OCULISTICA (XXV, p. 166; App. II, 11, p. 438)
Lo studio dell'o. si è andato sempre più arricchendo di mezzi destinati all'esplorazione dell'apparato oculare e al trattamento di particolari condizioni morbose.
Diagnostica. - Per quello che riguarda i metodi di esame, ricordiamo anzitutto l'ecografia che sfrutta le proprietà degli ultrasuoni di essere rifratti quando incontrano nel loro percorso (analogamente a ciò che succede con le frequenze udibili) delle sostanze di differente composizione. Gli echi che ne risultano informano l'osservatore sulle eventuali alterazioni delle membrane interne oculari e della cavità orbitaria (tumori, distacchi retinici, alterazioni vitreali). Gli ultrasuoni possono essere inoltre usati per la cosiddetta ecobiometria, che permette di valutare esattamente in vivo la lunghezza dell'occhio, le distanze intercorrenti tra cornea e cristallino, tra le due superfici anteriore e posteriore di quest'ultimo, nonché dal cristallino alla retina.
Amplissimo campo di applicazione ha poi trovato la cosiddetta angiofluorografia che si attua iniettando endovena soluzioni di fluorescina e ispezionando poi con un vetro di cobalto sia la porzione anteriore (iride), sia soprattutto la porzione posteriore (retina) dell'occhio. Più che alla semplice ispezione si ricorre di solito alla determinazione fotografica della fluorescenza dei vasi iridei e retinici (ed eventualmente, in certi casi, di quelli retrostanti), effettuando determinazioni in tempi successivi, esattamente registrati sulla pellicola, e ottenendo cosi aspetti corrispondenti alle varie fasi, a partire da quella venosa, del passaggio del liquido ematico. La fluoroangiografia retinica permette altresì di evidenziare eventuali luoghi di spandimento del liquido proveniente dai vasi.
Nel campo della tonometria oculare si sono pure registrati progressi ulteriori dopo i già felici risultati della tecnica dell'applanazione.
Si è diffuso l'impiego di un tonometro che fornisce valori del tono oculare per mezzo di un sistema pneumatico in grado di modificare le variazioni di tono su un vacuometro. L'apparecchio di Mackay-Marg consente, invece, una registrazione elettronica per mezzo di una testina con al centro un dentino protundente spostabile in maniera coassiale. Questi spostamenti sono in funzione delle variazioni dei valori pressori oculari e determinano variazioni di potenziali elettrici registrabili su carta. Le risposte a questo tonometro sono purtroppo condizionate dalla resistenza o meno di opacità cicatriziali corneali importanti. Con tale strumento si può misurare la pressione oculare anche sulla sclera (2 mm più elevata che sulla cornea). Un altro tonometro è il cosiddetto no contact tonometer, che si serve di un getto d'aria del quale si registra l'entità dell'impatto sulla cornea e quindi il tono oculare.
A una notevole evoluzione sono andate incontro le tecniche d'esame del campo visivo (nelle diverse condizioni di adattamento fotopico, mesopico, scotopico).
A tal fine si erano andate sempre più affermando metodiche di registrazioni accurate con l'uso dei perimetri a mire proiettate e a cupola, avendo cura di stabilire con esattezza il contrasto tra il fondo e la mira su esso proiettata. Inoltre si è fatto ricorso a mire proiettate su schermi tangenti, con o senza registrazione automatica dei dati, per l'esame della porzione centrale del campo visivo (A. Grignolo e coll.).
Accanto alla perimetria cinetica (registrazione della comparsa di uno stimolo fatto scorrere lungo prescelti meridiani dell'occhio del paziente) si è poi affermata quella statica, che circoscrive l'esame a un'area limitata del campo visivo (di solito entro il parallelo di 25-30°) e che è un utile complemento della perimetria cinetica. Con essa vengono presentati al soggetto in esame punti di stimolazione in numero e luoghi determinati, eventualmente con registrazione automatica e programmazione con un mini-computer (C. E. T. Krakau). Si è poi rilevato l'interesse per l'esame del campo visivo mediante la determinazione della frequenza critica e di fusione degli stimoli luminosi (B. Carenini; A. Grignolo).
