INDIANO, OCEANO (XIX, p. 85)
Caratteristiche fisiche (p. 86). - Lo studio dell'Oceano Indiano ha avuto notevole impulso tra il 1932 e il 1937 con la elaborazione dei dati di alcune crociere eseguite intorno al 1930, a cura delle navi Dann, Snellius e della John Murray Expedition. Secondo T. W. Vaugham possono distinguersi nell'Oceano Indiano otto sottobacini, le cui caratteristiche morfologiche principali sono già state accennate.
Assai più importanti i dati relativi alle condizioni fisico-chimiche delle acque. L'andamento delle isoterme di superficie, se presenta una quasi regolare coincidenza con il decorso dei paralleli nella porzione centro-meridionale, denota tanto in febbraio quanto in agosto una caratteristica distribuzione nella porzione settentrionale e nei mari interni che da essa si dipartono (M. Rosso, G. Persico), dove si raggiungono valori assai elevati (27° in inverno e oltre 30°-33° in estate). Ma già a 200 m. di profondità la situazione cambia nettamente, in quanto non solo la temperatura si abbassa ad un massimo di 20° (media annua), ma le isoterme assumono anche un decorso assai differente, isolando una ristretta area centrale dell'Indiano con temperatura di 20° (sul 20° parallelo S.); mentre più a settentrione, tra l'equatore e il 10° parallelo S., si nota una vasta zona delimitata dalla isoterma di 14° o meno di 14°. Anche a 400 m. di profondità sul 20° parallelo S. persistono due aree omoterme: la prima più occidentale, con temperatura di 14° e l'altra, più orientale, a temperatura di 15°. La fascia quindi tra l'equatore e il 20° parallelo S. è, in profondità, la zona ove si hanno i disturbi termici, a differenza delle condizioni di superficie, mentre la temperatura decresce poi regolarmente coll'aumentare della latitudine tanto a N. dell'equatore, quanto a sud del 20° parallelo S. Notevole interesse è stato rivolto allo studio della salinità, che in superficie mostra variazioni tra i 34 e i 40-41 mmg/l. nel M. Rosso e nel Golfo Persico, con vaste zone racchiuse dalle isoaline della media salinità oceanica (35‰).
Nuovi dati sono stati aggiunti per talune zone dell'Indiano (a est della costa africana, ecc.), anche circa la distribuzione dell'ossigeno, per il quale si ha un comportamento fino ad un certo punto analogo a quello della salinità.
La circolazione delle acque (p. 88). - Le condizioni fisico-chimiche si riflettono sull'andamento delle correnti. Il quadro generale in superficie non risulta modificato ed è accolto ancora nei più recenti studî oceanografici; il problema invece della propagazione e dell'influsso delle acque antartiche su quelle dell'Oceano Indiano offre ancora largo campo di discussione, pur ammettendo H. U. Sverdrup che l'influsso sia evidente, specie nella zona meridionale. Insieme con i caratteri fisico-chimici sono stati raccolti nuovi dati intorno alla flora e fauna in genere e specialmente al fito- e zoo-plancton, che però ancora attendono ulteriori elaborazioni; del pari notevole interesse hanno gli studî compiuti da P. M. van Riel sulla natura e formazione delle scogliere madreporiche e coralline (crociera della Snellius).
Le vie di navigazione (p. 89). - Le condizioni economiche in generale e quelle delle comunicazioni in particolare, turbate notevolmente nel periodo della seconda Guerra mondiale per il decorso degli eventi bellici e per quelli successivi di carattere politico, vanno gradatamente ristabilizzandosi. Nei traffici marittimi è scomparsa la bandiera italiana, che aveva notevole importanza per le linee dell'Estremo Oriente, nonché la giapponese e la tedesca, mentre si afferma quella statunitense. I traffici aerei sono in continuo sviluppo; linee aeree inglesi, francesi e olandesi, nonché nord-americane uniscono l'Europa con le zone prospicienti, a settentrione, l'Oceano Indiano, che è interessato anche ai traffici aerei Europa-Australia. Ma oltre alla rete intercontinentale vanno largamente sviluppandosi le reti locali, colleganti le più importanti città dell'India, Birmania, Indie Olandesi, ecc.
