OLDONI
– Famiglia di pittori di origine milanese, stabilitasi a Vercelli dalla seconda metà del XV secolo e ancora al centro delle vicende artistiche piemontesi nel corso del Cinquecento.
La documentazione raccolta (Colombo, 1883, pp. 91-167; Schede Vesme, IV, 1982, pp. 1517-1539) permette di seguire l’insediarsi in Piemonte di questo gruppo famigliare, in contatto con i più importanti esponenti della produzione figurativa locale. Non si hanno notizie sulla formazione del capostipite Boniforte il vecchio, nato a Milano intorno al 1412, né sulla data precisa del suo trasferimento a Vercelli, dove comparve, ormai cinquantenne, il 26 febbraio 1462. Nell’abitazione con «appotheca pinctorie», «in vicinia San Salvatoris», Boniforte introdusse Ercole e Diofebo,figli di primo letto; terzo figlio del primo matrimonio fu Eleazaro. Due i suoi interventi documentati: nel 1465 per la decorazione dell’organo di S. Eusebio e nel 1469 nella chiesa del Carmine. Il 3 aprile 1478 era già morto «ab intestato», come dichiarato dalla seconda moglie, Paolina Tagliaferro, dalla quale ebbe Efraim, Giosuè, Ismaele e Tamar.
Poche le notizie sul primogenito Ercole, nato a Milano, ma a Vercelli dal 1463 e già morto il 18 maggio 1485. La sua bottega, confinante con quella di Efraim, fu venduta al fratello Eleazaro. Ercole dovette giungere a Vercelli già dotato di un linguaggio prettamente lombardo.
Fu quindi sui più giovani Giosuè e Ismaele (nel 1485 maggiori di 14 anni ma minori di 25), che si concentrarono i tentativi di aggiornamento della famiglia. Nel 1488 i due dettarono le loro ultime volontà, pronti a partire Giosuè per Roma, Ismaele per la Francia. Nel 1491 Giosuè si allontanò nuovamente «ad longinquas partes accedere» e dopo un periodo vercellese, dal 1492 al 1498, acquistò da Eleazaro gran parte della proprietà di famiglia a Milano, stabilendo probabilmente lì la propria residenza. Ricomparve a Vercelli solo nel 1517; il 28 giugno 1518 a Verrone (Biella) firmò gli affreschi della parrocchiale con la Circoncisione e la Presentazione al tempio, unica opera rimasta, ma compromessa dalle ridipinture (Pagella - Spantigati, 1982; Natale, 2005). Dall’11 febbraio 1522 non è più citato dalle fonti. Rientrato dalla Francia, il 6 agosto 1490 Ismaele appare invece in difficoltà economica, tanto da vendere, nel 1492, a Efraim la sua porzione della casa paterna.
Nella bottega di Vercelli lavorò anche Diofebo, documentato dal 1466 e nel 1479 già sposato con la sorellastra Biagina. L’incontro con Giovanni Guidetto di Sostegno, dal quale il 13 luglio 1480 acquistò un edificio prossimo alla proprietà famigliare, suggerisce un contatto con Martino Spanzotti, a Vercelli dal 5 novembre 1481. Per la moglie di Antonio De Rubeis, prima del 14 giugno 1485, Diofebo dipinse un cassone nuziale, modello per un altro destinato a Ludovico Strata, ma non realizzato a causa della morte del pittore, già il 1° luglio 1485.
La prima notizia su Eleazaro risale al 3 ottobre 1478. Anche lui sposò una delle sorellastre, Antonina, alla quale era già legato il 10 aprile 1480. A quella data la sua presenza a Vercelli doveva essere ben radicata tanto da ricevere l’incarico dell’ancona per l’altare maggiore della chiesa di S. Andrea, cui però rinunciò il 5 novembre 1481. Una certa agiatezza economica gli consentì nel 1491 l’acquisto di parte della proprietà di Giosuè e nel 1494 di quella di Ercole. Alla prima transazione presenziò il milanese Ludovico de Donati, probabilmente conosciuto nel capoluogo lombardo. Con lui, a Vercelli, Eleazaro sembra condividere l’attività, tanto che l’esecuzione dell’ancona per la cappella di S. Michele in S. Maria Maggiore, depositata nella sua bottega, il 23 settembre 1494 fu affidata a Ludovico. Non finita, fu Eleazaro a completarla due anni più tardi.
È documentato anche il suo impegno nell’arte miniatoria per «certas litteras aureas» negli Statuti della città, pagate il 17 settembre 1492 da Uberto Pettenati (Quazza, 2005). L’unica opera riferibile a Eleazaro è una piccola tavola di proprietà privata, con l’Adorazione del Bambino, firmata Eleazar de Oldonibus pinxit, nella quale Giovanni Romano (1983-84, pp. 139 s.; 1990) ha riconosciuto importanti legami iconografici con un analogo dipinto di Eusebio Ferrari, in collezione piemontese, che, a sua volta, riprende motivi spanzottiani.
