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oblatio

Enciclopedia Dantesca (1970)
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oblatio


Secondo la norma in uso a Firenze nell'età precedente quella di D. (come, del resto, anche altrove), un condannato avrebbe potuto godere del beneficio dell'assoluzione se avesse pagato una certa quantità di denaro e si fosse sottoposto all'onta dell'offerta recandosi, con una candela in mano e una mitra di carta in testa (sulla mitra erano scritti il nome del reo e il reato), dal carcere a San Giovanni. All'epoca di D. la cerimonia era tuttavia ridotta a una mera formalità.

D. allude all'o. in Ep XII 3, respingendo questa infamante possibilità di esser assolto dalla condanna a morte e di poter rientrare in Firenze, alla pari con quanto era avvenuto da poco per un Ciolo e per altri malfattori: Absit a viro philosophiae domestico temeraria tantum cordis humilitas, ut more cuiusdam Cioli et aliorum infamium quasi vinctus ipse se patiatur offerri (§ 6). Per il riferimento cronachistico, v. CIOLO.

Vocabolario
oblato¹
oblato1 oblato1 s. m. (f. -a) [propr. «offerto (a Dio)», dal lat. oblatus, part. pass. di offerre «offrire»]. – 1. Nel medioevo, erano così detti coloro che erano consacrati a Dio sin dall’infanzia, per offerta (oblatio) dei genitori a...
oblata
oblata s. f. [dal lat. oblata, neutro pl. del part. pass. oblatus «offerto, presentato» (v. oblato1)]. – 1. Nome con cui, nella tradizionale terminologia liturgica cattolica, è chiamato il pane offerto per il sacrificio, quindi l’ostia...
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