OLBIA (᾿Ολβία; Βουσϑένη; Olbia)
2°. - La più antica e importante delle colonie milesie sulla costa N-O del Mar Nero, fondata nel 646-645 a. C. I Greci la chiamarono Borysthene, sebbene essa fosse situata non alla foce del Dnepr (Borysthenes), ma sulla riva destra del Bug (Hypanis), circa 4 km a monte della confluenza di questo fiume nell'estuario del Dnepr. Molto probabilmente O. fu in origine uno stanziamento di pescatori che occupava sia l'isola di Berezan, sia la località dove poi sorse Olbia. Fra i trovamenti fatti a O. e nell'isola di Berezan, i più antichi appartengono al sec. VII a. C. In questo secolo e nel VI O. fu città fiorente, che si sviluppò presto in un centro commerciale di grande importanza. Dapprima essa fu il porto principale della regione, più tardi, dopo la fondazione delle colonie ioniche nella Crimea e alla foce del Kuban, O. divenne uno dei porti per lo scambio dei prodotti (grano, bestiame, pellami; anche schiavi) che gli Sciti vendevano ai Greci, ricevendo da questi i manufatti delle grandi città ioniche dell'Asia Minore (vasellame, oggetti di lusso, vino, olio).
Per tutta la metà del sec. VI e nel sec. V, quando fu visitata da Erodoto, O. rimase una città commerciale di questo tipo. Erodoto (iv, 78 ss.; ma cfr. anche 17, 18, 47, 53, 71, 81, 101) la descrive circondata da vaste mura munite di molte torri, con sontuosi edifici e un teatro. L'influsso predominante di Mileto fu gradatamente sostituito da quello sempre crescente di Atene, finché nel V sec. O. può essere considerata una delle città dell'impero ateniese. Le relazioni tra gli abitanti della città e i loro dominatori, i re sciti, rimasero costantemente amichevoli. I mutamenti nella vita politica nella Grecia alla fine del sec. V e nella prima metà del sec. IV non ebbero influsso nocivo sulla proprietà di O.; il sec. IV fu anzi il periodo di massimo splendore per la vita della città, i cui commerci crebbero rapidamente, e le iscrizioni ci attestano anche l'esistenza di una statua di Prassitele. Con la fine del sec. IV cominciò la decadenza. I tentativi tanto di Filippo quanto di Zopirione, generale di Alessandro e governatore della Tracia (331 a. C.) per stabilire la sovranità della Macedonia sulla Scizia occidentale e su O., fallirono. Durante la guerra di Zopirione con la Scizia, la città rimase fedele a quest'ultima. Ma la disgregazione cominciò con l'invasione celtica della penisola balcanica e con l'inizio della pressione esercitata dai Sarmati sulla Scizia. Nelle steppe occidentali della Russia meridionale regnava l'anarchia, e fu questo un periodo difficile per O., oppressa dalle estorsioni dei dominatori sciti e continuamente in pericolo di venire presa dalle orde predatrici dei Celti.
Della storia di O. durante il periodo ellenistico si sa pochissimo. Nel sec. Il a. C. essa era ancora sotto la sovranità dei re sciti e i mercanti della città esercitavano ancora un commercio importante con i prodotti del regno di Scizia, il quale era ormai ridotto quasi soltanto alla Crimea. Sotto Sciluro e i suoi figli, il regno scita della Crimea fu conquistato da Mitridate il Grande e O. venne a trovarsi sotto l'influsso e la protezione del conquistatore. Ma dopo la morte di Mitridate, O. fu presa e distrutta dai Geti intorno al 50 a. C. La rovina della città fu tuttavia di breve durata. Dione Crisostomo, che la visitò verso l'83 d. C., dice (Orat., xxxvi) che essa era stata ricostruita per volontà degli Sciti. Nella nuova O., la vita ebbe però un carattere notevolmente diverso. A somiglianza di Panticapeo (v. crimea), la città era fortemente iranizzata, sebbene conservasse ancora aspetto e lingua greci. O. dovette alla protezione dei Romani se poté conservare la propria indipendenza e il proprio carattere greco. Sotto Antonino vi fu stabilita una guarnigione romana e nell'epoca dei Severi O. fu una delle città della provincia della Mesia inferiore. Sono state trovate poche monete posteriori all'epoca di Alessandro Severo e ciò può significare che poco dopo questo imperatore la città fu conquistata dai nuovi padroni delle steppe, i Goti, e che assai scarsi abitanti continuarono a vivere tra le rovine della città.
La costituzione di O. presenta pochissime peculiarità. Teoricamente, era una democrazia, ma in pratica chi governava era un piccolo gruppo di ricchi mercanti. Divinità principale della città era Apollo, adorato sotto varî nomi (Prostàtes, Ietròs, ecc.). Parte importante aveva Achille Pontarchès, forse in origine un dio locale, il cui principale tempio sorgeva nell'Isola Bianca (Leukè, la moderna Fidonisi). Questi culti sono testimoniati da iscrizioni, come anche quelli delle divinità fluviali locali. Ma resti di un tempio ad Apollo Prostàtes furono posti in luce nell'angolo N-O della cittadella (parte meridionale della città superiore), con testimonianze di culto risalenti al VII sec. a. C. Un altare dedicato ad Apollo fu identificato anche nel cortile di un grande edificio della città bassa, lungo il fiume Bug, che ne ha eroso una buona parte ed ha sommerso i resti di un porto fluviale.
