OLFATTO
(XXV, p. 264)
Indagini di vario ordine hanno consentito utili approfondimenti su differenti aspetti della funzione olfattoria, principalmente sui meccanismi della ricezione degli stimoli odorosi e sulla trasmissione degli impulsi che ne derivano ai vari livelli del sistema nervoso centrale. Come avviene per il gusto, anche il sistema olfattorio si avvale di chemocettori, cioè di recettori di membrana in grado di reagire alle caratteristiche chimiche delle sostanze odorose. Essi si trovano localizzati in un'area ristretta della mucosa nasale, nota in anatomia come mucosa olfattoria, alla cui costituzione partecipano tre tipi di cellule: i neuroni bipolari di Schultze, le cellule di sostegno e le cellule basali che aderiscono alla membrana basale e formano la riserva delle cellule di sostegno, con le quali contribuiscono all'assetto funzionale delle cellule olfattorie propriamente dette.
Le cellule di Schultze sono veri e propri recettori sensoriali: hanno le caratteristiche delle cellule neuroniche e vengono anche identificate come neuroni olfattori di i ordine. Tali cellule prendono contatto con l'ambiente esterno mediante un prolungamento distale (bastoncello olfattorio) che assume il significato di dendrite. La microscopia elettronica ha ben descritto le caratteristiche ultrastrutturali di queste cellule: le numerose microvescicole del bastoncello olfattorio, quella della sua terminazione a bottone a sua volta provvista di microvilli e di ciglia. Le ciglia sono microespansioni prive di mielina (8÷16 per cellula), presentano un diametro di 0,1 μm e vengono umettate dal secreto muco-sieroso prodotto dalle ghiandole di Bowman, che hanno la funzione di mantenere umida la superficie della mucosa olfattoria. Nella mucosa olfattoria i neuroni sono in numero compreso tra 15 e 18 milioni per narice e sarebbero raggruppati a seconda della qualità degli odori (distribuzione topologica di M.M. Mozell). L'altra ramificazione polare delle cellule olfattorie, con significato di neurite, continua il suo percorso attraverso i fori della lamina cribrosa dell'etmoide, per raggiungere nella cavità cranica il lobo olfattorio, al cui interno ciascun neurite entra in rapporto sinaptico con i dendriti delle cellule mitrali (neuroni olfattori di ii ordine), riproducendo la distribuzione topologica precedentemente definita.
In tal modo viene a strutturarsi una formazione ''a gomitolo'' chiamata glomerulo olfattorio nella quale si osserva una confluenza di neuriti di molte migliaia di cellule di i ordine e di dendriti di un numero limitato di cellule mitrali, calcolato con precisione da alcuni ricercatori pari a 24. I singoli sistemi glomerulari vengono tenuti in reciproco rapporto da tre varietà di neuroni: i granuli, le cellule stellate e le cellule a ciuffo. I primi sono molto piccoli e con le loro ramificazioni strutturano lo strato profondo del bulbo olfattorio formando una fitta rete, sono connessi con le cellule mitrali e con la loro funzione inibitoria cooperano a mantenere l'autonomia funzionale dei vari sistemi glomerulari. Le cellule stellate sono interposte tra i glomeruli sui quali svolgono azione inibitoria o eccitatoria. Le cellule a ciuffo hanno il compito di associare, con le loro ramificazioni, i vari sistemi glomerulari, sia quelli adiacenti sia quelli distanti. I neuriti delle cellule mitrali formano sinapsi con le cellule della corteccia prepiriforme (cellule piramidali e cellule polimorfe) e di quella periamigdaloidea (cellule piramidali): essi rappresentano i neuroni olfattori di iii ordine. La corteccia periamigdaloidea a sua volta stabilisce connessioni con la sostanza reticolare e con il talamo, dal quale partono collegamenti con l'ipotalamo e proiezioni rivolte verso la corteccia fronto-parietale dell'emisfero cerebrale omolaterale e, dopo attraversamento del piano mediano, con quella fronto-orbitale dell'altro emisfero.
