OCEANO (᾿Ωκεανός)
È in Omero (Il., xiv, 201) ancora l'origine non personificata di tutte le cose, rappresentato come un grande fiume (Il., xvi, 151) che scorre attorno alla terra. Questo concetto di natura geografica si conservò anche più tardi, trasformandosi unitamente all'idea che i Greci avevano del mondo, fino a che il fiume divenne mare, oceano.
Esempî di forme intermedie si trovano nelle poesie di Pindaro o nella leggenda degli Argonauti che si svolgeva sull'Oceano. Inoltre già Esiodo (Theog., 133 ss.) introdusse un O. mitologico personificato, figlio di Urano e di Gea, padre delle Oceanine e dei fiumi, uno dei Titani; come tale però ha una posizione particolare: per esempio non prende parte alla titanomachia e più tardi l'idea di un dio autonomo si sostituisce a tal punto alla vecchia genealogia che sull'altare di Pergamo egli combatte a fianco degli dèi dell'Olimpo. Poco si è tramandato sulle sue imprese e delle sue vicende: allorché Zeus intraprese le lotte contro Kronos, Rhea portò la piccola Hera ad Oceano affinché potesse crescere lì al sicuro (Il., xiv, 200 ss.) e ciò mette in luce un tratto caratteristico della sua natura. Nel Prometeo di Eschilo egli tenta di fare da intermediario tra Prometeo e Zeus, ma il suo ruolo non è chiaramente manifesto; una poesia ellenistica dice che presso di lui crebbe suo nipote Fetonte; egli consegna ad Eracle il calice del Sole per il viaggio per mare, ma poi, quando solleva le onde, viene da questi minacciato. All'infuori di questi rari avvenimenti O. non ha grande importanza mitologica; è considerato come un vecchio placido e cortese che vive nella sua casa nell'occidente, lontano dalla vita affaccendata degli uomini. Come consorte gli si attribuisce per lo più Teti, più tardi anche Gea. Le arti figurative hanno conformato le raffigurazioni all'idea generale. Una delle più antiche delle rappresentazioni citate, quella dello scudo di Achille (Il., xviii, 607), probabilmente non va concepita come una personificazione: è il fiume che scorre attorno allo scudo formandone la cornice in corrispondenza alla concezione geografica allora predominante. Ma già sul vaso François, dove l'immagine è purtroppo mal conservata, lo vediamo su una quadriga in forma completamente umana. Più tardi questa compare soltanto raramente: si ebbero prevalentemente riproduzioni della sola testa o anche soltanto della maschera. Difficilmente lo si incontra prima dell'ellenismo, sono conservate però raffigurazioni dell'arte romana che tramandano più o meno fedelmente i modelli ellenistici: veramente l'erma della Rotonda del Vaticano non può essere designata con certezza come O. a causa della sua ghirlanda di pampini, ma presenta chiari tratti della sua iconografia; presuppone dunque modelli ellenistici. Altre teste romane, di cui due della Villa Albani, sono rifacimenti più liberi. La maschera di O. - adatta specialmente alle arti disegnative - non è finora documentata nell'arte preromana: essa ebbe larga diffusione soprattutto sui sarcofagi dove compare per lo più al centro del lato lungo sorretto da Eroti o Tritoni o circondata da varî esseri marini e costituisce il centro di scene marine prive di una vera e propria azione. Può darsi che qui giochino delle reminiscenze dell'antica concezione del mare (occidentale) come il luogo dei beati. La maschera si identifica generalmente per le chele di gambero che spuntano tra i capelli ai due lati della fronte alle quali talora possono aggiungersi anche le antenne di gambero; i capelli sono lunghi, sottili ed ondulati, la