Olfatto e gusto
L'olfatto e il gusto sono definiti 'sensi chimici' perché ci consentono di analizzare le molecole dell'ambiente esterno con le quali veniamo in contatto respirando e nutrendoci. I due sensi chimici cooperano informandoci della presenza di possibili veleni nell'aria inspirata o nelle sostanze commestibili, e determinando l'odore e il sapore e quindi l'appetibilità dei cibi e delle bevande. Pertanto essi sono indispensabili alla sopravvivenza individuale e della specie anche più degli altri sistemi di senso. Ai Mammiferi cosiddetti 'macrosmatici', le molecole liberate con il sudore, gli escrementi e altri secreti servono da segnali chimici per marcare il territorio, per attirare un partner sessuale o per lanciare un allarme. Molte specie di Mammiferi utilizzano i segnali percepiti tramite i sensi chimici, oltre che per le scelte alimentari, anche per il riconoscimento fra individui consanguinei e conspecifici, per i comportamenti di attacco e di fuga di predatori e prede, e per le funzioni riproduttive e parentali. Per esempio, nelle femmine in estro dei Roditori il contatto con l'urina di un maschio della stessa specie determina l'ovulazione per l'azione di segnali olfattivi sui neuroni endocrini dell'ipotalamo che controllano l'asse ipofisi-ovaia. Inoltre, animali in stato di stress lasciano nell'ambiente tracce chimiche che possono indurre un corrispondente stato neuroendocrino di stress in altri animali che successivamente occupino quell'ambiente. Le cure parentali sono in parte basate su reciproci segnali olfattivi fra madre e figli, ai quali si aggiungono anche segnali gustativi, come suggerisce il comportamento istintivo delle madri di Carnivori e Roditori che leccano la prole.
Il discusso termine 'feromoni' viene usato in senso lato per denotare vari segnali chimici ambientali che influenzano specificamente le attività fisiologiche e comportamentali di molte specie di invertebrati e Vertebrati. Originariamente il termine indicava le sostanze utilizzate dai membri di una determinata specie per vari aspetti della comunicazione sociale con individui della stessa specie. Era anche stata proposta una netta dicotomia fra le sostanze che generano sensazioni odorose tramite il sistema olfattivo primario, e i feromoni, la cui azione sui substrati nervosi ed endocrini del comportamento era attribuita a un sistema olfattivo accessorio, l'organo vomero-nasale, ritenuto incapace di agire sul sensorio. Questa dicotomia ha perso gran parte della sua validità, poiché oggi si sa che segnali chimici di natura feromonale possono agire tramite entrambi i sistemi olfattivi, e che la loro ricezione può essere associata o meno a esperienze coscienti. Peraltro, nella specie umana l'organo vomero-nasale ha carattere vestigiale, dato che è presente nella vita intrauterina ma non dopo la nascita.
La comunicazione chimica mediata da feromoni nella specie umana è stata studiata in rapporto al carattere più o meno gradevole degli odori naturali del corpo e al loro effetto sull'attrazione sessuale. Un componente del sudore derivato da ormoni gonadici, l'androstenone, sta acquistando popolarità nel commercio dei profumi perché in alcune specie (per es., nei cinghiali e forse anche nell'uomo) aumenta l'attrazione olfattiva delle femmine verso i maschi. L'importanza degli odori naturali del corpo umano per la comunicazione chimica è stata contrastata fin dall'antichità con l'uso di unguenti e profumi, e in epoca moderna con i deodoranti e l'aumentato uso igienico del sapone. L'odore naturale del corpo umano deriva dalla presenza nel sudore e nel sebo di molecole volatili e non volatili la cui natura dipende in parte dalla biochimica individuale, in parte dall'alimentazione, e in parte da trasformazioni operate dalla flora batterica cutanea.
L'olfatto dell'uomo, pur meno sviluppato di quello degli animali macrosmatici, consente di riconoscere e attribuire odori diversi a moltissime molecole (da 1000 a 10.000). La sensibilità del sistema è tale da far sì che la presenza di un odore sia rilevata a una concentrazione di 107 molecole per 1 ml d'aria e la sua identità sia riconosciuta a una concentrazione solo dieci volte superiore. Meno discriminativo e sensibile è il senso del gusto, che riconosce solo cinque sapori fondamentali: i quattro classici (acido, amaro, dolce, salato) e l'umami, parola giapponese che indica il sapore gradevole della carne e degli alimenti contenenti glutammato. La minore sensibilità del gusto rispetto all'olfatto è attestata dal fatto che per evocare sensazioni gustative sono necessarie concentrazioni da 1014 a 1020 molecole per 1 ml di soluzione. Gli stimoli olfattivi e gustativi possono generare memorie associative che durano a lungo nel tempo, come nel caso di odori o sapori che evocano immagini di eventi, persone e luoghi a lungo sepolte nella memoria, e qui è d'obbligo citare la madeleine di proustiana fama. Più pedestre, ma pregno di significato biologico per uomo e animali, è l'effetto Garcia, che consiste nell'acquisizione di una prolungata, e non raramente definitiva, avversione per l'odore e il sapore di un cibo la cui ingestione sia stata seguita nel giro di qualche ora da un intenso malessere. Ciò si verifica anche dopo una singola associazione fra cibo e malessere, e anche quando il cibo non è la vera causa del disturbo. L'ovvia funzione di tale effetto è quella di evitare in futuro l'ingestione di cibi potenzialmente tossici, e le eventuali superstizioni alimentari generate da associazioni del tutto casuali fra cibo e malessere sono un costo da pagare a fronte del beneficio della difesa da avvelenamenti alimentari.
