occlusive
Le consonanti occlusive sono suoni momentanei non prolungabili nel tempo (➔ fonetica). Durante la loro produzione è possibile identificare tre fasi: una di impostazione in cui gli organi articolatori si avvicinano fino a stabilire un contatto totale; una di tenuta, in cui l’aria, bloccata nel suo passaggio, aumenta di pressione; e una di rilascio in cui gli articolatori si allontanano bruscamente permettendo la fuoriuscita dell’aria.
L’ostruzione del passaggio dell’aria può avvenire in più punti del canale orale: è quindi possibile realizzare occlusive bilabiali, dentali, alveolari, retroflesse, palatali, velari, uvulari, faringali e glottidali. La produzione di un’occlusiva può avvenire anche in concomitanza con le vibrazioni delle pliche vocali, generando così suoni sonori. Quando la glottide rimane aperta anche dopo il rilascio dell’occlusiva, il suono sarà aspirato (➔ aspirazione).
I suoni occlusivi presentano una struttura acustica peculiare, facilmente identificabile a livello spettrografico (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). Alla fase di chiusura corrisponde un’assenza di segnale acustico, percettivamente equivalente a un momento di silenzio; nelle occlusive sonore è tuttavia presente la barra vocale, riflesso diretto dell’attività delle pliche vocali. La fase di rilascio coincide con la cosiddetta esplosione (o scoppio; ingl. burst) del segmento cui corrispondono, sullo spettrogramma, uno o più tratti verticali, brevi e discontinui ma intensi (ingl. spike).
L’esplosione è particolarmente evidente nelle occlusive sorde, molto meno nelle sonore, giacché il cambio di pressione dell’aria che si produce nel passaggio tra la fase di chiusura e quella di apertura è inferiore. Purtuttavia, nel parlato veloce, il burst non è sempre acusticamente rilevabile neppure per le sorde.
L’intervallo temporale compreso tra l’esplosione dell’occlusiva e il punto in cui hanno inizio le vibrazioni periodiche del suono successivo costituisce il VOT (Voice Onset Time «tempo di inizio della sonorità»). A questo parametro, corrispondente a una fase di frizione, è affidata la distinzione tra occlusive non aspirate e occlusive aspirate, queste ultime caratterizzate da un VOT particolarmente lungo.
Acusticamente, le occlusive sorde mostrano una durata maggiore e un rumore di esplosione più intenso rispetto alle corrispettive sonore. L’andamento delle transizioni formantiche concorre al riconoscimento delle occlusive per luogo di articolazione. La transizione è quel movimento, discendente o ascendente, rilevabile nelle formanti delle ➔ vocali adiacenti l’occlusiva prima del raggiungimento di una fase stazionaria (Giannini & Pettorino 1992; Albano Leoni & Maturi 20023). L’andamento della prima formante (F1), essendo discendente in tutte le occlusive, non è utile ai fini identificativi; quello della seconda formante (F2) rappresenta invece un robusto discrimen nel riconoscimento, anche percettivo, delle occlusive. La transizione di F2 è discendente in /p b/, lievemente ascendente o invariata in /t d/, ascendente in /k g/.
Il punto ideale verso cui la transizione di F2 converge si chiama locus; nelle occlusive bilabiali il locus è di circa 600-800 Hz, in /t d/ è di 1600-1800, mentre in /k g/ è pari a 2100/2500 se il segmento è seguito da vocale centrale o anteriore; è compreso invece tra 1000 e 1200 Hz se l’occlusiva velare è coarticolata con una vocale posteriore (si veda quanto rappresentato nelle figg. 1-2).
L’inventario consonantico dell’italiano (➔ consonanti) comprende occlusive bilabiali /p b/, alveolari /t d/ e velari /k g/. Il quadro è simmetrico: tutti i fonemi si oppongono per grado di sonorità e per quantità fonologica, ogni occlusiva è cioè sia sorda che sonora (pelle / belle, potere / podere, ecc.), sia scempia che geminata (fato / fatto, eco / ecco, cade / cadde, ecc.).
Ampio è tuttavia il ventaglio di diversificazione geolinguistica che coinvolge questi suoni. In diacronia, le occlusive sorde latine intervocaliche si sono sonorizzate in una vasta area del territorio italiano il cui confine settentrionale è dato dalla linea La Spezia-Rimini (ad es. locu(m) > luogo, strata(m) > strada; ➔ aree linguistiche; ➔ confine linguistico). Questo fenomeno di sonorizzazione costituisce un’efficace linea di separazione tra i dialetti settentrionali e i dialetti centromeridionali (➔ dialetti) e, in una visione più ampia, tra la Romània occidentale e la Romània orientale (Tekavčić 19802).
