GAETANI, Oddone
Membro della casata pisana discesa da Dodo di Teperto (vissuto alla metà del sec. XI), nacque intorno al 1240 - quasi certamente a Pisa - da Giovanni, figlio di Iacopo Buffalmacco, il quale a sua volta era nipote di Cercone di Gerardo detto Gaetano, da cui il patronimico dei discendenti. Il padre del G., mai attestato da vivo, dovette premorire al genitore, già adulto nel 1212 e attivo ancora nel 1257.
Il primo documento che menzioni il G. risale appunto al periodo immediatamente successivo alla morte del suo avo paterno: si tratta dell'atto con il quale, il 24 apr. 1259, l'arcivescovo pisano Federico Visconti lo investì (anche per suo fratello Iacopo, forse un po' più anziano di lui perché nominato per primo) di un ampio appezzamento di terreno nel suburbio occidentale di Pisa, già detenuto a titolo di "feudo" da Iacopo "Buffalmacco", ma a costui sottratto per insolvenza degli obblighi connessi con quel particolare tipo di concessione. Il presule motivò questo suo gesto di favore con il rapporto che lo legava ai due figli di Giovanni, definiti nel documento suoi "nipoti", ma non è noto in modo più definito il legame di parentela.
Dopo un quindicennio e più quasi totalmente oscuro - si sa solo che nel 1263, insieme con il fratello (del quale in seguito si perdono le tracce), vendette al monastero suburbano di S. Croce di Foce d'Arno un terreno e che nel 1273 fu menzionato nel testamento di un suo lontano cugino Guelfo "Bocchetta" -, il G. compare in veste di testimone a una promessa di pagamento di dote, pronunciata a Pisa il 5 genn. 1276, per conto di una giovane orfana, da Pelavicino "Maccaione" Gualandi. Altri due documenti del 1276 testimoniano l'autorevolezza politica raggiunta dal G. in città, nonché il tenore dell'attività economica che egli aveva avviato. Dal 1275 Pisa era di nuovo in guerra contro la Lega guelfa di Toscana; ma nella seconda metà di maggio del 1276, di fronte all'avanzata incontenibile dei guelfi, le autorità cittadine si risolsero a intavolare trattative di pace, inviando nel campo nemico un ambasciatore. Le condizioni di pace furono approvate dal Comune il 26 maggio, "con le aggiunte e le correzioni proposte ed introdotte" dal G. come attestato da un successivo documento del 30 maggio che testimonia come il G. influisse sull'elaborazione della politica estera del Comune.
Da un documento napoletano del 9 ag. 1276 si sa inoltre che Carlo d'Angiò aveva qualche tempo prima commissionato al G. la fornitura di un'ingente quantità (1214 pezzi) di pavesi - ossia grandi scudi rettangolari - di legno, ferro e cuoio. Alla consegna (fatta a un tale Giovanni Armeno di Napoli) il G. aveva ricevuto un anticipo di 80 once d'oro, pari alla metà della somma pattuita; mentre il saldo, stando il tenore del documento, fu richiesto direttamente al re che affidò la questione a suo figlio Carlo. Non è chiaro se il G. avesse provveduto alla produzione degli scudi (i manufatti di questo genere erano fabbricati a Pisa in una strada non lontana dalle abitazioni avite dei Gaetani), o solo alla loro vendita, ma bisogna tener presente che tale attività fu svolta in quel periodo anche da altri suoi parenti. In ogni modo, la notizia dell'agosto 1276 rivela che il G. aveva ormai creato i presupposti per solidi legami con il Regno.
Nel 1280 egli si trovava a Pisa quando, fra il 14 e il 16 giugno, partecipò agli atti compiuti da un folto gruppo di membri della "domus nobilium Gaitanorum" per protestare contro la multa loro comminata dal capitano del Popolo, in quanto s'erano rifiutati di prestare garanzia fideiussoria anche per conto di un loro congiunto, bandito dal Comune e invischiato in una "guerra" privata con un popolare. Il 24 e 25 novembre agì per conto della canonica di S. Agostino, detta di Nicosia (posta non lontano da Calci), sollecitando a un canonico della cattedrale la restituzione di alcune suppellettili argentee delle quali costui s'era appropriato.
Quest'ultima notizia, pur se isolata, è degna di nota, giacché rivela che il G. era sin da allora in contatto con il priore della canonica suddetta, ossia quel Guido (di cui non conosciamo l'origine famigliare) che nell'ultimo decennio del secolo sarebbe stato l'abituale "executor" delle collazioni di benefici ecclesiastici pisani disposte da Bonifacio VIII su sollecitazione del Gaetani. Non si può anzi escludere che alla data indicata questi conoscesse già il futuro pontefice; o che lo abbia conosciuto poco più tardi a Napoli presso la corte di Carlo d'Angiò, quando Benedetto Caetani, allora cardinale diacono del titolo di S. Nicola in Carcere, vi si recò in missione dopo i Vespri siciliani.
