ODE (ᾠδή)
Antichità classica. - Nel suo vero significato è canto, concomitanza di poesia e di musica, parola e melodia fuse insieme, compagine di parole e d'inflessioni meliche: è lirica. La composizione strofica è inerente a questo genere di poesia: strofe più brevi, ordinariamente di quattro versi, ha la lirica monodica, a una sola voce; strofe più lunghe e complicate la lirica corale. Le forme metriche sono svariatissime; Pindaro, ad esempio, per ogni ode ha una forma diversa, se si eccettuano la terza e la quarta istmica. Il momento orfico è in Grecia punto di partenza di questa poesia-musica; poi la fioritura s'inizia da Lesbo con Terpandro, Alceo e Saffo e da Sardi con Alcmane. Più intima, più personale, più soggettiva l'ode eolica di Lesbo, a cui è vicina l'ionica di Teo con Anacreonte; espressione piuttosto della collettività e spesso frammento epico in forma lirica l'ode corale dorica o doricizzante, dove Stesicoro, Ibico, Simonide di Ceo preparano la via a Pindaro e a Bacchilide. Poi l'ode si scosta dalla musica sempre più e sfiorisce. Ma dove tra i Greci alessandrini è scissione, tra i Romani del buon tempo è affrancamento: con Catullo e con Orazio l'ode trova in sé stessa, nella parola, l'essenza musicale che l'informa. Con voce latina Orazio chiama carmina le sue odi, che segnano una ripresa nell'alta lirica antica e sono una cosa nuova: il nome di carmina o cantus dice l'affinità interiore che questa poesia ha conservato con la musica. In latino ode appare solo sporadicamente, in Porfirione interprete di Orazio, nel capitolo sui metri oraziani di Mario Vittorino, nell'Anthologia Latina, Petronio dice odaria saltare d'un ragazzo che balla cantando o accompagna con pantomime il canto, ed è affettazione d' ellenismo; magister odariarius è in un'iscrizione (Dessau 5229).
Letterature moderne. - Il nome e la forma dell'ode classica risorgono nelle letterature moderne per opera degli umanisti italiani, i quali ne composero nuovamente in lingua latina e attraverso lo studio della grecità offrirono l'esempio di Pindaro: Giangiorgio Trissino, Luigi Alamanni, Antonio Minturno tentarono di riprodurre le partizioni metriche dell'ode pindarica, ed ebbero un seguace entusiasta in Pierre de Ronsard (Les quatre premiers livres des Odes, 1550). Altri poeti italiani seguirono Orazio; Claudio Tolomei, con i Versi e regole della nuova poesia toscana (1539), volle riprodurre gli stessi metri della lirica latina; con maggiore cautela, con senso d'arte più vivo, Bernardo Tasso, fra il 1534 e il 1560, compose tutta una serie di odi, le migliori di quel periodo.
Il Ronsard, continuando le ricerche e le aspirazioni dei classicisti italiani (mentre il suo compagno Jean-Antoine de Baïf affrontava, con i "vers mesurés", una prova analoga a quella del Tolomei), estendeva il suo disegno primitivo a una rievocazione di tutta la lirica antica, in cui teneva gran conto dell'elemento musicale; la ricca varietà dei suoi metri giovò d'esempio a Gabriello Chiabrera, che alla fine del secolo elaborò una riforma tecnica dell'ode e della canzonetta, foggiando nuovi schemi strofici intessuti di versi brevi, pari e imparisillabi, con sedi fisse per il verso piano, sdrucciolo e tronco. I nuovi schemi ebbero fortuna specie nella poesia arcadica e la rinascita dell'ode attraverso il sec. XVI rappresenta un complesso vitale nella storia della cultura letteraria italiana e francese. Al Chiabrera va unito, nel risveglio della lirica classica, Fulvio Testi, a cui seguono Giov. Ciampoli, Carlo Dottori (Odi, 1647), Benedetto Menzini. Vincenzo da Filicaia e Alessandro Guidi si diedero all'enfasi e al clamore retorico. Nel fiore dell'Arcadia raccolse molti applausi I. Frugoni, e l'ode oraziana ebbe numerosi cultori, da Agostino Paradisi a Giovanni Fantoni (Labindo); ma a vera e grande altezza si levò solo, in quel secolo, il Parini, con le odi civili (La salubrità dell'aria, L'educazione, Il bisogno, La caduta), e con quelle che atteggiano la sua anima severa nelle più squisite finezze del gusto settecentesco (Il pericolo, Il dono, Il messaggio, Alla Musa). E dopo alcune belle odi del Monti, risplendono nel glorioso risorgimento di tutta la poesia italiana le due grandi odi del Foscolo (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All'amica risanata), gl'Inni sacri, Marzo 1821, il Cinque maggio, i cori del Manzoni, le canzoni-odi del Leopardi. Giosuè Carducci, con le Odi barbare (1877) riprese l'antico disegno d' una forma metrica più aderente ai modelli classici, e, più che per i felici. congegni del ritmo, per la tempra dell'animo suo di poeta, vinse finalmente la prova. Del D'Annunzio ricordiamo le Odi navali (1892) e le poesie di Alcyone; del Pascoli, Odi e inni (1906).