Alla morte di Eleazaro, entro il 19 ottobre 1517, cinque figli ne seguirono le orme: Nicola, Giovanni, Antonino, Eusebio e Boniforte. Antonino nel 1521 era ‘familiare’ di Annibale Paleologo, abate commendatario dell’abbazia di S. Maria di Lucedio; Nicola nel 1531 era già sposato con Dorotea Stuchis, sorella di Gerolamo dei signori di Borgaro Torinese e il suo primo figlio ebbe come padrino Giovanni Bartolomeo Tizzoni dei conti di Desana, segretario di Carlo V, dal quale prese il nome. A lui le fonti riferiscono l’esecuzione dell’ancona per la chiesa di Carisio, anteriore all’ottobre 1542. Il 10 aprile 1549 Nicola era già morto. Forse fu a Eusebio, figlio di Eleazaro, che Mercurino di Gattinara affidò nel 1524 la decorazione de «la fazata de la mia casa de Gattinara» (Romano, 1983-84, p. 142). Negli anni Venti Eusebio fu in rapporto con Ludovico Tresseni da Lodi, a sua volta in contatto con Gaudenzio dal 1530, e nel 1542 con «magister Petrus de Colonia totescho». Il 1° ottobre 1544 fu incaricato da Carlo III di Savoia di dipingere le sue insegne sulle porte delle città e dei castelli del ducato, insieme con Gerolamo Giovenone e Bernardino Lanino. Morì prima del 21 febbraio 1562.
Tra i figli di secondo letto di Boniforte il vecchio, anche Efraim (morto prima del 20 marzo 1522) ebbe bottega a Vercelli e a lui si rivolsero gli agostiniani di S. Marco e i carmelitani di S. Maria, intorno al 1489, per la decorazione di alcuni ambienti conventuali. Il 27 marzo 1517 scelse Eusebio Ferrari per garantire al figlio Ercole una formazione aggiornata, ma il contratto fu annullato il 13 aprile 1518. Fu forse questa l’occasione per Ercole di andare «pel mondo qualche anno per perfezionarse», diventando «bravo ed eccelente» (Bellini, 1659, c. 98). Ancora assente il 16 febbraio 1522, ricomparve a Vercelli il 20 marzo, dopo la morte del padre; accettando di mantenere indivisi i beni ereditati, iniziò una stretta collaborazione con il fratello Gaspare. Al contratto che il 24 giugno 1527 li impegnò a decorare la cappella della Beata Vergine nella chiesa del Carmine, annullato il 2 gennaio 1528, segue, negli anni Trenta, un sostanziale silenzio delle fonti. Fu il periodo in cui Ercole e Gaspare intensificarono i rapporti con Bernardino Lanino. Nell’estate del 1540 i due fratelli furono coinvolti nel più prestigioso cantiere vercellese del momento, la decorazione del palazzo vescovile, promossa dal cardinale Bonifacio Ferrero, a fianco di Ludovico Tresseni da Lodi e dello stesso Lanino (Galante Garrone, 1985; Amerigo, 2011). Scomparso Gaspare, già morto il 7 giugno 1552, fu suo figlio Boniforte il giovane (battezzato il 21 ottobre 1520 - già morto il 1° luglio 1586) a prenderne il posto a fianco dello zio Ercole, con cui lavorò per circa trent’anni, dal 1553 al 1574. È l’unico Oldoni di cui rimangono numerose opere, datate dal 1548 al 1578.
