SPINOLA, Oberto
– Figlio di Guglielmo, del ramo degli Spinola di Luccoli, nacque verosimilmente a Genova nella prima metà del XIII secolo. Il nome della madre è, attualmente, sconosciuto.
Nulla è noto della prima fase della sua vita, anche se possiamo supporre ch’egli, oltre ad apprendere i rudimenti della mercatura, abbia conosciuto – al pari del padre, tra i capi del partito filoimperiale – il bando politico, potendo rientrare in città solo dopo la morte di Federico II e la pacificazione tra le fazioni (e questo è probabilmente il motivo della assenza di documentazione che lo riguarda).
Le prime attestazioni certe risalgono al 1264, quando, nel quadro dell’opposizione a Carlo d’Angiò, in accordo con il marchese Uberto Pallavicino, i cui possessi nel Tortonese confinavano con i feudi della valle Scrivia in possesso della famiglia, minacciò d’entrare a Genova per rovesciare il governo in carica e instaurare un capitanato popolare. L’azione fu scongiurata dalla proposta di ripartire equamente le cariche pubbliche tra gli afferenti alle cosiddette quatuor gentes, le famiglie egemoni: un quarto ai Grimaldi, un quarto ai Fieschi, un quarto agli Spinola e ai Doria e il rimanente «pro comunalibus non de parte» (Annali genovesi di Caffaro..., a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant’Angelo, 1928, IV, p. 63). Fu, tuttavia, lo scontento derivato dalla preponderanza della Parte guelfa, rappresentata dai Grimaldi e dai Fieschi, a dare origine alla sollevazione guidata da Spinola nel 1265. Dopo aver conquistato il castello di Montecanne, in valle Scrivia, questi si diresse a Genova accompagnato dalla gente dei propri feudi, lasciando intendere di volersi porre alla testa del Popolo così da farsi eleggere capitano. Sul momento, l’operazione non ebbe successo. Nonostante l’opposizione dei Grimaldi, si giunse nuovamente a un accomodamento, dettato, probabilmente, dal timore che il popolo intero si rivoltasse indistintamente contro la nobiltà. La pace fu suggellata nel corso di un banchetto indetto dal podestà, cui, però, Spinola non prese parte perché – stando al resoconto degli annalisti – ferito alla testa in circostanze ignote.
Nella notte del 1° ottobre 1265, approfittando dell’assenza di molti nobili, ritiratisi in villa, appoggiato da diversi uomini delle valli Scrivia e Lavagna e da un gruppo di popolari, Spinola entrò armato in città, occupando il palazzo del podestà, il bergamasco Alberto di Rivola, condotto prigioniero presso la sua abitazione, situata nell’area di Luccoli, nel Ponente cittadino.
Nel descrivere l’azione, gli annalisti menzionano per la prima volta il termine «albergo» («quibusdam iuvenibus de albergo suo»: Annali genovesi..., cit., p. 71), successivamente in uso per indicare un’aggregazione di famiglie sotto il medesimo cognome.
Gli insorti si riversarono per le strade inneggiando al nuovo capitano del Popolo; le porte della città furono chiuse e il mattino seguente fu convocato il Consiglio nella chiesa di S. Lorenzo per ratificare la nomina. Tuttavia, parte della nobiltà guelfa rimasta in città causò un nuovo tumulto. Nonostante la preponderanza dei nobili ghibellini, Oberto Spinola rinunciò alla carica in favore della nomina di due podestà della propria parte: Guido Spinola e Nicolò Doria, che avrebbero retto la città sino al 2 febbraio 1266.
Quattro anni dopo, a seguito d’un rinnovato periodo di predominio guelfo, il disegno di Spinola si compì del tutto. Il trattato stipulato tra Genova e Carlo d’Angiò nel 1269 imponeva la scelta dei magistrati tra i partigiani della Chiesa; situazione, questa, giudicata inaccettabile dai nobili ghibellini. Il mattino del 28 ottobre 1270, nel giorno degli apostoli Simone e Giuda, approfittando dell’assenza di molti cittadini, impegnati nella seconda crociata di Luigi IX, Spinola, di concerto con Oberto Doria, diede vita a una nuova sollevazione, fidando del sostegno del Popolo, riunitosi nella «felix societas beatorum apostolorum Simonis et Iude». Il podestà fu fatto prigioniero. Spinola e Doria furono nominati entrambi capitani del Comune e del Popolo, giurando di sovrintendere all’amministrazione della città e del distretto svincolati dagli statuti («absolute et libere»: Annali genovesi..., cit., IV, p. 140). I due si prodigarono immediatamente per ristabilire la pace interna. Tuttavia, nel 1271, le principali famiglie guelfe furono escluse dalla città, cercando appoggio presso Carlo d’Angiò. Ne seguì un duro conflitto, nel corso del quale, tra il 1273 e il 1274, Spinola condusse un esercito in val di Vara per prevenire un presunto attacco proveniente da Sarzana. In quell’occasione, spedì, inoltre, un corpo di cavalleria a conquistare Godano, in val di Vara, nel Levante ligure, ponendo fine agli scontri sulla Riviera orientale.
Tra il 1270 e il 1291, Spinola si trovò al vertice del governo, comparendo, generalmente assieme al collega, in numerosi atti amministrativi riguardanti la città, il distretto e gli insediamenti mediterranei, alcuni dei quali emanati dal palazzo di Alberto Fieschi, in cui risulta abitasse. La sua azione pubblica si esplicò, altresì, nei confronti della Chiesa locale e dei principali monasteri urbani (S. Stefano, S. Siro, S. Andrea).