Questo complesso substrato anatomico consente di analizzare e comprendere, talora semplicemente di intravedere, i vari aspetti della funzione olfattoria. Per quanto concerne la fase propriamente recettoriale, si discute se fra la molecola del recettore (che differenti indagini, anche recenti, autorizzano a ritenere di natura proteica) e quella odorosa (v. oltre) si stabilisca un semplice legame fisico (adsorbimento), che alterando l'equilibrio elettrochimico della membrana determinerebbe l'insorgenza del potenziale di azione, oppure se con un meccanismo più complesso la molecola del recettore, dopo contatto con quella odorosa, subisca un effetto allosterico di modificazione che attiva gli enzimi in grado di scindere l'ATP con liberazione di fosfati ad alto contenuto energetico. Sarebbero in realtà queste ultime sostanze a determinare la depolarizzazione della membrana e l'insorgenza del potenziale di azione. Nell'ambito dei recettori, solo una parte di essi reagisce a un singolo odore (recettori specifici). Gran parte invece risponde a più sostanze odorose (recettori a funzione polivalente), sia pure con intensità diverse, secondo ''spettri di reazione'' fra loro differenti, in parte o in tutto, a seconda che abbiano o no in comune la reattività per alcuni odori. Inoltre i recettori olfattivi hanno una sensibilità particolarmente elevata, superiore a quella dei recettori visivi e uditivi, riuscendo a essere stimolati da minime concentrazioni delle molecole odorose: l'odore agliaceo della molecola di mercaptano è avvertito in concentrazioni inferiori a un milionesimo di milligrammo per litro d'aria. Va comunque sottolineato che l'apprezzamento delle differenze di intensità di un odore non avviene secondo una progressione continua ma ''a salti'', perché la relativa informazione richiede l'intervento, realizzato dalle cellule a ciuffo, di sistemi glomerulari in parallelo, con un percorso più lungo per i relativi impulsi e anche, nell'ambito di determinati limiti, per un fenomeno di saturazione.
Per quanto concerne le sostanze odorose esse hanno peso molecolare relativamente basso, notevole solubilità nei grassi, grado elevatissimo di volatilità e soprattutto sarebbero dotate di caratteristiche fisico-chimiche particolari che favorirebbero il legame con le molecole recettoriali. Nel quadro di tale concezione J.E. Amoore propose la divisione degli odori in classi elementari: etere, canfora, muschio, floreale, putrido, pungente, mentolo, sudore, sperma. Questo approccio ha però un valore relativo in quanto osservazioni di natura anatomica ed elettrofisiologica tendono a collocare il fenomeno della discriminazione fra differenti odori nell'ambito di una complessa attività neuronale, integrata a più livelli, ove agiscono fenomeni di tipo inibitorio e stimolatorio, il cui substrato anatomico è stato descritto più sopra.
Per quanto riguarda il problema discriminativo si può aggiungere che negli anni Settanta è stato elaborato un modello interpretativo che utilizza alcuni principi di informatica e che si propone di spiegare la diversità degli odori secondo un codice di impulsi assimilabile a quello che viene utilizzato nel linguaggio dei computer. Questo modello è assai suggestivo e potrebbe giustificare in modo adeguato non solo la discriminazione fra odori, ma anche noti fenomeni fisiologici come per esempio il ''mascheramento'' o l'''adattamento''. Più arduo sembra il meccanismo che viene proposto per comprendere le variazioni di intensità (discriminazione quantitativa). Esso dipenderebbe da una soglia di attivazione progressiva di pacchetti neuronali, che vengono stimolati dai vari gradi di concentrazione di molecole odorose.
Si fa presente infine che l'estrinsecazione della funzione olfattiva supera i limiti anatomo-fisici della percezione degli odori e anche quelli dell'integrazione della funzione gustativa: i collegamenti tra vie olfattive e sostanza reticolare suggeriscono che l'o. intervenga nella funzione di vigilanza, così come l'associazione di anosmìa e deficienza sessuale in soggetti con mancanza congenita del lobo olfattivo (sindrome di F.I. Kallman) ne testimonia la compartecipazione all'attività sessuale.
Bibl.: L. Giulio, Olfatto, in Enciclopedia Medica Italiana, vol. x, Firenze 1983, pp. 1544-49; M.F. Ganong, Fisiologia, Padova 1991, pp. 156-59.