OLEOCHIMICA
Come la petrolchimica indica la produzione di composti chimici utilizzando come materia prima petrolio, o sue frazioni, così l'o. indica l'utilizzazione di oli e grassi naturali per la preparazione di composti chimici. L'o. è notevolmente meno importante della petrolchimica sia per quantità di materie prime impiegate sia per quantità e varietà di prodotti preparati. Si calcola che l'o. consumi 2÷2,5 milioni di t/anno di oli e grassi, pari all'1,5÷1,8% del consumo totale mondiale di questi prodotti, mentre la petrolchimica nei paesi industrializzati consuma una percentuale dell'ordine del 10%. Tuttavia l'o. riveste ugualmente notevole interesse perché alcuni dei prodotti che fornisce non si possono ottenere dal petrolio, o non si ottengono con le stesse caratteristiche, o con la stessa facilità; inoltre, l'o. può risultare di rilevante importanza per paesi in grado di disporre di coltivazioni di piante oleaginose o di piante capaci di dare oli di tipo particolare o ad alto rendimento, rappresentando una fonte non trascurabile d'impiego di mano d'opera e di ricchezza, come si è verificato per es. in paesi asiatici, verso la fine degli anni Ottanta.
In Malaysia, Indonesia, Filippine, ecc., a partire dagli anni Settanta è stato realizzato un notevole piano di sviluppo della produzione di semi e frutti oleosi da lavorare in loco per ottenere prodotti di maggiore valore commerciale (oli raffinati, prodotti chimici, farine proteiche). In questo piano sono stati previsti investimenti per 350 milioni di dollari per la costruzione di un insieme di impianti per la produzione di acidi, metilesteri, alcoli, capaci complessivamente di fornire 210.000 t di acidi grassi, 60.000 di alcoli, 30.000 di metilesteri: parte di questi impianti sono già stati costruiti da ditte giapponesi, statunitensi e tedesche, alcune delle quali sono anche entrate in società con enti e industrie locali. In Indonesia è stato costruito un impianto per acidi grassi, diversi altri ne sono sorti in Malaysia, con capacità singole di diverse decine di migliaia di t/anno; mentre impianti di più modeste capacità (per acidi) sono sorti in Thailandia e a Singapore. Nelle Filippine, divenute il maggior produttore di olio di cocco, questo viene utilizzato per ottenere alcoli laurici.
Anche in passato una frazione degli oli e dei grassi prodotti veniva destinata a produzioni chimiche (basti qui ricordare l'uso fattone nella fabbricazione dei saponi, che consentiva anche, in molti casi, di ottenere la glicerina, necessaria alla produzione di diversi tipi di esplosivi). L'interesse verso l'o. si è sviluppato particolarmente a seguito delle crisi petrolifere che hanno temporaneamente ridotto la disponibilità del petrolio o delle sue frazioni e ne hanno aumentato notevolmente il costo mettendo in difficoltà la produzione di alcuni derivati. Lo sviluppo dell'o., oltre a favorire la coltivazione di piante oleaginose in zone depresse, consente di disporre di una fonte rinnovabile di materia prima e di assorbirne eventuali surplus riscontrabili in annate climaticamente favorevoli; inoltre, le manipolazioni genetiche, le cui applicazioni si vanno estendendo in agricoltura, potrebbero creare, in un futuro non lontano, varietà di piante più resistenti ai parassiti, alle avversità climatiche, o più ricche in contenuto oleoso, con minori sostanze secondarie, con una maggiore selettività delle specie oleose presenti. Un contributo notevole allo sviluppo dell'o. è stato fornito dallo studio di nuovi e vantaggiosi impieghi industriali sia degli oli che dei loro costituenti. In alcuni casi, prodotti della petrolchimica sono stati sostituiti da altri, similari, dell'o. che risultano meno tossici e più facilmente biodegradabili (è il caso, per es., dei plastificanti, che hanno sostituito il diottilftalato in molte applicazioni).