In particolare, Spinola risulta legato al monastero di S. Siro, da cui ottenne alcune terre in Capriata d’Orba in cambio di parte dei propri possessi situati a Sturla, immediatamente a Levante della città.
Sul piano internazionale, l’attenzione dei capitani si volse sia verso Oriente, mantenendo in essere l’alleanza con l’Impero costantinopolitano e stringendo rapporti con il sultanato mamelucco, sia verso Occidente, concludendo un trattato con Giacomo II, re d’Aragona, per lo sfruttamento delle saline di Ibiza. Fu, a ogni modo, la contesa con Pisa, intersecatasi con lo scoppio della guerra del Vespro, a convogliare le attenzioni maggiori. Il 6 giugno 1285, a poco meno di un anno dalla vittoria riportata dal capitano Oberto Doria presso le secche della Meloria (6 agosto 1284), Spinola condusse una flotta di sessanta galee a Porto Pisano. Il mancato arrivo degli alleati lucchesi e fiorentini vanificò l’attacco.
All’insuccesso fece seguito l’incrinarsi dei rapporti tra i due capitani. Il fatto è attribuibile a una diversità di opinioni sull’opportunità di mantenere o meno l’alleanza con i guelfi toscani. Doria decise di lasciare la carica al figlio Corrado per i successivi tre anni, nel corso dei quali i capitani acconsentirono a una limitazione delle proprie prerogative in materia di giustizia.
Il 28 ottobre 1288, Spinola fu eletto nuovamente capitano del Popolo, assieme a Corrado Doria, per i successivi cinque anni; tuttavia, intuendo l’esistenza di malumori crescenti, giurò per tre anni soltanto. Il nuovo mandato fu sconvolto dalla rivolta dei nobili guelfi, capeggiati dai Fieschi, i quali, il 1° gennaio 1289, occuparono la torre della cattedrale assalendo l’abitazione dell’abate del Popolo. Il piano fu sventato per l’opposizione dei popolari, che manifestarono il proprio sostegno nei confronti delle due famiglie egemoni.
Per l’occasione, pare che Spinola si sia prodigato a calmare il popolo. Del resto, le relazioni con la corte angioina, cui alcune famiglie guelfe guardavano per ottenere appoggio, si mantenevano stabili: tra il 23 e il 25 aprile, Carlo II, in viaggio verso la corte papale, fu scortato a Genova da Spinola e Lamba Doria.
Il 28 ottobre 1291 i capitani rinunciarono a un nuovo mandato in favore della nomina di un capitano del Popolo forestiero. Spinola si ritirò a vita privata con un donativo di 3000 lire genovesi, accordatogli dal Consiglio.
La morte sopraggiunse tra il 23 febbraio 1293, quando è da annoverare tra coloro che compilarono l’istruzione per alcuni ambasciatori inviati a Venezia, e il 20 maggio 1295, quando è citato come già defunto.
Dalla moglie Iacopa aveva avuto almeno cinque figli: Rainaldo, Corrado, Odoardo, Leona, maritata al conte Lotto di Donoratico, e Simona, forse sposa di Lanfranco Malocello, podestà di Bologna.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Ms. 103, Diversorum notariorum, cc. 11r, 13v; Genova, Biblioteca Civica Berio, A. Mireo, Storia degli huomini illustri della famiglia Spinola, ms. cartaceo del sec. XVII (1607), m.r.l.1.37, pp. 52-55; Guillelmus Ventura, Memoriale de gestis civium Astensium et plurium aliorum, in Historiae Patriae Monumenta. Scriptores, III, Augusta Taurinorum 1848, coll. 724 s.; A. Ferretto, Codice diplomatico delle relazioni fra la Liguria, la Toscana e la Lunigiana ai tempi di Dante (1265-1321). Parte prima. Dal 1265 al 1274, in Atti della Società ligure di storia patria, XXXI (1901), 1, p. 315; G. Gorrini, Documenti sulle relazioni fra Voghera e Genova (960-1325), Pinerolo 1908, doc. CCCXLIV; Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant’Angelo, Genova-Roma, IV, Genova 1928, pp. 63, 70 s., 140, 161, V, pp. 82, 97; P. Lisciandrelli, Trattati e negoziazioni politiche della Repubblica di Genova (958-1797). Regesti, in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., I (1960), nn. 369-456; Le carte del monastero di San Siro di Genova (1254-1278), III, a cura di M. Calleri, Genova 1997, n. 782; I libri iurium della Repubblica di Genova, Genova-Roma 1998, I, 4, a cura di S. Dellacasa, nn. 725, 726, 740, 749, I, 5, a cura di E. Madia, 1999, nn. 855, 856, 858, 859, 862, 863, 867, 874, 876, 878, 884, 886, 905, I, 6, a cura di M. Bibolini, introduzione di E. Pallavicino, 2000, nn. 922, 923, 1104, 1105, 1123, I, 7, a cura di E. Pallavicino, 2001, nn. 1170, 1185; Le carte del monastero di Sant’Andrea della Porta di Genova (1109-1370), a cura di C. Soave, Genova 2002, n. 21; Codice diplomatico del monastero di Santo Stefano di Genova, II, 1201-1257, a cura di D. Ciarlo, Genova 2008, nn. 488, 575; III. 1258-1293, a cura di Id., 2008, nn. 752-753.
M. Deza, Istoria della famiglia S., descritta dalla sua origine fino al secolo XVI, Piacenza 1694, pp. 125-160; G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo (1257-1311), in Atti della Società ligure di storia patria, n.s., XIV-XV (1974-1975), I, pp. 155 s., 172-174, 259 s., 324; II, pp. 102 s., 112.