OCSE (App. III, 11, p. 295)
È questa la sigla che indica l'ente internazionale denominato Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, e destinato, come dice il suo stesso nome, a promuovere la cooperazione economica tra gli stati e lo sviluppo economico degli stati stessi, con particolare riguardo a quelli cosiddetti "emergenti". Tale ente ha sostituito nel 1960 l'analoga istituzione sorta quasi all'indomani della seconda guerra mondiale: l'Organizzazione Europea di Cooperazione Economica (OECE).
Le caratteristiche più espressive del nuovo ente possono così riassumersi: 1) Esso non è un'organizzazione soltanto europea, com'era l'OECE, ma è anche extraeuropea: membri originari ne sono gli Stati Uniti e il Canada; in progresso di tempo ne è divenuto partecipe anche il Giappone. 2) Il nuovo ente non mira soltanto al fine tradizionale dell'espansione dell'economia e dell'impiego, agli scopi classici del miglioramento del livello di vita e della stabilità finanziaria, ma è rivolto anche e soprattutto allo sviluppo economico degli stati non membri, e all'espansione del commercio mondiale su base multilaterale e non discriminatoria, in conformità con gli obblighi internazionali, e in stretto coordinamento, quindi, con gli scopi perseguiti dal GATT. 3) Il nuovo ente non ha alcun carattere di supernazionalità, nel senso che le decisioni prese dai suoi organi non possono vincolare uno stato membro senza che le esigenze della propria costituzione siano state adempiute. Ciò non esclude, per altro, che gli stati membri possano convenire di dare inter se applicazione provvisoria alle decisioni prese dall'ente. Ai fini della formazione della volontà dell'ente stesso, vige il principio dell'unanimità, temperato dalla regola procedurale dell'astensione: le decisioni, votate a maggioranza, non sono applicabili agli stati che si astengono, ma lo sono, invece, rispetto agli altri stati.
Le ragioni, per le quali fu reputato necessario procedere alla sostituzione di un ente internazionale con un altro ente, sono di varia natura e di diverso momento: 1) Ha influito in tal senso, innanzi tutto, il fatto che per la ricostruzione economica ormai avvenuta dei principali stati membri, e per la nuova realtà delle relazioni economiche dell'Europa stessa con gli altri continenti, l'OECE aveva conseguito, in effetti, i fini per i quali era stata originariamente concepita, e in vista dei quali aveva, per circa un quindicennio, lodevolmente operato. 2) D'altra parte, un complesso di nuove circostanze tendevano a imprimere nuovi orientamenti alla cooperazione economica tra gli stati europei. Creatasi nel 1957 e ormai affermatasi la Comunità economica europea tra alcuni stati europei membri dell'OECE, si era cercato (1958-59) di giungere a istituire tra tutti gli stati stessi una zona di libero scambio; ma i negoziati all'uopo svolti erano falliti. Inoltre, per effetto dell'instaurato sistema della convertibilità delle principali monete, l'Unione europea di pagamento - una delle più importanti creazioni dell'OECE - aveva cessato di esistere. 3) Diminuita, così, da un lato, la coesione tra gli stati europei, appariva opportuno, dall'altro, non tardare ad attuare una più stretta unione all'Organizzazione stessa degli Stati Uniti e del Canada, che dell'OECE erano soltanto stati associati. 4) Infine, le esigenze dei paesi di nuovo assurti all'indipendenza e ancora in fase di sottosviluppo economico, rendevano necessario l'apporto degli stati industrializzati del mondo occidentale ai cosiddetti paesi emergenti.
L'attuazione del nuovo ente internazionale destinato a sostituire l'OECE avvenne nel corso di un anno: nel gennaio 1960 fu adottata la risoluzione di giungere a una profonda modifica dell'Organizzazione; nell'aprile 1960 una conferenza, cui parteciparono gli stati membri e quelli associati, esaminò e assunse a base dei lavori il documento preparato dal cosiddetto "Gruppo dei quattro"; il 14 dicembre 1960 avvenne la sottoscrizione in Parigi dello strumento diplomatico istitutivo del nuovo ente internazionale, l'OCSE.
