oimè (ohmè; omè)
Come esclamazione di dolore, di sconforto, di disappunto, di paura, ricorre con dieci soli esempi, dei quali cinque nella Commedia e gli altri cinque divisi tra le Rime e il Convivio; le grafie accolte nelle edizioni da noi seguite sono ohmè e oimè nelle ultime due opere, omè nel poema (nell'ediz. Petrocchi): Rime LXVII 10 Oimè, quanto piani, / soavi e dolci ver me si levaro [i belli occhi], / quand'elli incominciaro / la morte mia; CIII 59 Ohmè, perché non latra / per me, com'io per lei, nel caldo borro?; e Rime dubbie XXVII 5 Oimè, perché venisti così acconcia / lo dì ch'i' ebbi quel colpo mortale...?
Nel Convivio si hanno i due soli esempi in prosa: I IV 5 Onde appo costoro, che sono, ohmè, quasi tutti, la presenza ristringe l'una e l'altra qualitade, parlando di quelli che si formano un'opinione dell'altrui fama soltanto per udita; e IV XII 4, traducendo Boezio (Cons. phil. II m.v 27 ss.): Ohmè! chi fu quel primo che li pesi de l'oro coperto e le pietre che si voleano ascondere, preziosi pericoli, cavoe?
Più significativi e intensamente drammatici gli omè del poema, dei quali quattro nella prima cantica e uno solo nella seconda: If XVII 129 Come 'l falcon ch'è stato assai su l'ali, / che sanza veder logoro o uccello / fa dire al falconiere: " Omè, tu cali! "; XXI 127 " Omè, maestro, che è quel ch'i' veggio? ", / diss'io, " deh, sanza scorta andianci soli, / se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio... ", dove la scorta era costituita dalla poco fidata compagnia dei demoni, così com'è ancora un demonio della stessa compagnia che fa esclamare al poeta (in XXII 91): Omè, vedete l'altro che digrigna; / i' direi anche, ma i' temo ch'ello / non s'apparecchi a grattarmi la tigna; e a proposito delle metamorfosi dei ladri (XXV 68): Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno / gridava: " Omè, Agnel, come ti muti!... "; in Pg XIX 106 è l'anima di papa Adriano che rievoca la sua vita: La mia conversione, omè, fu tarda. Agli esempi citati, tutti in grafia unita, si può aggiungere (perché uguale è il significato e il valore esclamativo, mentre la grafia divisa si giustifica per l'accento della rima spezzata con come e chiome [rima di gusto guittoniano, secondo il Contini: cfr. la nota a Rime XLIV 6]) quello di If XXVIII 123, dov'è presentata la figura di Bertram dal Bornio: 'l capo tronco tenea per le chiome, / pesol con mano a guisa di lanterna: / e quel mirava noi e dicea: " Oh me! ".