Tentativi di un'obiettivazione dei risultati del campo visivo sono stati fatti ricorrendo tra l'altro all'esame dei potenziali visivi evocati, con l'elettroretinografia e la pupillografia. La ricerca encefalografica dei potenziali visivi evocati, relativi alle aree cerebrali visive dopo stimolazione luminosa dell'apparato oculare, viene fatta di solito in concomitanza con un'indagine elettroretinografica (ERG); ciò per accertare eventuali discrepanze tra condizioni visive ed ERG e attualmente anche per cercare di ottenere dati obiettivi sia nella visione centrale che in quella periferica. Una recentissima metodica d'esame del campo visivo è poi quella che si esegue con perimetri a luce Laser, invece che a luce bianca, tecnica che sembra evidenziare con maggiore precocità e chiarezza i deficit campimetrici.
Terapia. - In oftalmologia, sia i trattamenti medicamentosi, sia quelli chirurgici hanno registrato notevoli progressi. Nel settore medico sono soprattutto i mezzi destinati alla terapia del glaucoma che hanno richiamato l'attenzione dei farmacologi e dei clinici.
Alle sostanze che, per il loro potere osmotico, diminuiscono il contenuto idrico oculare (originariamente urea e mannitolo somministrati per via endovenosa) si sono aggiunti il glicerolo (per via orale), l'isosorbide (per via orale), il propilenguicole (pure per via orale) e l'ascorbato di sodio (per via endovenosa, eventualmente addizionato di piccole quantità di glicerolo: 15%). Queste sostanze abbassano prontamente il tono oculare e sono particolarmente raccomandabili per facilitare la risoluzione di attacchi di glaucoma acuto. Una forma di terapia per via generale che continua ad essere largamente impiegata è quella effettuata per mezzo di diuretici inibitori dell'anidrasi carbonica (acetazolamide, diclorofenamide, ecc.). È stato ipotizzato che questi ultimi agiscano beneficamente sul tono oculare non tanto per l'attività inibitrice sull'enzima (anidrasi carbonica) necessario alla produzione di umore acqueo, quanto per un effetto acidificante. Infatti sostanze acidificanti non diuretiche (come l'acido ascorbico, il cloruro di potassio, ecc.) date per via orale, abbassano ugualmente il tono oculare, mentre altri diuretici non acidificanti, per quanto dotati di azione inibente sull'anidrasi carbonica (clorotiazide, furosemide, ecc.) non abbassano in maniera importante il tono oculare. Un grande sviluppo, dopo l'avvento di vari farmaci parasimpaticotropi, che provocano una miosi, hanno trovato nel glaucoma i farmaci adrenergici, siano essi bloccanti o stimolanti i ricettori alfa o beta. Una certa diffusione hanno trovato soprattutto come ipotensivo oculare il propanololo in collirio (betabloccante), e la clonidina.
Da un punto di vista teorico è interessante notare che tutte le sostanze alfa o beta stimolanti o bloccanti producono tutte un abbassamento del tono oculare. Ciò è stato attribuito al fatto che i farmaci entrino in interazione col sistema adeniciclasi, AMP-ciclico. Quest'ultimo funzionerebbe da secondo messaggero, e ad esso, in definitiva, sarebbe da ricondurre l'azione esplicata dai farmaci sui ricettori alfa e beta adrenergici.
Un particolare sistema per consentire una cessione prolungata di medicamenti all'occhio (per es., pilocarpina contro glaucoma e antibiotici nel tracoma) è stato introdotto in terapia con l'uso di uno strumento, il cosiddetto ocusert. Questo piccolo congegno che viene lasciato a dimora per almeno una settimana nel sacco congiuntivale, costituisce un serbatoio che cede con un ritmo costante il medicamento alla congiuntiva.
