ODDO di Biagio
ODDO di Biagio. – Si hanno scarne notizie biografiche su questo cronista anconetano, nato nella prima metà del XIV secolo. Le fonti principali su di lui sono la Chronica de la edificatione et destructione del Cassero anconitano, unica sua opera pervenuta, che narra gli eventi tra il 1348 e il 1383, e gli Atti consiliari del Comune di Ancona del 1378-91 (Archivio di Stato di Ancona).
Le prime notizie genealogiche su Oddo sono piuttosto tarde. Agostino Lincio, autore della Historiadelle famiglie della città di Ancona (1560), lo considerò discendente della stirpe degli Antiqui, i cui avi erano gli Agli, provenienti per «mercantia» da Firenze: da un membro di questa famiglia sarebbe nato Antico, nonno di Oddo (Belardi, 1906, p. 363). Camillo Albertini, nel Catalogo delle famiglie patrizie antiche ed esistenti della città di Ancona (1778), meglio noto come Patres Patriae, annovera tra gli Antiqui un Blasius vivente nel 1390 (c. 1r). Giovanni Mercati (1926, p. 72) mise in questione il patronimico di Oddo, sulla base di un frammento rinvenuto nel ms. Vat. Lat. 3630, c. 14v della Biblioteca apost. Vaticana: si tratta di una nota apposta dopo la trascrizione dell’epistola di Coluccio Salutati Congratulatio florentissime civitatis Florentie ad fidos Anconitanos de expugnatione fortissime ac dure sue arcis et libertatis restitutione (1382-83). Contro l’ipotesi di Mercati si può presentare il raffronto tra le testimonianze degli Atti consiliari (nei quali viene più volte menzionato un «dominum Oddonem Blaxii»), e la corrispondente narrazione dell’attività politica di Oddo descritta nella Chronica.
Oddo dichiara nel Prologo di essere «di Ancona e homo perito in lege» (Biblioteca apost. Vaticana, Chigiano, H.III.72, c. 1r). Della sua formazione giuridica non è rimasta tuttavia alcuna testimonianza; non è dunque possibile sapere se avvenne nella Marca o fuori.
Nel 1348 fu testimone oculare della pestilenza che flagellò la Marca anconetana e tutta la penisola italiana.
Nel 1350 partecipò al giubileo indetto a Roma da Clemente V. Rivestì vari incarichi pubblici per il Comune di Ancona: dagli Atti consiliari risulta che fu nominato notaio nel 1366 (Ancona, Biblioteca Benincasa, Mss., 254: C. Albertini, Storia d’Ancona, IX, c.165r). Nel 1367 fu inviato ambasciatore a Viterbo e a Montefiascone, dove Urbano V era giunto da Avignone servendosi di una galea messa a disposizione dagli anconetani. Nel 1373 il legato apostolico della Marca, nominato per rintuzzare le ambizioni di Barnabò Visconti, convocò un consiglio a Bologna, al quale Oddo partecipò come sindaco del Comune di Ancona. Nel giugno 1378 fu nominato podestà di Sirolo (soggetto ad Ancona) per un semestre. Nel 1380 fu eletto all’Anzianato, la più alta magistratura del Comune, per il terziero di S. Salvatore. Nel 1382-83 prese parte all’assedio della rocca di S. Cataldo e nel 1390 fu eletto ad «officium officialium murorum» (Atti consiliari, V, c. 13v). In seguito rivestì la carica di notaio della dogana e di ambasciatore, inviato dal Comune a Bonifacio IX. Nel 1391 gli Anziani e regolatori della città di Ancona lo nominarono, insieme ad altri «honorabiles et prudentes viros anconitanos, ad reformandum statutum de civitate» (ibid., V, cc. 83v, 116r) e quindi come regolatore.
L’ultima testimonianza della sua attività politica al servizio del Comune e sulla sua vita è del 1391, quando fu nominato dagli Anziani e regolatori di Ancona «ad ordinandas et asseptandas gabellas de civitate» (Atti consiliari, VI, c. 184r), per il terziero di S. Salvatore.
La Chronica de la edificatione et destructione del Cassero anconitano, scritta in volgare, si compone di un prologo e di due parti: nella prima l’autore, dopo aver narrato l’origine di Ancona, descrive l’edificazione della rocca di S. Cataldo; nella seconda narra la sua distruzione. Tra gli autori citati spiccano Virgilio, Lucano, Orazio, Giovenale, Cicerone e inoltre Papia e Uguccione da Pisa. Si trovano poi richiami a fonti civilistiche e decretistiche. L’autore fa riferimento al De Fletu ecclesiae di Giovanni da Legnano. Pare significativo l’utilizzo della metafora del Purgatorio di Dante per descrivere il duro lavoro degli assedianti per la conquista della rocca.