Fra il 1280 e il 1291 nulla si sa sugli spostamenti e l'attività del G. che ricompare nelle fonti - insieme con il figlio maggiore Iacopo - in veste di familiaris del cardinale Caetani. All'inizio degli anni Novanta viveva quindi e operava presso la Curia romana, o comunque al seguito del proprio influente protettore. Grazie a costui ottenne, il 16 dic. 1292, l'interessamento di Carlo II affinché certi mercanti pisani dimoranti nel Regno, già suoi soci, gli restituissero una somma di denaro da lui anticipata. I legami del G. con il Caetani vennero rinsaldati ulteriormente allorché suo figlio Benedetto, certo minore di Iacopo, venne ammesso nel 1291 nella cerchia dei suoi cappellani, ottenendo il 30 maggio, grazie alla sua intercessione presso Niccolò IV, la collazione di una prebenda canonicale non sacerdotale presso la cattedrale pisana.
Nel 1294 il G. abitava a Roma, nel complesso del Laterano, svolgendovi essenzialmente attività finanziarie. Dalle testimonianze raccolte durante il processo postumo avviato contro Bonifacio VIII da Filippo il Bello risulta che il 3 novembre di quell'anno era presente nell'hospitium napoletano ove dimorava il cardinale Caetani. Con l'elezione al pontificato di questo, avvenuta il 24 dicembre, egli raggiunse l'apice della propria fortuna economica in qualità di banchiere di fiducia del papa e fu in grado di esercitare una grande influenza sulla Chiesa pisana, a vantaggio della propria famiglia e di quelle a lui legate. A tale riguardo è da sottolineare che il vicario del nuovo arcivescovo Teodorico - nominato da Bonifacio VIII il 20 sett. 1295 - giunse in città al principio d'ottobre, scortato dal già ricordato Guido priore di S. Agostino di Nicosia e dal figlio del G., Benedetto. Contestualmente alla nomina di Teodorico il papa conferì a Benedetto la prepositura dell'insigne basilica suburbana di S. Piero a Grado.
All'autunno del 1295 risale la prima attestazione dell'attività della Societas Benedicta costituita dal G. con il concorso di mercanti operanti a Pisa. Il 28 ottobre Bonifacio VIII deputò Iacopo, arciprete della cattedrale pisana, e il proprio cappellano Rinaldo a occuparsi in qualità di esecutori del mutuo di 2500 fiorini d'oro testé contratto con la società del G. da Giovanni, nuovo arcivescovo latino di Patrasso, e a curare in particolare la puntuale e piena restituzione del prestito. Come è noto, l'imposizione di siffatti "prestiti" ai vescovi di fresca nomina - sotto il pretesto della necessità di far fronte alle spese connesse con la consacrazione vescovile - divenne prassi abituale durante il pontificato di Bonifacio VIII (donde le accuse d'usura e nepotismo lanciategli nel corso del processo postumo) e la Societas Benedicta fu una delle banche che ne profittarono maggiormente, accanto alla più nota Societas Spinorum fiorentina.
Nel 1297 l'abitazione romana del G. si trovava presso S. Pietro. Qui, il 1° maggio, ricevette dai pisani Ceo e Bacciameo, figli di Giovanni Cavallozari, la somma di 110 fiorini, a parziale rimborso dei 410 dovuti da costoro al G. e al socio Pandolfo (nel frattempo deceduto). Titolari, insieme con altri due fratelli, dell'omonima societas bancaria, anche i figli di Giovanni Cavallozari entrarono di lì a poco nel giro dei finanziatori dei vescovi nominati da Bonifacio VIII: nel febbraio 1299 essi concorsero con la banca del G. a emettere un prestito in favore del pisano Tedice, elevato nell'ottobre precedente alla cattedra arcivescovile di Torres. Alla fine dello stesso 1297 o ai primissimi mesi del 1298 risale un'altra operazione di credito eseguita dalla società del G. su mandato del pontefice: il prestito di 4000 fiorini al vescovo tolosano Arnaldo, pervenuto in ufficio il 2 dic. 1297 e deceduto nell'ottobre dell'anno seguente. La restituzione di una parte della somma avvenne perciò a cura del successore, e fu annunciata da Bonifacio VIII con una lettera del 25 luglio 1299, indirizzata a Nello di Giovanni Falconi in qualità di rappresentante pro tempore della societas fondata dal G., morto nei mesi immediatamente precedenti.