barba può a volte essere rappresentata in parte o totalmente formata da piante marine. Questo tipo di maschera appare anche su numerosi mosaici romani, isolata o insieme ad animali o scene marine; tali mosaici sono stati trovati specialmente nell'Africa settentrionale (Sabratha, Sousse, Ippona); due sono ad Ostia, un grandioso emblema policromo è ad Ancona. Vi si ricollega un rilievo in bronzo di Lixus nel Marocco; particolarmente artistica è la maschera su un piatto d'argento di Mildenhall in Inghilterra con dei piccoli delfini nella barba formata da foglie. Questa maschera è basata certamente sul concetto di un simbolo più o meno personificato, ma O. compare anche spesso in forma del tutto umana; giacente in una comoda posizione di riposo con in mano una canna o un remo, egli è però assimilato largamente ad altre divinità marine, specie a quelle dei fiumi. Compare in questa posa sui sarcofagi bacchici (ad esempio: New York); è chiaramente riconoscibile per le sue chele di gambero su un mosaico di Sousse al quale si ricollegano i mosaici di Piazza Armerina e di Antiochia; su uno dei mosaici di Antiochia egli è assieme alla sua sposa Teti. Compare anche su monete romane come figura intera, semidistesa e appoggiata ad un braccio. In contrasto con la personificazione di Nettuno - assieme al quale può a volte venir rappresentato, come si vede su un mosaico di Münsingen - egli è riprodotto generalmente solo ed inattivo; un rilievo in bronzo di Londra lo rappresenta assieme a tre figure femminili nelle quali si possono ravvisare senz'altro delle Oceanine. Una rappresentazione che si stacca completamente dalla concezione antica e dove egli lotta attivamente, lontano dal suo elemento, è quella sul fregio dell'altare di Zeus a Pergamo, nel quale, a stare all'iscrizione rimasta, egli deve senz'altro comparire e può forse essere identificato con una delle figure dell'ala sinistra della scalinata.
Bibl.: Weizsäcker, in Roscher, III, i, 1897-909, c. 809 ss., s. v. Okeanos; H. Herter, in Pauly-Wissowa, XVII, 2, 1936, c. 2308 ss., s. v. Okeanos; A. Lesky, Thalatta, Vienna 1947, p. 58 ss.; D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, I, Princeton 1947, p. 38 ss.; 112 ss.; 168 ss. Vaso François: Furtwängler-Reichhold, tav. 11-12. Vaticano: Anderson 1428. Villa Albani: E. A. 4029; 4030. Sarcofagi: A. Rumpf, Die Meerwesen auf den antiken Sarkophag-Reliefs, Berlino 1939, p. 125 ss., tavv. 11-13. Mosaici Sabratha: S. Aurigemma, l'Italia in Africa. Tripolitania, I, Roma 1960, tav. 5; A. Guidi, in Africa Italiana, VI, 1935, p. 110 ss. Sousse: L. Foucher, Invent. des Mosaïques. Sousse, Tunisi 1960, tav. 8. Ippona: Libyca, VI, 1958, p. 99 ss. Ostia: G. Becatti, Scavi di Ostia, IV, Roma 1961, pp. 112 ss.; tavv. 145 s. Lixus: Archivo Esp. de Arqueol., 1940, p. 55 ss. Piatto di Mildenhall: I. A. Richmond-J. M. C. Toynbee, in Journ. Rom. Studies, XLV, 1955, tav. 34, 2. Sarcofago di New York: F. Matz, Ein römisches Meisterwerk, in Jahrbuch (19° Ergänzungsheft), Berlino 1958, tav. C. Mosaico di Sousse: L. Foucher, op. cit., tav. 90. Piazza Armerina: G. V. Gentili, La Villa Erculia di piazza Armerina. I Mosaici, Roma 1959, fig. 8. Antiochia: D. Levi, op. cit., tav. 6 b; 50 c. Monete: M. Bernhart, Handbuch zur Münzkunde der römischen Kaiserzeit, Halle 1926, tav. 77, 2. Mosaico di Münsingen: Jahrbuch des Bernischen Historischen. Museums, XXI, 1941, p. 67 ss. Rilievo in bronzo di Londra: Arch. Zeit., 1884, tav. 2, 2. Pergamo: H. Kähler, Der grosse Fries von Pergamon, Berlino 1948, p. 49, tav. 19.