OINOE (Οἰνόη)
Demo attico della tribù Ippotoontide, che si dovrebbe identificare con l'attuale Myupolis, secondo la tesi sostenuta dal Milchhöfer, dal Frazer, dal Wrede, dalla Chandler e dal Wiesner, i quali fondano l'attribuzione sulla base di Diodoro (iv, 6o, 5), Tucidide (ii, 18, i e viii, 98, 2), Pausania (i, 38), Euripide (Antiope, fr. 179) e sulle tracce che la denominazione medievale del luogo conserverebbe ancora del nome antico.
Il Beloch, invece, seguito dal Kromayer e dal Kahrstedt, identificò l'antica O. con il territorio di Sarani-Kalyvia, nella zona settentrionale della pianura di Eleusi (basandosi su Erodoto, v, 74 e Tucidide, viii, 98). L'ipotesi dei primi è l'unica accettabile: la posizione dell'attuale Myupolis è in pieno accordo con le fonti letterarie su O.; essa si trova, infatti, sulla stessa linea di Panakton (v. Liban., vi, Apol. Demost., 401) e di altre fortezze minori, che costituivano la difesa della linea di confine ed il controllo dei passi attici verso la Beozia.
L'importanza strategica e la saldezza della cittadella, trova conferma nei resti delle mura, tuttora visibili nel territorio di Myupolis.
La fortezza, di perimetro quadrangolare, aveva in comune con Platea la caratteristica di essere situata in una zona quasi del tutto pianeggiante (a differenza delle altre fortificazioni attiche che erano, di preferenza, in zone montuose). Abbracciava un perimetro di circa mezzo miglio, limitato, al lato orientale ed a quello meridionale, da corsi d'acqua, ed era resa più salda dalla presenza di numerose torri, frontali ed angolari.
Nei resti delle mura e delle torri il Wrede e lo Scranton, riconoscono almeno due successivi periodi edilizi: la prima fase risale alla metà del sec. V e vi appartengono le mura trapezoidali irregolari, costituite di grossi blocchi sovrapposti di pietra calcarea; dello stesso tipo sono anche gli zoccoli di alcune torri. Le mura e le torri meglio conservate sono quelle del muro settentrionale, nel quale vi erano quattro torri, e dell'angolo NE: senza dubbio più recenti, di pietra lavorata e livellata con lo scalpello (isodomiche, con andamento regolare e con giunture a superficie inclinata). Possono farsi risalire alla fine del V-inizi del IV secolo.
Al di fuori del circuito delle mura difensive, vi sono tracce di altri edifici, tutti anteriori alla fine del sec. IV, fra i quali la Chandler pensa si trovasse un famoso santuario di Apollo Pìthios, nel quale offrivano sacrifici quelli che andavano a Delfi.
Bibl.: C. Milchhöfer, in E. Curtius-J. A. Kiepert, Karten von Attika, Berlino 1895, VII, 17; IX, 35, i; G. Beloch, Zur Karte vom Griechenland, in Klio, IX, 1911, p. 136; J. Kromayer, Antike Schlachtfelder, Berlino 1912, IV, p. 110 s.; Atlas, IV, 2, 5; L. Chandler, The Northwest Frontier of Attika, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, p. 8 s., figg. 4 e 5; U. Kahrstedt, die Landgrenzen Athens, in Ath. Mitt., LVII, 1932, p. 10 ss., tav. IV: W. Wrede, Attische Mauer, Atene 1933, pp. 25 s., 53, 33; tavv. 59 e 77; R. L. Scranton, Greek Walls, Cambridge Mass. 1941, pp. 84, 168, 180; W. P. Wallace, in Phoenix, suppl. vol. I, 1952, p. 82; N. G. L. Hammond, The Main Road from Boeotia to the Peloponnese (appendice, The Position of Eleutherae and Oenoe), in Ann. British School Athens, XLIX, 1954, p. 120 ss.; J. Wiesner, in Pauly-Wissowa, Suppl. Band, III, 1956, c. 369 ss., s. v.