I recettori olfattivi e gustativi hanno caratteristiche in parte simili, in parte diverse. In primo luogo, in entrambi i casi si tratta di cellule cigliate capaci di modificare il proprio stato elettrico in risposta a interazioni con molecole presenti nell'immediato ambiente extracellulare. Le risposte elettriche dei recettori sono causate da modificazioni delle conduttanze ioniche della membrana dei recettori, legate all'apertura o alla chiusura di canali proteici presenti nella membrana stessa. La stimolazione dei recettori si manifesta con una depolarizzazione della membrana e con i potenziali d'azione generati al raggiungimento di una certa soglia. In secondo luogo, la trasduzione dei segnali nei recettori olfattivi è effettuata sempre da meccanismi metabotropi, che modificano i canali ionici di membrana indirettamente. Le molecole odorose, legandosi a molecole recettrici nelle ciglia dei recettori olfattivi, attivano proteine G ed enzimi di membrana che innescano reazioni a cascata intracellulari. La trasduzione dei segnali nei recettori gustativi è effettuata da recettori metabotropi simili a quelli dei recettori olfattivi, oppure da recettori ionotropi tramite i quali i segnali agiscono direttamente attraverso i canali ionici di membrana.
Inoltre, nel caso dell'olfatto i recettori sono veri e propri neuroni ubicati nell'epitelio olfattivo, una porzione specializzata della mucosa che tappezza la parte superiore di ciascuna cavità nasale, della quale rappresenta solo 1/60. Si tratta di alcuni milioni di neuroni bipolari, ciascuno dei quali è dotato di un singolo dendrite, che termina con un bottone provvisto di ciglia immerse nel muco che ricopre la superficie della mucosa, e di un neurite, che partecipa alla costituzione del nervo olfattivo. I recettori del gusto invece sono circa 300.000 e hanno sede nei boccioli gustativi, che si trovano soprattutto sul dorso della lingua, ma anche in altre regioni della mucosa della cavità orale, della faringe, della laringe e dell'esofago; non sono cellule nervose ma epiteliali, modificate e capaci di generare segnali elettrici come i neuroni. È importante sottolineare che sia i recettori olfattivi sia quelli gustativi sono cellule labili, che vivono solo alcuni giorni (circa quaranta i recettori olfattivi e dieci quelli gustativi) e vengono continuamente rimpiazzate grazie alla maturazione di cellule staminali associate. I neuroni dell'epitelio olfattivo sono gli unici che non vivono in un ambiente protetto e termoregolato. La natura labile e la necessità del continuo rinnovamento sia dei recettori gustativi sia di quelli olfattivi è, almeno in parte, spiegata dal fatto che tanto la mucosa nasale quanto quella orale sono esposte direttamente all'ambiente esterno e quindi a condizioni potenzialmente lesive, come forti cambiamenti della temperatura locale (inspirazione di aria molto fredda, ingestione di alimenti molto caldi o gelati), stimoli nocivi fisici o chimici (polveri e gas irritanti nell'aria inspirata, cibi solidi abradenti, bevande acide), infezioni ricorrenti (raffreddore comune, stomatiti).
Sia i recettori olfattivi che quelli gustativi mostrano il fenomeno dell'adattamento, consistente nella diminuzione o cessazione della loro risposta a uno stimolo prolungato. Peraltro, l'adattamento recettoriale spiega solo in parte l'esperienza comune della riduzione della percezione di uno stimolo olfattivo protratto, in quanto è dimostrata l'esistenza nelle strutture olfattive post-recettoriali di meccanismi in grado di attenuare la risposta agli stimoli prolungati, in aggiunta all'adattamento recettoriale o anche indipendentemente da esso. Anche i recettori gustativi vanno incontro ad adattamento e anche per il gusto esistono meccanismi centrali che regolano l'intensità della risposta nel tempo, ma essi non sono ancora stati studiati approfonditamente. Infine, va sottolineato che le informazioni olfattive sono trasmesse direttamente dai recettori ai centri nervosi intracranici tramite le fibre del nervo olfattivo, costituite dagli assoni dei recettori stessi che utilizzano il glutammato come trasmettitore sinaptico. Le informazioni gustative sono invece trasmesse dai recettori alle fibre afferenti di tre nervi cranici (facciale, glossofaringeo, vago) tramite sinapsi citoneurali; il trasmettitore di queste sinapsi non è ancora stato identificato con certezza.
