Indiano, Oceano
Un oceano stretto
Circondato su tre lati dalle terre emerse, l'Oceano Indiano è stato solcato fin da tempi antichissimi, e da una riva all'altra l'hanno sempre attraversato popoli, lingue, religioni e... merci. Con l'arrivo degli europei, però, gli scambi locali hanno finito per cessare quasi del tutto e l'Oceano, oggi, è importante soprattutto per le rotte che lo attraversano per raggiungere l'Europa, il Giappone e l'America
L'Oceano Indiano è ampio metà della superficie coperta da tutte le terre emerse. Come gli altri oceani e mari, è delimitato in modo convenzionale: a occidente dall'estremità meridionale dell'Africa, a oriente dalla Tasmania e dall'Australia, a nord dall'Asia e a sud dall'Antartide (a nord dell'Australia il limite passa per l'arcipelago indonesiano).
Alcuni tratti dell'Oceano hanno nomi specifici: il Mar Rosso (che è un profondo golfo), il Mare Arabico, il Mare delle Andamane, il Mare di Timor e il Mare degli Arafura, e poi grandi golfi come il Golfo di Aden, il Golfo Persico, il Golfo del Bengala, la Grande Baia Australiana.
Questo è il meno vasto degli oceani, il più meridionale, il più caldo e ‒ dato il calore, che fa evaporare molta acqua ‒ anche quello con la maggiore concentrazione di sali, specie nel Mar Rosso e nel Golfo Persico. Dalla temperatura dipende anche la circolazione marina e atmosferica, con la formazione di venti stagionali e periodici (monsoni, alisei) e anche di tifoni. Molto importanti per la vita nelle regioni asiatiche sono i monsoni, che d'estate si formano sull'Oceano e soffiano verso NE, portando sul continente aria umida e pioggia.
Le isole dell'Oceano Indiano, a parte Madagascar e Ceylon (Sri Lanka), e quelle indonesiane, sono piuttosto piccole ‒ come Andamane, Maldive, Comore, Seychelles ‒ e sono soprattutto di formazione corallina. Quelle più meridionali, freddissime (Kerguélen, Amsterdam e altre), sono vulcaniche. Molte di queste isole sono emerse dalle dorsali sottomarine: il fondale dell'Oceano Indiano ne ha due principali che formano una 'Y' rovesciata e molte altre minori. La massima profondità è nella Fossa di Giava (−7.450 m). Lungo le dorsali si producono spesso eruzioni e terremoti sottomarini, come quello che ha provocato il terribile tsunami del dicembre 2004.
Da tempi antichissimi l'Oceano Indiano è stato navigato, grazie a correnti e venti favorevoli e al fatto che le terre emerse lo abbracciano quasi interamente: Egizi, Greci e Persiani commerciarono soprattutto con l'India; Indiani e Malesi si spinsero fino al Madagascar e all'Africa; i Cinesi, invece, nel Quattrocento decisero di non spingersi più in mare aperto; gli Arabi non solo commerciarono attivamente, ma diffusero la religione islamica su quasi tutte le coste dell'Oceano.
Gli europei si affacciarono nell'Oceano Indiano tardi, a parte qualche viaggiatore che l'aveva raggiunto via terra dall'Egitto o dall'Asia. Solo nel 1487 i Portoghesi (con Bartholomeu Dias) passarono dall'Oceano Atlantico all'Indiano, e nel 1498 (con Vasco da Gama) raggiunsero l'India.
Da allora, però, il commercio condotto dagli europei ‒ ai Portoghesi si aggiunsero Olandesi, Inglesi e Francesi ‒ si impose, con le buone o con le cattive. La colonizzazione delle sponde trasformò l'Oceano in un lago europeo. I commercianti vi trovavano soprattutto spezie e legni pregiati; più tardi anche l'esportazione di altri prodotti dall'India, dall'Indonesia e dalla Cina passò per l'Oceano Indiano.
Anche oggi l'Oceano Indiano è importante soprattutto come via di comunicazione tra l'Asia orientale (Giappone e Cina in primo luogo) e l'Europa. Per facilitare questi scambi, nella seconda metà dell'Ottocento fu aperto il Canale di Suez e furono attrezzati porti come Città del Capo, Aden, Colombo, Singapore.
Alcune parti dell'Oceano ‒ specialmente il Golfo Persico ‒ sono però molto importanti anche per le loro produzioni di petrolio: i giacimenti si trovano sulla terraferma, ma anche sotto il fondale marino. Questa è l'area di produzione più importante al mondo, e le navi cisterna che vanno e vengono dal Golfo Persico, verso l'Europa e verso il Giappone e l'America Settentrionale, costituiscono la parte principale del traffico nell'Oceano Indiano.
Dal fondo dell'Oceano si ricavano anche altri minerali. La pesca, invece, è molto meno sviluppata che in altri mari, anche se la sua importanza sta rapidamente crescendo.