OGGETTO
. Termine filosofico, designante in generale la realtà nell'aspetto onde essa si contrappone al pensiero che la conosce. Assai complessa è peraltro la storia del suo particolare significato. Etimolgicamente, il latino obiectum corrisponde al greco ἀντικείμενον (letteralmente "che giace contro"), così come subiectum corrisponde a ὑποκείμενον ("che giace sotto"). Ma ἀντικείμενον è per gli antichi (e così per Aristotele, che particolarmente si serve di tale termine) soltanto l'"opposto", cioè il concetto logico in quanto si contrappone a un altro secondo un'antitesi o di contrarietà o di contraddizione. E alla realtà delle cose in quanto "oggetto" del pensiero si riferisce, invece, proprio l'altro termine di ὑποκιείμενον o subiectum, nel suo significato di materia "soggetta" alla forma o, meglio ancora, in quello di "sostanza" individua (il latino substantia ripete infitti lo stesso motivo etimologico del subiectum) sottoposta ai singoli attributi, e quindi giustificante la sintesi che il giudizio opera connettendo, appunto, il "soggetto" col predicato. Losì, quando lo stoiLismo vuol contrapporre la sfera della realtà a quella del pensiero, adopera, inantitesi alla formula κατ'ἐπίνοιαν ("secondo la riflessione pensante") la formula καϑ'ὑπόστασιν ("secondo la realtà sostanziale"), in cui il termine di "ipostasi" risponde a quella stessa idea del "sottostare" che è nelle espressioni stibiectum e substantia.
S'intende quindi come il pensiero medievale adoperi i termini di ubiectum e subiectum, esse subiective ed esse obiective in senso esattamente antitetico a quello secondo cui la filosofia moderna oppone l'oggettività del reale alla soggettività del pensiero. L'esse subiective è, in conformità della concezione greca del subiectum, l'essere della realtà in sé esistente, e di conseguenza l'esse subiective è quello pertinente alle semplici rappresentazioni della coscienza. Questo uso, che si perpetua per tutto il Medioevo, perdura anche alle soglie dell'età moderna: è, p. es., ancora comune in Cartesio. Ma già in questo comincia anche a delinearsi l'uso di obiectum per la designazione della realtà esterna (in obiectis, hoc est in rebus.... a quibus sensus nobis advenit); e così il Hobbes definisce la causa sensionis come externum corpus sive obiectum.
Questo uso moderno del termine di "oggetto" si consolida naturalmente quando l'opposta denominazione di "soggetto" passa a significare, nel sec. XVIII, lo spirito senziente e conoscente, abbandonando così del tutto al nome di "oggetto" quella connotazione realistica che prima proprio la contraddistingueva nei suoi riguardi. Questa trasformazione terminologica è soprattutto determinata dall'enorme influsso della gnoseologia kantiana, contrapponente la realtà affatto "oggettiva della "cosa in sé" alla sintesi di oggettività e soggettività realizzantesi, per l'intervento della funzione conoscitiva del soggetto, nel fenomeno. Da allora in poi, il problema dell'"oggetto" è, per tutta la filosofia moderna, quello dell'interpretazione della sua natura nei riguardi dell'attività del soggetto. Col nome di "oggettivismo" si designano quindi tutte quelle correnti filosofiche che, o basandosi sulle tradizionali concezioni dell'esistenza assoluta della realtà del vero (trascendentismo, realismo, ecc.), o riferendo tale realtà extrasoggettiva al dato dell'esperienza sensibile (materialismo, positivismo, ecc.), serbano comunque all'oggetto un carattere di autonomia e d'indipendenza "soggettivistiche" vedono invece nell'oggetto un semplice momento dell'attività soggettiva, e si affermano soprattutto nelle interpretazioni idealistiche del kantismo, che pur distingueva già l'oggettività (e cioè universalità) del pensiero logico, intrinsecamente soggettiva, da quella del tutto extrasoggettiva della "cosa in sé". Così nel primo di tali sistemi, quello del Fichte, l'"oggetto" è il "non-io", che il soggetto, l'io, oppone a sé medesimo come antitesi dialettica, necessaria alla sintesi, della sua tesi; nel più moderno, quello del Gentile, l'"oggetto" è il contenuto, definito e circoscritto, in cui via via si determina l'infinita attualità del soggetto. (Per l'oggetto in grammatica, v. sintassi).
Bibl.: Larghissima, ma disordinata, serie di citazioni e di rinvii per la storia del termine e di quelli con esso idealmente collegati in R. Eisler, Wörterbuch der philosophischen Begriffe, II, 4a ed., Berlino 1929, pp. 275-333. Cfr. inoltre R. Eucken, Geschichte der philosoph. Terminologie, Lipsia 1879.