Alcuni studi di genetica molecolare, premiati nel 2004 con il Nobel per la medicina o fisiologia assegnato a Richard Axel e Linda Buck, hanno dimostrato che le molecole recettrici delle ciglia dei neuroni dell'epitelio olfattivo, in numero di circa 1000 in un animale macrosmatico come il topo e di circa 350 nell'uomo, sono proteine integrali di membrana con sette domini transmembranari. A esse si legano le molecole odorose dell'aria inspirata, dopo il dissolvimento nel muco che ricopre l'epitelio olfattivo e grazie al trasporto verso i recettori da parte di una proteina specifica secreta nel muco dall'epitelio stesso. Ciascun neurone olfattivo esprime nelle sue ciglia una sola molecola recettrice, ma ognuna di queste molecole può legarsi con diversa affinità a più molecole odorose, e a sua volta ciascuna molecola odorosa è in grado di legarsi a più molecole recettrici e quindi a più neuroni olfattivi. La straordinaria selettività percettiva dell'olfatto è attribuibile alla specificità con la quale le molecole odorose attivano combinazioni di neuroni olfattivi: a ogni molecola corrisponde infatti una specifica combinazione. Poiché ciascun neurone olfattivo fa parte di più combinazioni, il grande numero di combinazioni possibili rende ragione dell'ampiezza della gamma degli odori distinguibili e riconoscibili e della raffinata capacità discriminatoria del sistema. Per esempio, due molecole odorose molto simili come l'alcol eptanolo e l'acido eptanoico, contenenti la stessa catena alifatica, generano sensazioni olfattive del tutto diverse (rispettivamente un odore gradevole di fiori e un odore sgradevole di rancido) perché attivano combinazioni diverse di neuroni olfattivi.
La sensibilità meccanica, termica e dolorifica della mucosa nasale è servita da rami della branca oftalmica del nervo trigemino. Come avviene per alcune sensazioni gustative, non raramente le sensazioni olfattive possono essere accompagnate da sensazioni mediate da recettori trigeminali che vengono stimolati insieme ai neuroni olfattivi, ma a concentrazioni molto superiori, da molecole volatili presenti in alcuni alimenti o in sostanze inalate. Per esempio, il mentolo e la canfora, oltre a indurre sensazioni odorose tramite i neuroni olfattivi, stimolano anche i termocettori trigeminali causando le tipiche sensazioni di fresco nelle cavità nasali e in quella orale. Altre molecole volatili, come la capsaicina contenuta nel peperoncino, l'isotiocianato di allile presente nella senape, e il solfuro di allile contenuto nella cipolla e nell'aglio, sono dotate di proprietà irritanti, e stimolano i nocicettori trigeminali suscitando un senso di bruciore.
Da ciascuna narice le informazioni olfattive vengono trasportate all'encefalo tramite il primo paio di nervi cranici. Ciascun nervo olfattivo è formato dagli assoni dei neuroni olfattivi raggruppati in fascicoli, che attraversano la lamina cribrosa dell'etmoide per entrare nella cavità cranica. Gli assoni dei neuroni che esprimono la stessa molecola recettrice si associano in fascicoli che terminano in zone specifiche del bulbo olfattivo, la prima stazione intracranica delle vie olfattive. Il bulbo olfattivo, pertanto, contiene una mappa spaziale nella quale ogni regione corrisponde a una popolazione di neuroni identificati dalla stessa molecola recettrice. Poiché tale mappa è simile in individui diversi e rimane costante nel tempo, malgrado il continuo rinnovamento dei neuroni olfattivi, la sua organizzazione è attribuibile a un codice chimico di riconoscimento cellulare.
Nel bulbo olfattivo, alcune migliaia di assoni di neuroni olfattivi esprimenti la stessa molecola recettrice convergono su uno o due glomeruli per prendere contatto sinaptico con le e con quelle a pennacchio, cellule di proiezione che utilizzano il glutammato come trasmettitore e che sono deputate a elaborare e a trasmettere le informazioni olfattive ad altri centri cerebrali. Le interazioni fra i glomeruli e le cellule di proiezione del bulbo olfattivo sono assicurate da cellule intrinseche del bulbo, le periglomerulari e i granuli, che utilizzano come trasmettitore sinaptico l'acido γ-amminobutirrico (GABA). Come i neuroni dell'epitelio olfattivo, entrambe queste popolazioni di cellule sono labili e vengono continuamente rimpiazzate da precursori staminali, che migrano nel bulbo partendo da zone subependinali dei ventricoli laterali. Tale rinnovamento continuo nell'arco dell'intera vita costituisce un'eccezione notevole rispetto al carattere perenne delle popolazioni neuronali del resto del sistema nervoso centrale, e fornisce un modello per lo studio della ricostituzione continua di circuiti nervosi funzionali. Si ritiene che, oltre che di questo rimodellamento di connessioni dipendente dal ricambio dei neuroni labili, il bulbo olfattivo sia sede anche di altri processi di plasticità neuronale che potrebbero partecipare alla formazione di memorie olfattive. Sembrano importanti, per questi processi, i modulatori sinaptici gassosi ossido d'azoto e ossido di carbonio, che intervengono anche in modificazioni sinaptiche della formazione ippocampale (struttura fondamentale per vari meccanismi generali della memoria).