Il percorso stilistico di Boniforte il giovane è stato tracciato da Andreina Griseri (1956, pp. 76-78) e da Giovanni Romano (1970, p. 68, n. 2). Alla prima fase gaudenziana appartengono la Madonna in trono e santi del 1548, già in S. Giuliano e ora al Museo Borgogna di Vercelli, cui si avvicina il S. Gerolamo nel deserto in una vetrata già in palazzo Ternengo a Biella (Torino, Museo civico). Tra il quinto e l’inizio del sesto decennio Boniforte subisce l’influenza di Lanino (Pagella-Spantigati, 1982; Pivotto, 2003), come rivelano la Madonna in trono fra quattro santi e donatore della chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Borgosesia e la Madonna con Bambino tra i ss. Lorenzo e Sebastiano della parrocchiale di Ponderano. A metà del sesto decennio si collocano il S. Bartolomeo e il S. Domenico in S. Sebastiano a Biella (Astrua, 1986, p. 118), sulla cui attribuzione la critica non è concorde (Riccardi, 2009). Del 1568 è la Disputa di Gesù tra i Dottori (Torino, Museo civico), proveniente dal Carmine di Vercelli, restituita a Boniforte da Romano (1986) e in rapporto con il disegno di analogo soggetto al British Museum (n. 1885,0711.275), anche se precedente. Altri disegni riferiti da Griseri a Boniforte sono la Vergine col Bambino fra quattro santi della Biblioteca reale di Torino (n. 16156) e un cartone conservato all’Accademia Albertina di Torino fino al 1895 (foto Anderson n. 10823; Spantigati, 1982). Seguono i dipinti con i santi Giovanni Battista, Pietro, Lorenzo e Rocco al Museo del Territorio di Biella. Il ricorso a collaudati modelli laniniani si legge ancora nella pala del 1572 per la chiesa di S. Maria Maggiore di Candelo, in origine con cornice di Materno de’ Materni (Pivotto, 2003). Al Museo di Biella si trova anche una predella con Storie della vita di Maria e di Gesù proveniente da S. Sebastiano, riferita al 1570-80 (Galante Garrone, 1976, pp. 31 s., 89; Riccardi, 2009, p. 60). Appartengono alla fase finale le pale per la Compagnia di S. Pietro martire a Trino (1578) e per la chiesa di S. Biagio a Biella (1576-1578) con cornice di Materno de’ Materni, l’Assunzione della Vergine in collezione privata, con firma e data apocrife «Jheronimi Juvenonis opificis 1512» e l’Incoronazione della Vergine, al Museo Borgogna, firmata da Boniforte, che copia la tavola con l’Incoronazione della Vergine al centro del polittico francescano del Museo di Biella, in stretto rapporto stilistico con un gruppo di dipinti riferiti al cosiddetto Pseudo-Giovenone (Romano, 1970, pp. 24, 68; Id., 1976; Natale, 2003). Prossima alle pale del 1578 è l’Ultima Cena della parrocchiale di Masserano.
Fonti e Bibl.: Torino, Biblioteca reale, C.A. Bellini, Iscrizioni, Elogi, Epitafi …,1658 (Storia patria 428); Id., Serie degli Uomini e delle Donne Illustri della città di Vercelli, 1659 (Storia patria 416); G. Colombo, Documenti e notizie intorno agli artisti vercellesi, Vercelli 1883, pp. 66-166; A. Griseri, in Mostra di Gaudenzio Ferrari (catal.), Milano 1956, pp. 76-78, 126-129, 140 s.; G. Romano, Casalesi del Cinquecento. L’avvento del manierismo in una città padana, Torino 1970, pp. 16 s., 24, 68 s.; G. Galante Garrone, in Opere d’arte a Vercelli e nella sua provincia. Recuperi e restauri 1968-1976 (catal.), Torino 1976, pp. 31 s.; G. Romano, ibid., pp. 22 s.; A. Baudi di Vesme, Schede Vesme, IV, Torino 1982, pp. 1518-1533; E. Pagella - C.E. Spantigati, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell’Accademia Albertina (catal.), a cura di G. Romano, Torino 1982, pp. 173-176; E. Pagella, ibid., pp. 176-179; C.E. Spantigati, ibid., pp. 180-182; G. Romano, Eusebio Ferrari e gli affreschi cinquecenteschi di Palazzo Verga a Vercelli, in Studi in onore di Luigi Grassi, in Prospettiva, 1983-84, nn. 33-36, pp. 135-144; G. Galante Garrone, in Bernardino Lanino (catal., Vercelli), a cura di P. Astrua - G. Romano, Milano 1985, pp. 56-61; P. Astrua, Da Balsassarre de Cadighis a Gaudenzio Ferrari, in Bernardino Lanino e il Cinquecento a Vercelli, a cura di G. Romano, Torino 1986, p. 118; G. Romano, Nuove indicazioni per Eusebio Ferrari e per il primo Cinquecento a Vercelli, in Studi in onore di Giuliano Briganti, Milano 1990, p. 71; V. Natale, Committenze e artisti a Biella nella prima metà del secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Cinquecento, a cura di V. Natale, Candelo (Biella) 2003, pp. 41-47; P. Pivotto, Fortuna e tramonto della cultura figurativa vercellese in territorio biellese: artisti, botteghe, committenti, ibid., pp. 121 s.; A. Quazza, Miniatura vercellese del XV secolo, in Arti figurative a Biella e a Vercelli. Il Quattrocento, a cura di V. Natale, Candelo (Biella) 2005, pp. 90-98; V. Natale, La vetrata della Adorazione dei Magi e gli affreschi, in Verrone l’immagine ricostruita, a cura di T. Vialardi di Sandigliano, Savigliano 2005, pp. 115 s.; S. Riccardi, Scomparti di un polittico domenicano, in Arti figurative a Biella S. Sebastiano e a Vercelli S. Cristoforo, a cura di V. Natale, Biella 2009, pp. 59 s.; S. Riccardi, Una predella di Boniforte Oldoni, ibid., p. 60; S. Amerigo, Il Palazzo vescovile, luogo di potere, di cultura e di avanguardia, in Arte e storia a Vercelli nel Cinquecento, in Storia di Vercelli in età moderna e contemporanea, a cura di E. Tortarolo, I, Trofarello 2011, pp. 430-434.