In Francia, F. de Malherbe epurò, e financo impoverì, il programma classico della Pléiade, offrendo gli esempî d'un lirismo frenato e vigilato dalla ragione, quale doveva poi esaltarlo il Boileau nell'Art poétique. Il Malherbe compose, fra le altre, l'Ode au roi Henri le Grand sur la prise de Marseille e l'Ode à Marie de Médicia pour sa bienvenue en France (1600), le Stances à Du Périer sur la mort de sa fille (1601), l'Ode au roi Louis XIII allant châtier la rébellion des Rochelois (1628); e altre ne composero, sulla via tracciata da lui, F. Maynard, il Racan, H. de Racine (Odes sur le paysage de Port-Royal, Ode sur la convalescence du Roi, Ode tirée du Psaume XII). Nel sec. XVIII campeggiano Jean-Baptiste Rousseau (A la Fortune, Sur l'aveuglement des hommes du siècle, Sur la naissance du duc de Bretagne, ecc.), Le Franc de Pompignan e P.-D. Lebrun-Pindare. Alcune odi compose André Chénier; Victor Hugo iniziò la sua immensa opera lirica con le Odes et poésies diverses (1822), le Nouvelles Odes (1824) e le Odes et Ballades (1826); e se pure sott' altri nomi, il nuovo impulso si propagò a tutta la poesia romantica e parnassiana: Th. de Banville, autore delle Odes funambulesques (1857), formulò anche una calorosa dottrina della forma lirica nel Petit traité de versification française (1872).
Le prime odi in lingua castigliana furono composte dal poeta italianista Garcilaso de la Vega (1501?-1536): cinque in tutto; usò la strofe di 5 versi (3 settenarî e 2 endecasillabi) che imitò da Bernardo Tasso e fu chiamata lira dal primo verso dell'ode A la Flor de Gnido: "Si de mi baja lira...". Questa strofa fu adottata largamente in Spagna. Fra i migliori lirici ricordiamo: nel 1500 San Juan de la Cruz (La Noche oscura del Alma, ecc.), Fray Luis de León (La profecia del Tajo, En la Ascensión, A Francisco Salinas, A Felipe Ruíz, Noche serena, Vida retirada, ecc.), Fernando de Herrera (Por la victoria de Lepanto, Al Santo Rey Don Fernando, ecc.), Lupercio L. de Argensola (A la Esperanza), Lope de Vega (O libertad preciosa..., Virgen del mar...), Rodrigo Caro (A las ruinas de Italica), Luis de Góngora (A la Armada invencible), Juan Meléndez Valdés (La gloria de las artes), N. Álvarez Cienfuegos (La escuela del sepulcro, La rosa del desierto), Manuel J. Quintana (A la imprenta, A España), José de Espronceda (A una estrella, Himno al sol), José Marchena (A Cristo crucificado). Fra i poeti ispano-americani: Gertrudis Gómez de Avellaneda, cubana, José M. de Heredia, cubano (Al Sol, Al Océano), Andrés Bello, venezolano (A la agricultura de la zona tórrida), José J. Olmedo, ecuadoriano (A la victoria de Junín), Rubén Darío, nicaraguano, Amado Nervo, messicano, e gli argentini: José Mármol (Los Trópicos), Olegario Oyuela (Canto al arte), Carlo Guido y Spano, Rafael Obligado, Leopoldo Lugones, Arturo Capdevila, ecc.
Nella letteratura portoghese, si devono ricordare le Odes di Antonio Ferreira e del Camões nel sec. XVI; nel periodo arcadico, quelle di Pedro Antonio Correa Garção, D. Antonio Diniz de Cruz e Silva, Francisco Manoel do Nascimento, Antonio Ribeira dos Santos, ecc.; nell'Ottocento, le Odes Modernas di Antero de Quental, e l'Ave Caesar! di José de Silva Mendes Leal (Junio), per la morte del re Carlo Alberto. Fra i moderni poeti romeni, emergono Gheorghe Asachi e Mihail Eminescu.