Una lettera apostolica dell'8 febbr. 1299, con la quale Guido priore di S. Agostino e il vescovo di Teano furono nominati "executores" del mutuo di 1000 fiorini testé concesso al nuovo arcivescovo di Torres, contiene l'ultima attestazione del G. da vivo. La data della sua morte deve essere collocata tra il febbraio 1299 e il 25 luglio successivo, data in cui, come ricordato, era già defunto.
La Societas Benedicta - guidata dal figlio Iacopo - entrò nella primavera del 1300 nell'affare della raccolta delle decime papali in Germania, Ungheria, Boemia e Polonia (e poco dopo anche in Moravia), svolgendo attività bancaria fino al termine del pontificato di Bonifacio VIII. Iacopo restò nell'ambiente della Curia romana anche dopo l'11 ott. 1303, legandosi al cardinale Francesco Caetani, ma dopo l'elezione di Clemente V si ritirò nella rocca di Pietracassa (ai confini dei territori di Pisa e di Volterra), dalla quale operò militarmente per una decina d'anni (morì infatti prima del 1317) contro la città natale, che l'aveva bandito. L'altro figlio, Benedetto - al quale Bonifacio VIII aveva attribuito fra 1296 e 1300 vari altri benefici ecclesiastici in Italia e in Francia -, mantenne la prepositura di San Piero a Grado (senza peraltro farvi residenza dopo il 1303) fino alla morte, avvenuta all'inizio del 1312.
Fonti e Bibl.: Pisa, Arch. arcivescovile, Mensa, Contratti, 4, c. 120rv; Arch. di Stato di Pisa, Diplomatico, Acquisto Roncioni, 14 luglio 1273 (1274 st. pis.); Diplomatico, Opera della Primaziale, 5 genn. 1276; 1° apr. 1294 (1295 st. pis.); 23 apr. 1295 (1296 st. pis.); 1° maggio 1297; 15 febbr. 1299; 25 febbr. 1299; Carte Bonaini, VIII, 16 dic. 1292; Comune A, 82, cc. 80v-81r; Pisa, Archivio capitolare, A/2, cc. 17r-18v; A/5, cc. 79r-83v; A/1, c. 82r; F. Du Puy, Histoire du différend d'entre le pape Boniface VIII et Philippe le Bel, roy de France, Paris 1655, pp. 213 s., 539 s., 577; Les registres de Boniface VIII, a cura di G. Digard…, Paris 1884-1939, nn. 492, 536, 2168, 2176, 2895 s., 3193, 3543 s., 3702 s., 4410; S. Barsotti, Un nuovo fiore serafico: il beato Giovanni Cini, confessore pisano…, Quaracchi-Firenze 1906, AppendiceI, n. 1, pp. 147-155; G. Caetani, Varia, Città del Vaticano 1937, p. 9; Documenti delle relazioni tra Carlo I d'Angiò e la Toscana, a cura di S. Terlizzi, Firenze 1950, n. 75, pp. 400-402, n. 871, p. 522; Guido Da Vallecchia, Libri memoriales, La Spezia 1973, pp. 27 s.; S. Polizzi, Un inedito del 1280 riguardante la lotta antimagnatizia a Pisa, in Bollettino storico pisano, LVII (1988), pp. 314-319; E. Cristiani, Tre documenti degli atti perduti della cancelleria comunale, ibid., LXI (1992), p. 158; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1977, pp. 25-31; C. Sturmann, La "domus" dei Dodi, Gaetani e Gusmari, in Pisa nei secoli XI e XII: formazione e caratteri di una classe di governo, a cura di G. Rossetti, Pisa 1979, pp. 223-336; M. Ronzani, Famiglie nobili e famiglie di "Popolo" nella lotta per l'egemonia sulla Chiesa cittadina a Pisa fra Due e Trecento, in I ceti dirigenti nella Toscana tardo comunale, Firenze 1983, pp. 117-134; Id., La Chiesa cittadina pisana tra Due e Trecento, in Genova, Pisa e il Mediterraneo tra Due e Trecento. Per il VII centenario della battaglia della Meloria, Genova 1984 (Atti della Soc. ligure di storia patria, n.s., XXIV [1984], 2), pp. 283-347; G. Ciccone - S. Polizzi, La casata dei Dodi-Gaetani nelle lotte politiche in Pisa alla fine del XIII secolo, in Bollettino storico pisano, LIII (1984), pp. 109-145; Id., Le vicende di un nobile pisano alla corte di Bonifacio VIII, ibid., LV (1986), pp. 67-83; M. Ronzani, "Figli del comune" o fuorusciti? Gli arcivescovi di Pisa di fronte alla città-stato fra la fine del Duecento e il 1406, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo. Atti del VII Convegno di storia della Chiesa in Italia (Brescia… 1987), II, Roma 1990, pp. 780-791.