Gli assoni delle cellule mitrali e delle cellule a pennacchio percorrono il tratto olfattivo proiettando a diverse regioni della faccia inferiore dell'encefalo che costituiscono la corteccia olfattiva primaria. Infatti l'olfatto è l'unico sistema di senso le cui proiezioni afferenti primarie raggiungono la corteccia primaria senza passare per il talamo. La corteccia olfattiva primaria (paleocorteccia) fa parte dell'allocorteccia ed è caratterizzata da una struttura tristratificata, più semplice e più primitiva di quella a sei strati tipica della isocorteccia (o neocorteccia) che ricopre gran parte degli emisferi cerebrali. Essa include il tubercolo olfattivo, la corteccia piriforme della regione dell'uncus ippocampale, la corteccia entorinale e il nucleo corticale dell'. Per la forte convergenza di assoni del tratto olfattivo su singoli neuroni corticali, la mappa spaziale esistente nel bulbo olfattivo non si riproduce nella corteccia olfattiva primaria, che presumibilmente usa un diverso codice combinatorio per la distinzione degli odori.
La corteccia olfattiva primaria proietta a varie altre regioni corticali e a centri sottocorticali. Nei Primati, l'ippocampo e i nuclei profondi dell'amigdala, anche se hanno perso lo stretto rapporto con l'olfatto che è proprio dei Mammiferi macrosmatici, ricevono proiezioni dirette dalla corteccia olfattiva primaria, destinate probabilmente all'integrazione di memorie ed emozioni. Altre proiezioni della corteccia olfattiva primaria sono dirette allo striato ventrale, in particolare al nucleus accumbens, e ai nuclei profondi dell'amigdala. A queste connessioni va attribuito il compito di collegare le informazioni olfattive con i centri cosiddetti 'del piacere' e 'del dispiacere', 'della gratificazione' e 'della punizione', che mediano anche a lungo termine le reazioni comportamentali di gradimento o di disgusto agli odori e ai sapori. Tramite l'amigdala, altre proiezioni della corteccia olfattiva primaria raggiungono l'ipotalamo, dove le informazioni olfattive possono interagire con i substrati nervosi primari delle attività endocrine e dei comportamenti alimentari.
Infine, la corteccia olfattiva primaria proietta alla corteccia olfattiva secondaria, che strutturalmente fa parte dell'isocorteccia e ha sede sulla faccia orbitale del lobo frontale. Le proiezioni dalla corteccia olfattiva primaria raggiungono la sia direttamente sia indirettamente, tramite i nuclei profondi dell'amigdala e il nucleo medio-dorsale del talamo. La corteccia orbitofrontale, essendo la sede della convergenza delle informazioni olfattive e gustative con quelle di altri sistemi di senso, integra a livello cognitivo la regolazione riflessa e istintiva del comportamento alimentare da parte dell'ipotalamo e di altri centri. Poiché l'organizzazione laterale delle vie olfattive è in buona parte non crociata, le informazioni provenienti da ciascuna narice sono elaborate prevalentemente nei centri corticali e sottocorticali dell'emisfero cerebrale dello stesso lato. Le connessioni fra i bulbi olfattivi e altre regioni olfattive dei due lati sono, peraltro, ampiamente assicurate da connessioni trasversali, e in particolare dalla commessura anteriore.
Il sapore dei cibi deriva in realtà non solo dalle sensazioni gustative, ma anche da sensazioni di altra natura che invariabilmente le accompagnano. Alcune delle molecole delle sostanze sapide sono volatili e quindi stimolano anche i recettori olfattivi. È un fatto dimostrato che la riduzione della sensibilità olfattiva comporta anche quella della sensibilità gustativa, ma la frequente affermazione che i sapori sono mediati per l'80% dall'olfatto non è verificata scientificamente ed è probabilmente esagerata. Il sapore degli alimenti, sia solidi che liquidi, riceve anche un contributo non indifferente dalle sensazioni meccaniche, termiche e dolorifiche generate dal contatto con la mucosa orale. La via nervosa afferente che convoglia queste informazioni è costituita da rami della branca mandibolare del nervo trigemino, ed è quindi del tutto distinta dalle vie afferenti propriamente gustative. Le afferenze trigeminali sono importanti per analizzare la consistenza, le dimensioni, la temperatura e la posizione nella cavità orale dei bocconi ai fini del controllo della masticazione e della deglutizione. È possibile individuare la posizione di un pezzetto di cibo sulla lingua in base alle sole informazioni gustative, ma le informazioni trigeminali sono più precise e predominanti su di esse quando entrambe sono disponibili.
Un importante contributo del trigemino al gusto è anche dato dai recettori termici e dolorifici trigeminali della lingua che sono attivati da cibi piccanti. Si è già detto, a proposito dell'olfatto, delle varie molecole volatili irritanti presenti in questi cibi. La sostanza irritante del peperoncino, la capsaicina, attiva gli stessi recettori trigeminali che rispondono anche a temperature elevate lesive. Le acque minerali gasate con un forte contenuto di anidride carbonica stimolano, oltre ai recettori gustativi per il sapore acido, anche i nocicettori trigeminali. Sensazioni gustative combinate con sensazioni trigeminali sono anche indotte da sapori accompagnati da una sensazione di fresco, come il sapore (e l'odore) del mentolo, che agisce sia su recettori gustativi sia su recettori trigeminali termici.