In sincronia, i processi di derivazione allofonica più numerosi a carico dell’articolazione occlusiva sortiscono il più delle volte un ➔ indebolimento del suono. Nella Toscana centrale la ➔ gorgia toscana innesca una complessa deriva di riduzione articolatoria; le occlusive intervocaliche, in corpo di parola come in fonosintassi (➔ fonetica sintattica), sono realizzate come fricative, o spesso approssimanti. Il fenomeno è più incisivo tra le occlusive sorde che tra le sonore e colpisce primariamente l’occlusiva velare /k/, un segmento non di rado soggetto anche a totale cancellazione, in special modo nel toscano occidentale: ad es. la casa → [laˈhaːsa] → [laˈaːsa].
Un diffuso processo di lenizione è invece attivo in una vasta area dell’Italia mediana comprendente i territori di Marche, Abruzzo, Umbria, Molise e Lazio; la lenizione coinvolge le occlusive scempie intervocaliche, per cui /p t k/ → [p̬ t̬ k̬]: ad es. la catena → [lak̬aˈt̬eːna] (Rohlfs 1966: § 209; Marotta 2005). Il risultato è un suono prodotto con un grado minore di energia e un tasso variabile di sonorizzazione: per questo motivo tali occlusive sono sul piano percettivo impropriamente avvertite come sonore; nella trascrizione dell’alfabeto fonetico internazionale (IPA), la lenizione di un suono è indicata mediante il diacritico [ ̬] posto al di sotto del simbolo dell’occlusiva sorda (➔ alfabeto fonetico).
Nel Centro-Sud, al di sotto della linea Roma-Ancona, fino all’isoglossa Amantea-Scigliano-Crotone, con esclusione quindi della Calabria meridionale, del Salento e della Sicilia nord-orientale, le occlusive sorde sono lenite o totalmente sonorizzate dopo nasale: campo → [ˈkambo], dente → [ˈdende]. Nella stessa area si ha anche l’assimilazione progressiva totale dei nessi -mb-, -nd-, ad es. piombo → [ˈkjumːu], quando → [ˈkwanːu].
In questo quadro di variabilità allofonica non mancano neppure i fenomeni di rafforzamento. Nel Centro-Sud, /b/ tra vocali e dopo /j w/, /l r/ subisce geminazione spontanea: cubo → [ˈkubːo], libro → [ˈlibːro]. In Calabria e parte della Sicilia /p t k/, specie se geminate, sono diffusamente aspirate (➔ aspirazione); nel Salento l’aspirazione riguarda solamente /t/. Negli stessi territori, con modalità parzialmente differenti, è da menzionare anche la ricorrenza di occlusive retroflesse nei nessi -tr- -dr- -str-: padre → [ˈpaːʈɽe] (o, a seconda dell’area geografica, [ˈpaːʈʂe]) e di occlusive palatali.
Le occlusive costituiscono una classe di suoni attestata in tutte le lingue del mondo. La loro frequenza è tuttavia condizionata da alcune variabili. Dalla classificazione UPSID (UCLA Phonological Segment Inventory Database), effettuata su 451 lingue, si evince che l’occlusiva in assoluto più frequente è /t/ (dentale / alveolare) seguita da /k/ e da /p/; le occlusive sorde sono nel complesso più comuni delle rispettive sonore, le non aspirate infine prevalgono nettamente sulle aspirate (Maddieson 1984; Maddieson & Precoda, 1990; Henton, Ladefoged & Maddieson 1992).
Queste tendenze sono dominanti anche in italiano, dove l’occlusiva più frequente è infatti /t/, la meno ricorrente è /g/ (Bortolini et al. 1978). Il medesimo comportamento è confermato anche per le geminate, /tː/ è seguita da /kː/ ed infine da /pː/; le occlusive /dː/ e /gː/ detengono le ultime posizioni per frequenza statistica (Albano Leoni & Clemente 2005).
Sulla distribuzione dei fonemi occlusivi dell’italiano vigono alcuni vincoli contestuali. Tutte le occlusive possono costituire l’attacco monoconsonantico di una ➔ sillaba, in posizione interna o all’inizio di parola: toro, gara, nido, fuoco, ecc. (➔ parola italiana, struttura della). Nell’attacco complesso, l’occlusiva iniziale può essere preceduta solo da /s/: sperare, scatola (sullo statuto sillabico di /sC/ ➔ sibilanti). In entrambi i casi, il segmento può essere seguito da una vocale, da un legamento o da una consonante liquida (quest’ultimo è il noto contesto denominato muta cum liquida): ad es., spiegare, bravo, eclisse, plasmare. I nessi con /l/ sono tuttavia meno frequenti rispetto a quelli con /r/. In alcune parole dotte, per lo più ➔ grecismi, l’occlusiva può essere seguita anche da altre consonanti: ad es., psicologo, pneumatico.