Bibl.: G. Schott, Geographie des Indischen un Stillen Ozeans, Amburgo 1935; H. U. Sverdrup, M. W. Johnson, R. H. Fleming, The Oceans, their Physics, Chemistry and general Biology, New York 1946 (con ricchissima e dettagliata bibliografia per i singoli argomenti).
Operazioni durante la seconda Guerra mondiale. - La completa libertà dei trasporti nell'Oceano Indiano consentì all'Impero britannico di ammassare truppe sui diversi fronti dell'Africa Orientale italiana, per preparare azioni convergenti. Dall'Oceano Indiano poterono affluire poderosi rinforzi agli eserciti britannici nel Medio Oriente; inoltre con gli aiuti alla Russia per la via del Golfo Persico, la libertà d'azione britannica nell'Oceano Indiano influì sugli sviluppi della guerra sul fronte orientale.
L'entrata in guerra del Giappone e la caduta di Singapore, l'occupazione di Sumatra e di Giava, resero critica la situazione britannica nell'Oceano Indiano, dove era scarsamente difesa l'isola di Ceylon, di preminente valore strategico. Agli ultimi di febbraio 1942 giunse nell'Oceano Indiano una flotta giapponese di 6 navi portaerei e 4 corazzate, con numerosi incrociatori e cacciatorpediniere; la marina britannica aveva nel contempo concentrato forze navali nello stesso Oceano, riducendo quelle nel Mediterraneo e nell'Atlantico. Nel marzo, la flotta giapponese occupò le isole Andamane e Nicobare; il 5 aprile, i velivoli delle navi portaerei nipponiche attaccarono il porto di Colombo. I britannici furono pronti a respingere l'attacco, disponendo in quella località di numerosi velivoli da caccia, che abbatterono 27 velivoli nipponici. La flotta inglese dell'Oceano Indiano era costituita da 5 corazzate, 3 navi portaerei, 6 incrociatori e 15 cacciatorpediniere; quella flotta, in previsione dell'attacco su Ceylon, si mantenne in crociera al largo, inviando velivoli siluranti contro le forze nipponiche. Due incrociatori inglesi di 10.000 t., scoperti in alto mare da velivoli bombardieri nipponici, furono affondati. Dopo l'attacco su Colombo, i Giapponesi il 9 aprile bombardarono dall'aria la base navale di Trincomali (nel N.E. di Ceylon) e affondarono la nave portaerei Hermes di 10.000 t. a circa 50 miglia da quel porto; inoltre distrussero numerose navi mercantili. Ma, a causa degli avvenimenti nel Pacifico, il grosso della flotta nipponica dovette rientrare in quest'Oceano, rinunziando alle possibilità che si prospettavano nell'Oceano Indiano. I Giapponesi limitarono il proprio dominio marittimo al golfo del Bengala, facilitando con i trasporti via mare l'invasione della Birmania. La situazione nel Pacifico, derivata dalle battaglie del Mar dei Coralli e delle Midway, escluse in modo definitivo la possibilità di una vigorosa ripresa dell'offensiva nipponica nell'Oceano Indiano, dove l'attività giapponese si limitò all'azione dei sommergibili, che fu estesa fino al canale di Mozambico. Per proteggere le sue linee di comunicazione, la Gran Bretagna occupò la colonia francese di Madagascar. A termini degli accordi fra le potenze del Tripartito la parte dell'Oceano Indiano a levante del meridiano 70° E. era riservata alla marina giapponese, che però dall'agosto 1942 fu sempre più vincolata nel Pacifico. Per facilitare l'azione contro il traffico britannico nell'Oceano Indiano, la marina giapponese accordò ai sommergibili dell'Asse la disponibilità delle basi di Penang e di Sabang. Ma dal principio del 1943 l'andamento del conflitto escluse definitivamente ogni prospettiva di cooperazione fra le potenze del Tripartito.