off shore
Locuzione inglese («al largo della costa») che indica territori, situati spesso in piccole isole oceaniche, in cui vigono legislazioni particolarmente permissive per quanto riguarda il trattamento fiscale (paradisi tributari, ➔ paradiso fiscale), gli adempimenti contabili e societari, combinati con garanzie rigide di riservatezza e anonimato sui movimenti bancari e societari. Tali condizioni costituiscono un potente incentivo alla creazione di società, dette appunto o. s., localizzate in questi territori. Tali società possono dividersi in due tipi. Il primo è quello delle sussidiarie o. s., costituite da gruppi multinazionali e utilizzate per diminuire il peso dell’imposizione fiscale. Il secondo tipo è quello delle società di intermediazione bancaria, utilizzate da società estere e anche da gruppi specializzati in attività criminali al fine di eludere restrizioni e controlli presenti nelle normative di sistemi più rigorosi in materia economico-finanziaria. L’OCSE (➔) ha stilato nel 2010 una lista grigia dei territori considerati paradisi fiscali e centri finanziari di operazioni opportunistiche o illegali. Essa comprende Belize, Brunei, Costa Rica, Filippine, Guatemala, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Liberia, Montserrat, Nauru, Niue, Panama, Uruguay, Vanuatu.
Il termine offshoring, invece, indica, per estensione, la delocalizzazione (➔) del processo produttivo da parte di un’azienda con trasferimento di tutti o parte degli stabilimenti in un Paese diverso da quello della sede principale. Viene praticato per poter usufruire dei vantaggi di una produzione a basso costo, o comunque a costo minore di quello del Paese di origine dell’impresa, o di quello in cui verranno vendute le merci. Non va confuso con la strategia di avvicinare la produzione ai mercati e, quindi, di spostare alcuni stabilimenti produttivi in Stati dove si intendono conquistare nuove quote del mercato globale.