Gli oli e i grassi sono composti da esteri di acidi grassi superiori con la glicerina: mediante la loro scissione l'o. può contare, come materia prima, su questi due componenti che possono essere trasformati in numerosi prodotti che interessano campi di utilizzazione diversi. Ma gli oli e i grassi possono dare essi stessi, senza venire scissi nei componenti, composti che presentano interesse industriale; gran parte di questi prodotti derivano da reazioni che riguardano la catena degli acidi grassi componenti e specialmente i doppi legami presenti, sia semplici che multipli. Gli acidi grassi e la glicerina che si ottengono dalla scissione dei gliceridi si prestano a dare importanti derivati: quali alcoli, ammine grasse, ecc.
Acidi grassi. − Sono così definiti tutti gli acidi carbossilici alifatici, saturi e insaturi, con catene da 6 a 24 atomi di carbonio; i più importanti sono quelli derivati dalla scissione degli oli e grassi, ma quantità sensibili si hanno anche da tallolio e dagli oli di pesce. Gli acidi grassi costituiscono il prodotto di base dell'o. perché si prestano a fornire diverse classi di composti: alcoli, esteri, ammine, ecc., oltre a saponi, che trovano svariati impieghi (lubrificanti, emulsionanti, agenti di flottazione, pitture, vernici, cosmetici, ecc.).
Gli acidi grassi si possono ottenere dall'idrolisi di prodotti naturali, vegetali o animali, ma anche da frazioni petrolifere; quest'ultimo sistema è meno importante sia per le rese relativamente basse che si hanno nelle reazioni di formazione, sia perché i composti che si ottengono sono di solito formati da miscele piuttosto difficili da separare. Si calcola infatti che circa il 90% degli acidi grassi consumati sia di origine naturale e solo il rimanente 10% circa sia di origine petrolchimica.
In petrolchimica diverse sono le vie possibili per ottenere acidi monocarbossilici alifatici a lunga catena, ma solo poche hanno interesse pratico: ossidazione diretta di paraffine, ossidazioni di aldeidi ottenute per ossosintesi. L'ossidazione delle paraffine è solo parziale e la separazione dei vari prodotti formati (non solo acidi) risulta difficile e onerosa. Questo sistema è usato, in misura limitata, in alcuni paesi dell'Est europeo; si possono ottenere acidi saturi, a catena corta, ramificata, accompagnata da impurezze (colorate, dall'odore marcato) difficili da eliminare. Gli acidi grassi di origine naturale si ottengono dagli oli e dai grassi per idrolisi o per metanolisi (va ricordato che i sistemi usati in passato per saponificazione o per amminolisi hanno perduto interesse, salvo per qualche caso particolare come, per es., le paste di saponificazione derivanti dai trattamenti di abbattimento dell'acidità libera degli oli destinati all'alimentazione). Questi sistemi portano di solito a miscele di acidi, impure, difficili da depurare.
Le materie prime oleose da trattare sono scelte in base alla natura degli acidi contenuti, alle richieste del mercato, alla disponibilità e al costo dei materiali di partenza. Così per ottenere acido laurico e miristico occorre utilizzare l'olio di cocco e di palmisto, che contengono circa il 40% di laurico e il 15% di miristico; per ottenere acidi saturi, palmitico e stearico, si ricorre al sevo animale; per gli acidi insaturi con un solo doppio legame (oleico e linoleico) si ricorre all'olio di lino, di girasole, di oliva; per acidi con doppi legami coniugati s'impiegano l'olio di legno (tung), l'olio di oiticica, ecc., come risulta dalle composizioni riportate nella voce oli e grassi (tab. 2) in questa Appendice. Gli oli e i grassi da trattare, preventivamente depurati mediante filtrazione a caldo, vengono idrolizzati a caldo (150÷200°C), sotto pressione (20÷60 atm), in presenza di catalizzatori (ossido di zinco, ecc.), usando acqua demineralizzata (per non avere formazione di saponi) e in assenza di ossigeno (per evitare ossidazioni). Dai prodotti dell'idrolisi gli acidi grezzi si separano, per distillazione sotto vuoti spinti, dalle impurezze altobollenti (gliceridi parzialmente idrolizzati, glicerina, saponi, steroli, fosfatidi, ecc.), e poi si frazionano per distillazione o cristallizzazione frazionata.