Le sensazioni gustative pure, basate sui cinque sapori fondamentali (acido, amaro, dolce, salato, umami), segnalano la digeribilità e il valore nutritivo o tossico degli alimenti. Fin dalla nascita il neonato umano mostra di gradire alcuni sapori e di essere disgustato da altri. Il sapore dolce, che indica la presenza di carboidrati apportatori di calorie, è piacevole per tutti i Mammiferi, incluso l'uomo, con l'eccezione dei Carnivori. Il sapore salato può risultare sgradevole nella primissima infanzia, ma con la crescita esso viene ricercato, specialmente se vi è carenza di sodio, elemento essenziale per la vita. L'aumento della preferenza per cibi salati, che si verifica quando il bilancio del sodio è negativo, non è osservabile nel neonato poiché richiede un periodo di maturazione, indipendente da un apprendimento specifico. L'ormone corticosurrenale aldosterone, che mantiene la concentrazione di sodio nel sangue ed è secreto quando vi è un deficit di sodio, fa aumentare il numero dei recettori gustativi attivati predominantemente dal cloruro di sodio. La repulsione per cibi fortemente acidi è un'ovvia difesa contro il potere corrosivo che gli acidi possono esercitare sui tessuti biologici. Suscitano un'avversione innata anche varie sostanze di sapore amaro, probabilmente a causa della loro scarsa digeribilità o franca tossicità. Molti veleni vegetali hanno un sapore amaro, ed è verosimile che fra i progenitori prevalentemente frugivori dell'uomo moderno sia avvenuta una selezione naturale a favore degli individui geneticamente predisposti a evitare cibi amari. La reazione riflessa e innata di rigetto nel confronto di sapori amari consiste nell'apertura della bocca, nella protrusione della lingua e nell'espulsione del contenuto della cavità orale, o anche nel vomito. Questa reazione, che è già osservabile nel neonato umano, nell'adulto può essere inibita nel caso di sapori amari come quelli del caffè, della birra, degli aperitivi e dei cioccolati amari, che con l'esperienza possono diventare gradevoli.
Gli stimoli gustativi derivano da molecole idrosolubili che, introdotte nella cavità orale, si dissolvono nella saliva per agire sui recettori gustativi presenti nella mucosa della lingua e, in misura minore, in quella del palato molle, delle guance, dell'epiglottide, della faringe e dell'esofago. I recettori gustativi sono cellule epiteliali specializzate, con proprietà simili a quelle dei neuroni. Sono contenuti in strutture cellulari chiamate 'boccioli' o 'gemme' o 'calici' gustativi, che sul dorso e sui margini della lingua risiedono in ispessimenti della mucosa detti 'papille'. Esistono vari tipi di papille, con diversa morfologia: quelle fungiformi, presenti soprattutto sui margini anteriori e sulla punta della lingua, quelle fogliate, ubicate sui margini posteriori destro e sinistro della lingua, e quelle circonvallate, allineate a formare una V invertita sul dorso della radice della lingua. Vi sono inoltre papille filiformi, sparse su tutta la superficie dorsale della lingua, che non contengono boccioli gustativi.
Ciascun bocciolo, composto di circa cento fra recettori, cellule di sostegno e cellule basali di natura staminale, si apre alla superficie della lingua con il poro gustativo, nel quale sporgono le estremità apicali cigliate dei recettori. Nella loro porzione baso-laterale, i recettori formano sinapsi con le fibre nervose afferenti dei nervi facciale, glossofaringeo e vago, a seconda della loro collocazione nella cavità orale. Anche se è possibile distinguere vari tipi di recettori gustativi sul piano strutturale, non sono ancora state scoperte precise relazioni con le proprietà funzionali. Ciò che si sa è che, in netto contrasto con l'olfatto, nel quale in ogni singolo neurone si esprime uno solo dei geni che codificano le molecole recettrici, e quindi una sola di queste molecole, in ciascun recettore gustativo vi sono molte molecole recettrici, espressione di svariati geni. Ciascun recettore è infatti in grado di rispondere, sia pure con diversa intensità, a tutti gli stimoli gustativi fondamentali. È stato identificato un gruppo di recettori che risponde al meglio a stimoli di sapore dolce; un altro gruppo reagisce al meglio a stimoli salati derivanti da sali inorganici di sodio, e un altro ancora a stimoli acidi e a stimoli salati derivanti da sali inorganici non sodici.
Nel caso dei sapori salato e acido, le molecole sapide agiscono, con meccanismi ionotropi, direttamente sulla membrana dei recettori. Gli ioni sodio contenuti nel cloruro di sodio, lo stimolo salato più efficace, entrano nel recettore per diffusione facilitata, percorrendo canali sia nella porzione apicale cigliata sia nella porzione baso-laterale. La conseguente depolarizzazione elettrica del recettore, che può generare potenziali d'azione, apre altri canali di membrana che consentono l'ingresso di ioni calcio extracellulari. A loro volta gli ioni calcio penetrati nel recettore determinano la secrezione del trasmettitore sinaptico che attiva le fibre nervose afferenti. La ripolarizzazione rapida avviene per la fuoriuscita di ioni potassio attraverso canali ionici specifici. Il sapore acido, invece, è generato da ioni idrogeno, liberati da molecole di acidi (per es., acetico o citrico), che depolarizzano i recettori agendo in tre modi diversi a livello della membrana apicale cigliata: entrando direttamente nel recettore attraverso canali specifici, chiudendo i canali per la diffusione verso l'esterno del potassio, e aprendo altri canali che consentono la diffusione intracellulare di ioni positivi diversi dall'idrogeno. Anche in questo caso, la depolarizzazione indotta dall'aumento di ioni positivi entro il recettore porta all'apertura di canali per il calcio, al passaggio intracellulare di questo ione, e alla liberazione di trasmettitore sinaptico.