Nella letteratura inglese, le prime liriche che si possano propriamente dire odi, sono l'Epithalamion e il Prothalamion di Edmund Spenser. Innovazioni nella forma metrica vennero portate da Abraham Cowley con le sue Pindarique Odes. D'alto fervore sono quelle di Richard Crashaw To the Name and Honour of the Admirable Saint Teresa e Upon the Book and Picture of the Seraphical Saint Teresa. Il Milton diede perfezione alla forma classica col Hymn on the Morning of Christ's Nativity. Notevoli sono le odi di John Dryden A Song for Saint Cecilia's Day (1687), Alexander's Feast e To the Pious memory of Mrs. Anne Killigrew. Thomas Gray trattò con finezza questa forma in On a Distant Prospect of Eton College e più ancora in The Progress of Poetry; ma di più squisita musicalità è William Collins in Ode to Simplicity, To Evening, The Passions e On the Popular Superstitions of the Highlands of Scotland. Una delle più grandi odi è quella del Wordsworth, Intimations of Immortality from Recollections of Early Childhood; del Coleridge si ricordi l'ode To the Departing Year. Lo Shelley diede uno slancio tutto suo proprio a questa forma, specialmente nell'ode To a Skylark, in The Cloud, nell'Ode to Liberty e To Naples; intessute di perfette melodie sono le odi del Keats To a Nightingale, On a Grecian Urn, To Melancholy. Lo Swinburne va ricordato con Ave atque Vale, dedicata alla memoria del Baudelaire. Assai pregevoli sono alcune odi di George Meredith. Coventry Patmore compose The Unknown Eros, introducendo una sua teoria metrica basata sulle pause anziché sugli accenti. L'ode assurge a magnificenza singolare in The Hound of Heaven e The Mistress of Vision di Francis Thompson.
Nella letteratura americana notiamo The Winds di W. C. Bryant, parecchie dell'Emerson e alcune di J. R. Lowell.
Nei paesi di lingua tedesca l'ode comincia a diffondersi nel Seicento, per imitazione delle letterature classiche, dal Weckerlin, ricco di fantasia e di slancio, e da Martin Opitz, l'autore della famosa arte poetica tedesca (1624). Poi la ritemprò nei puri lavacri del sentimento il Klopstock, il quale ottenne fama grandissima ai suoi tempi, e la commossa ammirazione del Goethe. Lirico innanzi tutto, perfino nella sua Messiade, il Klopstock appare, ancora oggi, in alcune delle sue grandi odi, p. es. in quella in lode del lago di Zurigo (Der Zürchersee) o nella "Festa della primavera" (Frühlingsfeier), poeta di nobile e vigorosa ispirazione; a volte ci conquide con accenti di schietta e leggiadra freschezza, come nella tenue ode intitolata Die frühen Gräber o in quel piccolo capolavoro ch'è l'ode a Cidli (Im Frühlingsschatten fand ich sie). Coltivarono pure l'ode Albrecht von Haller (di Berna), l'autore del poema sulle Alpi, poi Uz, Stolberg, Voss, Ewald von Kleist (Ode an die preussische Armee) e soprattutto due insigni poeti: Friedrich Hölderlin, il cui spirito visse interamente tra i luminosi fantasmi del mondo ellenico (Rückkehr in die Heimat, Hyperions Sehicksaeslied) e August von Platen.
In Polonia l'ode appare con l'umanesimo: ne lasciò bellissimi esempî in latino e in polacco il poeta Jan Kochanowski (1530-1584) nel suo Lyricorum libellus e nei "Canti" (Piesni). Ma soltanto nell'età di Stanislao Augusto questa forma poetica si può dire diffusa e popolare: i poeti s'ispiravano non più ai modelli antichi, ma ai francesi, secondo la moda che caratterizzò quel periodo letterario polacco. Sono notevoli le odi dello storico e poeta Adam Naruszewicz (1736-96), di Jan Pawel Woronicz (1757-1828), di Ludwik Osiński (1775-1838), di Franciszek D. Kniaźnin (1750-1807). All'alba del sec. XIX, notiamo un gruppo di odi dedicate a Napoleone I: una di esse, notissima, è di Kazimierz Brodzński (1791-1835), le altre di Kajetan Koźmian (1771-1858). Nel periodo romantico appare l'ode più famosa, più caratteristica della letteratura polacca, l'"Ode alla Giovinezza" (Oda do mùodości) di Adam Mickiewicz (1798-1855), canto guerriero di ribellione all'egoismo universale, miraggio d'un mondo di luce e d'amore. In Russia, l'ode ebbe un'importanza letteraria nel periodo che i critici moderni denominarono "pseudoclassico" (sec. XVIII). Dall'ode del Lomonosov per la presa di Chotin (1739), attraverso Dio (cominciata nel 1780), a Felica (in onore di Caterina II; 1783) di G. R. Derźavin, nell'esaltazione di personaggi ufficiali o di idee filosofico-religiose in voga, per via di legittime derivazioni di gusto, si giunge fino alle soglie dell'età nuova: il Puškin ventenne compose un'ode alla libertà (1819), che provocò le ire di Alessandro I.
Bibl.: G. Carducci, Dello svolgimento dell'ode in Italia, in Opere, XVI; e le singole storie letterarie nazionali.