La redazione della Chronica potrebbe essere iniziata nell’anno della prima nomina a notaio per il Comune di Ancona, nel 1366 (Belardi, 1906, p. 361). L’opera dovette ben presto cadere in oblio, se Lazzaro Bernabei circa settant’anni dopo lamentava, nel proemio alle sue Chroneche Anconitane (pubblicate per la prima volta nel 1870), la difficoltà di reperire i testi che desiderava riportare: «Ho cercato con omni mia diligentia retrovare le Chroneche Anconitane da la edificatione de Ancona sino in questo dì. Ma o per negligentia de li nostri magiori; o per che la Italia più volte da diverse gente è stata spoglata; o per che essa città de Ancona più volte dal foco è stata consumpta; o per qualunque altra cagione, io certo non le ho possuto retrovare ad integrum, secondo lo desiderio mio. Alcune tamen le ho trascripte in quel proprio modo et ordene me son pervenute a le mano» (1870, pp. 9 s.). Nemmeno Muratori sembra conoscere l’opera di Oddo: la sola cronaca della città di Ancona che riportò nella monumentale raccolta dei Rerum Italicarum Scriptores è il Liber de obsidione Anconae di Boncompagno da Signa. Secondo Palermo Giangiacomi (1932, p. 24) a Muratori «il quale chiedeva di inserire le cronache (come quelle di Oddo e di Bernabei) nella sua celebre collezione, esse non furono concesse, onde egli scrisse indignato: “Se i signori anconitani non hanno voluto contribuire alla mia raccolta, neppure essi godranno dell’onore che sarebbe venuto alla loro città”» . La testimonianza non si trova tuttavia nell’epistolario muratoriano (Zimolo, 1937, n. 9, p. XXVI).
Dell’opera resta un solo manoscritto, il Chigiano H.III.72 (sec. XV), in minuscola semigotica, inizialmente di proprietà del conte Tommaso Toroglioni (Belardi, 1906, p. 357) e in seguito entrato nella collezione del cardinale Flavio Chigi, essendo stato dato dai conti Toroglioni «alla Santa Memoria di Alessandro VII che lo fece ricercare di esse [delle Notitie della Città di Ancona]» (Saracini, 1675, p. 209 b). Nel testo, diversamente dalla trascrizione tramandata da Bernabei, sono presenti numerose forme dell’antico dialetto anconetano. Mancano inoltre le rubriche e la lettera di Salutati Congratulatio florentissime…, aggiunte probabilmente da Bernabei. Il codice chigiano fu citato nel XVII secolo da Saracini (ibid., p. 209 a-b). Norman Zacour (1965) credette di rinvenire nel ms. 983 della Library of Pennsylvania University un secondo testimone della Chronica e una traduzione in volgare di Oddo del Liber de obsidione Anconae. Il codice contiene tuttavia le cronache nella versione di Bernabei.
La cronaca fu data alle stampe nel 1774. Trascritta, sulla base del testo riportato da Bernabei, dall’abate Bernardino Noja e uscita dopo la sua morte, doveva servire d’appendice a una dissertazione più ampia sull’origine di Ancona, mai pubblicata. La notizia fu riportata dal canonico Sebastiano Petrelli in una nota del 1849 apposta sulla copia della Biblioteca Benincasa e trascritta dall’esemplare manoscritto della biblioteca del conte Pietro Leopardi di Recanati.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Chigiano, H.III.72; Pennsylvania, Library of Pennsylvania University, 983, cc. 25r-130r; Archivio di Stato di Ancona, Atti consiliari, I-VI (anni 1378-91); Mss., XLI: L. Ferretti, Historie della città di Ancona fino al 1532, cc. 344v, 372r-377v; Ancona, Biblioteca Benincasa, Mss., 245: A. Lincio, Historiadelle famiglie della città di Ancona, Ancona 1560; ibid., 249: C. Albertini, Catalogo delle famiglie Patrizie antiche ed esistenti della città di Ancona, 1778, c. 1v; G. Saracini, Notitie historiche della città d’Ancona, Roma 1675, p. 209 a-b; B. Noja, Chronica de la edificatione et destructione del Cassero anconitano, Osimo 1774; A. Leoni, Ancona illustrata, Ancona 1832, pp. 40, 46, 95, 170; L. Bernabei, Chroneche Anconitane, in Collezione di documenti storici antichi inediti ed editi rari delle città e terre marchigiane, I, a cura di C. Ciavarini, Ancona 1870, pp. 9-281 (in part. 66-145); M. Maroni, Ancona semper optimorum…, Ancona 1883, p. 12; A. Belardi, O. cronista anconitano, in Atti della R. Deputazione di storia patria per le Provincie delle Marche, III (1906), pp. 355-391; G. Mercati, Per la storia dell’urna di S. Dasio martire, in Pontificia Accademia Romana di archeologia, IV (1926), p. 72; P. Giangiacomi, Guida spirituale di Ancona, Ancona 1932, pp. 24-28, 128-133, 217; Boncompagno da Signa, Liber de obsidione Anconae, a cura di G. Zimolo, Rerum Italicarum Scriptores, VI/3, Bologna 1937, pp. XXVI s.; M. Natalucci, La missione del cardinale Egidio Albornoz in Ancona secondo la cronaca di O., in Studia Picena, XXII (1953), pp. 137-147; A. Campana, Giannozzo Manetti, Ciriaco e l’arco di Traiano ad Ancona, in Italia medievale e umanistica, II (1959), pp. 483-504; M. Natalucci, Ancona attraverso i secoli, I, Città di Castello 1960, pp. 371-394; Catalogue of manuscripts in the Libraries of the University of Pennsylvania to 1800, a cura di N. Zacour - R. Hirsch, Philadelphia 1965, p. 221; P.O. Kristeller, Iter Italicum, V, London 1990, p. 377a-b; J.F. Leonhard, Ancona nel basso Medio Evo, Ancona 1992, pp. 201-234; Boncompagno da Signa, L’assedio di Ancona, Liber de obsidione Ancone, a cura di P. Garbini, Roma 1999, pp. 19, 89.