obiezione di coscienza
Esercizio del diritto, da parte del medico o di altro personale sanitario, di rifiutarsi di prestare la propria opera di fronte a una richiesta di intervento che sia contraria ai propri principi etici e per la quale sia normativamente prevista l’obiezione.
L’o. di c. si esercita nei confronti dell’interruzione volontaria della gravidanza (l.194/78). In tale legge l’art. 9 prevede specifiche «clausole di coscienza» dirette a garantire al personale medico e sanitario la facoltà-diritto di non esercitare un’interruzione di gravidanza. L’o. di c. interessa medici (ginecologi e no), ostetriche, infermieri e anestesisti. Anche il Codice deontologico dei medici del 2006 riconosce questo diritto, dichiarando all’art. 22: «il medico, al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita». Il personale sanitario che abbia sollevato o. di c. non è tenuto a prendere parte alle procedure presso il consultorio o a garantire i necessari accertamenti medici; l’o. di c. lo esonera inoltre dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza. L’istituto è subordinato alla condizione della preventiva dichiarazione comunicata al medico provinciale, nel caso di personale dipendente dall’ospedale o, se casa di cura, anche al direttore generale.
L’o. di c. può riguardare la fecondazione artificiale eterologa e la somministrazione della c.d. pillola del giorno dopo (levonorgestrel); essa è una delle modalità per realizzare una pratica che viene definita contraccezione d’emergenza e determina modificazioni uterine, che impediscono l’impianto di un eventuale embrione. Il medico obiettore può applicare il principio di precauzione e astenersi dalla sua prescrizione.