In Europa occidentale negli ultimi anni la produzione di acidi grassi è passata dalle 400.000 t nel 1960 alle 620.000 nel 1970, alle 700.000 nel 1980 (di poco superiore la produzione nel 1990). La maggior parte di tali acidi (circa il 70%) proviene dal sevo e dall'olio di palma, seguono l'olio di cocco e di palmisto (15%); quantità minori si ottengono dall'olio di soia e di girasole (8%), dagli oli di pesce (7%). Situazioni diverse da quelle europee si riscontrano negli Stati Uniti e nei paesi asiatici. Il 35÷40% di tali acidi si usa per produrre derivati (alcoli, ammine, esteri, saponi metallici, plastificanti, ecc.), un'analoga percentuale si usa per detergenti e per cosmetici; il 10÷15% è assorbito dalla preparazione di resine, di vernici; quantità minori si usano per prodotti ausiliari per tessili, per componenti di lubrificanti, nell'industria della gomma, ecc.
Alcoli. − La produzione mondiale di alcoli si ottiene per i due terzi da acidi grassi naturali, il rimanente dalla petrolchimica.
Gli alcoli alifatici monovalenti con catene di 6÷22 atomi di carbonio costituiscono il gruppo più importante di derivati degli acidi grassi; in qualche caso questi alcoli, a elevato numero di atomi di carbonio, si ottengono non dagli acidi ma direttamente dai composti che li contengono, di solito cere, spermaceti, dove si trovano sotto forma di esteri che per idrolisi liberano gli alcoli.
Gli alcoli saturi a 6÷12 atomi di carbonio sono liquidi a temperatura ambiente; quelli a maggior numero di atomi di carbonio sono solidi, di aspetto ceroso; quelli insaturi sono liquidi fino a 18 atomi di carbonio. Si preparano per idrogenazione catalitica degli esteri metilici (o etilici):
R.COOCH3+2H2→R.CH2OH+CH3OH.
La reazione avviene a temperatura di 250°C circa e a pressioni di 250÷300 atm con cromito di rame come catalizzatore. Se anziché partire dagli esteri si partisse dai gliceridi (ciò che semplificherebbe il procedimento, evitando la preventiva formazione dell'estere), si avrebbe una perdita di parte della glicerina liberata nel processo, perché non stabile nelle condizioni nelle quali avviene la reazione. L'idrogenazione diretta degli acidi, specie di quelli a minor numero di atomi di carbonio, avviene con difficoltà e con rese piuttosto basse. Il metanolo che si libera nella reazione sopra scritta è facile da separare dagli alcoli grassi per la sua elevata volatilità; si ricupera e si riutilizza per formare nuovi esteri metilici (per transesterificazione).
Gli alcoli di sintesi si ottengono per ossosintesi (v. App. III, ii, p. 334), o per ossidazione diretta degli idrocarburi; i sistemi portano però a miscele di alcoli accompagnati da altri componenti non sempre facili da separare. Gli alcoli insaturi si ottengono partendo da esteri contenenti acidi insaturi con lo stesso sistema indicato dalla reazione sopra scritta, ma con catalizzatori diversi, che impediscono l'idrogenazione dei doppi legami.
La produzione mondiale di alcoli grassi è andata aumentando notevolmente negli ultimi decenni, passando da 75.000 t nel 1950 a 680.000 t nel 1980 (260.000 t naturali e 420.000 t sintetici). In Europa nel 1990 sono state prodotte 245.000 t di alcoli grassi naturali e 70.000 t di alcoli grassi sintetici. Si calcola che l'industria dei detersivi assorba circa il 70÷75% degli alcoli grassi per la preparazione di solfati di alcoli lineari, di alcoli etossilati, di metilesteri solfonati (v. detergenti, in questa Appendice, p. 819); un altro 10÷15% è destinato alla preparazione di derivati (ammine, cloruri, fosfati, ecc.) mentre il 5% si usa come tale in cosmetica, nell'industria farmaceutica, ecc.
Ammine grasse. − Sono le ammine a catena lineare con il gruppo alchilico contenente da 8 a 24 atomi di carbonio: si distinguono in primarie, secondarie, terziarie a seconda delle caratteristiche dell'atomo di carbonio sul quale è fissato il gruppo amminico. Sono basi forti, più dell'ammoniaca, e formano sali (cloridrati, acetati, ecc.) più solubili in acqua delle ammine dalle quali derivano. Le ammine con gruppi alchilici fino a C10 sono liquide a temperatura ambiente e poco solubili in acqua; quelle con gruppi alchilici più lunghi sono solide, insolubili in acqua, solubili in solventi organici, polari e non polari.