Le occlusive chiudono la sillaba se geminate: zop.po, mat.to, bec.co, ab.braccio, cad.de, ag.guato; oppure in alcune parole dotte: at.mosfera, ec.zema, sub.dolo, dog.ma, tec.nica, ecc. Le occlusive sono le sole consonanti geminate dell’italiano, insieme a /f/, ad essere seguite da /l r/ determinando sequenze complesse: ad es., at.trezzo, pub.blico, ecc. In posizione finale di parola, soltanto in talune parole monosillabiche ricorre solo /d/ con valore eufonico: ad, ed, od (➔ monosillabi). Le occlusive sono finali anche in numerosi ➔ prestiti acclimatati, Internet, cognac, sud, smog, jeep, in abbreviativi, ➔ sigle e acronimi derivanti da espressioni italiane (bancomat, gip) o straniere (jeep, vip).
In italiano i fonemi occlusivi non hanno una corrispondenza univoca con i simboli grafematici (➔ alfabeto; ➔ grafemi). Le divergenze più vistose si rilevano a carico di /k/ e /g/, resi nell’ortografia corrente rispettivamente con ‹c› e ‹g› prima di /a ɔ o u/, /w/ o altra consonante (per es., cavo, acuto, croce, mago, gufo, grande), con ‹ch› e ‹gh› prima di vocale anteriore o di /j/ (per es., chilo, rischio, ghirlanda, ringhiera). Se il suono è geminato, si avrà la ripetizione del simbolo grafico secondo le norme di cui sopra: per es., pacco, leggo, macchia, agghindare.
Nella scrittura, il suono /k/ corrisponde anche al digramma ‹qu›, e il grafema ‹q› è sempre seguito dal legamento /w/ (per es., squadra, questione, equilibrio, liquore). Ciò è possibile con tutte le vocali, eccetto /u/; se il suono è lungo, sarà trascritto ‹cq›, con la sola eccezione di soqquadro: acquisto, acqua.
Tale situazione può creare non poche incertezze ortografiche negli apprendenti dell’italiano come L2 (➔ acquisizione dell’italiano come L2) o nei semicolti, visto che lo stesso suono è reso contemporaneamente da ‹cu› e da ‹qu›: per es., cuore, ma quota. Tale asimmetria ha tuttavia una precipua motivazione storica: tutte le parole con ‹qu›, con poche eccezioni, sono latinismi che hanno conservato la sequenza grafica originaria, come in aquam > acqua. Il digramma non è infatti presente nelle parole latine prive della sequenza, per es. scuola, riscuotere.
Anche il grafema ‹h› è un relitto grafico passato nell’ortografia latina probabilmente attraverso prestiti dal greco; in italiano è privo di valore fonetico, ma necessario per differenziare la pronuncia velare da quella dei corrispondenti suoni postalveolari /ʧ ʤ/, nella pratica ortografica trascritti anch’essi con ‹c› e ‹g›: ad es., giro ~ ghiro, ceto ~ cheto, getto ~ ghetto.
È bene notare che il grafema ‹k›, pur assente nell’alfabeto dell’italiano, compare in alcuni prestiti: karaoke, kiwi, sudoku, killer, talora anche con adattamento alla grafia italiana (per es., folclore al posto di folklore o coinè al posto di koinè), come pure, sempre più spesso, in forme di scritto giovanile o commerciale: ke per che, okkupazione per occupazione (➔ posta elettronica, lingua della; ➔ giovanile, linguaggio).
Albano Leoni, Federico & Clemente, Giuliana (2005), Numeri, fonemi e foni, in Parole e numeri. Analisi quantitative dei fatti di lingua, a cura di T. De Mauro & I. Chiari, Roma, Aracne, pp. 27-44.
Albano Leoni, Federico & Maturi, Pietro (20023), Manuale di fonetica, Roma, Carocci (1a ed. Roma, NIS, 1995).
Bortolini, Umberta et al. (1978), Statistics for a stochastic model of spoken Italian, in Proceedings of the twelfth international congress of Linguists (Wien, August 28 - September 2 1977), editors W.U. Dressler & W. Meid, Innsbruck, Institut für Sprachwissenschaft der Universität Innsbruck, pp. 580-586.
Giannini, Antonella & Pettorino, Massimo (1992), La fonetica sperimentale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.
Henton, Caroline, Ladefoged, Peter & Maddieson, Ian (1992), Stops in the world’s languages, «Phonetica» 49, pp. 65-101.
Maddieson, Ian (1984), Patterns of sounds, Cambridge, Cambridge University Press.
Maddieson, Ian & Precoda, Kristin (1990), Updating UPSID, «UCLA working papers in phonetics» 74, pp. 104-111.
Marotta, Giovanna (2005), Il consonantismo romano. Processi fonologici e aspetti acustici, in Italiano parlato. Analisi di un dialogo, a cura di F. Albano Leoni & R. Giordano, Napoli, Liguori, pp. 1-24.
Rohlfs, Gerhard (1966), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 1° (Fonetica; ed. orig. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1°).
Tekavčić, Pavao (19802), Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1° (Fonematica).