Le molecole che generano sensazioni gustative dolci (saccarosio e dolcificanti artificiali) non entrano nei recettori ma agiscono tramite meccanismi metabotropi, legandosi a molecole recettrici sulla membrana apicale cigliata e attivando le proteine G della membrana stessa, dette 'gustducine'. A loro volta, le gustducine innescano una reazione a cascata intracellulare tramite il secondo messaggero AMP ciclico che, chiudendo i canali di diffusione del potassio nella membrana baso-laterale, determina depolarizzazione, ingresso nel recettore di ioni calcio, e liberazione di trasmettitore sinaptico. Anche le molecole generatrici di sapore amaro (per es., il chinino) agiscono con meccanismi metabotropi, ma utilizzando secondi messaggeri diversi dall'AMP ciclico (diacilglicerolo, trifosfoinositolo) e causando la depolarizzazione del recettore e la secrezione di trasmettitore sinaptico per mezzo di ioni calcio liberati dal reticolo endoplasmatico anziché provenienti dal compartimento extracellulare. Il glutammato e altri amminoacidi generatori del sapore umami si legano anch'essi a recettori di membrana attivando proteine G, ma le reazioni intracellulari così innescate e le molecole in gioco sono poco conosciute.
Come per l'olfatto, è presumibile che anche le sensazioni gustative vengano distinte dal sistema nervoso in base all'attivazione di diverse combinazioni di recettori e di fibre afferenti da parte delle varie classi di molecole sapide. Le fibre afferenti che sono postsinaptiche rispetto ai recettori appartengono a neuroni di senso, i cui corpi cellulari risiedono nei gangli sensitivi dei tre nervi cranici che mediano le sensazioni gustative: il ganglio genicolato del nervo facciale, che tramite la corda del timpano e il ramo grande petroso superficiale trasmette la sensibilità gustativa della parte anteriore della lingua e del palato molle; il ganglio petroso del nervo glossofaringeo, il cui ramo linguale trasmette la sensibilità gustativa di buona parte della metà posteriore della lingua e di parte della faringe; e il ganglio nodoso del nervo vago, il cui ramo laringeo superiore trasmette la sensibilità gustativa delle regioni posteriori estreme della lingua, di parte della faringe, della laringe e dell'esofago. Le branche centrali degli assoni dei neuroni di senso gustativi terminano nella parte rostrale del nucleo del tratto solitario nel bulbo. Di qui partono le proiezioni ascendenti dei neuroni di secondo ordine, destinate a raggiungere la componente parvocellulare del nucleo ventro-postero-mediale del talamo dello stesso lato o, in numero minore, del lato opposto. Il nucleo del tratto solitario non si limita a trasmettere le informazioni gustative che i centri superiori devono elaborare, ma per le sue connessioni con centri effettori motori e vegetativi è anche un importante substrato nervoso che elabora già risposte integrate alle stesse informazioni. Il nucleo parabrachiale del ponte costituisce una stazione intermedia della via centrale gustativa fra bulbo e talamo nei Roditori e nei Carnivori, ma non nei Primati.
Il nucleo talamico ventro-postero-mediale proietta alla corteccia gustativa primaria nella porzione granulare della corteccia dell'insula e del contiguo opercolo frontale. Nella corteccia gustativa primaria del macaco (corteccia opercolo-insulare) i neuroni che rispondono a stimoli gustativi sono frammisti ad altri neuroni che sono attivati da movimenti della lingua e da stimoli meccanici della cavità orale, a conferma delle interazioni fra afferenze gustative e trigeminali. Ciascun singolo neurone gustativo della corteccia primaria risponde a una gamma piuttosto ampia di stimoli e, come per gli odori, la rappresentazione dei singoli sapori e della loro intensità richiede una logica combinatoria, basata su insiemi differenziati di neuroni, il cui codice non è ancora sufficientemente conosciuto. A sua volta, la corteccia gustativa primaria proietta alla corteccia orbitofrontale, direttamente oppure indirettamente, tramite la corteccia gustativa secondaria residente in porzioni disgranulari o agranulari dell'insula. La corteccia orbitofrontale integra le informazioni gustative e olfattive con le informazioni provenienti dai visceri e da tutti gli altri sistemi di senso, contribuendo alla regolazione cognitiva generale del comportamento alimentare. L'organizzazione della via gustativa è prevalentemente non crociata, cosicché disturbi del gusto susseguenti a lesioni encefaliche unilaterali colpiscono soprattutto la metà della lingua appartenente allo stesso lato della lesione. Comunque le aree gustative corticali ricevono informazioni anche dalla metà controlaterale della lingua, tramite le poco numerose proiezioni ascendenti crociate e le connessioni fra le cortecce dei due lati assicurate dal corpo calloso.
Ogni specie animale per vivere deve nutrirsi, e in ogni forma di alimentazione le sostanze ingerite possono apportare calorie e molecole essenziali alla vita, come anche molecole dannose o veri e propri veleni. Nel corso dell'evoluzione, la prima ragione della comparsa del senso del gusto per la sopravvivenza è stata quasi certamente l'urgenza della distinzione fra sostanze nutrienti e sostanze tossiche prima del loro ingresso nel mezzo interno. Il piacere sensuale e intellettuale insieme del mangiare, la creatività culinaria e la scienza dietetica sono tutte sovrastrutture evolutive edificate dall'uomo nel corso dei millenni, sulle fondamenta biologiche di una primordiale capacità di scelta dicotomica fra accettazione di potenziali alimenti e rigetto di potenziali veleni.