Le ammine si possono ottenere con diversi sistemi partendo dagli acidi, dagli alcoli, dalle olefine, ecc.; quello più usato è il primo, che richiede però diversi passaggi: prima si forma il sale d'ammonio dell'acido, che viene poi disidratato ad ammide e quindi a nitrile, il quale ultimo fornisce per idrogenazione l'ammina dell'acido di partenza. Il sistema vale tanto per ammine primarie che secondarie; in questi casi occorre naturalmente variare le condizioni di effettuazione delle diverse reazioni (un ambiente alcalino favorisce la formazione di ammine primarie; temperature più alte sotto continua asportazione di ammoniaca favoriscono la formazione di ammine secondarie; quelle terziarie sono più difficili da formare). Le ammine grasse sono dotate di proprietà tensioattive, trovano impiego come agenti di flottazione, emulsionanti, sono dotate di proprietà anticorrosive.
In Europa occidentale per la preparazione si ricorre prevalentemente al sistema che passa attraverso la formazione del nitrile. La produzione si aggira sulle 150.000 t/anno. Le ammine secondarie e terziarie vanno acquistando sempre maggiore interesse perché rappresentano materie prime di diverse sintesi. Così le ammine terziarie, reagendo con cloruro di metile, etile, benzile, ecc., formano sali di ammonio quaternario dotati di proprietà tensioattive e battericide.
Glicerina. − La glicerina ottenuta dagli oli e grassi rappresenta circa i due terzi del totale consumato nel mondo; il rimanente si ottiene partendo da propilene; si può ricavare anche da zuccheri per fermentazione (in presenza di bisolfiti) o per idrogenazione catalitica; questi metodi rivestono però importanza limitata, in condizioni normali di mercato. Mentre dalla saponificazione dei grassi con alcali si ottengono acque glicerinose contenenti il 6÷12% di glicerina accompagnata da cloruro di sodio (10÷20%) e da diverse e numerose impurezze organiche, quelle che si ottengono dalla saponificazione con acqua (a caldo, sotto pressione) sono più ricche di glicerina (15÷20%), prive di cloruro di sodio e con poche impurezze organiche più facili da lavorare.
Il consumo mondiale di glicerina è dell'ordine di 550.000 t/anno (210.000 in Europa occidentale, 145.000 in USA, 45.000 in Giappone, 150.000 in altri paesi), quella ottenuta dagli oli e grassi rappresenta il 75% circa, il rimanente è prodotto di sintesi. Circa il 70% della produzione della glicerina, in Europa, viene assorbita dall'industria farmaceutica, dei cosmetici, degli esteri, delle resine; il rimanente trova impieghi come umettante (tabacco), come plastificante, ecc.
Nell'esterificazione gli acidi possono reagire con uno, con due o con tutti i tre gruppi alcolici della glicerina; nei primi due casi, a seconda della posizione dei gruppi alcolici interessati, si possono ottenere due esteri isomeri. Gli esteri con l'acido nitrico interessano prevalentemente la produzione di esplosivi. Gli esteri formati con l'acido cloridrico prendono il nome di cloridrine. La mono-cloridrina è un liquido miscibile con l'acqua che trova impiego in sintesi chimiche (nell'industria farmaceutica e dei coloranti). Le di-cloridrine sono liquidi densi, poco miscibili con acqua, che si usano come solventi di esteri della cellulosa e nella preparazione di resine epossidiche. Alle cloridrine appartiene anche l'epicloridrina (di formula CH2−CH-CH2−Cl), liquido incolore, dall'odore di cloroformio, che contenendo due gruppi reattivi diversi (quello epossidico e il cloro, labile) costituisce un importante intermedio in diverse sintesi organiche. Degli esteri con l'acido fosforico importante è quello ottenuto esterificando un solo gruppo alcolico della glicerina che trova impiego farmaceutico. Numerosi sono gli esteri formati con acidi organici; così con l'acido acetico si formano mono- bi- e tri-acetine, tra cui le più importanti sono le ultime due: i due isomeri di biacetina sono liquidi densi, con elevato punto di ebollizione (circa 175 °C) solubili in acqua a pressione ridotta, e solventi di esteri della cellulosa e di resine gliceroftaliche, usati anche come plastificanti. La triacetina è pure liquida, di densità 1,60, altobollente, insolubile in acqua, usata come plastificante di eteri ed esteri della cellulosa, come solvente di coloranti basici, ecc. Per esterificazione con acidi bicarbossilici (ftalico, maleico, ecc.) essa forma prodotti di policondensazione (resine gliceroftaliche, alchidiche). La glicerina, in presenza di catalizzatori basici, può condensare dando eteri (diglicerolo o oligomeri superiori), risultanti da due molecole di glicerina: CH2OH2−CHOH-CH2−O-CH2−CHOH-CH2OH ma anche 20÷30 utilizzabili per la preparazione di esteri macromolecolari adatti anche per prodotti alimentari.
