avere l'atto originale (1155), che il D. conservava nel suo archivio privato, concernente il giuramento della "Compagna" pronunciato dal marchese Aleramo da Ponzone. Iacopo Doria, che ne ricorda la passione per le "antiquitates" genovesi, ritrovò tra le carte del nonno la Historia captionis Almerie et Tortuose e la De liberatione civitatum Orientis di Caffaro, che egli fece inserire nel codice contenente gli Annali; un'altra opera di Caffaro, la Brevis historia Regni Hierosolymitani, fu forse proseguita dal D. e completata sempre da Iacopo.
Fonti e Bibl.: Genova, Bibl. Franzoniana, Mss. Urbani, 126: F. Federici, Alberi genealogici delle famiglie di Genova (ms. sec. XVII), I, sub voce; Ibid., Biblioteca civica Berio, m. r. III, 4, 7-9: Foliatium notariorum (ms. sec. XVIII), I, cc. 63r, 65v, 66r, 79v, 110v, 144v, 240v, 281v, 338v, 356r, 369v, 425v, 469r; II, c. 42v; III, c. 131r; Liber iurium Reipublicae Genuensis, a cura di E. Ricotti, in Monumenta historiae patriae, VII, Augustae Taurinorum 1854, docc. DCXXIV col. 762, DCXXXII col. 792, DCLVIII col. 826, DCLXXV col. 861, DCCLXXXVII col. 1035, DCCCXI col. 1091, DCCCXXIII col. 1113, DCCCXXVIII col. 1140, DCCCL col. 1175, DCCCLV col. 1184, DCCCLXVI col. 1211; Documenti inediti riguardanti le due crociate di s. Ludovico IX re di Francia, a cura di L. T. Belgrano, Genova 1859, pp. 48 ss.; Codex Astensis qui de Malabayla communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella-P. Vayra, Romae 1880-1887, ad Indicem; Documenti intorno alle relazioni tra Alba e Genova, a cura di A. Ferretto, in Bibl. della Soc. stor. subalpina, XXIII, Pinerolo 1906, docc. XLVII, LVI, LXIX, LXX; Liber magistri Salmonis, Sacri Palatii notarii (1222-1226), a cura di A. Ferretto, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXVI (1906), ad Indicem; Documenti sulle relazioni tra Voghera e Genova (960-1325), a cura di G. Gorrini, in Bibl. della Soc. storica subalpina, XLVIII, Pinerolo 1908, ad Indicem; Documenti genovesi di Novi e Valle Scrivia (946-1260), a cura di A. Ferretto, ibid., LI, ibid. 1909, docc. CCLXXXI, DCXIII; Documenti sulle relazioni commerciali fra Asti e Genova, a cura di G. Rosso, ibid., LXXII, ibid. 1913, pp. 64 s.; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, a cura di C. Roccatagliata Ceccardi - G. Monleone, IV, Genova 1928, ad Indicem; Codice diplomatico della Repubblica di Genova, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, II, Roma 1938, in Fonti per la storia d'Italia, LXXIX, ad Indicem; Oberto Scriba di Mercato (1190), a cura di M. Chiatidano - R. Morozzo della Rocca, Genova 1938, ad Indicem; Lanfranco (1202-26), a cura di H. G. Krueger-R. L. Reynolds, Genova 1951-1953, ad Indicem; V. Poggi, Series rectorum Reipublicae Genuensis, in Monumenta historiae patriae, XVIII, Augustae Taurinorum 1901, coll. 1005, 1013, 1016; F. Podestà, Il colle di S. Andrea a Genova e le regioni circostanti, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XXXIII (1901), p. 169; A. Ferretto, Documenti intorno ai trovatori Percivalle e Simone Doria, in Studi medievali, I (1904-1905), pp. 128 ss., 140 s.; C. Imperiale di Sant'Angelo, Jacopo Doria ed i suoi Annali, Venezia 1930, pp. 1, 3, 5 s., 31, 203; R. Dochaerd, Les relations commerciales entre Gênes, la Belgique et l'Outremont d'après les archives notariales génoises aux XIIIe et XIVe siècles, Bruxelles-Rome 1941, ad Indicem; E. Poleggi, Le contrade delle consorterie nobiliari a Genova tra il XII ed il XIII secolo, in Urbanistica, XLII-XLIII (1965), p. 18; C. Fusero, I Doria, Milano 1973, pp. 138, 152; G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Società ligure di storia patria, n. s., XIV-XV (1974-1975), ad Indices; G. Petti Balbi, Caffaro e la cronachistica genovese, Genova 1982, ad Indicem.