I resti urbani sono stati molto danneggiati dall'esser serviti per secoli di cava per materiali da costruzione, ricercatissimi nella steppa priva di alberi e di cave di pietra. Tratti della cinta muraria greca sono stati riconosciuti, con una doppia porta verso N, fiancheggiata da torri, forse identificabile con le μεγάλαι πύλα, menzionate in iscrizioni. Gli scavi del 1926 poterono accertare che la città greca più antica aveva una rete stradale irregolare, con vie molto strette e non pavimentate; ma che alla fine del VI sec. a. C. essa subì una profonda trasformazione urbanistica secondo i principî ippodamei (v. ippodamo), con vie diritte lastricate e munite di canalizzazione sotterranea.
In avanzata età romana un tratto di mura fu eretto a delimitare verso N la parte meridionale della città alta. La più ampia zona settentrionale non dovette essere da allora più abitata. Infatti il cosiddetto Tumulo di Giove (Arch. Anz., 1904, c. 103), elevato in questa zona, copriva una tomba del II-III sec. d. C. Al disotto della camera sepolcrale furono individuati i resti di una casa di età ellenistica con pavimenti in mosaico e, negli strati sottostanti resti di murature poligonali databili al VII sec. a. C.
La necropoli circonda la città dal lato O estendendosi a ventaglio per diversi chilometri. Si distinguono, a partire dal VI sec. a. C., semplici tombe a fossa di vario tipo, tombe a camera scavate nell'argilla del sottosuolo, tombe a camera costruite in lastre di pietra, con copertura a vòlta o a doppio spiovente. I tumuli si trovano sopra a tombe di qualunque tipo. La necropoli a incinerazione, anteriore al VI sec. a. C. venne poi invasa dallo sviluppo urbano e si trova all'interno della cinta delle mura urbane. Le tombe a tumulo presentano rito misto (cremazione e deposizione) e risultano spesso rivestite di legno o di vimini; frequente l'uso di arche sepolcrali in legno. (red.)
Fra le tombe maggiori, databili tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a. C., sono degni di nota i tumuli: Alexandropol, Solokha, Chertomlyk.
Il tumulo Alexandropol, detto anche la Tomba dei Prati (Lugovaja Moghila) fu scoperto nel 1851: circondato da due file di grosse pietre e da un bastione con due ingressi a O e a E, il tumulo presentava 21 m di altezza e 320 m di circonferenza; la sommità, piatta, era sormontata da un enorme blocco di pietre e da una statua di donna, la famosa Kamennaja Baba (la donna di pietra). Nell'interno furono trovate due statue di Artemide alata, del tipo persiano, nell'atto di schiacciare due serpenti, modellate grossolanamente in ferro placcato d'oro; molti altri oggetti in oro ed in argento: fibule, campanelli, varî gioielli. Il tumulo è attribuito alla fine del IV sec. o all'inizio del III sec. a. C.
Il tumulo Solocha fu esplorato nel 1913 dal Veselovsky. Risultò di due camere e doveva esser il sepolcro di un capo degli Sciti. Nell'ingresso furono trovati gli scheletri dei cavalli, uccisi in onore del defunto, adorni di frontali lavorati in oro. Nell'interno della tomba giaceva lo scheletro del defunto: dal suo collo pendeva una ricca collana d'oro con due teste di leone, le braccia erano adorne di cinque bracciali d'oro massiccio, sulla veste spiccavano lamine d'oro lavorate a sbalzo e raffiguranti scene guerresche, leoni e grifi. Altre preziose collane, un pettine d'oro massiccio, una faretra ed una patera d'oro, completavano il tesoro. Sulla faretra erano scolpiti una scena di combattimento tra giovani sciti ed un fregio con leoni e piccoli grifi. Furono pure trovati sette vasi in argento, con decorazioni a varî soggetti.
Il grande ed importante tumulo Chertomlyk, scavato dallo Zabelin (1860-63) sulla riva destra del Dnepr, era circondato da tumuli minori e da una larga cinta in pietra. Il contenuto rispondeva in tutto all'antico rito funebre scita: i finimenti e le bardature dei cavalli uccisi durante la cerimonia funebre, i resti dei carri, ecc. Nei pressi della tomba centrale fu scoperto il noto vaso d'argento dorato, ora a Leningrado all'Ermitage, con bassorilievi raffiguranti scene di addestramento di cavalli, rese con una vivacità sorprendente. Detto vaso, a forma di anfora, era forse destinato a contenere latte di cavalla (Kumiss). Furono pure trovate lamine metalliche, grossolane imitazioni delle monete di Filippo Il di Macedonia; il che serve a datare il tumulo tra la fine del IV e l'inizio del III sec. a. C.
Dopo la seconda guerra mondiale gli scavi furono ripresi ed intensificati a cura dell'Accademia Ucraina delle Scienze e portarono, fra l'altro, alla scoperta di vasti forni del periodo romano, destinati alla fabbricazione delle ceramiche. Le indagini di T. Knipovic hanno stabilito che fin dalla fine del IV sec. a. C. ad O. venivano fabbricate ceramiche (v. pontici, vasi).
(M. Gibellino Krasceninnikova)
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(Red.)