Una forma protratta di somministrazione si può ottenere anche con l'utilizzare i colliri in unione alle cosiddette lentine a contatto morbide in gel idrofilico. Queste lentine corneali erano state originariamente ideate per consentire una migliore tolleranza rispetto alle lenti a contatto rigide destinate a correggere vizi di refrazione; si è visto in seguito che possono essere impiegate anche come mezzo di protezione della cornea in talune malattie distrofiche, in ferite corneali e, come si è detto, come serbatoi di medicamenti.
Prescindendo dal progresso che rappresenta il gel idrofilico per la correzione dei vizi di refrazione, data la loro miglior tolleranza, sono da ricordare anche lenti per occhiali, che vanno sotto il nome di varial. Queste hanno la proprietà di divenire automaticamente più o meno permeabili ai raggi luminosi rispettivamente quando chi le porta passi da un luogo illuminato a uno più scuro, o viceversa.
Un interesse sempre maggiore ha oggi trovato la patologia oculare da danno jatrogeno medicamentoso. Si sa oggi, molto più che in passato, che determinati farmaci, applicati per via locale, possono dare indesiderate manifestazioni sia di carattere locale, sia extraoculare. Sappiamo inoltre che moltissimi farmaci impiegati in medicina generale (il cui numero si va ogni giorno accrescendo) possono d'altro canto provocare danno all'apparato visivo.
Un tipico esempio di danno da terapia locale è costituito dal glaucoma e dalla cataratta che insorgono dopo l'uso protratto di prodotti cortisonici. Questi infatti per la loro azione antiflogistica sono spesso impiegati a lungo dai pazienti soddisfatti dei buoni risultati. Il glaucoma da cortisone, reversibile se scoperto tempestivamente, è dovuto all'accumulo di acido jaluronico nel trabecolato corneo-sclerale (ove vi sono le principali vie di deflusso dell'umore acqueo) per l'azione antijaluronidasica dei cortisonici, che impediscono così la depolimerizzazione dei muco-polisaccaridi. Altri farmaci usati localmente (per es. certi prodotti adrenergici impiegati nel glaucoma come la clonidina e l'isoproterenolo), provocano spiacevoli, indesiderati abbassamenti della pressione arteriosa. Danni oculari, soprattutto retinici, possono essere indotti dall'uso incongruo di particolari psicofarmaci, e di certi antireumatici, come la clorochina e derivati.
Nell'ambito della terapia fisica è da segnalare che il trattamento dei retinoblastomi (una volta chiamati impropriamente gliomi della retina) si può oggi effettuare applicando sulla sclera placchette metalliche contenenti cobalto radioattivo, che vengono rimosse dopo 8-10 giorni.
Quanto alla terapia chirurgica vi sono importanti orientamenti nuovi da ricordare, come il rinnovato interesse che da alcuni anni gli oculisti portano alla chirurgia dell'angolo iridocorneale, ove si trovano le vie di deflusso dell'umore acqueo, in certi casi di glaucoma.
Questa zona (trabecolato corneo-sclerale) può essere occupata da residui embrionali per malformazione congenita, residui che ostacolano il deflusso dell'umore acqueo, o può avere una ridotta permeabilità all'umore acqueo per fatti di sclerosi, come pure per l'infarcimento degli stomi trabecolari da parte di materiale estraneo (pigmento, acido jaluronico, ecc.). L'incisione del trabecolato, che mira a ristabilire la pervietà della zona, aprendo anche eventualmente il canale di Schlemm, può avvenire sia aggredendo il tessuto dell'angolo camerulare (incisione dell'angolo irideo secondo De Vincentiis; goniotomia o goniotrabeculotomia, secondo Barkan), oppure ab externo. Il trabecolato viene qui inciso dopo aver aperto uno sportello sclerale, introducendo un sottile strumento nel canale di Schlemm e lacerandone la parete interna. C'è anche chi (Krasnov) rimuove invece la parete esterna del canale di Schlemm (sinusotomia) assumendo che le resistenze al deflusso dell'umore acqueo siano particolarmente aumentate in corrispondenza della suddetta parete.
