OFFERTA
. Diritto. - Offerta al pubblico. - Offerta (o proposta) è l'invito fatto da una persona a un'altra (da cui dipende l'accettazione) e diretto al sorgere, al modificarsi, allo sciogliersi di un rapporto obbligatorio; di regola, offerta e accettazione intercedono fra persone determinate individualmente; ma, se taluno promette un premio a chi farà una determinata scoperta oppure a chi riporterà un oggetto smarrito ovvero pone in vendita un oggetto al migliore offerente, in questi casi si ha offerta al pubblico, perché per il proponente non ha importanza l'individuo che sia per accettare la proposta al momento in cui la proposta stessa viene fatta, indirizzata com'è al pubblico nella sua totalità, o, almeno, a categorie di esso. Per determinare se l'offerta al pubblico devii dalla regola generale, secondo la quale l'obbligazione non può sorgere che fra persone determinate, occorre argomentare dagli articoli 36 e 37 cod. comm., che hanno valore per tutti i contratti, anche oltre la materia commerciale, poiché furono dettati appunto per colmare una lacuna della legge civile. Fra presenti la questione relativa al momento in cui debba ritenersi formato il consenso e perfezionato il contratto fra offerente e accettante, ha scarsa importanza poiché, com'è evidente, il momento dell'accordo coincide in entrambi i contraenti; fra assenti, la legge ha ritenuto di dover tenere conto della coscienza dell'accordo per la determinazione del momento di perfezionamento del contratto, e, adottando quindi il cosiddetto sistema della cognizione, ha stabilito (art. 36 cod. comm.) che il contratto è perfetto solo quando l'accettazione giunga al proponente. Questa regola non soffre eccezione nel caso di offerte al pubblico: le promesse unilaterali non sono irrevocabili e vincolative per il promittente; lo saranno quando una determinata persona del pubblico, al quale l'offerta s'indirizzò, accetti l'offerta. In questo momento l'obbligazione sorge e la disciplina del contratto è quella sancita dall'art. 36 cod. comm. senza subire deviazioni.
Anche nel diritto romano si ammetteva la possibilità che uno dei soggetti del rapporto obbligatorio fosse inizialmente non determinato ma soltanto determinabile secondo un criterio prestabilito. Il caso più perspicuo era quello dell'erede obbligato a dare un legato "ei qui primus ad funus meum venerit" ovvero "ei qui filio meo filiam suam in matrimonium conlocaverit". Avvenuta l'identificazione della persona del legatario, l'obbligazione nascente dal legato si costituiva tra erede e legatario e non poteva andare oltre le loro persone. Naturalmente i varî diritti, o lo stesso diritto nelle varie sue fasi, possono seguire criterî più o meno restrittivi nell'ammettere una tale iniziale indeterminatezza dei soggetti del rapporto obbligatorio. Così fu Giustiniano ad ammettere la validità di un legato a favore di una qualsiasi persona che intervenisse ai funerali del testatore: la giurisprudenza classica non giunse ad ammetterla con tale larghezza, ma riconobbe soltanto la validità di un legato a favole di persone appartenenti a un gruppo di persone note al testatore.
Bibl.: C. Vivante, Trattato di diritto commerciale, Milano 1922 e segg., 5a ed., C. Longo, Istituzioni di diritto privato, Padova 1930, p. 264 segg.
Offerta reale. - È un istituto che si riconnette a quello della mora (v.). Quando il creditore senza giusto motivo rifiuti di ricevere nel tempo e nel luogo convenuti, il pagamento da parte del debitore (mora accipiendi), il debitore può ottenere la sua liberazione mediante l'offerta effettiva (in tal senso, si dice "reale") di quanto egli deve; offerta che deve anche essere completa, cioè consistere nella cosa dovuta, nelle spese già liquidate e nei frutti, oltre una congrua somma per le spese da liquidare; non deve essere sottoposta ad alcuna condizione e deve esser fatta nel tempo e nel luogo stabiliti per l'adempimento. Per la validità dell'atto si richiede altresì che esso venga compiuto a mezzo di notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (articoli 1259, 1260 cod. civ.; 902, 903 cod. proc. civ.). Qualora l'offerta venga ricusata, il debitore ha facilità di effettuare il deposito della cosa dovuta alla Cassa depositi e prestiti, se la prestazione consiste in danaro, ovvero - per ogni altro oggetto - in un luogo o presso una persona designati dall'autorità giudiziaria competente. L'autorità giudiziaria provvede con decreto, su ricorso del debitore (articoli 905 e 908 cod. proc. civ.).
Il deposito viene eseguito da notaio o da altro pubblico ufficiale. Se il creditore non sia presente, il debitore, entro un termine di giorni due, curerà di fargli notificare (art. 135 e segg. cod. proc. civ.) una copia del verbale di deposito. Se il luogo di residenza del creditore e il luogo ove fu effettuato il deposito facciano parte di giurisdizioni di diverse preture, tribunali o corti d'appello, il termine per la notificazione è congruamente allungato (articoli 147, nn. 3, 4, 5; 148, nn. 4 e 5 cod. proc. civ.). Per la validità liberatoria del deposito non è necessaria un'autorizzazione giudiziale, perché, al fine anzidetto, ciò che importa è l'effettivo deposito della cosa dovuta, con tutti gli accessorî, nel luogo stabilito e nei modi sopra esposti e che di tale deposito abbia legale cognizione il creditore, dandosi atto, dal pubblico ufficiale procedente, dell'avvenuta esecuzione di tali formalità (v. art. 1261 cod. civ.). Le spese dell'offerta reale e del deposito sono a carico del creditore. Sorgendo controversie circa la validità dell'offerta reale o del deposito, provvede l'autorità giudiziaria del luogo dove offerta o deposito furono effettuati (è invece competente l'autorità giudiziaria già adita se, pendente una lite principale, la questione si proponga in via incidentale). Se è pronunciata sentenza che dichiari la validità dell'offerta, il debitore ha facoltà di addivenire al deposito se la sentenza riguarda la validità di un deposito, le conseguenze giuridiche di questo dateranno dalla sentenza medesima.
L'offerta reale - per sé sola - non è idonea a estinguere l'obbligazione; essa vale soltanto a liberare il debitore da tutte le conseguenze della mora (risarcimento di danni; pagamento di eventuali penali; risoluzione del contratto per sua colpa). L'obbligazione può invece essere considerata come estinta con il deposito: la cosa depositata non produce più interessi e rimane a rischio e pericolo del creditore. Finché il deposito non è stato accettato dal creditore, il debitore può ritirarlo e ugualmente lo può fino a che non intervenga sentenza che lo dichiari valido, salvo consenso del creditore, però senza pregiudizio dei condebitori o fideiussori.
Bibl.: G. Venzi, Manuale di diritto civile italiano, Torino 1929, p. 471; R. De Ruggiero, Istituzioni di diritto privato, 6a ed,. Messina 1931.