CASTELLI, Odoardo
Nato a Torino il 29 ag. 1807 da Giuseppe e da Margherita Sobia, si laureò in giurisprudenza a Genova nell’aprile 1830. Iniziata presto la carriera giudiziaria, era nominato giudice del mandamento dì Voltri nel settembre 1833, poi inviato a Chiavari nel marzo 1834 quale sostituto avvocato fiscale, e nell’ottobre 1837 era investito della carica di assessore di prefettura. Nel marzo 1838 fu trasferito a Genova come sostituto avvocato dei poveri presso il Senato; nel novembre 1842 era nominato avvocato fiscale di prefettura e nel 1845 sostituto avvocato generale presso il Senato. Nel dicembre 1847 gli fu affidata l’intendenza generale di polizia di Genova, incarico che ricoprì con moderazione e tatto tra le difficoltà determinate dal drammatico momento della trasformazione costituzionale: Genova, ai motivi generali d’inquietudine del Regno, aggiungeva l’antico dissenso nato dall’annessione del 1815. Il C. si segnalò per l’abilità e capacità di mediazione tra le opposte posizioni; pertanto P. D. Pinelli, chiamato da re Carlo Alberto a reggere il ministero degli Interni, lo volle nel settembre ’48 alla direzione della Sicurezza pubblica generale con la carica di primo ufficiale.
Al Pinelli fu legato da amicizia e dalle identiche idee politiche. Anche il C. si collocava infatti in quel liberalismo moderato che., pur dissentendo dai principi di governo della vecchia classe dirigente sabauda, collaborava con essa nella prospettiva di sostituirla alla direzione dello Stato con una operazione di ricambio non violenta. Quando il Pinelli abbandonò l’incarico governativo, anche il C. si ritirò sebbene sollecitato a rimanere. Ripresa la carriera giudiziaria come consigliere del magistrato d’appello (era stato nominato fin dall’aprile 1848), nel maggio 1849 gli fu affidata l’ispezione delle intendenze generali di divisione col compito di riferire sull’andamento dei servizi di amministrazione e di polizia. Nel 1849 il C. fu nominato avvocato fiscale generale, e inviato a Cagliari presso la Corte d’appello.
I problemi amministrativi della Sardegna, e la sicurezza pubblica in particolare, assorbirono gran parte dell’opera del C.; l’applicazione poi delle leggi Siccardi creò un ulteriore elemento di scontro. La decisione del governo sabaudo di abolire il foro e le immunità ecclesiastiche, e anche di porre limiti alla manomorta nell’acquisto di beni determinò all’interno dello Stato sardo un netto distacco dei moderati dai conservatori e, tra i conservatori stessi, isolò nettamerte le posizioni del gruppo clericale. Numerosi giornali attaccarono violentemente il governo, mentre un’aspra reazione veniva da parte di alcuni vescovi. Il governo reagì con duri provvedimenti e la magistratura, fedele alla tradizione giurisdizionalista, svolse un ruolo di primo piano nella controversia.
In questo clima il C. dovette affrontare la reazione dell’arcivescovo di Cagliari mons. G.E. Marongiu, che aveva dato istruzioni al clero di non collaborare alle operazioni preparatorie della legge (poi approvata nel 1851) sull’abolizione delle decime in Sardegna. Quale avvocato fiscale generale, il C. promosse appello di abuso contro l’arcivescovo che gli oppose il monitorio di scomunica. La sentenza si concluse con la condanna del prelato (23 sett. 1850), che fu allontanato dallo Stato con il sequestro dei beni, e solo due anni dopo poté ritornare in patria.
Eletto nel 1860 (VII legisl.) a rappresentare alla Camera subalpina il collegio di Ales, il C. non esercitò il mandato, perché escluso a sorteggio, dato che i deputati appartenenti all’ordine giudiziario superavano il numero stabilito dal regolamento. Nominato presidente di classe, nell’ottobre 1854 fu presidente reggente presso la Corte d’appello di Cagliari, poi dal nov. 1856 al 1860 primo presidente.
Il 20 nov. 1861 fu chiamato a far parte del Senato di cui fu anche vicepresidente dal 1867 al 1870. Partecipò così a quel primo importante periodo di costruzione e unificazione del nuovo regno, recandovi il contributo della sua esperienza giuridica e politica.
Negli anni 1861-1865, dibattendosi a lungo e profondamente la grave questione dell’unificazione legislativa, uno dei problemi prioritari del nuovo Stato italiano, il C. fu chiamato a presiedere la Commissione per l’esame del progetto di codice per la marina mercantile: la discussione sui singoli articoli si protrasse dal 27 ott. 1864 al 5 nov. 1865, con incisivi apporti al testo governativo. Partecipò anche, quale membro, alle sedute del Senato costituito in Alta corte di giustizia nel procedimento contro l’ammiraglio Persano. Il Dionisotti attribuisce al C. la presidenza del dibattimento, ma in realtà al C. fu affidata soltanto la lettura della sentenza essendo il presidente Mazzucchi indisposto.
Nominato presidente della Corte d’appello di Torino nel dicembre 1868, la sua lunga e operosa carriera di servitore dello Stato fu coronata col conferimento del titolo comitale (5 ott. 1869).
Morì a Roma il 17 nov. 1873.
Sposato a Giuseppina Schiaffino, di illustre famiglia genovese, aveva avuto tre figli: Roberto, Ernesto e Silvio; il maggiore, nato a Genova il 5 ag. 1840, morì a Monte Polena di Calabria il 24 ott. 1861 nella campagna contro il brigantaggio.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Arch. Camerale, Patenti Controllo Finanze, reg. 73, f. II; reg. 84, f. 299; reg. 86, f. 200; reg. 101, 294; reg. 119, f. 89; re;, 121, f. 230; reg. 124, 339; reg. 126, f. 141; reg. 128, f. 254; reg. 130, f. 336; Ibid., Giudici, reg. 6, f. 121; Ibid., Gran Cancell. mazzi 278, 280 e protocolli e rubriche anno 1850; Ibid., Atti parlamentari, 22 nov. 1873; Calend. gener. del Regno... (Torino), ad annos 1840-1868; C. Dionisotti, Storia della magistratura Piemontese, Torino 1881, II, p. 451; A. Aquarone, L’unificaz. legisl. ed i codici del 1865, Milano 1960, p. 34; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 249; Diz. del Risorg. naz., II, p. 596; V. Spreti, Enc. stor. nobil. ital., App., I, p. 548.