Gli esperimenti su animali hanno suggerito l'esistenza di una gerarchia a tre livelli dell'organizzazione nervosa che elabora le risposte comportamentali agli stimoli gustativi. Il primo livello è rappresentato dal nucleo del tratto solitario, che tramite risposte riflesse di accettazione o rigetto consente una distinzione relativamente grossolana fra sostanze potenzialmente nutrienti e sostanze potenzialmente tossiche. In ratti decerebrati, che mancano completamente dei centri gustativi superiori, sono ancora presenti, in tutte le loro componenti somatiche e vegetative, la risposta di accettazione di bocconi nutrienti e quella di rigetto di bocconi potenzialmente tossici. Poiché lo stato di sazietà può modificare la soglia dei riflessi di accettazione/rigetto del cibo mediati dal nucleo del tratto solitario, si ritiene che nell'animale intatto questo nucleo abbia qualche importanza nella regolazione dell'appetito. È possibile che anche nel neonato umano il rigetto innato dei cibi amari avvenga per opera del nucleo del tratto solitario.
Il secondo livello, rappresentato dal nucleo talamico ventro-postero-laterale, dalla parte parvocellulare e dalla corteccia gustativa primaria, è deputato a una discriminazione fine fra gusti diversi e all'integrazione fra segnali puramente gustativi e segnali provenienti da altre modalità sensoriali, specialmente per mezzo delle afferenze trigeminali dalla bocca. Il terzo livello, rappresentato dalla corteccia gustativa secondaria dell'insula e soprattutto dalla corteccia orbitofrontale, presiede alle funzioni cognitive del gusto e alle interazioni con altri sistemi di senso e di controllo del comportamento. La corteccia gustativa secondaria dell'insula riceve anche afferenze da altre modalità sensoriali e potrebbe avere funzioni che trascendono la pura analisi degli stimoli gustativi e servono alla valutazione dell'appetibilità di un cibo, anche sulla base dell'osservazione delle reazioni di altri individui. La corteccia gustativa secondaria riceve infatti afferenze visive, ed è stata descritta in soggetti umani un'attivazione di questa regione (ma anche dell'amigdala) durante l'osservazione di fotografie di facce che esprimevano disgusto.
Ma i dati più informativi sulle aree corticali gerarchicamente più elevate nel sistema del gusto vengono dalle registrazioni delle attività di singoli neuroni della corteccia orbitofrontale. Per esperienza comune, sappiamo che il piacere derivato dall'ingestione di un cibo con un sapore gradito diminuisce con l'aumentare del grado di sazietà per quel cibo, e che può addirittura tramutarsi in avversione in caso di consumo esagerato. Sappiamo anche che la capacità di identificare un sapore e di valutarne l'intensità è invece indipendente dal grado di sazietà: se siamo sazi di un cibo salato, non per questo cessiamo di riconoscere il sapore del sale e di rilevarne l'intensità. Il processo dell'analisi dell'identità e dell'intensità di un sapore è pertanto separato dal processo che determina il gradimento momentaneo di quel sapore. Gli esperimenti di registrazione dell'attività di singoli neuroni gustativi nella corteccia del macaco hanno dimostrato che il primo processo è localizzato nella corteccia gustativa primaria, il secondo in quella orbitofrontale. Si sa infatti che le risposte gustative dei neuroni della corteccia primaria, e di conseguenza delle loro combinazioni, non sono assolutamente modificate dallo stato di sazietà dell'animale.
Le cose cambiano nella corteccia orbitofrontale, che nei Primati (incluso l'uomo) costituisce un'area di integrazione fra gusto, olfatto e altri sensi. Nel macaco, essa contiene neuroni che rispondono a stimoli gustativi, olfattivi e anche di altra natura, ma ‒ a differenza che nelle rispettive cortecce primarie ‒ l'intensità della risposta dipende dal significato che lo stimolo ha per l'animale nel momento in cui viene applicato. L'attività di questi neuroni segnala infatti sia il livello di gradevolezza o sgradevolezza di un odore o di un sapore, sia l'importanza dello stimolo olfattivo o gustativo per le esigenze nutritive contingenti dell'animale. Se questo è affamato, vi è una reattività generale dei neuroni agli stimoli olfattivi e gustativi nettamente superiore che in condizioni di sazietà, ma la modulazione della risposta ha anche carattere selettivo. Per esempio, è stato osservato che l'intensa risposta gustativa al glucosio dei neuroni corticali orbitofrontali di un animale affamato si riduce progressivamente con la somministrazione intraorale di glucosio, fino ad azzerarsi quando il comportamento suggerisce che è sopraggiunta la sazietà di quella sostanza. Ma se in questa condizione si introduce una diversa stimolazione gustativa, per esempio un succo di frutta, gli stessi neuroni riprendono a rispondere, dimostrandosi così capaci di segnalare la sazietà per un sapore e l'accettazione di un altro sapore.
