OLEOTIPIA
. Ideato dall'inglese G. E. H. Rawlins nel 1904, è uno dei più artistici procedimenti di stampa fotografica positiva, e consiste nell'ottenere da un negativo un'impressione su carta preparata (carta gelatinata) che, poi, inchiostrata con inchiostri grassi (inchiostri da stampa tipografica), dà l'immagine del soggetto. Tale procedimento è analogo a quello della fototipia (v. grafiche, arti).
Un foglio di carta gelatinata, previamente sensibilizzato in una soluzione di bicromato di potassio, viene stampato sotto un negativo, e poi lavato e asciugato. Immerso nuovamente nell'acqua, la gelatina, per le proprietà dei colloidi bicromatati, si rigonfia, assorbendo acqua in proporzione inversa alla quantità di luce che ha agito sul colloide stesso. Se allora s'inchiostra l'impressione, l'inchiostro aderirà in modo inversamente proporzionale all'azione esercitata dalla luce sul colloide. L'inchiostratura si fa mediante il pennello, e permette a un operatore dotato di senso artistico, di lavorare sulle copie in modo da raggiungere particolari intonazioni artistiche di grande effetto. Il procedimento è atto anche a fare decalchi, cioè a trasferire su altra carta l'immagine ottenuta sulla carta gelatinata, potendosi così dare all'immagine stessa un carattere artistico che niente ha di comune con la fotografia, come viene generalmente intesa. Un procedimento analogo sostituì in un tempo successivo l'oleotipia: è questo il bromolio o bromoleotipia, che differisce da essa soltanto nell'ottenimento della matrice: si adopera a questo scopo una stampa su carta alla gelatina-bromuro d'argento, la cui immagine viene diversamente e proporzionalmente insolubilizzata in un bagno speciale a base di bromuro di potassio, solfato di rame e acido cromico, di guisa che l'inchiostro grasso è trattenuto in ragione diretta dell'entità dell'insolubilizzazione subita dall'immagine suddetta.