Esempio tipico di successione tra enti internazionali, la trasformazione dell'OECE nell'OCSE è avvenuta sulla base di due principi di diversa natura e di portata distinta. 1) Il primo è quello della successione subiettiva: la personalità giuridica dell'OCSE è la continuazione di quella dell'OECE. Conseguentemente, le singole situazioni giuridiche subiettive, che si erano formate negli ordinamenti interni degli stati - diritti reali, diritti mobiliari, diritti e obblighi contrattuali, ecc. - hanno come loro titolare il nuovo ente. 2) L'altro principio ispiratore della successione presenta caratteri di anomalia, e si pone, sul piano internazionale, quasi correttivo del primo: è il principio del revisionismo. In virtù di siffatto principio, le risoluzioni, le raccomandazioni, le decisioni, già assunte dagli organi dell'OECE, decadono se un'approvazione specifica del Consiglio dell'OECE non è all'uopo specificamente presa (Convenzione del 14 dicembre 1960, art. 15, in fine). L'adozione di siffatto principio, eccezionale in materia di successione tra enti internazionali, trova una spiegazione in ragioni di natura extra giuridica: gli stati extraeuropei partecipi del nuovo ente - gli Stati Uniti e il Canada - hanno subordinato tale loro partecipazione alla condizione che certe attività dell'OECE, comprensibili nell'economia generale di quell'ente, non siano riprese dal nuovo ente; e che la normativa giuridico-economica dell'OECE stessa in tanto possa essere obbligante per gli stati membri della nuova Organizzazione, in quanto sia da essi espressamente accettata.
L'organamento del nuovo ente presenta alcune caratteristiche, per certi riguardi differenziali rispetto all'ente internazionale cui è succeduto. L'organo primario è rimasto il Consiglio, formato da tutti gli stati membri. È scomparso, per contro, il Comitato esecutivo, inteso come organo istituzionale. Qualora se ne presenti la necessità, il Consiglio stesso può creare, per altro, un Comitato esecutivo ad hoc, o altro organo sussidiario. Il Consiglio nomina il segretario generale, assistito da segretari generali aggiunti o supplenti. Il Consiglio può adunarsi a livello ministeriale: formato, cioè, dai ministri degli Affari Esteri degli stati membri, o da altri organi centrali degli stati stessi; ovvero, a livello rappresentanti: costituito, cioè, dai capi delle rappresentanze permanenti degli stati presso l'organizzazione. In questo caso, la presidenza del Consiglio compete al segretario generale dell'organizzazione stessa.
Durante il primo quindicennio della sua esistenza, l'OCSE è stata chiamata ad agire, da prima, in situazione di relativa prosperità economica generale; e, di poi, in momenti di recessione e in fasi di crisi economica, che i problemi energetici, posti dal ricatto petrolifero (guerra del Kippur, ottobre 1973), hanno accelerate e aggravate. Nell'una e nell'altra vicenda ciclica, l'organizzazione ha dimostrata e confermata la sua ragion d'essere e la sua validità operativa. All'uopo ha raccomandato, sulla base di predisposti schemi di accordi multilaterali, la conclusione di strumenti diplomatici, intesi a favorire la cooperazione economica e finanziaria, mercé una rinnovata reciproca fiducia (tale è, tipicamente, l'elaborazione di un progetto di Convenzione plurilaterale - Parigi 1961-1963 - intesa a regolare le reciproche posizioni giuridiche degli stati che investono capitali nell'economia di altri stati, assicurando ai primi le necessarie garanzie per gl'investimenti stessi). Ha condotto, poi, approfondite ricerche statistico-economiche negli stati membri, complessivamente e singolarmente considerati, al fine di agevolare la determinazione delle politiche economiche di essi, in una fase di recessione. Ha raccomandato, infine, agli stati stessi - con il conforto della documentazione più ampia e pertinente - le linee di un'azione comune per superare la crisi, e promuovere, nella fedeltà ai principi della liberalizzazione e della cooperazione mutua, la ripresa del commercio internazionale e dello sviluppo economico.
Bibl.: R. Monaco, Lezioni di Organizzazione internazionale, vol. II: Diritto degli enti economici internazionali, Torino 1961, p. 108 segg.; A. Maresca, Aspetti della condizione giuridica degli enti internazionali, in La Comunità internazionale, 1963 (vol. XVIII); G. Cansacchi, Istituzioni di diritto internazionale pubblico, Torino 19672, p. 142 segg.; G. Miele, Diritto internazionale, Padova 1972, p. 235 segg.