Oltre ai derivati ottenibili dai due componenti (acidi grassi e glicerina) degli oli, questi si prestano a subire diverse reazioni che interessano soprattutto i doppi legami presenti nella catena idrocarburica alifatica. Alcuni di essi si usano ancora nella preparazione di prodotti alimentari, altri invece per prodotti industriali.
Le operazioni che modificano in maniera più o meno rilevante la molecola dei gliceridi sono le seguenti:
a) idrogenazione di tutti o di parte dei doppi legami presenti: si pratica per ottenere oli con più alto punto di fusione (indurimento degli oli), più stabili perché più resistenti all'ossidazione; l'operazione si pratica su oli con più di un doppio legame (mais, soia, girasole, colza), e sugli oli di pesce;
b) isomerizzazione: si opera per trasformare due doppi legami fra loro distanti nella molecola in due doppi legami coniugati, che conferiscono alla molecola proprietà siccative rendendo il prodotto adatto per la preparazione di vernici e di standoli. Si può anche operare per trasformare un isomero di acido grasso cis in uno trans, che risulta più resistente all'ossidazione e presenta caratteristiche biologiche diverse; la trasformazione si può fare per via chimica, con o senza catalizzatore e avviene anche durante i processi d'idrogenazione;
c) transesterificazione: poiché gli oli sono degli esteri della glicerina con acidi grassi, saturi o insaturi, riscaldandoli con un acido (diverso da quello presente nell'estere) o con un alcol (diverso dalla glicerina) si può ottenere che l'acido o la glicerina dell'estere si scambino rispettivamente con l'acido o la glicerina dell'olio di partenza, ottenendo sempre un estere, ma con caratteristiche diverse (punto di ebollizione inferiore, reattività diversa, digeribilità migliore);
d) disidratazione: gli acidi contenenti un ossidrile, come il ricinoleico, riscaldati a 250÷270 °C, a pressione ridotta e in presenza di catalizzatori, perdono una molecola d'acqua e quest'eliminazione porta alla comparsa di un doppio legame, cioè a un acido insaturo;
e) ossidazione: agendo con ossidanti energici (ozono, acido nitrico, permanganato, ecc.) su acidi contenenti un doppio legame, il composto si ''rompe'' facilmente dando due acidi a minor numero di atomi di carbonio; così l'acido oleico a 18 atomi di carbonio si decompone dando acido azelaico e acido pelargonico entrambi a 9 atomi di carbonio; il primo con due carbossili viene utilizzato per poliesteri modificati, adesivi, plastificanti, lubrificanti, ecc., e il secondo è ugualmente usato per esteri sintetici.
Bibl.: R. de Vries, Asian countries gear up to an oleochemical industry, in European Chemical News, ottobre 1983; P.L. Layman, Oleochemicals fashion long-term optimism from near-term gloom, in Chemical Engineering News, 10 ottobre 1983; H.J. Richter, J. Knaut, Probleme und Chancen der Oleochemie, i e ii, in Chemische Industrie, 36 (1984), pp. 131 e 199; R. Brockmann e altri, in Ullmann's Encyclopedia of industrial chemistry, vol. 10, Weinheim 19875; F.D. Gunstone, Oils ad fats: production, consumption, availability, and chemical reactions, in Chemistry and Industry, ottobre 1987, p. 43; Amines (fatty), in Kirk-Othmer Encyclopedia of chemical technology, vol. 2, New York 19924.