In materia di chirurgia oculare è da segnalare, in special modo, un rinnovato interesse per i procedimenti criochirurgici. Tali procedimenti, sino al 1933, erano limitati all'applicazione di neve carbonica, in lapis o in contenitori appositi, per lesioni palpebrali o congiuntivali ipertrofiche. Nel 1933, G. B. Bietti fece ricorso alle crioapplicazioni episclerali per chiudere le rotture retiniche responsabili del distacco di retina. Tale procedimento, esteso dallo stesso Bietti (1958) alla profilassi del distacco retinico, ha richiamato l'attenzione di una più vasta cerchia di oftalmologi nell'ultimo decennio, grazie soprattutto a Lincoff. Questi lo ha infatti utilizzato associando la tecnica della depressione sclerale secondo Custodis, ottenendo così una migliore e più esatta apposizione della retina alla coroide sottostante. Oggi si può affermare che il trattamento criogenico del distacco di retina si è dimostrato altrettanto valevole di quello diatermico, più vastamente applicato in precedenza, con speciali indicazioni per l'una o l'altra tecnica a seconda di alcune particolarità cliniche dei distacchi da operare.
Ma il campo di applicazione della crioterapia ha soprattutto subito un notevole ampliamento con l'utilizzazione di criosonde, la cui punta viene fatta aderire (secondo Krwawicz, 1961) al cristallino catarattoso per l'estrazione di questo. Tale procedimento ha fatto passare in seconda linea le tecniche di estrazione mediante pinza o con ventosa, ed è il più diffuso nella chirurgia del cristallino. Altre applicazioni minori della crioterapia sono rappresentate dal glaucoma, dalle cheratiti erpetiche, da certe uveiti, dallo pterigio, dal trattamento di congiuntiviti proliferanti e da quello di prolassi, accidentali o chirurgici, del tessuto irideo, nonché dal trattamento, veramente efficace, di tumori retinici. Gli apparecchi per applicazioni criogeniche si basano soprattutto sul raffreddamento che si ottiene facendo giungere alla criosonda neve carbonica, azoto liquido, freon.
Un crescente interesse ha trovato il ricorso a procedimenti di fotocoagulazione in oftalmologia, soprattutto per il trattamento di lesioni retiniche. Al fotocoagulatore allo xenon si sono aggiunti così apparecchi laser a rubino e successivamente ad argon. Quest'ultimo consente un trattamento di lesioni molto circoscritte con un limitatissimo danno al tessuto circostante in malattie della retina e dei suoi vasi. Con il laser si è anche cercato di aprire delle brecce nel trabecolato corneo-sclerale per la cura del glaucoma, ma con risultati non sempre validi, né durevoli.
Negli ultimi decenni si sono andati delineando nell'ambito dell'o. particolari settori, ai quali molti oftalmologi si dedicano oggi in modo preminente o addirittura esclusivo. Negli istituti oftalmologici più vasti sono sorti particolari servizi che si occupano delle anomalie della motilità oculare (strabologia), del glaucoma, delle malattie della retina e in particolare del distacco retinico, degli esami di elettrofisiologia. Ciò senza contare l'affermarsi di branche specializzate che si affiancano ad altre discipline, come l'oftalmologia pediatrica, quella gerontologica, la neuroftalmologia, la genetica, la medicina legale. È così possibile indirizzare a determinati istituti o a determinati specialisti pazienti per i quali si richiede un parere o un'assistenza particolarmente qualificata.
Al sorgere di queste branche più o meno autonome dell'oftalmologia hanno fatto riscontro convegni dedicati a talune di esse, nonché l'istituzione di società scientifiche che accolgono studiosi interessati all'approfondimento di particolari problemi scientifici e tecnici inerenti all'o. (distacco di retina, glaucoma, studio degl'impianti intra-oculari di materie plastiche, ergoftalmologia, elettroretinografia, strabologia, ecc.).
Degno di particolare segnalazione è infine l'interesse che dal 1971 ha preso l'Organizzazione Mondiale della Sanità ai problemi di profilassi della cecità. Si è così andata estendendo l'attività dell'OMS in campo oftalmologico, anche al di fuori del tracoma e dell'oncocercosi, come è ben documentato dal convegno di studi sulla profilassi della cecità tenutosi a Ginevra nel novembre 1972.
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