Quando l'animale è affamato, i neuroni gustativi della corteccia orbitofrontale rispondono anche a stimoli sensoriali non gustativi ma associati all'alimentazione. Per esempio, i neuroni orbitofrontali attivati dal gusto del glucosio immesso nella cavità orale con una siringa rispondono anche alla sola vista della siringa utilizzata per la somministrazione. Anche questa risposta visiva, come quella gustativa, scompare quando l'animale si è saziato di glucosio. Inoltre, la risposta a stimoli combinati gustativi e olfattivi è maggiore della somma delle risposte ai soli stimoli olfattivi o ai soli stimoli gustativi, ad attestare che il contributo dei due sensi al sapore e all'aroma è interattivo e non semplicemente additivo. Infine, le proiezioni da nuclei sottocorticali come il nucleus accumbens e l'amigdala, la cui attività è fortemente legata agli effetti di gratificazione e di rinforzo positivo o negativo del comportamento, suggeriscono che la corteccia orbitofrontale sia anche una sede di integrazione delle esperienze gradevoli o sgradevoli connesse con l'alimentazione.
Lesioni, a tutti i livelli di organizzazione, dei sistemi di senso chimici possono indurre perdite delle funzioni olfattive e gustative. Inoltre, questi disturbi possono far sospettare l'esistenza di condizioni patologiche come la malattia di Parkinson, l'ipertensione o il diabete, oppure preannunciarle. Per la sua maggiore ridondanza, il gusto è più protetto rispetto all'olfatto dalle lesioni, e infatti la perdita totale della funzione è un'evenienza rarissima per il primo ma non per il secondo. Anche le perdite funzionali parziali sono quattro volte più frequenti per l'olfatto che per il gusto, ma rispetto ai deficit olfattivi quelli gustativi parziali disturbano più gravemente il comportamento alimentare. Gli alimenti e le bevande perdono sapori e aromi a causa di deficit sia olfattivi sia gustativi, ma è solo nel secondo caso che si ha la maggiore probabilità di un deterioramento grave dello stato di nutrizione. Il paziente si lamenta infatti che qualsiasi cibo sa di plastica o di paglia e che è difficile da deglutire, e ciò fa sì che l'apporto calorico diminuisca significativamente.
Più frequenti dei deficit gustativi e olfattivi sono le alterazioni percettive dette rispettivamente 'parosmie' e 'parageusie', per le quali sostanze normalmente gradevoli al naso e al palato acquistano odori e sapori spiacevoli. Le fantosmie e fantageusie allucinatorie, che consistono in sensazioni e percezioni olfattive e gustative in totale assenza dei rispettivi stimoli, possono essere causate sia da disfunzioni delle strutture olfattive e gustative centrali, per esempio nell'emicrania o durante attacchi epilettici, sia da deafferentazioni delle strutture centrali causate da lesioni periferiche. In questi casi la fisiopatologia è analoga a quella del fenomeno del cosiddetto arto fantasma negli amputati, o delle allucinazioni visive e uditive per rispettive deafferentazioni. Studi recenti, condotti con il metodo della visualizzazione non invasiva delle attività regionali del cervello, hanno dimostrato che le allucinazioni olfattive e gustative coincidono con le attivazioni funzionali endogene delle corrispondenti aree corticali.
Molti fra i progressi più recenti nello studio dei sensi chimici sono derivati dalle ricerche relative ai geni che codificano le proteine recettrici dei neuroni olfattivi e dei recettori gustativi. Per quanto riguarda l'olfatto, sono stati identificati i geni umani responsabili delle 350 proteine recettrici delle molecole odorose. Per quanto riguarda il gusto, sono stati studiati i polimorfismi di geni che determinano differenze fra uomini e topi nella sensibilità ai sapori dolci. Il gene Sac è stato individuato come il principale determinante genetico di un tipo di recettore gustativo che specifica la preferenza per le sostanze dolci. Da altri studi si sa che nella specie umana vi sono almeno due dozzine di geni T2R che esprimono recettori che rispondono al sapore amaro, e che in varie specie di animali, incluso l'uomo, l'avversione per questo sapore dipende dalla famiglia di geni denominati TAS2R. A polimorfismi di tali geni è attribuibile, almeno in parte, la notevole variabilità fra soggetti umani nella risposta alle sostanze amare.
Nella popolazione di origine caucasica attuale, in un individuo su tre manca un gene (TAS2R38) che determina in maniera specifica l'avversione a sostanze amare come la feniltiocarbamide e gli isocianati presenti nei broccoli e in altri vegetali edibili. Pur non disconoscendo che il senso del gusto è ampiamente educabile per azione dell'esperienza, si può dire che variazioni di questo tipo nella costituzione genetica rendono giustizia al detto latino che sui gusti individuali non si può disputare. D'altra parte, è stato verificato che una ridotta avversione genetica per i sapori amari tende ad associarsi a un maggior consumo di alcolici, con il conseguente pericolo dell'alcolismo, mentre una forte predisposizione genetica a evitare i sapori amari favorisce il consumo di carboidrati e di dolci, con il conseguente pericolo del diabete e dell'obesità. Pertanto, se è vero che le predisposizioni genetiche alle preferenze gustative sono indisputabili, è anche vero che la medicina preventiva deve conoscerle e controllarne le conseguenze.
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